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I riscontri alla nostra analisi

A se­guito della no­stra ana­lisi sulla mo­stra “Ot­to­cento Lom­bardo” (Lecco, 20 ot­to­bre 2018 – 20 gen­naio 2019) si sono avute prese di posizione.

Al­cune scom­po­ste (una let­te­rina solo in­sul­tante e mi­nac­ciante della cu­ra­trice della mostra).

Al­tre di cor­retto di­bat­tito cul­tu­rale, vei­co­late at­tra­verso due gior­nali lo­cali che vi hanno de­di­cato spa­zio con lo­de­vole spi­rito di cronaca.

A tutti ab­biamo dato risposta:

Il Giornale di Lecco / 19 novembre 2018

pag. 1
II Centro studi intitolato allo scienziato boccia l’«Ottocento lombardo» commissionato dal Comune

L’erede dell’Abate Stoppani stronca la mostra

LECCO (cca) «Senza fisionomia. Avulsa dalla cultura di Lecco, azzoppata da grossolani errori»».

Senz’appello la boc­cia­tura della mo­stra «Ot­to­cento lom­bardo» al­le­stita dal 20 ot­to­bre a Pa­lazzo delle Paure. Il giu­di­zio è del Cen­tro Studi Abate Stop­pani, a con­clu­sione di una pun­ti­gliosa di­sa­mina lunga ven­ti­sette ca­pi­toli. Fa­bio Ston­pani, ni­pote dell’illustre geo­logo lec­chese, l’ha in­viata come let­tera aperta al sin­daco e all’assessore alla Cul­tura Si­mona Piazza. La quale re­plica con­fer­mando la piena fi­du­cia agli or­ga­niz­za­tori e alla cu­ra­trice della mo­stra. (a pa­gina 4)

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pag. 4
LA POLEMICA — Let­tera aperta a sin­daco e as­ses­sore dal Cen­tro Studi Abate Stop­pani sull’evento a Pa­lazzo delle Paure.

L’erede di Stop­pani stronca la mo­stra: «Avulsa, ano­nima e az­zop­pata da er­rori» La po­le­mica Let­tera aperta a sin­daco e as­ses­sore dal Cen­tro Studi Abate Stop­pani sull’evento a Pa­lazzo delle Paure.

La stron­ca­tura è a dir poco pun­ti­gliosa. Ar­ti­co­lata in cin­que se­zioni e ven­ti­sette ca­pi­toli, spacca il ca­pello in quat­tro a di­mo­stra­zione che la mo­stra «Ot­to­cento lom­bardo», ospite dal 20 ot­to­bre scorso a Pa­lazzo delle Paure, sa­rebbe «un’occasione spre­cata». Il se­vero e im­pla­ca­bile re­cen­sore è Fa­bio Stop­pani, pro­ni­pote di Gio­vanni Ma­ria che fu fra­tello mi­nore del più ce­le­bre An­to­nio, scien­ziato geo­logo, cui è in­ti­to­lato il Cen­tro Studi Abate Stop­pani. La va­lu­ta­zione cri­tica, non be­ne­vola, è stata espressa con una let­tera aperta in­di­riz­zata al sin­daco Vir­gi­nio Bri­vio e all’assessore alla Cul­tura Si­mona Piazza, «per fa­vo­rire un’auspicabile cor­re­zione di rotta per le pros­sime ma­ni­fe­sta­zioni in pro­gramma» l’intento di­chia­rato. «Vi­si­tata at­ten­ta­mente la mo­stra, ana­liz­zati gli stru­menti di co­mu­ni­ca­zione ap­pron­tati per la sua pro­mo­zione e svol­gi­mento, ci sem­bra di po­tere af­fer­mare con si­cu­rezza che gli orien­ta­menti di sin­daco e as­ses­sore sono stati dra­sti­ca­mente di­sat­tesi da­gli or­ga­niz­za­tori e dalla cu­ra­trice» af­ferma il re­cen­sore Stop­pani. Ri­cor­dando che, all’inaugurazione dell’evento, era stata evi­den­ziata «la ne­ces­sità di va­lo­riz­zare il pa­tri­mo­nio ar­ti­stico pre­sente nei mu­sei della città, non­ché la sua espe­rienza cul­tu­rale, an­che in campo let­te­ra­rio». Se­condo Stop­pani la ViDi srl, so­cietà che ha or­ga­niz­zato la mo­stra di pit­tura e scul­tura cu­rata da Si­mona Bar­to­lena, avrebbe in­vece fatto al­tro. Per la cro­naca, «Ot­to­cento Lom­bardo» è la se­conda «grande mo­stra», dopo quella fo­to­gra­fica de­di­cata a Ro­bert Doi­sneau, che il Co­mune af­fida a ViDi con l’obiettivo di in­se­rire Lecco in un più am­pio cir­cuito di espo­si­zioni a ca­rat­tere cul­tu­rale. Il con­tratto con sca­denza 2020) ne pre­vede al­tre quattro.

«Una mo­stra senza fi­sio­no­mia. Avulsa dalla cul­tura di Lecco, az­zop­pata da gros­so­lani er­rori» il giu­di­zio sin­te­tico di Stop­pani. Che ar­ti­co­lato in «cin­que punti» (in realtà sono sei) suona non meno spie­tato: «Solo ve­lati ac­cenni a Man­zoni e ai Pro­messi Sposi – si ri­leva – Am­ne­sia in­spie­ga­bile su pi­la­stri della cul­tura lec­chese dell’Ottocento quali lo scrit­tore Ghi­slan­zoni e i pit­tori To­de­schini e Pizzi. Nep­pure una pa­rola sui tanti rap­porti, con Man­zoni e la sua opera, di molti de­gli ar­ti­sti espo­sti. Si­len­zio tom­bale sulla ras­se­gna an­nuale “Lecco città dei Pro­messi Sposi” 2018 a metà del cui svol­gi­mento è stata inau­gu­rata l’esposizione “Ot­to­cento Lom­bardo”. Una mo­stra quindi ano­nima; astratta ri­spetto all’esperienza cul­tu­rale di Lecco; ina­de­guata a ri­chia­mare l’attenzione sulla città. Di tutta evi­denza con­ce­pita e rea­liz­zata senza l’indispensabile ap­porto de­gli esperti della cul­tura del territorio».

Stop­pani af­fonda la lama quando ri­leva che a Mi­lano si sta con­tem­po­ra­nea­mente svol­gendo la mo­stra «Ro­man­ti­ci­smo» che si so­vrap­pone in parte a quella di Lecco. Hayez è pro­ta­go­ni­sta in en­trambe, ma men­tre a Mi­lano si dà ri­lievo in un’apposita se­zione alle tele di ar­go­mento man­zo­niano, «a Lecco “città dei Pro­messi Sposi” ciò è stato ap­po­si­ta­mente escluso per ra­gioni in­co­no­sci­bili». «Ci tro­viamo di fronte a una im­pres­sio­nante ma­ni­fe­sta­zione di dis­so­cia­zione cul­tu­rale che ha coin­volto Am­mi­ni­stra­zione co­mu­nale, or­ga­niz­za­tori e cu­ra­tore sto­rico-ar­ti­stico della mo­stra» sen­ten­zia Stop­pani con ri­fe­ri­mento al man­cato col­le­ga­mento della mo­stra alla ras­se­gna pure in corso «Lecco Città dei Pro­messi Sposi». Quanto ai «gros­so­lani er­rori», Stop­pani ne ri­leva sia nel ma­te­riale pro­mo­zio­nale e a cor­redo della mo­stra, sia nell’esposizione («Un in­cre­di­bile scam­bio di qua­dri nel per­corso e nello pseudo-ca­ta­logo, pa­sticci sulla Terza Guerra di In­di­pen­denza»). Dul­cis in fundo, Stop­pani evi­den­zia a pa­gina 7 del ca­ta­logo una im­ba­raz­zante di­men­ti­canza nella pre­sen­ta­zione da parte della so­cietà: «Il Pre­si­dente di ViDi Srl si guarda bene di dire una sola pa­rola sulla col­la­bo­ra­zione con il Co­mune di Lecco, che con­sente alla sua so­cietà pri­vata di la­vo­rare sul ter­ri­to­rio lec­chese, fruendo di un pre­sti­gioso tea­tro operativo».

