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6 ottobre 2016

Per una più grande Lecco con Manzoni e Stoppani.

11 ottobre 1891 – 11 ottobre 2016:

125º del Monumento a Manzoni in Lecco.

La fotografia è stata scattata a Lecco 125 anni fa, l’11 ottobre 1891. In quella giornata si celebrava l’inaugurazione del Monumento ad Alessandro Manzoni con la partecipazione non solo di tutta la cittadinanza ma anche di moltissimi cittadini provenienti da molte altre città e non solo della Lombardia. Le cronache parlano di una manifestazione riuscitissima, con una calorosa adesione dei partecipanti, in omaggio naturalmente ad Alessandro Manzoni, ma anche all’Abate Stoppani, che di quel monumento era stato per anni l’instancabile promotore e organizzatore ma che era scomparso pochi mesi prima che venisse realizzato quello che può ben dirsi – lo spieghiamo nell‘articolo che segue – un progetto pieno di contenuti culturali di tutta la città.

Pre­sen­ta­zione della Re­da­zione. L’11 ot­to­bre 2016 si ce­le­brava il 125º an­ni­ver­sa­rio della inau­gu­ra­zione del Mo­nu­mento a Man­zoni in Lecco, fe­steg­giata il 11 ot­to­bre 1891.
Il no­stro Cen­tro Studi Abate Stop­pani, già a par­tire dal lu­glio del 2015, aveva av­viato una ri­cerca del tutto ine­dita per trac­ciare, su base do­cu­men­ta­ria, la sto­ria di que­sto bel mo­nu­mento all’autore de “I Pro­messi Sposi”. Ab­biamo già il­lu­strato (vedi QUI) come i ri­sul­tati di quella no­stra in­da­gine ci aves­sero con­sen­tito di va­lu­tare come ina­de­guata – e anzi fuor­viante – l’analisi, pro­dotta dal Co­mune di Lecco e pre­sen­tata pub­bli­ca­mente nel corso della Con­fe­renza Stampa dell’11 no­vem­bre 2015, che ha de­fi­nito fino al 17 ot­to­bre 2016 la po­si­zione uf­fi­ciale del Co­mune su que­sto mo­mento im­por­tante della sua sto­ria culturale.
Nell’avviare la no­stra ri­cerca in­ten­de­vamo com­pren­dere le ra­gioni del ri­le­vante im­pe­gno as­sunto dall’Abate per la rea­liz­za­zione del Monumento.

Clic­cando sulle fi­gure po­tete sca­ri­care il pdf del fo­glio stam­pato dal Cen­tro Studi Abate Stop­pani in oc­ca­sione del 125º dell’inaugurazione del Mo­nu­mento a Man­zoni in Lecco (11 ot­to­bre 1891–11 ot­to­bre 2016).

Ap­pa­ren­te­mente, e sulla base de­gli scarni ac­cenni che in que­sti 125 anni se ne erano fatti, la vi­cenda avrebbe po­tuto es­sere ca­ta­lo­gata come una pic­cola ba­ruffa cit­ta­dina, rav­vi­vata dalla po­le­mica un po’ umo­rale tra ra­di­cal-ga­ri­bal­dini e cle­ri­cali di fine Ot­to­cento. Una vi­cenda (di­cia­molo con un sor­riso) sul tipo della lotta tra Don Ca­millo e l’onorevole Pep­pone, im­mor­ta­lata dai bravi Fer­nan­del e Gino Cervi.
Strada fa­cendo, però, con­sul­tando i do­cu­menti pre­senti presso l’Archivio del Co­mune di Lecco (un gra­zie per la col­la­bo­ra­zione e la pa­ziente di­spo­ni­bi­lità del Re­spon­sa­bile dell’Archivio, dot­to­ressa Gi­lardi), ci siamo resi conto che le cose sta­vano in tutt’altro modo.
In ef­fetti l’andamento reale della vi­cenda non aveva as­so­lu­ta­mente mai avuto i con­no­tati alla Don Ca­millo fatti pro­pri, per esem­pio, dalla “Re­la­zione Sto­rica sul Mo­nu­mento a Man­zoni” pro­po­sta dal Co­mune (e pre­sen­tata il 15 no­vem­bre 2015). Inol­tre, ap­pa­riva chiaro che per l’Abate Stop­pani la rea­liz­za­zione di un grande Mo­nu­mento a Man­zoni in Lecco era molto più di un sem­plice omag­gio alla pro­pria città natale.

