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Ve­nerdì, 18 gen­naio 2019

Ve­nerdì, 18 gen­naio 2019

Ancora su «Ottocento Lombardo»
(Lecco, 20-10-18 / 20-01-19, Palazzo delle Paure).

Dalle nostre ricerche un primo risultato verso la consapevolezza critica.

Torna alle ombre dell’Ottocento
il dipinto «Monaca» di Francesco Hayez?

Sul suo dipinto «Monaca», donato per beneficenza, Hayez scrisse con l’orgoglio del vecchio combattente dell’arte:

Hayez,

fatto a 89 anni”

Hayez,
fatto a 89 anni”

Certo a sberleffo verso i suoi giovani concorrenti di tela e pennello, sul suo dipinto «Monaca» donato alla lotteria di beneficenza del 1879, il grande artista, vecchio ma ancora sulla breccia nel rinnovamento dell’arte pittorica in Italia scrisse orgogliosamente: «Hayez, fatto a 89 anni».

Sulla base di un documento estremamente attendibile, sappiamo da pochi giorni che il dipinto titolato «La monaca», esposto a Milano nel 2009, a Monza nel 2016 e a Lecco nel 2018-19 alla mostra «Ottocento Lombardo»

– peritato nel 1995 dal professor Mazzocca;
– dallo stesso attribuito ad Hayez con il titolo «Monaca»;
– identificato con un dipinto «Monaca» donato dall’artista alla lotteria di beneficenza del 1879,

con altissima probabilità NON è quel dipinto donato a quella lotteria.

Sul dipinto peritato da Mazzocca non compare infatti alcuna scritta, né di Hayez né di altri.

Forse (come suggerisce qualcuno) quella scritta è stata cancellata in anni successivi. Certo, tutto è possibile.

Ma ci sembrerebbe veramente curioso che a un dipinto di un artista noto e importante come Hayez sia stata da qualche ingenuo cancellata la firma, azzerandone così il valore sia culturale sia commerciale.
Ci sembra invece che, generalmente, avvenga proprio il contrario: che cioè a qualche intraprendente venga in mente di “aggiungere” la firma di un grande artista a un’opera magari a lui coeva ma frutto del pennello di un artista meno noto — e meno quotato sul mercato.

Per sciogliere ogni dubbio al 1000/1000 è comunque sufficiente attendere che la proprietà svolga una perizia (ci risulta che con le nuove tecnologie la verifica si può fare rapidamente e a costi modesti).

Nel caso risulti che nel dipinto non sia in alcun modo presente la frase «Hayez, fatto a 89 anni», ne deriva necessariamente che il dipinto peritato da Mazzocca nel 1995 non sia di Hayez?

Niente affatto!

Potrebbe benissimo essere un terzo dipinto «Monaca» del maestro del Romanticismo. Per quel che ne sappiamo ce ne potrebbero essere anche un quarto, un quinto, ecc.

Se dalle analisi tecniche risultasse però che il dipinto peritato da Mazzocca nel 1995 NON È il dipinto donato da Hayez alla lotteria del 1879, per confermarne la autografia hayeziana sarebbe indispensabile rivedere ex-novo la perizia del 1995.

Forse anche utilizzando le nuove tecnologie; certamente rivedendone i presupposti storico-ambientali.

Molto amichevolmente, ci attendiamo ora celeri e cordiali scuse dalla curatrice d’arte Simona Bartolena che ha definito “deliranti” le nostre osservazioni e minacciato denunce per diffamazione.

Cordiali scuse ci attendiamo del pari da Simona Piazza (Assessore alla Cultura del Comune di Lecco) che, a fronte delle nobili esternazioni di Bartolena, le ha pubblicamente confermato “piena fiducia”.

Già un anno fa l’Assessore aveva minacciato il ricorso ai legali per nostre critiche a una “App” del Comune sui luoghi manzoniani, da lei onorati con 243 pacchiani errori e oltre 400 criticità linguistiche per la versione inglese (certificate da una prestigiosa Università milanese) (vedere per credere).

Allora avevamo amichevolmente lasciato correre. Ma ora, visto che la minaccia sembra essere diventata la divisa dell’Assessore alla Cultura, sempre amichevolmente diciamo: attendiamo cordiali scuse, ma che siano celeri!

Il quadro di riferimento.

Per chi non ha pre­senti i no­stri pre­ce­denti in­ter­venti sull’argomento, di se­guito ne pro­po­niamo una breve sin­tesi (per ap­pro­fon­di­menti vedi: Le molte mo­na­che di Hayez / «Ot­to­cento Lom­bardo» a Lecco: una buona oc­ca­sione spre­cataChi ha real­mente vi­si­tato la mo­stra «Ot­to­cento Lom­bardo»?)

«Monaca-Annoni»
Il dipinto, denominato «Monaca» da Hayez, era stato donato dall’artista alla lotteria per gl’inondati del 1879 e, secondo la critica coeva (da prendere con cautela), vinto dal conte Aldo Annoni: nei nostri interventi lo abbiamo quindi chiamato per comodità «Monaca-Annoni».

Di esso non si avevano né descrizioni dettagliate né immagini di nessun tipo. Dopo la lotteria (svoltasi ai primi di febbraio 1880) era scomparso.

«Monaca-Morosini»
Così come era scomparso dopo il 1883 un dipinto-copia, realizzato da Hayez sempre nel 1879, anch’esso da Hayez denominato «Monaca» e donato a Giuseppina Morosini. Da noi quindi chiamato «Monaca-Morosini».

Di questo dipinto scomparso abbiamo però dal 1890 la stampa litografica di una fotografia in bianco e nero (vedi qui a lato)

Il dipinto «Monaca» donato da Hayez a Giuseppina Morosini nel 1879.

L’epifania del 1995.

Fino a po­chi giorni fa era­vamo tutti certi che il «Mo­naca-An­noni» fosse riap­parso nel 1995, dopo es­sere stato ac­qui­stato for­tui­ta­mente da un pri­vato sul li­bero mer­cato (a lato la riproduzione).

Nel 1995 venne infatti peritato dal Professor Mazzocca che ne attribuì l’autografia ad Hayez; lo identificò con il già ricordato dipinto «Monaca» donato dall’artista alla lotteria del 1879; gli confermò il titolo «Monaca» (già datogli da Hayez); lo inquadrò sul piano stilistico nell’ultima creativa fase della vita dell’artista, pronto a farsi leader di una nuova tendenza innovativa in pittura (lo diciamo per inciso, il tutto senza alcun riferimento a Manzoni).

Con il titolo «La monaca» il dipinto redivivo è stato esposto in mostre pubbliche: nel 2009 al Castello Sforzesco di Milano; nel 2016 a Villa Reale di Monza; nel 2018 a Palazzo delle Paure di Lecco.

Non da Mazzocca ma dalle curatrici artistiche Tonani e Bartolena delle citate mostre (e con il consenso delle Direzioni di quelle Istituzioni culturali) è sempre stato presentato come interpretazione di Hayez della monaca di Monza e ispirato all’artista dalla “temperie manzoniana” (qualunque cosa ciò voglia dire).

A nostro avviso (condiviso da Mazzocca) le ragioni del cambio di titolo da «Monaca» a «La monaca» e il riferimento alla “temperie manzoniana” sono da ritenersi solo promozionali.

Il dipinto identificato con il «Monaca» donato da Hayez alla lotteria di beneficenza nel 1879.

Dal 3 gennaio/19 — però — quella che sembrava una certezza indiscutibile non è più tale.

Il 13 novembre/18 ave­vamo rese pub­bli­che le os­ser­va­zioni cri­ti­che alla mo­stra «Ot­to­cento Lom­bardo» (Lecco, 20-10-18 / 20-01-19); ave­vamo poi de­ciso di av­viare una ri­cerca ap­pro­fon­dita sul tema dopo l’abnorme rea­zione della cu­ra­trice Bar­to­lena che aveva giu­di­cato “de­li­ranti” le no­stre os­ser­va­zioni di me­rito, mi­nac­ciando que­rele per dif­fa­ma­zione.

Nel giro di due set­ti­mane ab­biamo con­sul­tato un po’ di carte e il 3 gennaio/19 ab­biamo tro­vato un do­cu­mento (dob­biamo dire senza una par­ti­co­lare fa­tica) in base al quale pos­siamo af­fer­mare con un mar­gine di si­cu­rezza de­ci­sa­mente ele­vato — e salvo pre­cise con­tro­prove tec­ni­che — che il di­pinto «La mo­naca» pe­ri­tato dal Pro­fes­sor Maz­zocca, è da ri­te­nersi NON es­sere il di­pinto «Mo­naca» do­nato da Hayez alla lot­te­ria di be­ne­fi­cenza del 1879.

Nell’esposizione che se­gue in­for­miamo i no­stri let­tori sul come siamo ar­ri­vati a in­di­vi­duare il do­cu­mento ri­ve­la­tore, in­se­ren­dolo nel con­te­sto di quel lon­tano 1879-80 milanese.

Ci te­niamo a su­pe­rare al più pre­sto que­sto ca­pi­tolo “haye­ziano” delle no­stre os­ser­va­zioni per de­di­carci (in un al­tro ar­ti­colo, che uscirà a breve) al tema che è all’origine di que­ste no­stre note.
Os­sia al come gli ar­ti­sti coevi a Man­zoni trat­ta­rono la mo­naca man­zo­niana — o me­glio di come la can­cel­la­rono a pro’ di una inof­fen­siva e in­si­gni­fi­cante icona, del tutto a-manzonizzata.

Urge fare chia­rezza su que­sto tema, su cui re­gna scarsa co­no­scenza ma che ri­mane di grande attualità.

Ad esempio, proprio pochi giorni fa sull’inserto “La Lettura” del CorSera del 6 gennaio/19 è apparso un articolo a firma del noto critico teatral-cinematografico Maurizio Porro dal titolo “Le due monache”, a commento di una ripresa dei due spettacoli teatrali di Giovanni Testori dedicati al personaggio manzoniano.

Nell’iconografia dell’articolo sono presentati alcuni dipinti di metà Ottocento dal titolo «La monaca di Monza» (Molteni, ecc.). Tra questi, nonostante non rechi assolutamente nulla dell’iconografia voluta da Manzoni a caratterizzare la “sua” monaca, c’è anche il dipinto di cui stiamo parlando e che ora sappiamo non essere quello che Hayez donò alla lotteria del 1879.

Su questo inserto del CorSera è curiosamente indicata come data del dipinto “1851 circa”. Da dove la redazione di “La Lettura” abbia tirato fuori questo “1851 circa” è un mistero (abbiamo chiesto lumi alla redazione stessa e ai redattori ma senza averne risposta — succede!).

Ad esempio, proprio pochi giorni fa sull’inserto “La Lettura” del CorSera del 6 gennaio/19 è apparso un articolo a firma del noto critico teatral-cinematografico Maurizio Porro dal titolo “Le due monache”, a commento di una ripresa dei due spettacoli teatrali di Giovanni Testori dedicati al personaggio manzoniano.

Nell’iconografia dell’articolo sono presentati alcuni dipinti di metà Ottocento dal titolo «La monaca di Monza» (Molteni, ecc.). Tra questi, nonostante non rechi assolutamente nulla dell’iconografia voluta da Manzoni a caratterizzare la “sua” monaca, c’è anche il dipinto di cui stiamo parlando e che ora sappiamo non essere quello che Hayez donò alla lotteria del 1879.

Su questo inserto del CorSera è curiosamente indicata come data del dipinto “1851 circa”. Da dove la redazione di “La Lettura” abbia tirato fuori questo “1851 circa” è un mistero (abbiamo chiesto lumi alla redazione stessa e ai redattori ma senza averne risposta — succede!).

Ma ve­niamo al no­stro rac­conto re­la­tivo ai di­pinti «Mo­naca» di Hayez.

“Monaca”: due dipinti omonimi e quasi contemporanei di Hayez, grande vecchio della pittura italiana, cittadino generoso e sempre sulla breccia per nuove conquiste nell’arte.