La lunga (ven­ti­sette ca­pi­toli) nota cri­tica con­clude con l’elenco de­gli stu­diosi ed esperti che avreb­bero po­tuto dare un con­tri­buto po­si­tivo e che in­vece non sono stati in­ter­pel­lati: Gian­franco Scotti, Aloi­sio Bon­fanti, An­gelo Bor­ghi, Bar­bara Cat­ta­neo, Fran­ce­sco D’Alessio, Gian Luigi Daccò, Pie­tro Det­ta­manti, Marco Mag­gioni, An­ni­bale Rota, Ti­ziana Rota, Marco Sam­pie­tro, Gio­vanna Virgilio.

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La fe­roce premessa

«“Ot­to­cento Lom­bardo” Que­sta la scritta che è pos­si­bile leg­gere sui ma­ni­fe­sti stra­dali so­pra le “Lecco”, “Pa­lazzo delle Paure”, “20 ot­to­bre -20 gen­naio”. Di che si tratta? dal ma­ni­fe­sto non è dato sa­perlo. È un fe­sti­val mu­si­cale? Un ci­clo di le­zioni? Un corso di spe­cia­liz­za­zione post-lau­rea? Un com­po­ni­mento tea­trale? In che anno si svolge? Dalla co­mu­ni­ca­zione de­sti­nata al pub­blico — ma­ni­fe­sti, to­tem, an­nunci Web, ca­ta­logo uf­fi­ciale, pan­nelli in­for­ma­tivi — non è dato sa­perlo». Que­sta la pre­messa con cui Fa­bio Stop­pani del Cen­tro studi Abate Stop­pani de­mo­li­sce la mo­stra di pit­tura in corso a Lecco.

(A si­ni­stra, Si­mona Bar­to­lena, cu­ra­trice della mo­stra, e Si­mona Piazza, as­ses­sore alla Cultura.)

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L’assessore l’ha presa con fi­lo­so­fia
«Pur che se ne parli, gra­zie Stoppani»

Vale la mas­sima an­dreot­tiana: «L’importante è che se ne parli». L’assessore alla Cul­tura Si­mona Piazza sem­bra aver preso con (iro­nica) fi­lo­so­fia la stron­ca­tura del con­cit­ta­dino Fa­bio Stop­pani. La mo­stra di ViDi e Si­mona Bar­to­lena di­sat­tende in­di­rizzi e aspet­ta­tive dell’Amministrazione co­mu­nale? «Ri­con­fer­miamo piena fi­du­cia a ViDi, sia per l’organizzazione dell’evento sia per la va­li­dità del suo im­pianto scien­ti­fico. Siamo sod­di­sfatti del ri­sul­tato. L’obiettivo non era quello di ren­dere omag­gio a Man­zoni, quanto di pro­iet­tare Lecco fuori dai suoi con­sueti con­fini ter­ri­to­riali» di­chiara l’assessore. De­di­cando al me­ti­co­loso de­trat­tore della mo­stra in corso a Pa­lazzo delle Paure un sa­gace rin­gra­zia­mento: «An­zi­tutto gli in­vi­dio que­sta sua ca­pa­cità di ana­lisi del det­ta­glio, che forse gli però ha un po’ pre­cluso il bello della mo­stra nella sua to­ta­lità. Rin­gra­zio ad ogni modo Stop­pani: con il suo in­ter­vento ha of­ferto all’evento nuova vi­si­bi­lità sui me­dia». Pur­ché se ne parli, appunto…

Quanto ai la­men­tati gros­so­lani er­rori: «L’Amministrazione co­mu­nale non ha com­pe­tenza al ri­guardo, ogni ri­fe­ri­mento fa capo a ViDi e alla cu­ra­tela scientifica».

Mi­lano, 20 no­vem­bre 2018
Og­getto: Gra­zie per il “gra­zie”. Ma im­boc­chiamo una mi­glior via.

Gen­tile As­ses­sore Piazza,

in uno spa­zio-in­ter­vi­sta all’interno dell’articolo «II Cen­tro studi in­ti­to­lato allo scien­ziato boc­cia l’Ottocento lom­bardo com­mis­sio­nato dal Co­mune.» (“Il Gior­nale di Lecco”, 19 c.m.), il gior­na­li­sta Le at­tri­bui­sce al­cune frasi tra cui: «Rin­gra­zio ad ogni modo Stop­pani: con il suo in­ter­vento ha of­ferto all’evento nuova vi­si­bi­lità sui me­dia […]».
Dati i toni non pro­prio com­men­de­voli (“ve­ri­fi­che­remo con i no­stri av­vo­cati”, ecc.) con cui lo scorso anno Lei aveva ac­colto le no­stre os­ser­va­zioni sulla app del Co­mune de­di­cata ai luo­ghi man­zo­niani, e le re­centi in­vet­tive mi­nac­cianti della cu­ra­trice Bar­to­lena, ho molto ap­prez­zato que­ste sue at­tuali pa­role di nor­male buon senso e La rin­gra­zio se­ria­mente per il suo “gra­zie” al no­stro la­voro di analisi.

Lei mi con­sen­tirà però di ri­le­vare che il pro­blema non sta nei rin­gra­zia­menti o meno al no­stro Cen­tro Studi ma nel come pos­siamo tutti in­sieme con­tri­buire allo svi­luppo cul­tu­rale di Lecco.

Sotto que­sto pro­filo ci sem­brano ina­de­guate al­tre Sue pa­role, ri­por­tate dal gior­na­li­sta: «Ri­con­fer­miamo piena fi­du­cia a ViDi, sia per l’organizzazione dell’evento sia per la va­li­dità del suo im­pianto scien­ti­fico» e [quanto ai gros­so­lani er­rori] «L’Amministrazione co­mu­nale non ha com­pe­tenza al ri­guardo, ogni ri­fe­ri­mento fa capo a ViDi e alla cu­ra­tela scien­ti­fica.»

In­nan­zi­tutto è op­por­tuno ri­cor­dare che re­spon­sa­bile di ciò che av­viene at­torno alla cul­tura della città – nel bene e nel male – non è la per­fet­ta­mente sco­no­sciuta so­cietà a re­spon­sa­bi­lità li­mi­tata di Mi­lano “ViDi” (or­ga­niz­za­tore e in­cas­sa­tore dell’evento) né la cu­ra­trice ar­ti­stica Si­mona Bar­to­lena ma è il Sin­daco Bri­vio, Lei come As­ses­sore alla cul­tura, più in ge­ne­rale l’intera Giunta.

In pro­po­sito, la Sua frase «L’Amministrazione co­mu­nale non ha com­pe­tenza al ri­guardo, ogni ri­fe­ri­mento fa capo a ViDi e alla cu­ra­tela scien­ti­fica.» non ci la­scia tranquilli.