Per Stop­pani si trat­tava in­fatti del primo atto di un’azione a largo rag­gio per af­fer­mare due ele­menti nella co­scienza dell’intera na­zione. Da un lato con­fer­mare che tra Man­zoni e Lecco vi era un le­game molto più pro­fondo del sem­plice dato ana­gra­fico-ge­nea­lo­gico. Dall’altro creare un ponte tra Mi­lano e Lecco ca­rat­te­riz­zato da una pre­senza si­gni­fi­ca­tiva in en­trambi i cen­tri del ro­smi­nia­ne­simo e del cat­to­li­ce­simo li­be­rale italiano.

Per pre­sen­tare un primo qua­dro delle in­ten­zioni di fondo di Stop­pani e del si­gni­fi­cato vero del Mo­nu­mento a Man­zoni in Lecco, ab­biamo quindi stam­pato un fo­glio (for­mato grande, tipo Sole 24 Ore) nel quale ab­biamo cer­cato di esporre in modo di­scor­sivo vi­cende vec­chie di 125 anni sulle quali la ri­cerca sto­rica non aveva mai ri­flet­tuto se­ria­mente. Era no­stra in­ten­zione fare uscire il di­bat­tito su que­sta vi­cenda dalla nic­chia dei ri­cer­ca­tori, per farne ele­mento di di­bat­tito all’interno della cit­ta­di­nanza di Lecco, nel qua­dro di una ri­de­fi­ni­zione dell’orizzonte cul­tu­rale della città.

Il no­stro fo­glio, in­ti­to­lato «1891–2016 – Per una più grande Lecco, con Man­zoni e Stop­pani – Per il 125º an­ni­ver­sa­rio della inau­gu­ra­zione del Mo­nu­mento a Man­zoni in Lecco» è stato di­stri­buito già a par­tire della mat­tina dell’11 ot­to­bre 2016 e poi, nei giorni e nelle set­ti­mane suc­ces­sivi, an­che nel corso de­gli in­con­tri che – come ogni anno – hanno ca­rat­te­riz­zano l’iniziativa au­tun­nale di Lecco de­di­cata al Man­zoni. Il gior­nale Re­se­go­neon­line ha ri­te­nuto che il no­stro con­tri­buto po­tesse es­sere di qual­che uti­lità e lo ha quindi reso pub­blico già il 6 ot­to­bre, con la cor­tese ospi­ta­lità di cui ci onora (vedi QUI).

Di se­guito ri­por­tiamo que­sto no­stro primo con­tri­buto alla vi­cenda (ne se­guirà un più cor­poso e do­cu­men­tato vo­lume a stampa), in due forme gra­fi­che. Qui di se­guito come te­sto con­ti­nuo, frui­bile con i più di­versi stru­menti; come PDF del fo­glio di grande for­mato già pre­sen­tato a stampa (125º_Monumento_Manzoni).

Da no­tare in modo del tutto mar­gi­nale che la rea­liz­za­zione di que­sto no­stro ela­bo­rato ha de­ter­mi­nato nei qua­dri dell’Amministrazione del Co­mune di Lecco un certo scom­pi­glio. In­fatti nes­suna strut­tura del Co­mune si era ri­cor­data di que­sto 125º an­ni­ver­sa­rio. Di fronte alla no­stra ini­zia­tiva (per al­tro non un ful­mine a ciel se­reno – il te­sto era stato an­ti­ci­pato su Re­se­go­neon­line il 6 ot­to­bre e ba­stava quindi leg­gere la stampa lo­cale per non farsi co­gliere im­pre­pa­rati – l’Amministrazione co­mu­nale si è lan­ciata in una rin­corsa alla ri­cor­renza che, tra il ri­di­colo e il grot­te­sco, ci ha an­che co­stretto a ri­chia­mare l’Amministrazione stessa al ri­spetto delle re­gole del Co­dice Penale.
Ri­te­niamo solo per in­ge­nuità, il Co­mune aveva in­fatti vio­lato il no­stro co­py­right su una se­rie di im­ma­gini uti­liz­zate da un re­dat­tore co­mu­nale fret­to­loso per dare corpo a un tar­divo ri­cordo dell’evento, per la ve­rità me­dio­cre e con gros­so­lani er­rori di fatto e concettuali.
La cosa in sé è ov­via­mente di scarso ri­lievo ma può es­sere utile te­nerne trac­cia per avere un qua­dro rea­li­stico di cosa si­gni­fi­chi non avere un qua­dro chiaro e di pro­spet­tiva sui temi cul­tu­rali della città. Per il let­tore che vo­lesse ap­pro­fon­dire que­sto epi­so­dio ab­ba­stanza ri­di­colo (ma for­tu­na­ta­mente con­clu­sosi nel mi­gliore dei modi) for­niamo quindi que­sto ri­mando (vedi QUI).

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11 ottobre 1891 – 11 ottobre 2016
125º anniversario del Monumento a Manzoni in Lecco.