Nella prima estate del 1879 l’ottantottenne pit­tore Fran­ce­sco Hayez (sa­rebbe morto da lì a tre anni — egli stesso ci ha de­scritto il so­prag­giunto tre­mo­lio delle mani e gli scarti in­vo­lon­tari del pen­nello) ma­ni­fe­stò la pro­pria so­li­da­rietà nei con­fronti di po­po­la­zioni col­pite da gravi ca­la­mità naturali.

Pro­ve­niente dal Nord Eu­ropa, una straor­di­na­ria per­tur­ba­zione in­ve­stì in pri­ma­vera l’Europa orien­tale: col­pita dalla piena del fiume Ti­bi­sco (Tisza), il 12 marzo 1879, l’importante città un­ghe­rese di Sze­ghe­dino (Sze­gen) venne let­te­ral­mente can­cel­lata da onde alte più di nove me­tri (6.000 abi­ta­zioni di­strutte — il 95% del to­tale; ol­tre tre­mila i morti su 70.000 abi­tanti e die­cine di mi­gliaia i senza tetto).

A que­sta di­sgra­zia (ma ci fu­rono forti po­le­mi­che sul de­grado nella te­nuta de­gli ar­gini), con l’invio di mezzi, uo­mini e de­naro, si ri­spose da molti paesi eu­ro­pei: tra i primi l’Italia, an­che per i ri­cordi della par­te­ci­pa­zione delle mi­gliaia di pa­trioti un­ghe­resi alle no­stre guerre ri­sor­gi­men­tali (era an­cora viva nella me­mo­ria la Le­gione Un­ghe­rese, co­rag­gio­sis­sima tra i Mille co­rag­giosi di Garibaldi).

An­che a Mi­lano vi fu una forte mo­bi­li­ta­zione, con sot­to­scri­zioni a fa­vore di Sze­ghe­dino e l’accoglienza di nu­me­rosi sfol­lati in isti­tuti di ca­rità e case pri­vate. Una mo­bi­li­ta­zione che ri­mase im­pressa nella me­mo­ria e che portò po­chi anni dopo an­che a un er­rore di da­ta­zione nelle opere di Hayez.

Giu­lio Ca­rotti in Ap­pen­dice alle «Me­mo­rie» di Hayez (R. Ac­ca­de­mia di Belle Arti, Mi­lano, 1890) scrisse in­fatti (p. 282): «1878 — Studi di te­ste dal vero, of­ferto alla lot­te­ria di be­ne­fi­cenza per gli in­non­dati di Sze­ghe­dino».

La no­ta­zione di Ca­rotti è er­rata per due ele­menti. Per l’anno: l’inondazione di Sze­ghe­dino av­venne in­fatti il 12 marzo 1879 (non 1878); per la men­zione della lot­te­ria di be­ne­fi­cenza: dalla cro­naca ri­sul­tano in­fatti sot­to­scri­zioni in de­naro, or­ga­niz­zate dalla ditta “Man­zoni e C.”, ma non lot­te­rie con doni da parte di ar­ti­sti.
La lot­te­ria venne in­vece lan­ciata tre mesi dopo la tra­ge­dia di Sze­ghe­dino, ma a fa­vore di “inon­dati” italiani.

La grande per­tur­ba­zione che aveva messo in gi­noc­chio l’Ungheria nel marzo 1879, tra mag­gio e giu­gno colpì in­fatti an­che l’Italia; e alle piogge da di­lu­vio si ag­giun­sero ter­re­moti e una in­tensa at­ti­vità vul­ca­nica in Cam­pa­nia ma so­prat­tutto in Sicilia.

Il 26 mag­gio l’Etna si squar­ciò con una ine­dita dop­pia esplo­sione dei fian­chi del cono pro­cu­rando enormi danni alle cam­pa­gne ca­ta­nesi, de­va­state da im­pe­tuosi fiumi di fango erut­tato dal vulcano.

Tra mag­gio e giu­gno si sus­se­gui­rono in tutta Ita­lia al­lu­vioni di for­tis­sima en­tità, in par­ti­co­lare su tutto il ba­cino pa­dano, con stra­ri­pa­menti e rot­ture di ar­gini del Ta­naro e del Po tra il 5 e l’8 giu­gno, con ol­tre 50.000 sfol­lati (solo come ri­fe­ri­mento ge­ne­rale in­di­chiamo in suc­ces­sione geo­gra­fica le lo­ca­lità più col­pite: Ales­san­dria, Pa­via, Lodi, Man­tova, Mi­ran­dola, Mo­dena, Bon­deno, Ferrara).

La si­tua­zione fu ve­ra­mente grave, quasi quanto l’analoga al­lu­vione del 1872.

Immagini dalla inondazione
di Szeghedino (Szegen), marzo 187
9.

Pro­ve­niente dal Nord Eu­ropa, una straor­di­na­ria per­tur­ba­zione in­ve­stì in pri­ma­vera l’Europa orien­tale: col­pita dalla piena del fiume Ti­bi­sco (Tisza), il 12 marzo 1879, l’importante città un­ghe­rese di Sze­ghe­dino (Sze­gen) venne let­te­ral­mente can­cel­lata da onde alte più di nove me­tri (6.000 abi­ta­zioni di­strutte — il 95% del to­tale; ol­tre tre­mila i morti su 70.000 abi­tanti e die­cine di mi­gliaia i senza tetto).

A que­sta di­sgra­zia (ma ci fu­rono forti po­le­mi­che sul de­grado nella te­nuta de­gli ar­gini), con l’invio di mezzi, uo­mini e de­naro, si ri­spose da molti paesi eu­ro­pei: tra i primi l’Italia, an­che per i ri­cordi della par­te­ci­pa­zione delle mi­gliaia di pa­trioti un­ghe­resi alle no­stre guerre ri­sor­gi­men­tali (era an­cora viva nella me­mo­ria la Le­gione Un­ghe­rese, co­rag­gio­sis­sima tra i Mille co­rag­giosi di Garibaldi).

An­che a Mi­lano vi fu una forte mo­bi­li­ta­zione, con sot­to­scri­zioni a fa­vore di Sze­ghe­dino e l’accoglienza di nu­me­rosi sfol­lati in isti­tuti di ca­rità e case pri­vate. Una mo­bi­li­ta­zione che ri­mase im­pressa nella me­mo­ria e che portò po­chi anni dopo an­che a un er­rore di da­ta­zione nelle opere di Hayez.

Giu­lio Ca­rotti in Ap­pen­dice alle «Me­mo­rie» di Hayez (R. Ac­ca­de­mia di Belle Arti, Mi­lano, 1890) scrisse in­fatti (p. 282): «1878 — Studi di te­ste dal vero, of­ferto alla lot­te­ria di be­ne­fi­cenza per gli in­non­dati di Sze­ghe­dino».

La no­ta­zione di Ca­rotti è er­rata per due ele­menti. Per l’anno: l’inondazione di Sze­ghe­dino av­venne in­fatti il 12 marzo 1879 (non 1878); per la men­zione della lot­te­ria di be­ne­fi­cenza: dalla cro­naca ri­sul­tano in­fatti sot­to­scri­zioni in de­naro, or­ga­niz­zate dalla ditta “Man­zoni e C.”, ma non lot­te­rie con doni da parte di ar­ti­sti.
La lot­te­ria venne in­vece lan­ciata tre mesi dopo la tra­ge­dia di Sze­ghe­dino, ma a fa­vore di “inon­dati” italiani.

La grande per­tur­ba­zione che aveva messo in gi­noc­chio l’Ungheria nel marzo 1879, tra mag­gio e giu­gno colpì in­fatti an­che l’Italia; e alle piogge da di­lu­vio si ag­giun­sero ter­re­moti e una in­tensa at­ti­vità vul­ca­nica in Cam­pa­nia ma so­prat­tutto in Sicilia.

Il 26 mag­gio l’Etna si squar­ciò con una ine­dita dop­pia esplo­sione dei fian­chi del cono pro­cu­rando enormi danni alle cam­pa­gne ca­ta­nesi, de­va­state da im­pe­tuosi fiumi di fango erut­tato dal vulcano.

Tra mag­gio e giu­gno si sus­se­gui­rono in tutta Ita­lia al­lu­vioni di for­tis­sima en­tità, in par­ti­co­lare su tutto il ba­cino pa­dano, con stra­ri­pa­menti e rot­ture di ar­gini del Ta­naro e del Po tra il 5 e l’8 giu­gno, con ol­tre 50.000 sfol­lati (solo come ri­fe­ri­mento ge­ne­rale in­di­chiamo in suc­ces­sione geo­gra­fica le lo­ca­lità più col­pite: Ales­san­dria, Pa­via, Lodi, Man­tova, Mi­ran­dola, Mo­dena, Bon­deno, Ferrara).

La si­tua­zione fu ve­ra­mente grave, quasi quanto l’analoga al­lu­vione del 1872.

Immagini dalla inondazione
di Szeghedino (Szegen), marzo 187
9.

In tutta Italia vi fu una gara di contributi spontanei a favore degl’inondati.

A Mi­lano il 6 giu­gno 1879 si formò, per rac­co­gliere fondi di im­me­diato uti­lizzo e con sede nel pa­lazzo mu­ni­ci­pale in Piazza Mer­canti, un «Co­mi­tato Mi­la­nese di Soc­corso ai dan­neg­giati dalle inon­da­zioni».
Ne fu Pre­si­dente il conte Aldo An­noni, se­na­tore del Re­gno; Vice-Pre­si­dente il conte Carlo Bor­ro­meo; tra le prime idee, l’organizzazione di una lot­te­ria benefica.

An­che gli ar­ti­sti si mo­bi­li­ta­rono. Nu­me­ro­sis­simi fu­rono i con­certi e le rap­pre­sen­ta­zioni tea­trali con in­cassi de­vo­luti all’assistenza degl’inondati, in una gara ar­ti­stico-so­li­da­ri­stica che ebbe il suo acme il 30 giu­gno, quando Giu­seppe Verdi di­resse alla Scala di Mi­lano la “Messa da Re­quiem”, com­po­sta nel 1874 per com­me­mo­rare Ales­san­dro Manzoni.

La Società degli Artisti e Patriottica, dal canto suo, il 10 giugno aprì una sottoscrizione, iniziandola con L. 100 del fondo sociale; i soci artisti si proposero inoltre «di dare dei piccoli lavori di loro mano per essere ceduti, nel modo più opportuno: il ricavo sarà aggiunto al medesimo scopo.» (CorSera, 11-12 giugno/79).

7  Questi richiami alla solidarietà vennero accolti anche dal vegliardo Hayez che donò a pro’ degli inondati due dipinti: un «Monaca» e un «Schiava». Ce lo racconta il CorSera del 22-23 giugno/79:

«Abbiamo già detto che il Comitato si proponeva di fare una lotteria di lavori d’arte a beneficio degli inondati. Ora sappiamo che i nostri artisti accolsero di gran cuore questa idea e alcuni hanno già offerto, altri stanno preparando dei lavori da offrire.
Il primo (e in che cosa non è egli primo?), il primo fu il venerando Hayez; e dietro lui vennero la Fulvia Bisi, l’Induno, il Pagliano, il Fontana, il Mantegazza, il Poma, ecc. Fra quelli che hanno già mandate le loro offerte, ci sono il Valaperta con un suo gran quadro («La Decollazione del Battista»), il Bisi con una sua prospettiva («Il Duomo di Modena»), il Bignoli con un suo acquerello («Lucia al convento»), ed altri.»

E ancora, due settimane dopo (CorSera, 12-13 luglio/79):

«I doni per la lotteria da farsi a favore degli inondati ammontano già a un bel numero. Ve ne sono di preziosi e di tutte le specie. Abbondano i gingilli e i quadri ad olio d’autori, quali l’Hayez che manda due quadri, l’uno rappresentante una monaca e l’altro una schiava dell’Harem, — quali il Mantegazza, il Bisi, ecc. Le signore milanesi che offrono regali sono ormai moltissime. La lotteria, per la quale si stanno prendendo gli opportuni accordi, non potrà riuscire che vivissima, brillante.»