Lei ha già chie­sto l’intervento della cu­ra­trice quanto meno per ri­me­diare al qua­dro er­ro­nea­mente ti­to­lato? per l’inserimento nello pseudo-ca­ta­logo di un “er­rata cor­rige”? per la so­sti­tu­zione dei car­ton­cini fa­sulli (già che si è in ri­stampa, con l’inserimento dell’anno di svol­gi­mento?); per la rea­liz­za­zione di una lo­can­dina fatta come si deve da ap­porre da­vanti a Pa­lazzo delle Paure, alla bi­blio­teca Poz­zoli e ne­gli al­tri cen­tri di ag­gre­ga­zione quanto meno in quelli di ge­stione del Comune?

Inol­tre, ri­co­no­sciuto (come da noi mo­strato e da nes­suno smen­tito) che nella ge­stione dell’evento vi sono stati gravi er­rori, chi ri­sar­cirà Lecco per il danno che tali er­rori hanno già por­tato (e con­ti­nue­ranno a por­tare) all’immagine della città di Manzoni?

In me­rito a ciò, nel con­tratto con cui il Co­mune ha as­se­gnato la ge­stione de­gli eventi espo­si­tivi alla so­cietà ViDi Srl (che in­cassa di­ret­ta­mente tutti gli in­troiti de­ri­vanti dall’evento) è stata pre­vi­sta una ade­guata pe­nale in caso di er­rori o ina­dem­pienze?
Se sì, a quanto am­monta que­sta pe­nale? e in che modo Lei in­tende valersene?

Lei com­pren­derà che sa­rebbe ve­ra­mente tri­ste se qual­cuno pen­sasse di ca­var­sela con una trita fra­sina del tipo “ma loro ci ri­met­tono la faccia!”.

Alla città non in­te­ressa nulla della fac­cia dell’amministratore o del pre­si­dente di una qual­siasi so­cietà a re­spon­sa­bi­lità li­mi­tata come ViDi o della cu­ra­trice ar­ti­stica Bar­to­lena — sono fatti loro.

A Lecco in­te­ressa che la pro­pria sto­rica fi­sio­no­mia di città di Man­zoni e de “I Pro­messi Sposi” non fi­ni­sca in uno squal­lido ce­stino per l’insipienza e la su­per­fi­cia­lità di chicchessia.

E cu­rare che ciò non av­venga è pre­vi­le­gio e do­vere in primo luogo Suo, come As­ses­sore alla cul­tura, e del Sin­daco — non è pos­si­bile, pi­la­te­sca­mente, la­var­sene le mani.

In se­condo luogo, ci sem­bra che Lei, con­fer­mando «piena fi­du­cia a ViDi, sia per l’organizzazione dell’evento sia per la va­li­dità del suo im­pianto scien­ti­fico» non ab­bia in realtà com­preso il senso della no­stra ana­lisi e quindi ci ab­bia dato un “gra­zie” vi­ziato da incoerenza.

Quello che Lei de­fi­ni­sce “im­pianto scien­ti­fico” della mo­stra è ba­nal­mente la can­cel­la­zione di qual­siasi ri­fe­ri­mento a Man­zoni e a Lecco in una mo­stra in cui non solo il no­stro grande scrit­tore e la sua/nostra città po­te­vano tro­vare una per­fetta e coe­rente col­lo­ca­zione ma dare alla mo­stra stessa una qua­lità ir­rag­giun­gi­bile da qua­lun­que al­tra mo­stra sull’Ottocento lom­bardo che si po­tesse immaginare.

Nella no­stra ana­lisi ab­biamo ap­po­si­ta­mente vo­luto esporre an­che in det­ta­glio i de­biti di al­meno quat­tor­dici ar­ti­sti pre­senti in mo­stra nei con­fronti di­ret­ta­mente di Man­zoni, del suo ro­manzo e dello stesso ter­ri­to­rio di Lecco.
È at­tra­verso la va­lo­riz­za­zione di que­sti ele­menti che si sa­reb­bero po­tuti at­trarre vi­si­ta­tori dalle al­tre città della Lom­bar­dia. Non bi­so­gna es­sere premi no­bel per com­pren­dere que­sta banalità.

E al­lora per­ché ci si è mossi esat­ta­mente al con­tra­rio, igno­rando nella mo­stra ogni ri­fe­ri­mento strut­tu­rato a Man­zoni e can­cel­lando del tutto Lecco, la città di Manzoni?

La ri­spo­sta la tro­viamo sem­pre nelle Sue pa­role, ri­por­tate dal “Gior­nale di Lecco”: «L’obiettivo non era quello di ren­dere omag­gio a Man­zoni, quanto di pro­iet­tare Lecco fuori dai suoi con­sueti con­fini ter­ri­to­riali».

Ma ci scusi, As­ses­sore Piazza, che si­gni­fica que­sta frase?

Che c’entra l’omaggio a Man­zoni? e per­ché il ri­chiamo a Man­zoni do­vrebbe es­sere con­trad­dit­to­rio al por­tare “Lecco fuori dai suoi con­fini ter­ri­to­riali”?
È vero pro­prio il contrario!

L’idea di una mo­stra fo­ca­liz­zata sull’Ottocento lom­bardo per at­trarre l’attenzione su Lecco, po­teva es­sere vincente.

Ma è solo va­lo­riz­zando il con­tri­buto di­retto di Man­zoni allo svi­luppo dell’arte fi­gu­ra­tiva dell’Ottocento, in Lom­bar­dia e in tutto il no­stro paese — un tema bel­lis­simo, cre­diamo mai da nes­suno af­fron­tato si­ste­ma­ti­ca­mente in una pub­blica espo­si­zione — che que­sta buona idea avrebbe po­tuto tra­sfor­mare la mo­stra in un evento di suc­cesso, pro­prio per la sua unicità.

E non farla ap­pa­rire come una pal­lida imi­ta­zione di ana­lo­ghe ini­zia­tive che si svol­gono con­tem­po­ra­nea­mente al­trove – per esem­pio a Mi­lano con la mo­stra “Ro­man­ti­ci­smo”, in gran parte so­vrap­po­ni­bile a quella di Lecco – ma con ben al­tri mezzi ed ele­menti at­trat­tivi (non ne­ces­sa­ria­mente con­di­vi­si­bili — ma da non tra­scu­rare — come la scin­til­lante sce­no­gra­fia delle grandi sale e il con­for­te­vole bar alle ric­che “Gal­le­rie d’Italia”).

Solo at­tra­verso il ri­chiamo a Man­zoni — ma so­lido, ba­sato su do­cu­menti, con un bell’impianto in­for­ma­tivo, e senza pac­chiani er­rori da asilo della co­mu­ni­ca­zione — si po­teva fare di que­sta mo­stra un vero faro su Lecco.

Per chiu­dere, ci con­senta di con­si­de­rare che la Sua frase, gra­cile sul piano lo­gico, è però chia­ra­mente espres­siva di un re­tro-pen­siero che per­vade da anni la ge­stione cul­tu­rale della città: che par­lare di Man­zoni sia in fondo una cosa or­mai da “pro­vin­ciali”, che sa di vec­chio, da cui bi­so­gna piano piano stac­carsi, per dare spa­zio a un qual­che al­tro va­lore — di cui però nes­suno sa in­di­care nep­pure i lon­tani contorni.

È quanto vo­gliono certi spi­riti forti che vor­reb­bero usare la pa­rola “pro­vin­ciale” come un man­ga­nello, cer­cando di ac­cre­di­tarsi come unici por­ta­tori di va­lori “di alto profilo”.

At­ten­zione: è un man­ga­nello di bam­ba­gia bran­dito da “an­ziani” o “gio­vani an­ziani“ (per l’anagrafe ci siamo den­tro an­che noi) non più adatti al pugilato.