Mar­tedì 11 ot­to­bre 2016 ri­corre il 125º an­ni­ver­sa­rio (11 ot­to­bre 1891) dell’inaugurazione in Lecco del mo­nu­mento ad Ales­san­dro Man­zoni. Con­vinti della sua im­por­tanza per la città, vor­remmo dare il no­stro con­tri­buto per­ché si af­fer­mino due idee.

La prima – Quel mo­nu­mento è una co­lonna por­tante della fi­sio­no­mia di Lecco, poi­ché in esso con­vi­vono Man­zoni e Stop­pani, due fi­gure fon­da­men­tali nella sto­ria della città.
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La se­conda – I va­lori e i temi etico-cul­tu­rali sot­tesi al mo­nu­mento sono di grande at­tua­lità. At­tra­verso una loro ri­pro­po­si­zione – na­tu­ral­mente con la sen­si­bi­lità del no­stro tempo – pos­siamo ren­dere mi­gliori noi stessi e dare forza all’azione per una più grande Lecco, quella della cultura.

Per con­di­vi­dere que­sto no­stro orien­ta­mento, vor­remmo rac­con­tare al­cuni aspetti della sto­ria e dei con­te­nuti del mo­nu­mento, così come emer­gono da una no­stra ri­cerca su do­cu­menti ine­diti, dalla le­zione di Man­zoni, dalla bio­gra­fia dell’Abate Stop­pani. È un ‘rac­conto’, non una trat­ta­zione scien­ti­fica (per que­sto stiamo la­vo­rando a un denso vo­lume). Un sem­plice ri­chiamo a uo­mini, fatti, idee, col­le­gati al mo­nu­mento, con un’attenzione par­ti­co­lare ad An­to­nio Stop­pani, che di quel mo­nu­mento fu l’ideatore e il te­nace artefice.

Ales­san­dro Man­zoni e An­to­nio Stop­pani, di­versi per per­so­na­lità ed espe­rienze, ma en­trambi rap­pre­sen­tanti coe­renti e forti di due ge­ne­ra­zioni del cat­to­li­ce­simo li­be­rale ita­liano.

Le due anime del mo­nu­mento a Man­zoni. Co­min­ciamo col dire che nel mo­nu­mento a Man­zoni in Lecco con­vi­vono due anime: una – il Man­zoni – ge­niale nella crea­ti­vità e nel pen­siero; l’altra – lo Stop­pani – ge­niale nel farne un ele­mento di forza per la cul­tura na­zio­nale e la no­stra città.
Nella bella com­po­si­zione in bronzo (è stata ap­pena re­stau­rata dalla mano sa­piente del Mae­stro Gia­como Luz­zana) ve­diamo la per­sona di Ales­san­dro Man­zoni. È un uomo se­reno, tran­quil­la­mente se­duto in pol­trona, che guarda con sim­pa­tia i con­cit­ta­dini che gli pas­sano accanto.
Ma se ne con­si­de­riamo la strut­tura, pos­siamo co­gliere gli in­con­fon­di­bili se­gni di un’altra fi­gura. È quella dell’Abate An­to­nio Stop­pani, che della rea­liz­za­zione di quel mo­nu­mento fu, per dieci anni, l’instancabile anima cul­tu­rale e organizzativa.
Nel mo­nu­mento a Man­zoni si in­trec­ciano quindi in modo forte le due mag­giori per­so­na­lità della Lecco dell’Ottocento.

Stop­pani, più gio­vane di quarant’anni, fu grande am­mi­ra­tore di Man­zoni, sti­man­done la po­tenza poe­tica e il pen­siero fi­lo­so­fico e ci­vile. Non lo co­nobbe mai per­so­nal­mente pur avendo in co­mune amici, in­timi a en­trambi, an­che per le­gami famigliari.

All’indomani della morte di Man­zoni (22 mag­gio 1873), l’Abate si era at­ti­vato in Lecco per­ché il Co­mune si fa­cesse pro­mo­tore della rea­liz­za­zione di un mo­nu­mento al poeta nella città la­riana. Il colto e sen­si­bile Sin­daco Re­si­nelli (tra l’altro con­suo­cero dell’Abate) aveva pron­ta­mente coin­volto la Giunta co­mu­nale per­ché si desse corso al pro­getto. Stop­pani in­tanto si im­pe­gnava per evi­den­ziare al­cuni aspetti della per­so­na­lità di Man­zoni e il suo stretto le­game con Lecco. Nel no­vem­bre 1873 scrisse per “Le prime Let­ture” un lungo ar­ti­colo, di­ve­nuto poi un li­bro, “I Primi anni di Ales­san­dro Man­zoni”, pub­bli­cato nel gen­naio 1874. Lì l’Abate so­ste­neva, unico in­tel­let­tuale di peso in Ita­lia, al­cune ve­rità che, nei cir­coli uf­fi­ciali della Mi­lano ‘man­zo­niana’, si pre­fe­riva ignorare.
Stop­pani vo­leva in­fatti di­ve­nisse con­sa­pe­vo­lezza pub­blica che Man­zoni era stato così in­si­gne an­che per­ché fi­glio di una terra par­ti­co­lare. Un luogo di cui, dall’infanzia all’adolescenza alla prima ma­tu­rità, aveva po­tuto as­sor­bire lo splen­dore di una na­tura ricca di sug­ge­stioni. Una città abi­tata da una po­po­la­zione at­tiva, franca e or­go­gliosa della pro­pria indipendenza.