Sappiamo quindi per certo che Hayez, per la lotteria a favore degl’inondati, diede entro il 22 giugno 1879 due suoi dipinti (o ne promise formalmente il dono): una «schiava dell’Harem» e una «monaca». Inutile sottolineare come in queste cronache manchi assolutamente ogni riferimento alla monaca del romanzo di Manzoni.

9  Segnaliamo soltanto che il cronista del CorSera scrisse «schiava dell’Harem» ma che Hayez, a indicare le sensuali giovani donne medio-orientali che di quando in quando popolavano le sue tele, preferiva il termine «Odalische»: queste erano vergini al servizio delle concubine del Sultano (schiave ma non necessariamente di bassa condizione); potenzialmente a loro volta concubine ufficiali ma di cui è comunque certo non se ne stessero sempre mezze nude, come piaceva spesso di rappresentarle ai nostri pittori, in cerca di facili abbellimenti esotici.

Sarebbe esercizio solo puramente suggestivo (cosa da cui cerchiamo accuratamente di stare alla larga) il pensare se nel vecchio artista vi fosse o meno una ragione per donare a scopi benefici le immagini di due donne; entrambe vergini; entrambe recluse (pur con le ovvie profonde differenze che ognuno comprende da sé).

10  Delle numerose odalische/schiave dipinte nei decenni da Hayez, è difficile sapere quale fosse quella data in dono per beneficenza assieme alla «Monaca».

Poteva trattarsi anche di una opera realizzata anni prima, per esempio un prototipo — in formato “quadretto” — di quella «Odalisca» poco vestita, pensosa, decisamente gradevole, che Hayez presentò nel 1854 a Brera; che poi scomparve per decenni fino a ricomparire, questa volta donata a Brera da Stefano Stampa, il figliastro di Alessandro Manzoni e che oggi possiamo vedere alla Pinacoteca di Brera in formato medio.

Disastri della natura, favoriti dai disastri della politica.

In pro­po­sito ci con­senta il let­tore un pic­colo in­ciso so­cio-po­li­tico (an­che le opere d’arte e gli ar­ti­sti vi­vono nella e della società).

Va da sé che, al­lora come oggi, die­tro lo stra­ri­pa­mento dei fiumi c’era ov­via­mente un an­da­mento ano­malo delle pre­ci­pi­ta­zioni. Ma al­tret­tanto “ov­via­mente” c’era una evi­dente in­cu­ria am­mi­ni­stra­tiva: su­gli ar­gini dei fiumi non si fa­ceva la ma­nu­ten­zione ne­ces­sa­ria e i fondi a ciò de­sti­nati ve­ni­vano im­pie­gati per al­tre in­com­benze (son pas­sati 140 anni ma oggi le cose vanno esat­ta­mente allo stesso modo).

13  Nel 1872, a fronte di una gra­vis­sima si­tua­zione al­lu­vio­nale ana­loga a quella del 1879 di cui ci stiamo oc­cu­pando, la così detta “de­stra sto­rica” (al­lora al go­verno) aveva stan­ziato ol­tre 20 mi­lioni (circa 400 mi­lioni di Euro at­tuali) per la ri­pa­ra­zione de­gli ar­gini flu­viali di­strutti dalla piena e at­ti­vare un si­stema ge­ne­ra­liz­zato di prevenzione.

Nel 1876, tre anni prima della di­sa­strosa al­lu­vione del giu­gno 1879, la de­stra era stata scal­zata dal po­tere (che de­te­neva dalla co­sti­tu­zione del nuovo Re­gno d’Italia, 1861) dalla nuova com­pa­gine go­ver­na­tiva (la “si­ni­stra sto­rica”) gui­data da Ago­stino Depretis.

Quando si ve­ri­ficò il di­sa­stro del 1879, gli espo­nenti della de­stra eb­bero buon gioco nel di­mo­strare che dei 20 mi­lioni stan­ziati se ne erano spesi 7 fino al 1876 ma che poi, ar­ri­vata la si­ni­stra al go­verno, i ri­ma­nenti 13 mi­lioni erano stati uti­liz­zati per al­tri in­ter­venti, la­sciando sco­perta la ma­nu­ten­zione fluviale.

A Mi­lano la “de­stra sto­rica” (da­gli av­ver­sari detta ami­che­vol­mente “la con­sor­te­ria”) con­tava tra i pro­pri espo­nenti il conte An­noni (e an­che la no­bil­donna Giu­sep­pina Mo­ro­sini).
Va da sé che die­tro l’iniziativa be­ne­fica di An­noni, ol­tre a una certo sin­cera par­te­ci­pa­zione per i pro­blemi de­gli al­lu­vio­nati, vi fosse an­che una at­tenta ge­stione dell’assistenza come stru­mento di lotta politica.

Il di­scorso era ab­ba­stanza sem­plice: la si­ni­stra ha di­stratto i fondi per le opere flu­viali; di fronte al di­sa­stro, cau­sato dalla si­ni­stra, la de­stra mi­la­nese è in grado di as­su­mersi le op­por­tune re­spon­sa­bi­lità di­mo­strando di es­sere — nei fatti — an­cora forza di governo.

Il Senatore conte Aldo Annoni, promotore e organizzatore della Lotteria per gl’inondati 1879.

Quando si ve­ri­ficò il di­sa­stro del 1879, gli espo­nenti della de­stra eb­bero buon gioco nel di­mo­strare che dei 20 mi­lioni stan­ziati se ne erano spesi 7 fino al 1876 ma che poi, ar­ri­vata la si­ni­stra al go­verno, i ri­ma­nenti 13 mi­lioni erano stati uti­liz­zati per al­tri in­ter­venti, la­sciando sco­perta la ma­nu­ten­zione fluviale.

A Mi­lano la “de­stra sto­rica” (da­gli av­ver­sari detta ami­che­vol­mente “la con­sor­te­ria”) con­tava tra i pro­pri espo­nenti il conte An­noni (e an­che la no­bil­donna Giu­sep­pina Mo­ro­sini).
Va da sé che die­tro l’iniziativa be­ne­fica di An­noni, ol­tre a una certo sin­cera par­te­ci­pa­zione per i pro­blemi de­gli al­lu­vio­nati, vi fosse an­che una at­tenta ge­stione dell’assistenza come stru­mento di lotta politica.

Il di­scorso era ab­ba­stanza sem­plice: la si­ni­stra ha di­stratto i fondi per le opere flu­viali; di fronte al di­sa­stro, cau­sato dalla si­ni­stra, la de­stra mi­la­nese è in grado di as­su­mersi le op­por­tune re­spon­sa­bi­lità di­mo­strando di es­sere — nei fatti — an­cora forza di governo.

Il Senatore conte Aldo Annoni, promotore e organizzatore della Lotteria per gl’inondati 1879.

Chiu­diamo qui la pa­ren­tesi po­li­tica chie­dendo però al let­tore di farsi un nodo al faz­zo­letto, per­ché la que­stione sal­terà di nuovo fuori a ri­dosso della lotteria.

Ma tor­niamo a noi.

Un dipinto tira l’altro.

È quindi pro­prio al Pa­lazzo An­noni di Porta Ro­mana che il di­pinto «Mo­naca» di Hayez, do­vette es­sere no­tato tra fine giu­gno e primi lu­glio dalla con­tessa Giu­sep­pina Ne­groni Prati Mo­ro­sini.
Il di­pinto le piac­que; le piac­que tanto da chie­dere ad Hayez, tra­mite An­ge­lina (la fi­glia adot­tiva dell’artista), di farne una co­pia per lei.

14  La no­bil­donna era so­rella di Emi­lio Mo­ro­sini (capo com­bat­tente nelle Cin­que gior­nate di Mi­lano e nel 1849 morto in di­fesa della Re­pub­blica Ro­mana); pa­triota ella stessa; sem­pre vi­cina in ogni at­ti­vità be­ne­fica al conte Annoni.

Da sem­pre di Hayez era an­che grande amica (so­ro­rale, si in­tende) e dell’artista scrisse sotto det­ta­tura tra il 1869 e il 1875 le vi­cende della vita, pub­bli­cate poi come «Fran­ce­sco Hayez — Le mie me­mo­rie» nel 1890.
Hayez non po­teva quindi che esau­dire il de­si­de­rio dell’amica, come emerge dal suo epistolario.

Donna Giuseppina Negroni Prati-Morosini, amica di Hayez; attiva nella beneficenza a fianco di Annoni; azionista del giornale moderato “La Perseveranza”.

Un dipinto tira l’altro.

È quindi pro­prio al Pa­lazzo An­noni di Porta Ro­mana che il di­pinto «Mo­naca» di Hayez, do­vette es­sere no­tato tra fine giu­gno e primi lu­glio dalla con­tessa Giu­sep­pina Ne­groni Prati Mo­ro­sini.
Il di­pinto le piac­que; le piac­que tanto da chie­dere ad Hayez, tra­mite An­ge­lina (la fi­glia adot­tiva dell’artista), di farne una co­pia per lei.

14  La no­bil­donna era so­rella di Emi­lio Mo­ro­sini (capo com­bat­tente nelle Cin­que gior­nate di Mi­lano e nel 1849 morto in di­fesa della Re­pub­blica Ro­mana); pa­triota ella stessa; sem­pre vi­cina in ogni at­ti­vità be­ne­fica al conte Annoni.

Da sem­pre di Hayez era an­che grande amica (so­ro­rale, si in­tende) e dell’artista scrisse sotto det­ta­tura tra il 1869 e il 1875 le vi­cende della vita, pub­bli­cate poi come «Fran­ce­sco Hayez — Le mie me­mo­rie» nel 1890.
Hayez non po­teva quindi che esau­dire il de­si­de­rio dell’amica, come emerge dal suo epistolario.

Donna Giuseppina Negroni Prati-Morosini, amica di Hayez; attiva nella beneficenza a fianco di Annoni; azionista del giornale moderato “La Perseveranza”.

15  Dopo l’ambasciata della figlia, l’artista si era messo subito al lavoro e, con una lettera “scritta da casa” il 20 luglio 1879 («Memorie», 1890, pag. 231), invitava l’amica Giuseppina a fare un salto nel proprio studio per vedere l’impostazione della «Monaca», prima di procedere alla sua vera e propria stesura.

Originale / Negroni Prati Morosini / 1879
CXCVII / Autografo di F. Hayez.
.
Gentilissima D.na Giuseppina
Avendo inteso alcuni giorni fa dalla mia Angelina aver Ella il desiderio di avere una copia del mio dipinto la “Monaca” (1) n’ebbi piacere ed il suo desiderio da quel momento è divenuto anche il mio e me ne volli tosto occupare ed ora la nuova “Monaca” è già fatta ed è a’ suoi ordini.
Solamente la pregherei di un favore, ardisco troppo se la detta “Monaca” desiderasse una sua visita? se questo fosse domani mi sarebbe caro, io vado allo studio alle 11 ant. e vi resto sino alle 2 pom.
Voglio mettere il dipinto in discorso sul suo telajo e prima di far ciò voglio sentir lei.
Col massimo rispetto
Da casa 20 Luglio 1879.
Suo Umil. Serv. ed amico Hayez Franc.
Alla Nobile e Gentile Signora D.na Giuseppina Negroni Prati Morosini.
____
1) Quest’opera era stata regalata da Francesco Hayez nel 1879 per la lotteria di beneficenza a favore dei danneggiati dalle inondazioni; ed era stata vinta dal conte Annoni.
II maestro ne fece una ripetizione che offerse in dono alla nobil donna Giuseppina Negroni colla lettera sovra prodotta. — Vedi tav. XXIV.

16  Abbiamo quindi, con questa lettera, l’annuncio della nascita del secondo dipinto «Monaca»: visto in bozza dall’amica Morosini verso il 20 luglio; presumibilmente completato entro l’autunno; alla Morosini donato con dedica: «Studio dal vero / Hayez».