Se un tempo “pro­vin­ciale” po­teva in­di­care cor­ret­ta­mente realtà più ar­re­trate e chiuse, oggi — nell’epoca della glo­ba­liz­za­zione — ciò non solo non è più vero ma è vo­lu­ta­mente mistificatorio.

È solo va­lo­riz­zando le ri­spet­tive spe­ci­fi­che ra­dici cul­tu­rali che le tante parti del no­stro paese pos­sono oggi de­li­neare un grande e in­no­va­tivo qua­dro di in­sieme, pre­sup­po­sto per il con­fronto con le cul­ture dell’intero pianeta.

Quindi, As­ses­sore, Lei che non è né sciocca né in­colta, ri­fletta su que­sti aspetti e li af­fronti in modo con­se­guente: avrà così l’appoggio della parte più con­sa­pe­vole della città.

Cor­diali sa­luti.
Fa­bio Stop­pani
Cen­tro Studi Abate Stoppani

LA PROVINCIA / Lecco / pag. 19 / VENERDÌ 16 NOVEMBRE 2018

Stop­pani stronca la mo­stra
«C’è troppo poco Manzoni»

A Pa­lazzo delle Paure. «Senza fi­sio­no­mia, avulsa dalla cul­tura di Lecco».
Ma l’esposizione ha vo­luto su­pe­rare una vi­sione ri­dut­ti­va­mente cittadina.

GIANFRANCO COLOMBO

Fa­bio Stop­pani, re­spon­sa­bile del Cen­tro Studi Abate Stop­pani, è noto per la sua in­tran­si­genza quando si parla di Ales­san­dro Man­zoni. Nei mesi scorsi ha ca­lato la man­naia con­tro il Cen­tro Na­zio­nale Studi Man­zo­niani di Mi­lano, con­tro il Co­mune di Lecco, per una app rea­liz­zata per pro­muo­vere i luo­ghi man­zo­niani, ed an­che con­tro Al­berto An­gela, reo di aver rea­liz­zato un pro­gramma sui Pro­messi Sposi di­men­ti­can­dosi di Lecco.
Que­sta volta le cri­ti­che di Fa­bio Stop­pani sono ri­volte alla mo­stra sull’Ottocento lom­bardo in corso al Pa­lazzo delle Paure. Il no­stro fu­sti­ga­tore la con­si­dera «una mo­stra senza fi­sio­no­mia, avulsa dalla cul­tura di Lecco, az­zop­pata da gros­so­lani er­rori», in­somma per lui è un’occasione persa.

Ac­cenni “ve­lati”
«Nelle loro di­chia­ra­zioni di in­tenti — esor­di­sce nella sua let­tera stron­ca­tura — il sin­daco di Lecco Vir­gi­nio Bri­vio e l’assessore alla cul­tura Si­mona Piazza, hanno evi­den­ziato la ne­ces­sità di va­lo­riz­zare con que­sto evento il pa­tri­mo­nio ar­ti­stico pre­sente nei mu­sei della città non­ché la sua espe­rienza cul­tu­rale, an­che in campo let­te­ra­rio. Vi­si­tata at­ten­ta­mente la mo­stra, ana­liz­zati gli stru­menti di co­mu­ni­ca­zione ap­pron­tati per la sua pro­mo­zione e svol­gi­mento, ci sem­bra di po­tere af­fer­mare con si­cu­rezza che gli orien­ta­menti di sin­daco e as­ses­sore sono stati dra­sti­ca­mente di­sat­tesi da­gli or­ga­niz­za­tori e dalla cu­ra­trice».
Ma quali sono le man­canze così gravi che Fa­bio Stop­pani in­di­vi­dua in que­sta mo­stra? In­nan­zi­tutto per Stop­pani gli ac­cenni a Man­zoni e a “I Pro­messi Sposi” sono «solo ve­lati»; c’è poi «un’amnesia in­spie­ga­bile su pi­la­stri della cul­tura lec­chese dell’Ottocento quali lo scrit­tore Ghi­slan­zoni e i pit­tori To­de­schini e Pizzi»; in terzo luogo non si ac­cenna ai «tanti rap­porti, con Man­zoni e la sua opera, di molti de­gli ar­ti­sti espo­sti»; c’è «un si­len­zio tom­bale sulla ras­se­gna an­nuale “Lecco città dei Pro­messi Sposi” 2018 a metà del cui svol­gi­mento è stata inau­gu­rata l’esposizione “Ot­to­cento Lombardo”».

Ma è tutta un’altra cosa
In con­clu­sione, per Fa­bio Stop­pani, si tratta «di una mo­stra ano­nima, astratta ri­spetto all’esperienza cul­tu­rale di Lecco; ina­de­guata a ri­chia­mare l’attenzione sulla città» e, inol­tre, «con­ce­pita e rea­liz­zata senza l’indispensabile ap­porto de­gli esperti della cul­tura del ter­ri­to­rio».
Os­ser­va­zioni le­git­time, ov­via­mente, ma in que­sto caso le cri­ti­che di Stop­pani hanno un pec­cato ori­gi­nale: la mo­stra sull’Ottocento lom­bardo in corso al Pa­lazzo delle Paure non è stata co­struita per ce­le­brare Man­zoni, l’abate Stop­pani o i pit­tori lec­chesi di quel pe­riodo, è pro­prio un’altra cosa. Pren­diamo atto che Fa­bio Stop­pani avrebbe im­ma­gi­nato una mo­stra di­versa, ma una volta tanto la mo­stra cu­rata da Si­mona Bar­to­lena ha vo­luto su­pe­rare una vi­sione ri­dut­ti­va­mente lec­chese. Ogni tanto è bene guar­dare ol­tre il Re­se­gone e que­sta mo­stra lo fa pro­po­nendo un per­corso di alto profilo.

Mi­lano, 18 no­vem­bre 2018
Let­tera a Gian­franco Co­lombo de “La Pro­vin­cia di Lecco”

Al di “qua” e al di “là” del Resegone.

Il vantaggio di essere “provinciali”, per l’innovazione.

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Gen­ti­lis­simo Colombo,
rin­gra­ziando Lei e “La Pro­vin­cia di Lecco” per la cor­tese at­ten­zione de­di­ca­taci, e da sem­pre ap­prez­zando in Lei il cro­ni­sta sen­si­bile alla cul­tura, ab­biamo letto con in­te­resse l’articolo a Sua firma del 16 no­vem­bre (“Stop­pani stronca la mo­stra. C’è troppo poco Man­zoni”) sui com­menti del no­stro Cen­tro Studi at­torno alla mo­stra “Ot­to­cento Lom­bardo” (Lecco, 20 ot­to­bre 2018 – 20 gen­naio 2019).
In po­che ri­ghe Lei ha sa­puto ri­cor­dare con ef­fi­ca­cia sia la no­stra vi­gile at­ten­zione alle at­ti­vità “man­zo­niane” (so­prat­tutto quando ma­la­mente ge­stite) sia esporre l’essenza delle no­stre os­ser­va­zioni alla mo­stra in questione.