In­tanto (già ai primi del 1874) in Lecco si era de­ciso di so­spen­dere pro tem­pore l’azione per il mo­nu­mento, per non es­sere in con­cor­renza con l’analoga ini­zia­tiva av­viata dal Co­mune di Mi­lano per un mo­nu­mento a Man­zoni nella ca­pi­tale lombarda.

Un di­scorso di li­bertà e di de­mo­cra­zia. Pen­sando al Mo­nu­mento, ci viene poi in mente il di­scorso che l’Abate Stop­pani (Pre­si­dente del Co­mi­tato Pro­mo­tore per la sua rea­liz­za­zione) scrisse nell’agosto 1890, men­tre si stava la­vo­rando alla fu­sione della sta­tua. In esso Stop­pani aveva vo­luto fis­sare i con­cetti chiave da svi­lup­pare per l’inaugurazione, che si sa­rebbe do­vuta te­nere poco dopo, in ottobre.
Pur­troppo la get­tata del bronzo fallì, per la com­ples­sità strut­tu­rale della fi­gura. Que­sta era in­fatti po­sta se­duta e non nella po­si­zione eretta, più sem­plice per la fu­sione. L’inaugurazione do­vette es­sere rinviata.
Nei mesi suc­ces­sivi, la get­tata fallì una se­conda volta. Solo un anno dopo quel di­scorso la sta­tua poté es­sere rea­liz­zata con suc­cesso dallo scul­tore Fran­ce­sco Con­fa­lo­nieri e po­sta in Largo Man­zoni in Lecco, dove è tuttora.

Ma in­tanto, pie­gato da una crisi car­diaca, l’1 gen­naio del 1891, l’Abate era morto.

Il di­scorso, pre­pa­rato da Stop­pani in quell’agosto del 1890 – e pro­nun­ciato, lui scom­parso, all’inaugurazione dell’11 ot­to­bre 1891 – conta 126 anni ma po­trebbe es­sere detto oggi.
Ne ri­chia­miamo al­cuni brani:

« II fuoco sa­cro, che spinse Ga­ri­baldi all’opera, era stato già per lungo tempo … nu­trito nel petto di Ales­san­dro Man­zoni, e reso ef­fi­cace dal suo grande in­ge­gno a de­stare l’incendio nel cuore di quanti ascol­ta­vano i suoi versi. Non sgorga in larga vena una sor­gente, se prima non è ge­ne­rata e nu­trita dal lento stil­li­ci­dio delle ac­que cir­co­lanti in grembo alla terra; non scop­pia un vul­cano, se prima non è ma­tu­rato dalla lenta ener­gia ac­cu­mu­lata nel si­len­zio dei se­coli. »!
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« Lecco non po­teva a lungo la­sciare in oblio co­lui, da cui erano ve­nuti dap­prima il pen­siero e il sen­ti­mento che danno vita all’azione, e che van­tava tanti ti­toli di be­ne­me­renza verso que­sta terra da lui pre­di­letta, dove ve­niva, fin da­gli anni della sua prima gio­vi­nezza, a be­vere a lar­ghi sorsi l’aura della li­bertà. »!

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« Una po­po­la­zione in­tel­li­gente, at­tiva, fer­vida, pronta all’ammirazione di tutto ciò che si pre­senta di bello, di buono e di grande, fa­cile agli en­tu­sia­smi, li­be­rale per tra­di­zione, riot­tosa a qua­lun­que ge­nere di ti­ran­nia … Or ec­coli am­be­due – Ga­ri­baldi e Man­zoni – que­sti uo­mini grandi. Lo sguardo ful­mi­neo del primo non è meno par­lante dell’occhio pa­cato e se­reno del se­condo. Qui venga la no­stra gio­ventù e at­tinga da am­be­due quei guardi ciò che può ad un tempo ele­vare lo spi­rito a grandi pen­sieri e in­fiam­mar gli animi a grandi im­prese. »!