17  Ma che successe del primo «Monaca», donato tra il 10 e il 13 giugno 1879 da Hayez alla lotteria di beneficenza?

Sappiamo dal CorSera del 24-25 agosto/79 che ai primi del mese la lotteria era stata autorizzata e gli organizzatori stavano attivando l’esposizione dei premi:

«Lotteria di beneficienza a favore dei danneggiati dalle inondazioni nel 1879, autorizzata con decreto 7 agosto 1879, n. 15390, divisione IV del Prefetto di Milano.
.
DIECIMILA PREMI
Un premio assicurato ogni dieci biglietti. Prezzo di cadaun biglietto lire 1 — Prezzo di dieci biglietti Lire 10 (con un premio garantito).
La lotteria consta di 100,000 biglietti, dallo 0 (zero) al 99,999.
I premi sono diecimila e consistono in oggetti d’arte, prodotti di manifatture e di industrie, articoli di chincaglierie, bijeuterie ed altre merci diverse.
L’estrazione avrà luogo a cura di speciale Commissione presieduta dal Sindaco […] e verrà regolata colle norme seguenti [segue il minuzioso dettaglio delle regole].
La graduatoria dei premi in ordine decrescente, cioè secondo premio, terzo premio, quarto premio, ecc. anziché dal valore intrinseco degli oggetti, sarà determinata dal numero progressivo di loro iscrizione nel catalogo. […]
I biglietti della lotteria si potranno acquistare dal 30 agosto in avanti presso la sede del Comitato (corso di porta Romana, 6, casa Annoni) […].
Il catalogo dei premi sarà pubblicato il 1 ottobre prossimo.
.
S.M. la Regina d’Italia ha graziosamente accettato l’alto patrocinio della lotteria.
Il Comitato confida che la cittadinanza concorderà generosa a chiudere con questo ultimo atto la numerosa serie delle benefiche elargizioni in favore dei danneggiati dalle inondazioni.»

18  Dopo l’alto patrocinio, dal CorSera del 26-27 agosto/79 siamo informati di una ulteriore adesione della Regina all’iniziativa:

«Casa di S.M. la Regina / Recoaro, 21 agosto 1879
:
Onorevolissimo signor Conte [è il conte Annoni, presidente del Comitato e Senatore del Regno],
Mi reco a pregio di partecipare alla S.V. nobilissima che S.M. la Regina, desiderosa di associare il suo nome all’opera filantropica di codesto Comitato, si è compiaciuta di destinare due vasi giapponesi per la Lotteria di beneficenza a vantaggio dei danneggiati dalla inondazione.
Il Real dono verrà spedito al Ricapito della S.V. nobilissima.
Le piaccia gradire, onorevolissimo signor senatore, l’espressione dei distinti ed ossequiosi miei sentimenti.
.
Il cavaliere d’onore di S.M. / Marchese di Villamarina.»

Sempre dal CorSera, siamo al contempo assicurati che «Al dono reale venne assegnato il posto d’onore nel catalogo dei premi che si sta compilando».

Im­ma­gini da «Ri­cordo ar­ti­stico di Mon­te­merlo: se­rate umo­ri­sti­che dal 29 ago­sto al 7 set­tem­bre 1879 a be­ne­fi­cio de­gli inon­dati del Po», con­ser­vato presso la Rac­colta delle Stampe “Achille Ber­ta­relli” – Ca­stello Sfor­ze­sco Mi­lano.
(No­stri gli scatti fo­to­gra­fici. Siamo a di­spo­si­zione per sa­nare even­tuali di­ritti spet­tanti a chiun­que sia giu­ri­di­ca­mente au­to­riz­zato a eser­ci­tare tale diritto).

L’esposizione al pubblico a Monte Merlo ai Giardini Pubblici di Milano.

19 An­che sotto la pro­te­zione di que­ste au­gu­ste at­ten­zioni, con l’apertura della ven­dita dei bi­glietti, dal 1 set­tem­bre i die­ci­mila premi ven­nero espo­sti nel “Pa­di­glione del Caffè” (rea­liz­zato da Giu­seppe Bal­za­retti nel 1863) sul così detto Monte Merlo ai giar­dini pub­blici di Mi­lano, di­ve­nendo in quella fine estate del 1879 un punto di ri­trovo per i mi­la­nesi — e an­che un mu­seo d’arte.

Oggi quel pa­di­glione è sede della “Scuola Ma­terna dei Giar­dini di Porta Ve­ne­zia”; al­lora il nome era di fan­ta­sia: “Monte” come ri­chiamo iro­nico alla piat­tis­sima Mi­lano, men­tre “Merlo” era il nome di uno dei primi ge­stori del bar at­tivo nel padiglione.

20 Sem­pre dal Cor­Sera (29-30 agosto/79) pren­diamo una vi­vace pre­sen­ta­zione dell’iniziativa:

Ferve il la­voro ai pub­blici giar­dini per l’esposizione dei doni della lot­te­ria di be­ne­fi­cenza a fa­vore degl’inondati. Nell’interno del pa­di­glione di Mon­te­merlo il Co­mi­tato fa al­le­stire scaf­fali e ta­voli su cui ver­ranno di­spo­sti i doni: all’esterno per cura della Fa­mi­glia Ar­ti­stica, sor­gono an­tenne e lam­pioni a gas per l’illuminazione, tea­tro per le ma­rio­nette e le om­bre, tra­pezi, pa­ral­lele e barre per la gin­na­stica, ed al­tri mi­ste­riosi ap­pa­rati, se­mi­na­sco­sti sotto le om­brie dei sem­pre­verdi. Il ballo dei fan­ciulli riu­scirà di si­curo as­sai gra­zioso.
Il trat­te­ni­mento sarà tutto e sem­pre ral­le­grato dalla mu­sica. Tutti i corpi di mu­sica di­spo­ni­bili si pre­stano vo­lon­te­rosi gra­tui­ta­mente […].
La esi­mia di­re­zione del gas […] ha ac­cor­dato an­che in que­sta cir­co­stanza il gas gra­tui­ta­mente. I si­gnori fra­telli Boc­coni hanno of­ferto scaf­fali e scan­sie, come già fe­cero per il Tiro a se­gno.
L’Associazione dei Ve­te­rani e dei Re­duci pre­ste­ranno gen­til­mente il loro con­corso, in­ter­ve­nendo ogni giorno un certo nu­mero di soci per coa­diu­vare il man­te­ni­mento dell’ordine ed il buon an­da­mento di tutti i ser­vizi. […]
Babbi, mamme, zii, zie, tu­tori ed edu­ca­tori, con­du­cete i vo­stri bam­bini a Mon­te­merlo, an­da­tevi con loro e ne sa­rete dop­pia­mente con­tenti.
La tassa di in­gresso è di soli cent. 50 per chi ha una sta­tura com­presa tra l’uno e i sette me­tri; l’ora è op­por­tuna, il luogo è bello e sim­pa­tico, gli spet­ta­coli sa­ranno il non plus ul­tra di sè stessi.»

21  E il com­mento al primo giorno espo­si­tivo è en­tu­sia­sta (Cor­Sera, 01-09-79):

«Per gli’inondati
«A Mon­te­merlo» — si leg­geva ieri sera ad ogni in­gresso e su molti al­beri dei giar­dini pub­blici. Una ri­gna di pal­lon­cini va­rio­pinti, scin­til­lanti di luce, di fan­ta­stico ef­fetto tra le fo­glie cupe de­gli al­beri, ad­di­tava la via alla ele­gante mon­ta­gnola. La gente vi si av­viava a frotte, a on­date. Le si­gnore, tra le quali molte splen­dide di gra­zia e di bel­lezza, erano in gran nu­mero; i bam­bini però non erano molti.
Una grande quan­tità di gente ri­ma­neva di fuori, ascol­tando la mu­sica ed i fe­stosi cla­mori. Ab­biamo udito la­gnanze sul prezzo del bi­glietto d’ingresso da molti che lo vor­reb­bero ri­dotto alla metà, per ren­dere pos­si­bile il di­ver­ti­mento alle fa­mi­glie nu­me­rose e di mo­de­sta for­tuna. Ab­biamo fatto cenno di que­ste la­gnanze per­chè le fe­ste con­ti­nue­ranno per al­tre quat­tro, cin­que sere.
Mon­te­merlo così fe­sto­sa­mente il­lu­mi­nato, col gaio e fan­ta­stico pa­di­glione, coi tea­trini im­prov­vi­sati, col ca­ro­sello, coi giuo­chi, colle due mu­si­che, con tanta gente, pa­reva un giar­di­netto in­can­tato.
L’esposizione dei premi della lot­te­ria è fatta leg­gia­dra­mente nel Sa­lone del caffè, gra­tui­ta­mente con­cesso dai si­gnori Va­le­riani e Gu­sberti, i quali per al­tro hanno fatto un as­sai buon af­fare per la gran gente, che ac­corre a ri­sto­rarsi ai ta­voli del loro eser­ci­zio.
In mezzo al piaz­zale, sotto al pa­di­glione, for­mato da lun­ghe stri­scie di stoffa rossa e da fe­stoni di pal­lon­cini ele­ganti a fog­gia di grossi pe­tali di gi­glio ro­ve­sciati, è la ro­tonda, ove, su di un am­pio tap­peto, i bam­bini e le bam­bine si sbiz­zar­ri­scono a sal­tare e a bal­lare con il brio, la gra­zia e la leg­gia­dria, che sono pro­prie della sua età.
Lì vi­cino una com­pa­gnia di sal­tim­ban­chi (quei bravi matti della fa­mi­glia ar­ti­stica), in cal­za­ma­glie e lu­strini, fanno gruppi, qua­dri, salti, eser­ci­zii gin­na­stici e giuo­chi d’ogni spe­cie.
E nella loro truppa una amaz­zone ric­ciuta e im­prov­vi­sata che fa molti salti e ca­priole pia­ce­voli.
Nei tea­trini po­sticci le ma­rio­nette na­tu­rali e le om­bre e i qua­dri dis­sol­venti at­trag­gono l’attenzione delle pla­tee nu­me­ro­sis­sime e ru­mo­rose.
Qua e là gruppi di suo­na­tori am­bu­lanti scelti nel mazzo e rap­pre­sen­tanti delle ca­ri­ca­ture ve­ra­mente ar­ti­sti­che, e per­fino la fio­raia Te­re­sina mi­ra­co­lo­sa­mente sal­vata da una in­di­ge­stione di lu­ma­che!…
Le ri­sate, i balli, i suoni, le rap­pre­sen­ta­zioni, gli eser­cizi, gli ap­plausi si al­ter­na­rono al­le­gra­mente fino al tardi.
Il di­ver­ti­mento è riu­scito as­sai bene e ieri sera l’introito, che va a be­ne­fi­cio de­gli inon­dati, deve es­sere stato co­spi­cuo.
Nella espo­si­zione, ab­biamo ve­duto mol­tis­simi e va­riati doni, che co­sti­tui­ranno al­tret­tanti premi della grande lot­te­ria: gli ele­ganti e ric­chi vasi giap­po­nesi, do­nati dalla Re­gina, qua­dri ad olio, gio­ielli, ven­ta­gli, bot­ti­glie piene di li­quori e di vini pre­li­bati, oleo­gra­fie, chin­ca­glie­rie, ga­lan­te­rie, li­bri, ecc. ecc. La piog­gia dei doni con­ti­nua.
Un bravo al be­ne­me­rito Co­mi­tato di soc­corso per gli inon­dati ed a quei capi gaj ed ameni della fa­mi­glia artistica.»

22  No­no­stante le la­men­tele per il prezzo alto, alla fine di set­tem­bre erano stati ven­duti bi­glietti di in­gresso al Pa­di­glione Monte Merlo per 9.000 lire, quindi con un af­flusso di al­meno 18.000 adulti e con una grande eco me­dia­tica, fa­vo­rita dai di­ver­ti­menti che ai Giar­dini la Fa­mi­glia Ar­ti­stica of­friva ai visitatori.