Ab­biamo an­che ap­prez­zato il tratto ca­val­le­re­sco con cui da vero gen­ti­luomo e di­plo­ma­tico del La­rio ha pre­fe­rito non men­zio­nare delle si­gnore Bar­to­lena e Piazza né i gros­so­lani er­rori da noi evi­den­ziati (scam­bio dei qua­dri, di­men­ti­canza dell’anno di svol­gi­mento, fuor­vianti in­for­ma­zioni sui con­te­nuti della mo­stra, ina­de­gua­tezza dello pseudo-ca­ta­logo, ar­bi­tra­ria ti­to­la­zione del qua­dro di Hayez); né le in­giu­rie e le mi­nacce della Bar­to­lena stessa (“de­li­ranti” le no­stre os­ser­va­zioni; “pos­si­bili de­nunce per dif­fa­ma­zione”), più meno sul me­de­simo re­gi­stro delle ester­na­zioni dell’Assessore Piazza (a pro­po­sito dei 243 er­rori da noi ri­le­vati sulla app del Co­mune), da Lei rac­colte nell’articolo-intervista del 13 no­vem­bre 2017.

Pur non es­sendo così di­plo­ma­tici come Lei, pos­siamo con­ve­nire che si tratta di er­rori e com­por­ta­menti certo gravi ma tutto som­mato se­con­dari ri­spetto alla que­stione cen­trale delle stra­te­gie da per­se­guire per la sa­lute cul­tu­rale della città di Lecco.
E su que­sto ri­chia­miamo la Sua attenzione.

Pro­ba­bil­mente a causa di no­stre ina­de­gua­tezze espo­si­tive, ci è parso che nel Suo ar­ti­colo vi sia una certa in­coe­renza tra pre­messe e conclusione.

Lei ha cor­ret­ta­mente ri­por­tato il no­stro punto di partenza:
— il Sin­daco Bri­vio e l’Assessore Piazza hanno scritto e detto che la mo­stra avrebbe va­lo­riz­zato il pa­tri­mo­nio ar­ti­stico e an­che let­te­ra­rio della Lecco dell’Ottocento.

E ha an­che cor­ret­ta­mente ri­por­tato le no­stre deduzioni:
— gli or­ga­niz­za­tori e la cu­ra­trice della mo­stra, igno­rando del tutto Ghi­slan­zoni, To­de­schini, Pizzi (pi­la­stri della cul­tura ar­ti­stica dell’Ottocento lec­chese) e ac­cen­nando solo va­ga­mente a Man­zoni (fi­glio-pa­dre di Lecco e pi­la­stro della cul­tura dell’intera na­zione) hanno tra­dito il man­dato di Sin­daco e Assessore.

Ha però con­cluso il suo ar­ti­colo scrivendo:

«[…] la mo­stra cu­rata da Si­mona Bar­to­lena ha vo­luto su­pe­rare una vi­sione ri­dut­ti­va­mente lec­chese. Ogni tanto è bene guar­dare ol­tre il Re­se­gone e que­sta mo­stra lo fa pro­po­nendo un per­corso di alto profilo.»

Lei ci con­sen­tirà di ri­le­vare una certa sfa­sa­tura nella rap­pre­sen­ta­zione dei di­versi sog­getti in campo: Bri­vio e Piazza scri­vono e di­cono che bi­so­gna va­lo­riz­zare il pa­tri­mo­nio ar­ti­stico e let­te­ra­rio lec­chese; Bar­to­lena dice che bi­so­gna guar­dare “ol­tre il Re­se­gone” e “pro­porre un per­corso di alto pro­filo” (qua­lun­que cosa ciò vo­glia dire).

Ri­cor­dato che “ol­tre il Re­se­gone” ri­spetto a Lecco vi sono solo me­ra­vi­gliose ma de­serte mon­ta­gne (e, in fondo in fondo, la Sviz­zera), con­verrà che qual­che cosa non ha fun­zio­nato tra com­mit­tente (Co­mune) ed ese­cu­tore (Bar­to­lena).
Tanto più che la stessa Bar­to­lena, an­cora a due set­ti­mane dall’inizio della mo­stra, era in grande ac­cordo con il det­tato dei com­mit­tenti. In­fatti scri­veva in lungo e in largo che nella mo­stra ci sa­rebbe stata “una ricca ico­no­gra­fia man­zo­niana”, di cui però non si è vi­sta traccia.

Evi­den­te­mente, per ra­gioni ignote a noi e forse an­che a Lei (ma per­fet­ta­mente note quanto meno ad al­tri As­ses­sori — si fa­ces­sero sen­tire an­che loro ogni tanto!), c’è stato un im­prov­viso cam­bio di re­gi­stro nell’intera con­ce­zione della mo­stra, di cui sono tracce evi­denti la con­fu­sione e la me­dio­crità nella sua pro­mo­zione e co­mu­ni­ca­zione non­ché nella stessa sua struttura.

E poi mi con­senta di af­fer­mare a buon di­ritto che l’espressione “ol­tre il Re­se­gone”, so­pra ri­por­tata, sem­bra “suo­nare bene” ma è pro­prio de­bo­lina nei contenuti.

Che si­gni­fica in­fatti «su­pe­rare una vi­sione ri­dut­ti­va­mente lec­chese […] guar­dare ol­tre il Re­se­gone per pro­porre un per­corso di alto pro­filo»?

A parte che in que­ste pa­role c’è l’implicita idea che la realtà “al di qua del Re­se­gone”, os­sia Lecco, sia si­no­nimo di “basso pro­filo”, se­condo Lei (e Bar­to­lena e Piazza, di cui forse Lei ha rac­colto il pen­siero) Man­zoni, rap­pre­sen­tante sommo del pa­tri­mo­nio let­te­ra­rio della città di Lecco e dell’intera Ita­lia, È o NON È una fi­gura di “alto profilo”?
Par­lare nell’evento del ruolo di Man­zoni nelle arti fi­gu­ra­tive dell’Ottocento (in modo quindi as­so­lu­ta­mente per­ti­nente) ne avrebbe fatto una mo­stra di “basso pro­filo”? o non l’avrebbe in­vece po­si­zio­nata a un li­vello ir­rag­giun­gi­bile da qua­lun­que al­tra ini­zia­tiva più o meno concorrente?

E Ghi­slan­zoni? Il ge­niale au­tore di tanti li­bretti di gran­dis­sime opere (an­che di Giu­seppe Verdi), tut­tora se­guite quo­ti­dia­na­mente da mi­lioni di ascol­ta­tori di tutto il mondo, cosa è? È di “alto” o di “basso” profilo?

E i lec­chesi To­de­schiniPizzi, con­si­de­rati una­ni­me­mente come ec­cel­lenti rap­pre­sen­tanti della pit­tura dell’Ottocento lom­bardo, sono di “alto“ o di “basso“ pro­filo? Porre anch’essi in mo­stra, la avrebbe resa di “basso” profilo?

Il dire che quat­tor­dici dei qua­ranta ar­ti­sti pre­sen­tati alla mo­stra (d’Azeglio, Hayez, Mol­teni, Bisi, Gozzi, Cor­nienti, Cre­mona, Ber­tini, In­duno, De Al­ber­tis, Grandi, Bian­chi, Pre­viati) non solo si sono tutti espli­ci­ta­mente ispi­rati a Man­zoni ma che molti di loro hanno la­vo­rato di­ret­ta­mente con Man­zoni o sulle di­verse edi­zioni de “I Pro­messi Sposi”, cosa è: di “basso” o di “alto” profilo?

Gen­tile Colombo,
Lei ca­pi­sce bene che la frase da Lei ri­chia­mata sul “di qua“ e “di là” del Re­se­gone, a orec­chie un po’ at­tente, suo­nano solo come pa­role in li­bertà con cui cer­care di met­tere in om­bra er­rori pac­chiani e una de­bole vi­sione stra­te­gica dell’azione culturale.