Forse qual­cuno stu­pirà per il ca­lore con cui Stop­pani parla di Ga­ri­baldi e del de­bito di pen­siero e sug­ge­stioni dell’audace e an­ti­cle­ri­cale con­dot­tiero nei con­fronti di Man­zoni. Ma Stop­pani fu con­vinto e di­chia­rato so­ste­ni­tore dell’impresa dei Mille del 1860. E lo stesso Ga­ri­baldi ri­co­nobbe sem­pre in Man­zoni l’ispiratore dei suoi sen­ti­menti de­mo­cra­tici – ri­cor­date la vi­sita pri­vata che gli fece in Mi­lano il 25 marzo 1862 e che de­stò tanto dibattito?

Que­sto è il dato sto­rico, an­che se spesso tra­vi­sato, come in do­cu­menti uf­fi­ciali del no­stro Co­mune dove si parla an­cora di una “guerra delle sta­tue” che si sa­rebbe svolta tra un “Co­mi­tato di ga­ri­bal­dini e maz­zi­niani” (esi­stito e rea­liz­za­tore del mo­nu­mento a Ga­ri­baldi) e un mai esi­stito “co­mi­tato cat­to­lico, pro­mo­tore del mo­nu­mento a Man­zoni”, che sa­rebbe stato con­tra­rio alla sta­tua a Garibaldi.
Il di­scorso di Stop­pani è ri­ve­la­tore espli­cito dello spi­rito che ani­mava l’Abate e il Co­mi­tato lec­chese. Ma per­ché ne siano an­cora più evi­denti i ri­svolti, dob­biamo in­vi­tare il let­tore a se­guirci in un rac­conto, strin­gato ma denso di fatti im­por­tanti. Ecco! que­sto è quanto vor­remmo evi­den­ziare: quel mo­nu­mento a Man­zoni in Lecco porta in sé mo­menti non se­con­dari della sto­ria del no­stro Paese. È una espli­cita fonte di in­di­ca­zioni eti­che e cul­tu­rali ri­volte a tutta Italia.

Un pro­getto cul­tu­rale di re­spiro na­zio­nale. L’Abate aveva ri­preso il suo im­pe­gno per il mo­nu­mento a Man­zoni in Lecco fin dal 1880 – pren­dete nota di que­sta data! Ma nei suoi pro­getti quello in Lecco era UNO dei mo­nu­menti da rea­liz­zare. L’altro do­veva es­sere in­nal­zato in Mi­lano, de­di­cato a Ro­smini. Per­ché il let­tore possa me­glio orien­tarsi in que­ste vi­cende di 130 anni fa dob­biamo get­tare uno sguardo ai rap­porti tra Va­ti­cano e Re­gno d’Italia, così come si pre­sen­ta­vano otto anni dopo la presa di Porta Pia.

Ai primi del 1878, e a di­stanza di un mese, erano morti il Re Vit­to­rio Ema­nuele II e il Papa Pio IX, i due prin­ci­pali pro­ta­go­ni­sti dello scon­tro tra lo Stato ri­sor­gi­men­tale e lo Stato pontificio.
La no­mina di Papa Leone XIII, di cui non ap­parve su­bito chiaro l’orientamento, riac­cese le ten­sioni sia tra lo Stato e il Va­ti­cano sia tra le di­verse com­po­nenti del mo­vimento cat­to­lico. De­cisi a non ve­nire a patti con lo Stato uni­ta­rio, gli ‘in­tran­si­genti’ del Va­ti­cano, erano osti­lis­simi alla ten­denza ‘con­ci­lia­to­ri­sta’. D’altro canto i ‘con­ci­lia­to­ri­sti’ non sta­vano a guardare.

Il 15 marzo 1879 l’Abate Stop­pani venne ri­ce­vuto in udienza pri­vata da Leone XIII. Il Papa lodò Stop­pani per le sue opere di geo­lo­gia e con­cordò con lui sull’opportunità di porre su nuove basi l’insegnamento scien­ti­fico nei Se­mi­nari. Di que­sto scam­bio di idee vi è chiara trac­cia nell’Enciclica Ae­terni Pa­tris del 4 ago­sto 1879, po­chi mesi dopo l’incontro. Sap­piamo inol­tre che in Va­ti­cano si di­scusse se­ria­mente sull’opportunità di no­mi­nare Car­di­nale lo Stoppani.
Que­sta at­ten­zione del Papa non era certo da sot­to­va­lu­tare, data la nota sin­to­nia dell’Abate per le im­prese ga­ri­bal­dine (l’eroe di Ca­prera con­ti­nuava a es­sere la be­stia nera del Va­ti­cano) e la sua ferma ade­sione alle po­si­zioni di Ro­smini. Di tutta evi­denza Leone XIII stava cer­cando, ap­pa­ren­te­mente senza pre­con­cetti, di chia­rirsi le idee circa la strada da per­corre. A par­tire dal 1880, gli ‘in­tran­si­genti’ co­min­cia­rono quindi ad at­tac­care Ro­smini e i ro­smi­niani – na­tu­ral­mente, tra i primi Stop­pani ma an­che Man­zoni che, con Ro­smini, era stato l’intellettuale di punta del cat­to­li­ce­simo li­be­rale italiano.