Ap­pa­ren­te­mente quindi tutto bene!
E in­fatti ai primi di ot­to­bre (Cor­Sera, 2-3 ottobre/79) il Co­mi­tato an­nun­ciò l’estrazione per la metà di novembre:

«Ora le cure del Co­mi­tato sono ri­volte allo spac­cio dei 100 mila Bi­glietti della Grande Lot­te­ria — I die­ci­mila premi fra i quali un mi­gliaio al­meno pre­ge­vo­lis­simi o di co­spi­cuo va­lore, sono di­spo­sti per or­dine nu­me­rico nel Sa­lone Mu­ni­ci­pale dei Giar­dini Pub­blici. Il Ca­ta­logo ne sarà pub­bli­cato in set­ti­mana e tro­vasi in corso di stampa. I prin­ci­pali Al­ber­ghi, Caffè, Bot­ti­glie­rie ecc., tutti i Ban­chi del Lotto, e molte di­stinte So­cietà as­sun­sero gen­til­mente l’incarico di farsi cen­tri per la ven­dita dei bi­glietti. — An­che dalle Pro­vin­cie per­ven­gono of­ferte e ri­cer­che, per cui il Co­mi­tato con­fida di po­ter ef­fet­tuare l’estrazione en­tro la prima metà del p.v. no­vem­bre, rea­liz­zando un lauto be­ne­fi­cio con cui chiu­dere de­gna­mente l’opera in­si­gne di beneficenza.»

Il Catalogo dei 10.000 premi.

Cor­Sera, 11 ot­to­bre 1879:

«Oggi ri­ce­viamo bell’e pub­bli­cato il ca­ta­logo dei die­ci­mila premi della grande lot­te­ria di be­ne­fi­cenza; ciò prova es­sere com­piuto il nu­mero dei premi, per cui al­tro non manca all’esito com­pleto di quest’ultimo atto della ca­rità cit­ta­dina se non il fa­vore e l’affluenza del pub­blico all’acquisto dei bi­glietti. Man­che­ranno? Sa­rebbe colpa il solo dubitarlo.»

23  Il Ca­ta­logo della “Grande Lot­te­ria per gl’inondati” è in­te­res­sante sia come fatto di co­stume per la ti­po­lo­gia dei doni (si va dai pet­tini ai li­bri, da­gli oc­chiali alle mu­tande, dai mo­bili ai gio­ielli — stiamo pro­ce­dendo alla messa a data-base dei 10.000 ar­ti­coli, po­trà forse in­te­res­sare qual­che ri­cer­ca­tore spe­cia­liz­zato in usi e co­stumi di fine Ot­to­cento in Lom­bar­dia) sia per­ché tra i 10.000 og­getti do­nati vi sono nu­me­rose opere d’arte o di ar­ti­gia­nato.
Di que­ste, il ca­ta­logo ne evi­den­zia in ne­retto circa 300, non sap­piamo in base a quale criterio.

Noi, da que­ste 300, per il mo­mento ab­biamo se­le­zio­nato le 116 per le quali è ri­por­tato il nome dell’autore (no­tiamo che un’opera di Va­la­perta data dal Cor­Sera di giu­gno come do­nata, non com­pare nel ca­ta­logo, non sap­piamo se per er­rore di re­da­zione o per ri­pen­sa­mento dell’artista).

Que­ste 116 opere ven­nero do­nate da 83 ar­ti­sti (quindi qual­che ar­ti­sta donò più di un’opera), così da noi rag­grup­pate per tipologia:

Pit­tura / di­se­gno = 95 opere
Di­pinti a olio: 47 (36 con cor­nice) / Ac­que­relli: 33 (10 con cor­nice) / Tem­pere: 5 (4 con cor­nice) / Di­se­gni: 3 / In­ci­sioni: 5 / Li­to­gra­fie: 1.

Scul­tura = 22 opere
Bronzo: 1 / Marmo: 4 (2 con pie­de­stallo) / Ter­ra­cotta: 5 / Gesso: 11 / Cera: 1 (vi è raf­fi­gu­rato Ales­san­dro Manzoni).

Gli artisti e le opere donate.

Per que­sto elenco ab­biamo ri­preso il te­sto esat­ta­mente come ri­por­tato nel Ca­ta­logo (quindi an­che con le sue in­coe­renze for­mali): in que­sta forma ori­gi­nale forse può es­sere utile a chi è im­pe­gnato si­ste­ma­ti­ca­mente nell’arte per in­di­vi­duare even­tual­mente que­sta o quella opera og­getto di stu­dio o ricerca.

Tra pa­ren­tesi è in­di­cato il nu­mero pro­gres­sivo col quale gli og­getti sono nel Ca­ta­logo, pro­po­sti nell’ordine con cui sono per­ve­nuti al Co­mi­tato or­ga­niz­za­tore.
No­tiamo in pro­po­sito che su 116 opere do­nate, 26 sono col­lo­cate tra i primi 5.000; 90 nei suc­ces­sivi 5.000.

Ciò fa pen­sare che molte delle opere do­nate ven­nero pre­di­spo­ste, o ri­fi­nite, o do­tate di cor­nice, ap­po­si­ta­mente per la lotteria.

Tra que­ste, pos­siamo ri­cor­dare i di­pinti di Hayez: «Una schiava» (5656) e «Ri­tratto di mo­naca» che è tra gli ul­ti­mis­simi, al n. 9804.

Alberti Achille, «Busto», gesso (8424).
Albertis, «Episodio della guerra del 1859», acquerello (1299).
Argenti Antonio, «Busto di giovane dama», scagliola (8336).
B. Luino, (già attribuito), «Ritratto di S. Giov. Battista», quadro ad olio (9600).
Bartezago Enrico, «Ragazzo con galline», acquerello (8612).
Bartezzati Luigi, «Marina», acquerello (8148).
Bartezzati Luigi, Acquerello (8159).
Barzaghi F., «La prima Pipa», statua in marmo (4191).
Benzoni G.E., «Gruppo in terra cotta», terra cotta (2989).
Bernini S., «Un moschettiere», acquerello (1980).
Bignoli G., «La Lucia dei Promessi Sposi», acquerello (67).
Bisi Fulvia, «Bosco presso Varese», dipinto ad olio (309).
Bisi L., «Il Duomo di Modena», quadretti con cornice (1486).
Bisi Antonietta, «Torno, Lago di Como», quadro a olio con cornice dorata (7717).
Bisi Emilio, «Busto di Donna», acquerello con cornice dorata (7783).
Bisson padre, 1792, «Le tentazioni di sant’Antonio», tempera (2193).
Boltraffio G., «Montanara», quadro ad olio (254).
Borghi Ambrogio, «Medaglione», marmo (8292).
Borzino Leopoldina Zanetti, «La Colazione nel bosco», acquerello con cornice dorata (7970).
Bottinelli Angelo, «Rondinella», statuetta in terra cotta (9237).
Boucheron Carlo, «Frutta», quadro a olio con cornice dorata (7613).
Bouvier Edoardo, «Pompejana», acquerello (7522).
Bouvier Pietro, «Testa d’uomo», disegno in penna (7536).
Bouvier Pietro, «Studio dal vero», disegno in penna (7656).
Branca Giulio, «La Mestizia», busto in scagliola bronzata (8391).
Bucchi E., «Fiori», dipinto a olio (2939).
Burlando Leopoldo, «Veduta in Venezia», quadro ad olio con cornice dorata (7805).
Calvi Pietro, «Ciocciara», acquerello (8091).
Calvi Pietro, «Pifferaio, busto», terra cotta (8181).
Calzieri Cornelio, «La Rotonda del Capra a Firenze», acquerello con cornice in legno (7700).
Campi Giacomo, «Costume», acquerello con cornice dorata (7816).
Campi Giacomo, «Gita sul Lago di Garda», acquerello con cornice dorata (7860).
Campi Giacomo, «Costume», acquerello (8069).
Campi Carlo, «Massimo d’Azeglio», statuetta in gesso (8170).
Campi Carlo, «Hamerling», statuetta in gesso (8193).
Campi Carlo, «Giusti», statuetta in gesso (8204).
Campi Carlo, «Raiberti», statuetta in gesso (8215).
Casnedi, «Un frate», acquerello (2834).
Casnedi, «Monaca», acquerello (8014).
Cavalli Giovanni, «Rustico», acquerello con cornice dorata (7590).
Cenni Q., «Album di Custoza», litografie (2270).
Colombi Francesco, «Testa in costume turco», quadro a olio con cornice dorata (7682).
Cova Achille, «Fiori», acquerello (8025).
Curti Antonio, «Ninfa al fonte», quadro ad olio con cornice dorata (7739).
De Crespi, «Giovine signora», quadretto ad olio con cornice (1793).
De Magistris Giuseppe, «Paesaggio», quadro ad olio con cornice dorata (7604).
Dovera Achille, «Bosco, studio dal vero», quadro ad olio con cornice dorata (7555).
Fasanotti Gaetano, «Bozzetto dal vero», quadro ad olio con cornice dorata (7580).
Ferrari Gio. Battista, «Giovenca al pascolo», quadro a olio con cornice dorata (7643).
Ferrario Carlo, «Marina», acquerello con cornice (8796).
Fontana, «Una baccante», quadro ad olio con cornice (111).
Fontana, Dipinto ad olio con cornice dorata, (7109).
Formi A., «Paesaggio», quadro grande ad olio con cornice dorata (4073).
Fossati Andrea, «Giovine pifferaio», quadro ad olio con cornice bianca (7849).
Gagliardi L., «Bugia con Tritone», bronzo (8303).
Grandi G., «Veduta del lago di Nemi Roma», dipinto all’olio dal vero con cornice dorata (9900).
Guarnerio Pietro, «Rossini», statuetta in gesso (8226).
Guignoni Edoardo, «Paesaggio», quadro ad olio con cornice dorata (1632).
Guignoni Eugenio, «Una zingara», quadro ad olio con cornice dorata (7675).
Guignoni Eugenio, «Schizzo dal molo Venezia», quadro ad olio con cornice dorata (7893).
Guignoni Eugenio, «S. Michele in Savoja», quadro a olio con cornice dorata (7566).
Hayez F., «Ritratto di monaca», dipinto dal vero, olio con cornice dorata (9804).
Hayez F., «Una schiava», dipinto a olio con cornice dorata (5656).
Hohenstein Adolfo, «Ciabattino», acquerello con cornice dorata (7871).
Hohenstein Adolfo, «Festa del 600», acquerello con cornice dorata (7904).
Induno G., «Una Madonna», quadretto con cornice (1552).
Inganni, «Nevicata», quadro ad olio (5077).
Jamucci Cesare, «Ritratto di A. Manzoni», cera, bassorilievo con cornice (8314).
Lelli, «Paesaggio», quadretto ad olio (1189).
Leoni Romolo, «Testa puttino», in gesso (8369).
Londonio, «N. 12 incisioni» (8668).
Londonio, «Sei incisioni» (8692).
Londonio, «Dodici incisioni» (8703).
Londonio, «Sei incisioni» (8714).
Londonio, «Sei incisioni» (8725).
Luvoni Ubaldo, «Boleto, Lago d’Orta», quadro a olio con cornice dorata (7761).
Luvoni Ubaldo, «Maggianico, lago di Lecco», quadro ad olio con cornice dorata (7772).
Manenti Emilio, «Idillio», quadro ad olio con cornice dorata (7599).
Mantegazza G., Dipinto a olio con cornice dorata (34).
Maraj Luigi, «Carnevale di Roma», disegno in penna (8623).
Maraj L., «Affezione alla prole», bozzetto in terra cotta (8745).
Marinoni Giulio, «Fiori», acquerello (8115).
Marzorati Pietro, «Marina», quadro ad olio con cornice dorata (7546).
Meda Gio. Battista, «Fiori ed uccelli», quadro a olio con cornice bianca (7706).
Meda Gio. Battista, «Natura morta», quadro ad olio con cornice dorata (7882).
Menozzi, «Quadro», tempra con cornice in legno nero (7926).
Menozzi, «Quadro», tempra con cornice in legno nero (7937).
Menozzi, «Quadro», tempra con cornice in legno nero (7948).
Menozzi, «Quadro», tempra con cornice in legno nero (7959).
Metelli Metello, «Gruppetto», terra cotta (8358).
Morbelli Angelo, «Un ponte a Venezia», quadro a olio con cornice dorata (8137).
Naymiller Carlo, «L’Elemosina in Chiesa», acquerello con cornice dorata (7827).
Naymiller Carlo, «Busto di Donna», acquerello con telajo greggio (7838).
Pagliano G., «Una Ciociara», acquerello (1167).
Poma S., «Paesaggio», olio (2468).
Porta Carlo, «L’attesa», acquerello (7981).
Ricci Guido, «Cantiere delle rive del Po», quadro a olio con cornice dorata (7750).
Riva Natale, «Mezza figura», acquerello (8003).
Rosina Roberto, «Paesaggio», acquerello (8568).
Sala Paolo, «Paesaggio», quadro ad olio con cornice dorata (8785).
Sandri Ester Marie, «Fiori», acquerello (8036).
Sanquirico, «Ritratto del pittore Sanquirico», olio (353).
Sanquirico P., «Porta della Chiesa delle Grazie», acquerello (8634).
Steffani L., «Marina», dipinto ad olio sul legno (2996).
Tenerani, «L’Addolorata», busto in marmo con piedistallo (10000).
Todeschini Giov., «Una romana», acquerello (8454).
Trenti D. Gerolamo, «Dopo la colazione», quadro ad olio con cornice dorata (7794).
Trombetta, «Una marina», quadro ad olio con cornice (1689).
Trombetta Ezechiele, «Caricatura, statuetta», [gesso] bronzata (8325).
Valioni Antonio, «Marina», quadro a olio con cornice dorata (8807).
Vallardi Giuseppe, «Rustico dal vero», quadretto ad olio con cornice dorata (7625).
Villa Federico, «L’Estate», busto in gesso bronzato (8380).
Weiss Lorenzo, «Paesaggio», acquerello (8590).
Zannoni Ugo, «La Preghiera», busto in marmo con piedistallo (8347).
Zennaro S., «Fiori», dipinto ad olio (573).
Zona, «Ritratto di giovin signora», acquerello (8096).