Come Lei ri­cor­derà, nel caso da Lei ci­tato della no­stra cri­tica al di­sa­stroso film “A. Man­zoni, mi­la­nese d’Europa” del Cen­tro Na­zio­nale Studi Man­zo­niani, il Pre­si­dente An­gelo Stella cercò in­fe­li­ce­mente di ca­var­sela de­fi­nendo “pro­vin­ciali” le no­stre osservazioni.
Nell’attuale caso di “Ot­to­cento Lom­bardo” Bar­to­lena e Piazza ri­bat­tono sullo stesso ta­sto, ap­pel­lan­dosi a un “su­pe­ra­mento del Re­se­gone” (in op­po­si­zione ov­via­mente a una “vi­sione ri­dut­ti­va­mente lec­chese”) come ga­ran­zia di un “per­corso di alto profilo”.

La cosa non è da sot­to­va­lu­tare e ci con­senta quindi, per con­clu­dere, di avan­zare qual­che con­si­de­ra­zione su que­sto aspetto.

Da que­sto epi­so­dio di vita lec­chese pos­siamo de­durre che al­cuni ri­ten­gono che lo svi­luppo cul­tu­rale di Lecco passi at­tra­verso il suo farsi parte in­dif­fe­ren­ziata di una cul­tura uni­for­mata (una ruota, iden­tica alle al­tre, di un treno senza con­tras­se­gni, adatto solo a in­di­stin­gui­bili pianure).

Se­condo il no­stro orien­ta­mento (qua e là ver­bal­mente con­di­viso da­gli Am­mi­ni­stra­tori ma di­sat­teso nei fatti) Lecco può in­vece tro­vare una nuova strada di svi­luppo cul­tu­rale at­tra­verso la de­fi­ni­zione pun­tuale delle pro­prie spe­ci­fi­cità e il ri­corso al pro­prio unico e ir­ri­pe­ti­bile pa­tri­mo­nio ar­ti­stico e let­te­ra­rio (un treno tutto su mi­sura, con spe­ciali in­gra­naggi di mec­ca­nica cul­tu­rale, at­trez­zato per con­fron­tarsi con i ter­ri­tori più diversi).

Al­cuni spi­riti forti ri­ten­gono che il no­stro orien­ta­mento sia “pas­sa­ti­sta” e “pro­vin­ciale”, per l’appunto, con­trap­po­sto a una loro vi­sione “at­tua­li­sta” e “uni­ver­sa­li­sta”.
Pro­vin­ciale” è anzi uti­liz­zato da­gli stessi quasi come stru­mento di of­fesa; pre­sen­tato come si­no­nimo di pic­ci­ne­ria in­tel­let­tuale, miope vi­sione dell’insieme, ecc.

Spesso que­sti stessi spi­riti sono così “forti” da non riu­scire ad ac­cor­gersi dei mu­ta­menti della realtà, e ce li tro­viamo sem­pre più spesso tra i piedi come im­mo­bili pietre.

In al­tri mo­menti sto­rici “pro­vin­cia­li­smo” può es­sere stato cor­ret­ta­mente in­di­vi­duato nelle sue ac­ce­zioni ne­ga­tive. Era nella na­tura dei rap­porti reali che le “me­tro­poli”, con­trap­po­ste alle “pro­vince”, fos­sero più at­tive, aperte, pronte a co­gliere il nuovo e il progresso.

Oggi que­sti rap­porti reali sono però mu­tati. La glo­ba­liz­za­zione delle re­la­zioni im­plica il pro­gres­sivo svuo­ta­mento delle “me­tro­poli” e lo spe­cu­lare pro­gres­sivo raf­for­za­mento delle “pro­vince”.

È un pro­cesso ine­vi­ta­bile: le “me­tro­poli” sof­frono di ano­ni­mato cul­tu­rale e man­cano di ra­dici profonde.
Al con­tra­rio, le “pro­vince” ne go­dono an­cora e pro­prio gra­zie a esse pos­sono con­tri­buire allo svi­luppo col­let­tivo con la forza della pro­pria specificità.

Chi non com­prende que­sto pro­cesso e le sue im­pli­ca­zioni è de­sti­nato al fallimento.

Chi vuole un nuovo svi­luppo cul­tu­rale di Lecco, an­zi­ché quasi ver­go­gnarsi della pro­pria espe­rienza — e per dare un con­tri­buto se­rio e co­strut­tivo a un po­si­tivo e ar­ti­co­lato svi­luppo col­let­tivo — do­vrebbe scri­vere sulle pro­prie in­se­gne “viva la no­stra in­con­fon­di­bile fi­sio­no­mia”, “viva la no­stra spe­ci­fi­cità” e so­prat­tutto “viva la pro­vin­cia di Lecco”.

Con que­sto (che i ma­li­ziosi po­tranno an­che pren­dere come uno spot a pro’ della Sua te­stata), un gra­zie per l’attenzione, un sa­luto a Lei non­ché al di­ret­tore Suo omo­nimo, e un cor­diale “alla prossima”.

Fa­bio Stoppani

Le tre testate hanno ripreso integralmente  tra il 16 e il 19 ovembre 2018 il comunicato stampa da noi diffuso il 13/11. Grazie per la collaborazione, in particolare a Leccoonline, prima testata a ritenere opportuno segnalare le nostre osservazioni.

“Ottocento Lombardo”

Una mostra senza fisionomia. Avulsa dalla cultura di Lecco.
Azzoppata da grossolani errori.
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in mostra a Lecco
20 ottobre 2018 — 20 gennaio 2019
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Milano, 13 novembre 2018
Oggetto: Ottocento Lombardo in mostra a Lecco. Un’occasione sprecata.

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Gentile Direttore,

venerdì 19 ottobre 2018 a Palazzo delle Paure in Lecco è stata inaugurata con una pubblica conferenza la mostra di pittura e scultura “Ottocento Lombardo”, programmata dal Comune di Lecco; organizzata dalla società ViDi Srl di Milano; curata da Simona Bartolena; programmata dal 20 ottobre 2018 al 20 gennaio 2019.

La mostra è la seconda di sei iniziative, programmate dal 2018 al 2020, per posizionare Lecco nel circuito delle esposizioni culturali quanto meno della Lombardia.

Nelle loro dichiarazioni di intenti, il Sindaco di Lecco Virginio Brivio e l’Assessore alla Cultura Simona Piazza hanno evidenziato la necessità di valorizzare con questo evento il patrimonio artistico presente nei Musei della città nonché la sua esperienza culturale, anche in campo letterario.

Visitata attentamente la mostra, analizzati gli strumenti di comunicazione approntati per la sua promozione e svolgimento, ci sembra di potere affermare con sicurezza che gli orientamenti di Sindaco e Assessore sono stati drasticamente disattesi dagli organizzatori e dalla curatrice.

Volendo riassumere la nostra valutazione per punti facilmente comprensibili anche ai meno esperti d’arte, possiamo sintetizzare le criticità della mostra in cinque punti:

• Solo velati accenni a Manzoni e a “I Promessi Sposi”.

• Amnesia inspiegabile su pilastri della cultura lecchese dell’Ottocento quali lo scrittore Ghislanzoni e i pittori Todeschini e Pizzi.

• Neppure UNA PAROLA sui tanti rapporti, con Manzoni e la sua opera, di molti degli artisti esposti.

• Silenzio tombale sulla rassegna annuale “Lecco città dei Promessi Sposi” 2018 a metà del cui svolgimento è stata inaugurata l’esposizione “Ottocento Lombardo”.

• Una mostra quindi anonima; astratta rispetto all’esperienza culturale di Lecco; inadeguata a richiamare l’attenzione sulla città.