L’Abate – con­tando di po­tere con­tra­stare gli ‘in­tran­si­genti’ presso Leone XIII – non si fece in­ti­mi­dire e a fine del 1880 av­viò il pro­getto per rea­liz­zare – con­tem­po­ra­nea­mente – i mo­nu­menti a Man­zoni in Lecco e a Ro­smini in Mi­lano. L’obiettivo im­me­diato dell’Abate era av­viare con grande ri­salto me­dia­tico (al­lora i mo­nu­menti fa­ce­vano la parte della no­stra te­le­vi­sione) un’azione che per­se­guisse in tutto il Paese una po­li­tica di più larga de­mo­cra­zia, di cul­tura dif­fusa, di sti­molo alle con­qui­ste scien­ti­fi­che, di dia­logo tra le di­verse com­po­nenti politico-sociali.
L’obiettivo di me­dio-lungo pe­riodo era riu­scire ad af­fer­mare in Va­ti­cano una li­nea di con­ci­lia­zione con lo Stato uni­ta­rio, per una af­fer­ma­zione della Chiesa, spo­glia del po­tere tem­po­rale, ma coe­rente con la nuova realtà so­ciale. Come si vede, il pro­gramma sot­teso al “pro­getto mo­nu­menti” dell’Abate era as­sai va­sto e impegnativo.
La ri­spo­sta dei sot­to­scrit­tori all’iniziativa di Stop­pani del 1880 fu po­si­tiva. Gli ‘in­tran­si­genti’ rea­gi­rono però così aspra­mente con­tro il nome di Ro­smini, da spa­ven­tare molti sa­cer­doti, in­de­cisi sul da farsi. L’Abate ri­tenne quindi tat­ti­ca­mente op­por­tuno fare un pic­colo passo in­die­tro, e di­vi­dere il pro­getto in due tempi, con­cen­tran­dosi ini­zial­mente sul mo­nu­mento a Man­zoni in Lecco.

Que­sta, nelle grandi li­nee, l’origine dell’iniziativa di Stop­pani per il no­stro mo­nu­mento, che sa­rebbe stato inau­gu­rato un­dici anni dopo, l’11 ot­to­bre 1891.

Il 10 feb­braio 1885 il Co­mi­tato Pro­mo­tore, Pre­si­dente l’Abate Stop­pani, in­vi­tava la cit­ta­di­nanza ad at­ti­varsi per il suc­cesso dell’iniziativa.

Il lan­cio dell’iniziativa. Per av­viare la parte or­ga­niz­za­tiva di que­sta prima fase del pro­getto, Stop­pani do­vette però aspet­tare. Nel 1878, a causa delle po­le­mi­che che l’ambiente mi­la­nese gli ri­ser­vava per le vi­cende le­gate alle ele­zioni dell’autunno del 1876 (ne par­liamo più avanti), l’Abate si era tra­sfe­rito a Fi­renze, per in­se­gnare all’Istituto di Studi Su­pe­riori, il che non gli fa­ci­li­tava l’attività su Lecco.
Inol­tre vo­leva ve­dere come il Co­mune di Mi­lano avrebbe rea­liz­zato la sta­tua di Man­zoni (quella tut­tora in Piazza San Fedele).
Rien­trato a Mi­lano nel 1882 (su in­si­stenze di Brio­schi, Ret­tore del Po­li­tec­nico), l’Abate si trovò nella po­si­zione di ri­pren­dere le fila dell’azione. Do­vette però at­ten­dere che si rea­liz­zasse in Lecco (ot­to­bre 1884) il mo­nu­mento a Ga­ri­baldi, verso il quale non aveva avuto ov­via­mente al­cuna riserva.

È solo nel no­vem­bre del 1884 che l’Abate poté quindi lan­ciare in modo ope­ra­tivo l’iniziativa, co­min­ciando con lo sti­mo­lare la for­ma­zione di un Co­mi­tato Pro­mo­tore che riat­ti­vasse l’iniziativa del 1873. Nel Co­mi­tato (com­po­sto da trenta per­so­na­lità della città) si espri­meva un va­sto fronte cul­tu­rale. Si an­dava dai ga­ri­bal­dini come To­maso Torri Ta­relli ai li­be­rali mo­de­rati come An­gelo Villa-Per­nice, ai re­pub­bli­cano-maz­zi­niani come An­to­nio Ghi­slan­zoni, ai cat­to­lici de­mo­cra­tici come lo stesso Stoppani.