Gli sviluppi della Lotteria.

24  Dopo que­sta pa­ren­tesi sui con­te­nuti del monte premi della lot­te­ria, tor­niamo alla sua organizzazione.

Men­tre era in corso la ven­dita dei bi­glietti, ai primi di no­vem­bre — im­prov­vi­sa­mente — un te­le­gra­fico e an­che con­fuso co­mu­ni­cato del Co­mi­tato di­chia­rava il rin­vio dell’estrazione a data da de­fi­nirsi (Cor­Sera, 12-13 novembre/79):

«PER GLINONDATI
Il Co­mi­tato mi­la­nese di soc­corso agli inon­dati, in se­duta 6 cor­rente mese, sulle ri­sul­tanze della re­la­zione dei pro­pri com­mis­sari che vi­si­ta­rono le lo­ca­lità par­ti­co­lar­mente dan­neg­giate e di tra loro pro­po­sta, de­li­be­rava una ul­te­riore ero­ga­zione di L. 100.000; in­ca­ri­cato del ri­parto fra le pro­vin­cie dan­neg­giate il pro­prio uf­fi­cio di pre­si­denza in con­corso dei pre­detti si­gnori Commissari.
Con­tem­po­ra­nea­mente il Co­mi­tato, vi­sto che si av­vi­cina l’opera in cui la cit­ta­di­nanza ha il pio co­stume di lar­gheg­giare di of­ferte a fa­vore delle molte isti­tu­zioni lo­cali di be­ne­fi­cenza; nel dub­bio di in­ca­gliare al­tre opere di ca­rità cit­ta­dina ha de­li­be­rato di ri­man­dare a mi­glior tempo l’estrazione della Lotteria.»

L’interruzione alla ven­dita dei bi­glietti della lot­te­ria, de­cisa a metà no­vem­bre da­gli or­ga­niz­za­tori, pro­prio quando si sa­rebbe do­vuta te­nere l’estrazione, fu forse de­ter­mi­nata dall’arrivo dell’inverno, quando tra­di­zio­nal­mente le or­ga­niz­za­zioni be­ne­fi­che di base si tro­va­vano più pres­sate per l’assistenza ai po­veri, espo­sti ai ri­gori della sta­gione fredda.

Forse gli or­ga­niz­za­tori ave­vano ti­rato troppo il là nel tempo e la cit­ta­di­nanza nei cin­que mesi pas­sati aveva già dato un no­te­vole con­tri­buto in da­naro (ol­tre 300.000 Lire sulle 700.000 rac­colte in tutta Ita­lia, per un im­porto del con­tri­buto mi­la­nese sti­ma­bile in circa 6 mi­lioni di Euro).
Il bi­glietto di in­gresso per Monte Merlo era inol­tre di 50 cen­te­simi (più o meno i no­stri 10 Euro, vi erano state la­men­tele per l’alto co­sto) ed evi­den­te­mente fu­rono po­chi i cit­ta­dini che vo­les­sero an­cora met­tere ta­sca al por­ta­fo­glio per l’acquisto dei bi­glietti della lot­te­ria (1 bi­glietto = 1 Lira = circa 20 Euro).

Il fat­tore eco­no­mico non va sot­to­va­lu­tato. In que­gli anni il Pro­fes­sor Abate An­to­nio Stop­pani, or­di­na­rio di Geo­lo­gia al Po­li­tec­nico di Mi­lano pren­deva 4.500 Lire lorde all’anno: per lui 1 lira era l’equivalente dei no­stri 20 Euro, il prof. po­teva an­che per­met­ter­selo. Ma un mae­stro delle ele­men­tari pren­deva circa 300 Lire all’anno: per lui il bi­glietto era quindi l’equivalente di 130 Euro! e per la sua col­lega donna, che pren­deva circa 220 Lire, va­leva 180 Euro! Da qui la com­pren­si­bile cau­tela nell’acquisto del bi­glietto per la lot­te­ria del Se­na­tore An­noni da parte dei ceti meno favoriti.

A parte ogni con­si­de­ra­zione sui per­ché e per­come, che suc­cesse poi della «Grande Lot­te­ria per gli’inondati» del conte Aldo Annoni?

25  Dopo il rin­vio an­nun­ciato il 6 no­vem­bre dal Co­mi­tato or­ga­niz­za­tore, se ne ri­parlò alla fine del mese (Cor­Sera, 30 no­vem­bre 1879):

«Ora che la sta­gione ha ri­po­po­lato la città no­stra, ri­chia­mando dalla cam­pa­gna i si­gnori vil­leg­gianti, il Co­mi­tato con­fida che lo spac­cio dei bi­glietti della lot­te­ria pren­derà nuovo slan­cio; ed a rag­giun­gere il be­ne­fico in­tento, ri­volge nuovo ap­pello alla cit­ta­di­nanza, ed in spe­ciale modo alle gen­tili si­gnore mi­la­nesi, che già hanno va­li­da­mente coo­pe­rato allo splen­dido ri­sul­tato delle sot­to­scri­zioni in offerte.[…]
Dal Co­mi­tato venne sta­bi­lito de­fi­ni­ti­va­mente di fare l’estrazione della Grande Lot­te­ria di Be­ne­fi­cenza per il giorno 10 feb­braio.» [il ve­nerdì dell’ultima set­ti­mana di Car­ne­vale 1880]

Ci stiamo av­vi­ci­nando quindi al mo­mento in cui il no­stro di­pinto «Mo­naca» do­nato da Hayez verrà sor­teg­giato con gli al­tri 9.999 premi e tro­verà una nuova casa.

Tre giorni prima della lotteria Olindo Guerrini / Stecchetti se la prende con i Senatori: sulla fame dei poveri piangono ma intanto pranzano.

Come il let­tore ri­cor­derà, più so­pra ave­vamo ac­cen­nato al ca­rat­tere an­che po­li­tico della ini­zia­tiva be­ne­fica pro­mossa dal conte An­noni (la de­stra mi­la­nese aveva stim­ma­tiz­zato la di­stra­zione da parte del Go­verno di si­ni­stra dei fondi a suo tempo stan­ziati per la ma­nu­ten­zione flu­viale. Con que­sta ini­zia­tiva be­ne­fica su larga scala mo­strava di es­sere nei fatti an­cora la parte da cui po­te­vano giun­gere ai meno for­tu­nati aiuti concreti).

26  Certo alla luce di quel sem­pre pre­sente ri­svolto po­li­tico dell’iniziativa, po­chi giorni prima della pre­vi­sta estra­zione della lot­te­ria, il Cor­Sera del 10-11 feb­braio (quindi tre giorni prima) con un lungo ar­ti­colo ti­to­lato «Quat­tro cat­tivi versi», ri­pren­deva di Olindo Guer­rini un “Epi­gramma”, da poco ap­parso su al­cuni gior­nali “de­mo­cra­tici” e ne pro­po­neva la critica:

A i pa­dri vec­chi ed a le ma­dri in­ferme
noi strap­piamo il fi­gliolo
per cac­ciarlo a mo­rir nelle ca­serme
di tifo e di va­jolo,
e il de­serto vil­lan ci chiama la­dri,
ten­dendo il pu­gno scarno,
e i bimbi nudi e le pian­genti ma­dri
chie­dono pane in­darno.
Vo­lete voi la fame e i suoi do­lori,
o vo­lete l’avanzo?
— Vo­gliam la fame — han detto i se­na­tori
e sono an­dati a pranzo.

A po­chi giorni dall’estrazione della lot­te­ria di Mi­lano, que­sto epi­gramma del so­cia­li­steg­giante Guer­rini era evi­den­te­mente in­di­riz­zato al ricco Se­na­tore An­noni, pro­mo­tore e or­ga­niz­za­tore della lot­te­ria stessa.

Il Cor­Sera se ne fece di­fen­sore con un lungo com­mento (oc­cupa metà della prima pa­gina del gior­nale) tra cui sce­gliamo il brano più di­ret­ta­mente col­le­gato alla lotteria:

«Il vil­lano ci chiama la­dri, dice il si­gnor Guer­rini. E qui pur troppo del vero c’è. Quella pa­rola non è ge­ne­ral­mente detta, ma noi pure con­ve­niamo che molta parte delle mi­se­rande plebi cam­pa­gnole d’Italia cre­sce ab an­tico con poca sim­pa­tia in cuore pei ric­chi che le sfrut­tano. E quand’anche sia pura re­to­rica il ve­nirci a rac­con­tare che il vil­lano tende il pu­gno come un atto di mi­nac­cia, ciò non to­glie che dalla valle di la­grime delle sue pri­va­zioni egli levi la mano chie­dendo pietà per lui e pei bimbi nudi e le ma­dri pian­genti. Ma non in­darno. Il si­gnor Guer­rini non po­teva sce­gliere mo­mento meno op­por­tuno per dir così. Nel giorno in cui da un capo all’altro d’Italia, con mo­vi­mento nuovo dei cuori, ge­ne­rale, vor­remmo quasi dire en­tu­sia­stico, corre la pa­rola d’ordine: soc­cor­riamo i po­veri; all’indomani del ma­gni­fico slan­cio di tutta Ita­lia a fa­vore de­gli inon­dati, no, non si può dire, nem­meno in poe­sia, che il po­vero chiede in­darno. L’è una bu­gia, una cat­ti­ve­ria. C’è stato il si­gnor Guer­rini fra gli inon­dati ? Molto pro­ba­bil­mente, no. Noi ci siamo stati, pel no­stro uf­fi­cio, e li ab­biamo sen­titi buoni, com­mossi, forti nella sven­tura, be­ne­dire ai si­gnori che mo­stra­vano di tanto in­te­res­sarsi per loro. Così come, pel no­stro uf­fi­cio noi fac­ciamo pas­sare quo­ti­dia­na­mente sotto gli oc­chi tutti i gior­nali d’Italia, e da mesi ne ve­diamo oc­cu­pate le co­lonne da sot­to­scri­zioni dei ric­chi a fa­vore dei po­veri.
Prenda in mano la ce­tra, si­gnor poeta, e canti que­sto santo inno d’amore, lo in­co­raggi, lo sproni a cose più grandi an­cora, ad una ca­rità al­ta­mente ci­vile, di­versa da quella dei con­venti, de­gna di uo­mini li­beri, pro­gres­si­sti e de­mo­cra­tici sul se­rio — non a pa­role e poe­sie.
In­tanto che il si­gnor Guer­rini com­pone i suoi epi­grammi, molti di co­loro che egli mira a pun­gere sono ne­gli uf­fici delle Con­gre­ga­zioni e dei Co­mi­tati di soc­corso a la­vo­rare sui re­gi­stri, a ra­du­nare co­perte, a di­sporre per brodi, mi­ne­stre, ecc.
Tutta prosa, più poe­tica as­sai della poe­sia del si­gnor Guer­rini, e più vera.»