• Di tutta evidenza concepita e realizzata senza l’indispensabile apporto degli esperti della cultura del territorio.

Sulla base dell’attenzione che il nostro Centro Studi presta alla cultura della Lecco dell’Ottocento, abbiamo ritenuto opportuno indirizzare al Sindaco Brivio e all’Assessore Piazza una lettera aperta con la quale esprimere la nostra valutazione critica sull’evento, per favorire una auspicabile correzione di rotta per le prossime manifestazioni in programma.

Al centro della lettera agli Amministratori, la nostra analisi si sviluppa in cinque sezioni e ventisette capitoli:

1. Un incredibile scambio di dipinti. Pasticci sulla 3ª Guerra di Indipendenza.
1.1 Nel percorso della mostra e nello pseudo-catalogo confusi due dipinti con soggetti completamente differenti.
1.2 Amnesie sulla 3ª Guerra di Indipendenza del nostro Risorgimento.

2. Criticità ed errori negli strumenti per la promozione della mostra.
2.1 Denominazione anonima; indeterminazione temporale; ricalco esatto di altri recenti eventi.
2.2 Errori rilevanti su manifesti, pannelli e totem.
2.3 Ambiguità nella grafica del logo.
2.4 Inadeguatezza nell’affissione dei manifesti.
2.5 Cartoncini informativi errati, se non ingannevoli.

3. Illustra la mostra uno pseudo-catalogo che di tale non porta neppure il nome.
3.1 Copertina e frontespizio anonimi.
3.2 Presentazioni del Sindaco Brivio e dell’Assessore Piazza relativamente corrette ma completamente disattese.
3.3 Presentazione degli organizzatori che ignora il Comune di Lecco che è partner e committente.

4. Nelle Presentazioni storico-critiche della mostra (22 pagine, 13.000 parole) ZERO riferimenti a Lecco e al territorio; solo vaghi cenni su Manzoni.
4.1 Citazioni di “Lecco” =ZERO / di “lecchese” = UNA
4.2 Citazione de “I Promessi Sposi” = TRE
4.3 Massimo d’Azeglio e Manzoni presentati solo come genero e suocero.
4.4 Citazioni di “Manzoni” = SEI, ma tutte accessorie e incidentali.

5. Ignorati nelle Presentazioni e nei pannelli nelle sale espositive i rapporti tra gli artisti in mostra e Lecco; solo vaghi quelli con Manzoni e le altre figure di spicco della città.
5.1 Hayez / “Il Carmagnola” e il Manzoni dimenticato.
5.2 Hayez / “La monaca”, un evidente “svarione” critico. Un errore di attribuzione ai danni del maestro Todeschini.
5.3 Molteni / Manzoni, il ritratto cancellato, così come la Monaca di Monza.
5.4 Luigi Bisi / Ignorati Manzoni e “I Promessi Sposi”.
5.5 Marco Gozzi / Ignorata Lecco e il territorio.
5.6 Cornienti / Ignorati Manzoni, Lecco e il suo territorio.
5.7 Tranquillo Cremona / Dimenticati Manzoni e “I Promessi Sposi” .
5.8 Giuseppe Bertini / Dimenticati Manzoni e l’episodio di Cecilia nella peste di Milano.
5.9 Domenico e Gerolamo Induno / Ignorati Pescarenico e il monumento a Manzoni in Lecco.
5.10 Giuseppe De Albertis / Ignorati Ghislanzoni, Manzoni, Garibaldi.
5.11 Giuseppe Grandi / Ignorati Manzoni e suo nonno Cesare Beccaria.
5.12 Mosè Bianchi / La Monaca di Monza, di nuovo cancellata.
5.13 Previati / Cancellate le 230 illustrazioni de “I Promessi Sposi”, Hoepli 1900.

Se di suo interesse, per leggere la lettera agli Amministratori e approfondire i ventisette temi sopra esposti per titoli, è sufficiente collegarsi al sito Web del Centro Studi Abate Stoppani.

A chi ritenesse utile citare su propri strumenti di comunicazione tutta o parte della nostra analisi, diamo la più ampia autorizzazione a utilizzarne testi e illustrazioni, pregando solo di citare il nostro sito come fonte.

Ringraziando per l’attenzione, porgiamo i più cordiali saluti.

Fabio Stoppani
Centro Studi Abate Stoppani

Immaginiamo in “replica” alle nostre osservazioni sulla mostra “Ottocento Lombardo”, il 15 novembre ci è pervenuta, a firma della dottoressa Simona Bartolena, curatrice della mostra stessa, la comunicazione che il lettore può leggere qui di seguito, unitamente alla nostra contestuale risposta.

Dalla Dot­to­ressa Si­mona Bar­to­lena a Fa­bio Stoppani:

Gen­tile si­gnor Stop­pani,
Mi sono molto di­ver­tita a leg­gere le sue de­li­ranti pa­role. Do­po­di­ché le ri­cordo che, se non fosse per la pa­lese il­lo­gi­cita delle sue ester­na­zioni, ci sa­reb­bero gli estremi per una de­nun­cia per dif­fa­ma­zione.
La pre­ghe­rei quindi di pen­sarci due volte prima di in­fan­gare il la­voro di stu­diosi seri e ani­mati da sin­cera pas­sione per una ma­te­ria su cui la­vo­rano con de­di­zione da anni.
Con­si­dero la que­stione chiusa per­ché dav­vero non ho tempo per si­mili scioc­chezze e se­guirla su que­sto ter­reno è un in­sulto alla mia in­tel­li­genza e a quella di chi ha so­ste­nuto e vo­luto la mo­stra di Pa­lazzo delle Paure.
La sa­luto cor­dial­mente
Si­mona Bartolena

Da Fa­bio Stop­pani alla Dot­to­ressa Si­mona Bartolena:

Mi­lano, 15 no­vem­bre 2018 – ore 19:40.
Og­getto: “Ot­to­cento Lom­bardo” – Mi­scere utile dulci
.
Alla cor­tese at­ten­zione:
• Dott.ssa Si­mona Bar­to­lena
.
per co­no­scenza:
• Dott.ssa Si­mona Piazza, As­ses­sore alla cul­tura Co­mune di Lecco
• Dott.ssa Bar­bara Cat­ta­neo, Di­ret­trice del Si­stema Mu­seale Ur­bano Lec­chese
a tutti gli in­te­res­sati allo svi­luppo cul­tu­rale della città di Lecco.
.
Gen­tile Dot­to­ressa Bartolena,

il 15 no­vem­bre 2018 (ore 14:37) ho ri­ce­vuto via e-mail una nota a Sua firma, con pa­role e ta­glio molto pros­simi all’insulto e alla mi­nac­cia, in­viata an­che alle si­gnore Piazza e Cattaneo.

Lei in­fatti mi scrive:

«Mi sono molto di­ver­tita a leg­gere le sue de­li­ranti pa­role. Do­po­di­ché le ri­cordo che, se non fosse per la pa­lese il­lo­gi­cita [sic!] delle sue ester­na­zioni, ci sa­reb­bero gli estremi per una de­nun­cia per dif­fa­ma­zione.
La pre­ghe­rei quindi di pen­sarci due volte prima di in­fan­gare il la­voro di stu­diosi seri e ani­mati da sin­cera pas­sione per una ma­te­ria su cui la­vo­rano con de­di­zione da anni.
Con­si­dero la que­stione chiusa per­ché dav­vero non ho tempo per si­mili scioc­chezze e se­guirla su que­sto ter­reno è un in­sulto alla mia in­tel­li­genza e a quella di chi ha so­ste­nuto e vo­luto la mo­stra di Pa­lazzo delle Paure.»