Nei con­fronti dell’iniziativa di que­sto Co­mi­tato si ma­ni­fe­sta­rono al­cune op­po­si­zioni, rap­pre­sen­tate da per­so­na­lità di scuola manzoniana.

Tra que­ste lo sto­rico e opi­nio­ni­sta Ce­sare Cantù (un tempo in­timo di Ales­san­dro – ma poi dallo stesso al­lon­ta­nato per dis­so­nanze per­so­nali) e il pro­fes­sore di let­tere Giu­seppe Riz­zini (già mem­bro del Co­mi­tato – ma da que­sto stac­ca­tosi, ri­te­nen­dosi non suf­fi­cien­te­mente ap­prez­zato). En­trambi te­ne­vano alla me­mo­ria di Man­zoni, ma con pro­spet­tive non coin­ci­denti ri­spetto a quelle sug­ge­rite dall’Abate e fatte pro­prie dal Co­mune e dai cit­ta­dini più influenti.

Il 7 Marzo 1885, per il primo cen­te­na­rio della na­scita del Man­zoni, la fa­mi­glia Scola or­ga­nizzò al Ca­leotto (lo aveva ac­qui­stato dal poeta nel 1818) una ce­ri­mo­nia, con re­cite e mu­sica, af­fi­dan­done la ge­stione cul­tu­rale a Cantù e Rizzini.
In quell’occasione fu ap­po­sta all’edificio la targa con pa­role di Cantù (che an­cora lì si leg­gono, in ve­rità un poco rozze e non per­spi­caci), ma alla ce­ri­mo­nia il Co­mi­tato, gui­dato da Stop­pani, non fu in­vi­tato. Va da sé che que­sta com­po­nente dell’opinione cit­ta­dina non con­tri­buì in al­cun modo alla rea­liz­za­zione del monumento.
Bi­so­gna an­che dire che Mon­si­gnor don Pie­tro Galli (Pre­vo­sto della città di Lecco) e don Giu­seppe Ca­vanna (ani­ma­tore del primo Il Re­se­gone) – certo non te­neri con i ri­sor­gi­men­tali e con l’orientamento ro­smi­niano di Stop­pani – si fe­cero pro­mo­tori di con­cor­ren­ziali rac­colte fondi, ma ten­nero un tono mo­de­rato sull’attività del Co­mi­tato Promotore.

3.000 le sot­to­scri­zioni da tutta Ita­lia. Per quanto ri­guarda l’atteggiamento delle di­verse com­po­nenti so­ciali, giova ri­cor­dare le molte sot­to­scri­zioni al mo­nu­mento da parte di tanti cir­coli di mu­tuo soc­corso. Fu­rono molti poi gli in­se­gnanti di tutta Ita­lia a dare il loro con­tri­buto. E molti an­che gli stu­denti di ogni grado (ben 500 de­gli alunni delle ele­men­tari di Lecco) che die­dero il loro obolo, più o meno grande.
Ri­le­vanti le sot­to­scri­zioni di sa­cer­doti (so­prat­tutto della Lom­bar­dia e del La­riano), di ar­ti­giani, pro­fes­sio­ni­sti, no­bili di ogni grado e mo­de­sti cit­ta­dini. Vi fu, in breve, un’adesione si­gni­fi­ca­tiva da parte della col­let­ti­vità na­zio­nale per l’iniziativa, che portò alla fine a rac­co­gliere 40.000 Lire (un po’ meno di un mi­lione de­gli Euro di oggi).

Si può ben dire che la col­let­ti­vità aveva rac­colto con fa­vore il mes­sag­gio lan­ciato dall’Abate nel ma­ni­fe­sto di pro­mo­zione del 10 feb­braio 1885: «Né il ricco re­puti troppo ge­ne­roso il suo oro, né il po­vero troppo me­schino il suo soldo!» La Casa Reale dal canto suo – ol­tre a de­naro e og­getti pre­ziosi da porre in pa­lio nelle lot­te­rie or­ga­niz­zate dal Co­mi­tato – diede un so­ste­gno di im­ma­gine piut­to­sto consistente.