Ciò ri­por­tato per do­vere di cro­naca, ar­ri­viamo fi­nal­mente alla tanto at­tesa estra­zione della lotteria.

Hayez,

fatto a 89 anni”

Hayez,
fatto a 89 anni”

La cronaca cittadina ci regala la soluzione del mistero «Monaca».

Cor­Sera, 12-13 feb­braio 1880, pag. 2.
Dall’articolo «Lot­te­ria per gl’inondati» tra­iamo un brano de­di­cato al di­pinto «Mo­naca» do­nato nel 1879 da Hayez per la mo­stra di be­ne­fi­cenza svol­tasi il 13 feb­braio 1880.

«La testa d’una monaca dipinta in un quadretto attira la nostra attenzione. È la testa d’una giovane; dagli occhi chinati, dalle guancia vermiglie accese, morbide… Che pensa quella bella fronte che non sembra visitata in quel momento dall’inspirazioni del cielo?… È un quadretto dipinto e regalato dal venerato Hayez, il quale, in un angolo al quadretto sotto la propria firma, scrisse: “fatto a 89 anni”! — Di Francesco Hayez ammiriamo un altro quadretto pure donato dal generoso vecchio a favore degli inondati: e rappresenta una schiava ; è una mezza figura di donna, tutta pensiero e tutto tristezza. Come sono trasparenti quelle penombre! Come è nitido il disegno! È disegno di un Hayez!»

Ecco svelato il gran mistero!

Dall’attento la­voro del cro­ni­sta del Cor­Sera di 139 anni fa ab­biamo così ap­preso — che il di­pinto ti­to­lato «La mo­naca» pe­ri­tato dal pro­fes­sor Maz­zocca come di Hayez e iden­ti­fi­cato con un di­pinto «Mo­naca» do­nato dall’artista alla lot­te­ria di be­ne­fi­cenza del 1879, con al­tis­sima pro­ba­bi­lità non è quel di­pinto che si è sem­pre detto do­nato da Hayez alla lotteria.

Sul di­pinto pe­ri­tato da Maz­zocca nel 1995 ed espo­sto a Mi­lano 2009, Monza 2016 e a Lecco 2018 in «Ot­to­cento Lom­bardo», non com­pare in­fatti al­cuna scritta, né di Hayez né di altri.

Sap­piamo che op­por­tu­na­mente la pro­prietà del di­pinto farà ese­guire una pe­ri­zia tec­nica per ve­ri­fi­care senza om­bra di dub­bio che sotto strati più re­centi di ver­nice non si na­sconda un even­tuale au­to­grafo haye­ziano.
La cosa è piut­to­sto re­mota ma: mai dire mai!

Ri­pe­tiamo quanto già so­pra ac­cen­nato: nel caso ri­sulti che nel di­pinto non sia in al­cun modo pre­sente la frase «Hayez, fatto a 89 anni» ne de­riva ne­ces­sa­ria­mente che il di­pinto pe­ri­tato da Maz­zocca nel 1995 non sia di Hayez?
Niente af­fatto!
Po­trebbe be­nis­simo es­sere un terzo di­pinto «Mo­naca» del mae­stro del Romanticismo.

Se dalle ana­lisi tec­ni­che ri­sul­tasse però de­fi­ni­ti­va­mente che il di­pinto pe­ri­tato da Maz­zocca nel 1995 non è il di­pinto do­nato da Hayez alla lot­te­ria del 1879, per con­fer­marne la au­to­gra­fia haye­ziana sa­rebbe in­di­spen­sa­bile ri­ve­dere ex-novo la pe­ri­zia del 1995, sia ri­cor­rendo alle nuove me­to­do­lo­gie an­che stru­men­tali sia con un nuovo ap­proc­cio storico-documentale.

Se dob­biamo es­sere sin­ceri, noi per in­di­vi­duare un ele­mento ab­ba­stanza si­gni­fi­ca­tivo non ab­biamo do­vuto fare grandi sforzi se non pas­sare qual­che ora at­tac­cati agli or­mai an­ti­di­lu­viani pro­iet­tori della Sor­mani di Mi­lano e ro­vi­narci gli oc­chi nel de­ci­frare al­cuni ne­ga­tivi ve­ra­mente in cat­tive con­di­zioni del Cor­riere della Sera del 1880.

Siamo certi che gli spe­cia­li­sti sa­pranno tro­vare al­tri e an­cora più in­te­res­santi documenti.

E la “vincita” del conte Annoni?

Sulla scorta delle te­sti­mo­nianze della cri­tica coeva e at­tuale (Mon­geri 1883, Ca­rotti 1890, Ni­co­demi 1962, Co­ra­de­schi 1971, Maz­zocca 1994 e 1995), ab­biamo sem­pre scritto che il di­pinto do­nato da Hayez alla lot­te­ria del 1879 venne vinto dal conte Aldo An­noni (che era an­che il Pre­si­dente del Co­mi­tato organizzatore).

27  A dire il vero, al mo­mento, non ab­biamo in­di­vi­duato al­cun do­cu­mento da cui ri­sul­tasse in che modo ciò sa­rebbe av­ve­nuto.
È an­che pos­si­bile che An­noni avesse ac­qui­stato un bel nu­mero di bi­glietti, per dare di ta­sca sua una mano alla buona riu­scita dell’iniziativa (ab­biamo vi­sto che c’erano que­stioni an­che po­li­ti­che die­tro di essa) e che quindi le sue pro­ba­bi­lità all’estrazione fos­sero più alte di tanti al­tri partecipanti.

Ma è an­che pos­si­bile che An­noni si sia mosso come quel si­gnore de­scritto nell’articolo di cui ab­biamo con­si­gliato la let­tura in­te­grale, il quale, in­na­mo­rato di una sta­tuina di Mas­simo d’Azeglio, aveva sì com­prato 200 bi­glietti (4.000,00 Euro) ma si era an­che pub­bli­ca­mente di­chia­rato pronto a com­prarla su­bito e a ot­timo prezzo da chi fosse stato più for­tu­nato di lui.

È quindi pos­si­bile che An­noni (o un suo in­ca­ri­cato) ab­bia te­nuto d’occhio il di­pinto «Mo­naca» di Hayez e lo ab­bia ac­qui­stato da un vin­ci­tore, forse al­tret­tanto amante dell’arte del conte ma non con lo stesso portafoglio.

28  Ecco que­sta è la sto­ria del di­pinto do­nato da Hayez per la lot­te­ria del 1879, che è sem­brato per qual­che anno fosse il di­pinto «La mo­naca» pre­sen­tato a Mi­lano, Monza e Lecco come “ispi­rato da Man­zoni” e che in­vece con ogni pro­ba­bi­lità dob­biamo dare da oggi an­cora per disperso.

Ci au­gu­riamo na­tu­ral­mente che co­mun­que, an­che se ignoto, sia bello e ve­geto, ma­gari ap­peso in qual­che casa più o meno pa­tri­zia di Milano.

Se così è, in­vi­tiamo i for­tu­nati pos­ses­sori a non te­ner­selo solo per sé. Lo mo­strino, ne or­ga­niz­zino la vi­sione pubblica.

Se c’è la firma «Hayez / fatto a 89 anni» sa­remo certi di es­sere ve­ra­mente di fronte all’ultimo canto in­no­va­tore del vec­chio e mai domo ar­ti­sta venessian/milanés, amante dell’arte e delle belle donne — ri­go­ro­sa­mente: non mo­na­che ma odalische.

Per concludere: Hayez — conventi ed educande.

Per con­clu­dere ve­ra­mente, an­che con un ponte verso il pros­simo e ul­timo ar­ti­colo de­di­cato a come gli ar­ti­sti coevi a Man­zoni si im­pe­gna­rono (salvo rare ec­ce­zioni) a can­cel­lare la mo­naca man­zo­niana so­sti­tuen­dola con una in­no­cua icona, non pos­siamo non ri­chia­mare il let­tore al fatto che in tutta que­sta vi­cenda non è mai ap­parso nep­pure di sfug­gita un qual­siasi ele­mento che po­tesse fare pen­sare a una “ispi­ra­zione man­zo­niana” in Hayez nel met­tere mano ai suoi di­pinti «Mo­naca».

Per la ve­rità non sap­piamo as­so­lu­ta­mente come Hayez ve­desse la mo­naca man­zo­niana. In pro­po­sito non ab­biamo al­cuna te­sti­mo­nianza e nelle sue «Me­mo­rie» non si fa al­cun ri­fe­ri­mento a “I Pro­messi Sposi”.

29  Tro­viamo però nelle «Me­mo­rie» dell’artista il rac­conto di un epi­so­dio vis­suto dal gio­vane Hayez nel pe­riodo da lui vis­suto a Roma tra il 1809 e il 1817, che con un con­vento mo­na­cale ha una stretta attinenza.

Il gio­vane Hayez era estre­ma­mente agile e abile ar­ram­pi­ca­tore: per burla si is­sava sulle più alte sta­tue di Roma (an­che ri­schiando di rom­persi il collo), ma sem­pre con suc­cesso e tra le gran ri­sate dei gio­vani com­pa­gni ar­ti­sti e chias­sosi nottambuli.

Per que­ste sue doti atle­ti­che era stato ri­chie­sto da amici ar­chi­tetti di di­se­gnare per tutti loro al­cuni mo­nu­menti dall’alto, da un punto che ri­chie­deva ca­pa­cità da scalatore.

Di buon grado Hayez si era pre­stato e una mat­tina si ar­ram­picò su una alta e ina­gi­bile piat­ta­forma. Da lì po­teva ve­dere i mo­nu­menti ro­mani da una pro­spet­tiva inu­suale e — guarda caso — an­che il cor­tile di un convento.

Ma leg­giamo dalle sue pa­role («Me­mo­rie», a cura di Fer­nando Maz­zocca e Ca­te­rina Ferri:, pp. 83-84):

«Di­se­gnai dall’alto i mo­nu­menti del Campo Vac­cino, os­sia il Foro Ro­mano, così le co­lonne di Giove Sta­tore, il Tem­pio della Con­cor­dia, quello dell’Antonino e Fau­stina e il Tem­pio della Pace e molti al­tri.
Fu ap­punto quando mi tro­vavo sull’alto di que­sto tem­pio che io po­tevo guar­dare forse senza es­sere ve­duto en­tro il giar­dino d’un con­vento di cui non ri­cordo il nome; vidi fra molte edu­cande una gio­vi­netta snella e gra­ziosa che mi stava guar­dando: io le feci colla mano un sa­luto, senza però par­lare, essa mi cor­ri­spose nello stesso modo, per quel giorno null’altro. Il giorno ap­presso la vidi ve­nir sola nello stesso an­golo del giar­dino, men­tre le al­tre ne erano di­sco­ste e oc­cu­pate ai sol­lazzi per­messi nell’ora della ri­crea­zione: az­zar­dai un sa­luto, e vi ag­giunsi qual­che pa­rola che pure non le di­spia­cesse, per­ché l’indomani tornò allo stesso po­sto, e per far­misi sen­tire muo­veva le fronde di un grosso al­bero che era sulla no­stra vi­suale e che per con­se­guenza in­ter­cet­tava la vi­sta. Ca­pii che que­sta gio­vi­netta, quan­tun­que non par­lasse, sen­tiva vo­len­tieri qual­che pa­rola che io sot­to­voce cer­cavo di farle in­ten­dere; pa­role che ten­ta­vano a farle ca­pire la mia sim­pa­tia; ma sic­come ella do­veva, per non es­sere sco­perta, av­vi­ci­narsi alle com­pa­gne, io le dissi prima ch’ella si al­lon­ta­nasse che il giorno dopo alla stessa ora sa­rei tor­nato a sa­lu­tarla, e le get­tai un ba­cio.
In­tanto il mio la­voro po­teva es­sere in quel giorno ter­mi­nato, ma io ad arte feci na­scere il bi­so­gno di do­vere tor­nare qual­che al­tra volta per ul­ti­marlo. La fac­cenda andò tanto avanti che la ra­gazza s’era molto ri­scal­data e mi disse che era stanca di stare in con­vento. Que­ste pa­role mi fe­cero tanto senso che dopo ma­tura ri­fles­sione, e pen­sando alle con­se­guenze che que­sti ap­pun­ta­menti po­te­vano por­tare, me ne astenni del tutto.
Ciò non sfuggì all’occhio de­gli Ar­chi­tetti, miei com­pa­gni, ma la cosa finì e non ebbe al­tro seguito.»