Dal mo­mento che nella Sua nota non è in­di­cato in al­cun modo a che cosa Lei si ri­fe­ri­sca, pre­sumo che sia una qual­che forma di ri­spo­sta alla Nota cri­tica da me resa pub­blica nella gior­nata di ieri mer­co­ledì 14 no­vem­bre, sul sito Web del Cen­tro Studi Abate Stop­pani, sulla mo­stra di pit­tura e scul­tura “Ot­to­cento Lom­bardo” (Lecco, Pa­lazzo delle Paure, 20 ot­to­bre 2018 – 20 gen­naio 2019) da Lei cu­rata in col­la­bo­ra­zione con la so­cietà ViDi Srl, su in­ca­rico del Co­mune di Lecco.

Se così è, mi fa na­tu­ral­mente pia­cere di averLe pro­cu­rato un mo­mento di di­ver­ti­mento (ho sem­pre cer­cato di se­guire la mas­sima ora­ziana — Omne tu­lit punc­tum, qui mi­scuit utile dulci / Lec­to­rem de­lec­tando pa­ri­ter­que mo­nendo) ma dalle Sue pa­role mi è ri­ma­sto un dub­bio: con quale delle mie os­ser­va­zioni Lei si è mag­gior­mente divertita?

Nella mia nota ho in­fatti cer­cato di ri­chia­mare — cer­cando di di­ver­tire na­tu­ral­mente — l’attenzione del let­tore su al­cune que­stioni ge­ne­rali at­ti­nenti le scelte di po­li­tica cul­tu­rale del Co­mune di Lecco, in­vi­tando a non di­men­ti­care il ruolo im­por­tante svolto da Man­zoni an­che nell’ambito delle arti fi­gu­ra­tive del no­stro Ottocento.

Più nel det­ta­glio, ho ri­te­nuto op­por­tuno ri­chia­mare l’attenzione del let­tore su al­cuni ma­dor­nali er­rori ri­scon­trati in di­versi mo­menti della mo­stra e della sua co­mu­ni­ca­zione, di cui ri­cordo qui solo i più pacchiani:

1. Nel car­tel­lino in­for­ma­tivo po­sto a lato del di­pinto e nello pseudo-ca­ta­logo della mo­stra viene in­di­cato come «Ge­ro­lamo In­duno — Pri­mo­lano. Un epi­so­dio de­gli scon­tri tra Pie­mon­tesi ed Au­striaci, 1865 circa» un di­pinto raf­fi­gu­rante né scon­tri né mi­li­tari ma, in modo del tutto evi­dente, un epi­so­dio di vita quotidiana.
Que­ste le no­stre esatte pa­role: «Il di­pinto raf­fi­gura un in­ci­dente di viag­gio nella sta­gione in­ver­nale: in un per­corso in­ne­vato, una car­rozza si ro­ve­scia; con­ta­dini con at­trezzi di la­voro si af­fret­tano verso il luogo dell’incidente; una pas­seg­gera e la pic­cola fi­glia, vi­si­bil­mente scosse, ven­gono ac­colte con par­te­ci­pata sim­pa­tia da una paesana.»
2. Nel ca­ta­logo della mo­stra “La Mo­naca di Monza” (Monza, 2016), in un sag­gio a Sua firma, si at­tri­bui­sce a Tran­quillo Cre­mona una fo­toin­ci­sione di tutta evi­denza opera del mae­stro lec­chese Gio­van Bat­ti­sta Todeschini.
3. Al di­pinto di Hayez (pre­sen­tato nella mo­stra di Lecco come una delle opere “Omag­gio a Man­zoni”) Lei ha at­tri­buito il ti­tolo “La mo­naca”, senza al­cuna mo­ti­va­zione sto­rico-cri­tica e con com­menti espli­ci­ta­mente tesi ad ac­cre­di­tare que­sto di­pinto come la “ver­sione” di Hayez della Si­gnora di Monza de­scritta da Manzoni.

In ciò smen­tendo il ti­tolo “Mo­naca” at­tri­bui­to­gli nelle pro­prie “Me­mo­rie” dallo stesso Hayez, che va­rie al­tre mo­na­che di­pinse, senza al­cun ri­fe­ri­mento a Man­zoni e al suo romanzo.

4. In tutti gli stru­menti a stampa di pro­mo­zione e co­mu­ni­ca­zione dell’evento (ma­ni­fe­sti stra­dali, pan­nelli e to­tem a Pa­lazzo delle Paure, car­tello di cre­diti all’interno della mo­stra; car­ton­cino in­for­ma­tivo; co­per­tina e fron­te­spi­zio dello pseudo-ca­ta­logo) è stato di­men­ti­cato di in­di­care l’anno di svol­gi­mento della mostra.

5. Nel car­ton­cino in­for­ma­tivo della mo­stra in modo fuor­viante si se­gnala che: «Un’attenzione par­ti­co­lare è ri­ser­vata all’iconografia man­zo­niana, as­sai dif­fusa in Ita­lia per tutto l’Ottocento», no­no­stante in mo­stra non vi sia al­cuna ico­no­gra­fia man­zo­niana.
Nel me­de­simo car­ton­cino il logo di Pa­lazzo delle Paure è stato so­sti­tuito da un ret­tan­golo bianco; lo stesso per il logo di Tre­Nord, part­ner dell’evento.

6. In nes­sun modo — né nello pseudo-ca­ta­logo né nei co­mu­ni­cati stampa della mo­stra — si fa al­cun ri­fe­ri­mento a “Lecco Città dei Pro­messi Sposi – 2018”, la ras­se­gna an­nuale de­di­cata dalla città ad Ales­san­dro Man­zoni, nel pieno svol­gi­mento della quale si è inau­gu­rata la mo­stra “Ot­to­cento Lom­bardo” da Lei curata.

Le chie­diamo: di que­ste no­stre os­ser­va­zioni, quale La ha mag­gior­mente divertita?

Come esperta sto­rica dell’arte Lei non avrà certo al­cuna dif­fi­coltà a ri­spon­derci e so­prat­tutto a ri­spon­dere nel me­rito, col­mando quelle che evi­den­te­mente Lei ri­tiene es­sere no­stre pa­to­lo­gi­che la­cune culturali.

Ci ri­sponda per cor­te­sia. Ci aiuti, per fare me­glio alla pros­sima occasione.

Per quanto ri­guarda gli estremi re­la­tivi a una pos­si­bile de­nun­cia per dif­fa­ma­zione, Le se­gnalo che nella mia nota ho espo­sto solo fatti ben de­fi­niti senza mai usare in al­cun modo nei Suoi con­fronti espres­sioni de­ni­gra­to­rie. Anzi, mi sono sem­pre ri­fe­rito a Lei come “cor­diale” ed “esperta nella sto­ria dell’arte”, ri­por­tando per esteso tutte le sue frasi og­getto della mia critica.

È Lei in­vece che si espone al ri­schio di una de­nun­cia de­fi­ni­nendo “de­li­ranti” le mie os­ser­va­zioni, senza ri­por­tare UNA sola delle mie 18.839 parole.

In pro­po­sito — co­mun­que — tengo ad ami­che­vol­mente sug­ge­rirLe che se Lei ri­tiene di es­sere stata da me in qual­che modo dif­fa­mata non solo ha il di­ritto di ri­cor­rere nelle sedi op­por­tune alla tu­tela della Sua ono­ra­bi­lità ma ne ha an­che il dovere.

In at­tesa di Sue ri­spo­ste in me­rito e di me­rito, La sa­luto cordialmente.

Fa­bio Stoppani