Non sap­piamo se que­sto rac­conto (per al­tro del tutto ve­ro­si­mile, come ci è stato as­si­cu­rato da una edu­canda dei tempi no­stri) sia stato in­se­rito da Hayez nelle «Me­mo­rie» per ma­li­zia nei con­fronti del rac­conto di Man­zoni o solo per no­stal­gia dell’estro che in gio­vane età tanti so­gni e sim­pa­ti­che espe­rienze gli aveva garantito.

30. Riassumendo.

Ave­vamo svolto ai primi di no­vem­bre una cri­tica di det­ta­glio della mo­stra «Ot­to­cento Lom­bardo» (Lecco, 20-10-18 / 20-01-19) met­ten­done in luce:

la to­tale estra­neità ri­spetto alla tra­di­zione cul­tu­rale di Lecco;
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la can­cel­la­zione del ruolo di Man­zoni nello svi­luppo an­che delle arti fi­gu­ra­tive dell’Ottocento;
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la can­cel­la­zione de­gli stretti le­gami tra molti de­gli ar­ti­sti espo­sti e l’opera di Man­zoni o dello stesso Man­zoni;
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un er­rore pac­chiano nella ti­to­la­zione di un’opera espo­sta;
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un gros­so­lano er­rore su tutti gli stru­menti di co­mu­ni­ca­zione al pub­blico con la non men­zione dell’anno di svol­gi­mento della mo­stra;
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la to­tale man­canza di in­for­ma­zioni tese a fa­vo­rire le vi­site alla mo­stra, per esem­pio evi­den­ziando la pos­si­bi­lità di in­gresso at­tra­verso la tes­sera «Ab­bo­na­mento Mu­sei Lom­bar­dia» (45,00 / 35,00 Euro, un anno di vi­sita senza li­miti a tutte le ini­zia­tive con­ven­zio­nate per tutti i mu­sei della Lombardia).

ma so­prat­tutto:

l’attribuzione a una ispi­ra­zione man­zo­niana per un di­pinto at­tri­buito ad Hayez senza il mi­nimo ri­fe­ri­mento do­cu­men­tale e al quale era stato mu­tato il ti­tolo da «Mo­naca» a «La mo­naca», per ra­gioni a no­stro av­viso solo promozionali.

Le no­stre os­ser­va­zioni, tutte scru­po­lo­sa­mente documentate:

dalla cu­ra­trice della mo­stra Si­mona Bar­to­lena sono state de­fi­nite “de­li­ranti” e dalla stessa ci sono state ri­volte mi­nacce di de­nun­cia per dif­fa­ma­zione;
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a que­sta ele­gante ri­spo­sta di Bar­to­lena, che ci li­mi­tiamo a de­fi­nire “alla Don Ro­drigo” (siamo a Lecco, no?), si è as­so­ciata Si­mona Piazza (As­ses­sore alla Cul­tura del Co­mune di Lecco) che, dopo le no­stre os­ser­va­zioni, ha con­fer­mato la “piena fi­du­cia” agli or­ga­niz­za­tori e alla cu­ra­trice Bar­to­lena (solo per in­ciso, l’Assessore Piazza già un anno fa ci aveva mi­nac­ciato il ri­corso ai le­gali per no­stre note a una “App” del Co­mune di Lecco de­di­cata ai luo­ghi man­zo­niani, ono­rati dall’Assessorato con 243 pac­chiani er­rori e ol­tre 400 cri­ti­cità lin­gui­sti­che per la ver­sione in­glese, tutte cer­ti­fi­cate da una pre­sti­giosa Uni­ver­sità milanese).

La rea­zione ab­norme della cu­ra­trice Bar­to­lena e l’appoggio in­con­di­zio­nato ac­cor­da­tole dall’Assessore Piazza ci ave­vano sug­ge­rito di ap­pro­fon­dire il tema. Ab­biamo quindi:

a/ ve­ri­fi­cato che in me­rito al rap­porto tra di­pinto at­tri­buito ad Hayez e Man­zoni, a Lecco si era se­guito un co­pione già spe­ri­men­tato per al­tre due mo­stre (Ca­stello Sfor­ze­sco, Mi­lano 2009 / Villa Reale, Monza 2016), ab­biamo chie­sto de­lu­ci­da­zioni alle di­re­zioni di que­ste strut­ture;
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b/ da que­ste ci è stato ri­spo­sto solo con in­si­stenze e in modo eva­sivo;
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c/ siamo stati cor­te­se­mente in­di­riz­zati alla pro­prietà del di­pinto che ci ha dato un qua­dro com­ple­ta­mente dif­fe­rente: il di­pinto è stato pe­ri­tato dal Pro­fes­sor Maz­zocca nel 1995, che gli ha at­tri­buito il ti­tolo «Mo­naca» già as­se­gna­to­gli dallo stesso Hayez, iden­ti­fi­can­dolo con un di­pinto che la cri­tica coeva e suc­ces­siva (Ca­rotti 1890, Ni­co­demi 1962) di­cono do­nato da Hayez a una lot­te­ria di be­ne­fi­cenza del 1789 dove sa­rebbe stato vinto dal conte Aldo An­noni.
La pe­ri­zia di Maz­zocca evi­den­ziava an­che una se­rie di ele­menti sti­li­stici che col­lo­che­reb­bero il di­pinto all’ultima fase dell’attività di Hayez, pro­iet­tata verso nuove pro­spet­tive ar­ti­sti­che; senza al­cun ri­fe­ri­mento a Man­zoni e alla mo­naca di Monza.
Una pe­ri­zia quindi con­dotta senza ri­corso alle nuove me­to­di­che chi­mi­che-fo­to­gra­fi­che ma di tipo “tra­di­zio­nale”, ba­sata su va­lu­ta­zioni sti­li­sti­che e su un ele­mento do­cu­men­tale non for­tis­simo; una pe­ri­zia co­mun­que da con­si­de­rare come va­lida data l’esperienza e l’autorità in­di­scussa di Maz­zocca;
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d/ nell’approfondimento della no­stre ri­cer­che, tese a in­da­gare sul sup­po­sto rap­porto dipinto/monaca man­zo­niana, ab­biamo ap­pro­fon­dito la vita e l’opera dell’ultimo Hayez non­ché il suo lungo rap­porto con Man­zoni;
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e/ ci siamo così im­bat­tuti in ele­menti di cro­naca e do­cu­men­tari re­la­tivi alla lot­te­ria del 1879 cui Hayez avrebbe do­nato il suo di­pinto «Mo­naca»;
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f/ tra que­sti ele­menti una cro­naca ap­parsa su Il Cor­riere della Sera del 12-13 feb­braio 1880, nella quale è scritto in modo ine­qui­vo­ca­bile che il di­pinto «Mo­naca» do­nato da Hayez alla lot­te­ria del 1879 era con­tras­se­gnato da un au­to­grafo haye­ziano re­cante: «Hayez / fatto a 89 anni»;
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g/ con que­sto ele­mento do­cu­men­tale, il pre­sup­po­sto di Maz­zocca se­condo cui il di­pinto da lui pe­ri­tato fosse da iden­ti­fi­care con quello do­nato da Hayez per la lot­te­ria del 1879, viene a ca­dere;
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h/ a se­guito di tale ele­mento, non è detto che il di­pinto «Mo­naca» pe­ri­tato da Maz­zocca nel 1995 non possa es­sere at­tri­buito ugual­mente ad Hayez: sta di fatto che non è quello do­nato da Hayez alla lot­te­ria del 1879.

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Gen­tili let­tori,
an­che que­sta volta ab­biamo do­vuto un poco abu­sare della vo­stra at­ten­zione ma ri­te­niamo sia il caso di es­sere su tutti que­sti aspetti scru­po­losi e il più pos­si­bile at­tenti alla realtà sto­rico-do­cu­men­tale per av­vi­ci­narci, al­meno un poco, alla pre­ci­sione che pre­ten­diamo da­gli in­ge­gneri nei loro cal­coli strut­tu­rali o dal chi­rurgo quando in­ter­viene sulle no­stre coronarie.

Rin­gra­ziando per l’attenzione, vi por­giamo i più cor­diali saluti.

Fa­bio Stop­pani
Cen­tro Studi Abate Stoppani.

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P.S.
Di se­guito vi an­ti­ci­piamo lo schema dell’ultima parte di que­ste no­stre note.

Parte Terza.
Che po­sto ha avuto nella pit­tura dell’Ottocento la mo­naca nar­rata e di­se­gnata da Man­zoni? Pre­oc­cu­pati delle rea­zioni di Chiesa e per­be­ni­sti, gli ar­ti­sti (unica ec­ce­zione Mosè Bian­chi) si guar­da­rono bene dal met­terci mano.

Que­sti i capitoli:

Alla pub­bli­ca­zione de «I Pro­messi Sposi» nel 1827, i pit­tori (forse te­mendo rea­zioni cle­ri­cali), ten­nero fermi ma­tite e pen­nelli sulla vi­cenda della Si­gnora di Monza. Ne­gli af­fre­schi ispi­rati al ro­manzo e ap­pron­tati da Cian­fa­nelli per gli ap­par­ta­menti du­cali a Pa­lazzo Pitti in Fi­renze, an­che il Gran­duca di To­scana Leo­poldo II cen­sura l’episodio.
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Die­tro la fac­ciata di una en­tu­sia­stica am­mi­ra­zione per il ro­manzo, scatta una rea­zione di fatto anti-man­zo­niana: apre la strada il furbo Gio­vanni Ro­sini con il suo ri­si­bile ro­man­zetto (che però vende più del Man­zoni ed è an­che tra­dotto prima e in più lin­gue — Ro­sini si van­terà: «Il mio La Mo­naca di Monza ha uc­ciso i Pro­messi Sposi»).
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Con al­tro ta­glio (ma sulla stessa li­nea) se­gue a ruota Ce­sare Cantù (in rotta con Man­zoni per ra­gioni an­che per­so­nali): di­vul­gando il Ri­pa­monti con una pro­pria tra­du­zione in ita­liano, spo­sta l’asse dell’attenzione dai di­versi temi etici po­sti da Man­zoni a quello della fa­cile cro­naca scan­da­li­stica.
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Sal­gono sul carro della di­ver­sione An­gelo Ap­piani di Monza e l’amico in­ci­sore Be­retta: si in­ven­tano un “ri­tratto ori­gi­nale della Si­gnora De Leyva” e in­sieme de­fi­ni­scono il ca­none anti-man­zo­niano della Mo­naca di Monza che si im­porrà ra­pi­da­mente: com­po­stezza in­te­riore (ed este­riore), se­re­nità me­lan­co­nica.
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No­no­stante la ri­spo­sta di Man­zoni che, con Go­nin, cerca di im­porre la cor­retta ico­no­gra­fia con la Qua­ran­tana, i po­chis­simi pit­tori che si ci­men­tano col tema ca­pi­scono l’antifona e si ade­guano. In prima fila l’abile Mol­teni, che si as­si­cura così ci­ta­zioni a non fi­nire, sem­pre rin­no­vate fino ai no­stri giorni.
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Unica voce di­scor­dante è Mosè Bian­chi, che non rie­sce però a scio­gliere ade­gua­ta­mente il nodo sotto il pro­filo ar­ti­stico e sci­vola nella esasperazione.