L’atteggiamento delle Isti­tu­zioni go­ver­na­tive fu in­vece tie­pido. Il Mi­ni­stero della Pub­blica Istru­zione erogò un con­tri­buto di 500 Lire (circa 10.000 Euro di oggi), giu­di­cato dall’Abate poco con­sono al ruolo svolto da Man­zoni nella cul­tura na­zio­nale. Inol­tre non si im­pe­gnò in al­cun modo nella pro­mo­zione dell’iniziativa.
Stop­pani, che si era speso in quella di­re­zione, ne fu molto de­luso e non mancò di farlo rilevare.
Se guar­date il pan­nello po­sto sul re­tro del mo­nu­mento, po­tete leg­gere que­sta scritta: «I Cit­ta­dini di Lecco / nel vo­lere e nell’opera / con tutta Ita­lia con­cordi / qui / dove, ecc.».
Ma il 6 giu­gno 1890, su pro­po­sta dell’Abate, il Co­mi­tato aveva ap­pro­vato un’altra di­ci­tura, un po’ pun­tua­liz­zante: «I Cit­ta­dini di Lecco / con­cordi nel vo­lere e nell’opera / coi loro con­na­zio­nali / qui dove, ecc.». Nella ver­sione ‘Stop­pani’ ri­sul­tava chiaro che non “tutta Ita­lia” ma “i con­na­zio­nali”, si erano dati da fare, che è cosa ben diversa.
ìMa l’Abate morì, prima che si com­po­nesse in scul­tura que­sta di­ci­tura. Lui man­cante, il Co­mi­tato pre­ferì smus­sare il tono vo­luto dal pro­prio Pre­si­dente, no­to­ria­mente poco in­cline ai com­pro­messi (su que­sta epi­grafe ci sa­rebbe an­cora da dire, ma ne par­le­remo in al­tra occasione).

An­che fuori d’Italia si eb­bero con­sensi da parte dei cir­coli ita­liani (no­te­vole quello di Lon­dra). E vi fu una per­so­na­lità – di rango ele­vato, in­tel­let­tuale di buon li­vello, per un ven­ten­nio in rap­porti epi­sto­lari e per­so­nali con Man­zoni (di cui tra­dusse in por­to­ghese l’ode «Il Cin­que Mag­gio», scritta per la morte di Na­po­leone), che diede un suo co­spi­cuo con­tri­buto – era Don Pe­dro II de Al­cân­tara, Im­pe­ra­tore del Bra­sile. Ri­pe­tiamo: “Bra­sile” – non “Mes­sico”!

Un obiet­tivo su­bor­di­nato ma for­te­mente vo­luto. Ab­biamo vi­sto per­ché l’Abate te­nesse a ri­mar­care il le­game tra Man­zoni e Lecco – vo­leva evi­den­ziare l’ambiente in cui si era for­mata una per­so­na­lità ec­ce­zio­nale: Man­zoni era spe­ciale an­che per­ché fi­glio di Lecco.
Ma ciò com­por­tava ne­ces­sa­ria­mente an­che la ri­fles­sione spe­cu­lare: Lecco era spe­ciale in quanto “quasi città na­tale” del Man­zoni. Con que­sta con­no­ta­zione, Lecco po­teva aspi­rare, nel nome del suo ge­niale fi­glio, a oc­cu­pare un po­sto di ri­lievo nel con­te­sto cul­tu­rale del Paese. L’Abate, fin dall’inizio, fu molto at­tento a sot­to­li­neare an­che que­sto lato della questione.

Stop­pani per­se­guì quindi, all’interno del pro­getto ge­ne­rale di ca­rat­tere po­li­tico-ideo­lo­gico, un obiet­tivo su­bor­di­nato, cui però te­neva mol­tis­simo: fare di Lecco un sim­bolo na­zio­nale della cul­tura, della poe­tica, del sen­ti­mento della natura.
Quella Lecco dove Man­zoni in­fante, ado­le­scente, gio­vane uomo, si era for­mato come poeta, fi­lo­sofo e po­li­tico at­tivo per l’unità e la li­bertà d’Italia. Ma an­che come in­no­va­tore nelle col­ture agra­rie, pro­prie­ta­rio di nu­me­rosi fondi non esoso e li­be­rale, in­fine (nel 1816) rap­pre­sen­tante uf­fi­ciale (qual è oggi un no­stro Sin­daco) della col­let­ti­vità di Lecco.
L’Abate co­no­sceva bene i di­versi le­gami so­ciali di Man­zoni in Lecco. Vi erano state per­so­na­lità della città, in­trin­se­che a Man­zoni, con cui l’Abate aveva avuto an­che rap­porti di pa­ren­tela. Su que­sto tema Stop­pani aveva in mente di rea­liz­zare uno stu­dio spe­ciale, ma gli mancò il tempo – lo fa­remo noi, con gli sto­rici della città in­te­res­sati al vero.

L’Abate Stop­pani vide in Lecco l’ambiente più con­sono a ospi­tare la sta­tua di Ales­san­dro Man­zoni per una se­rie di mo­tivi. In primo luogo per il le­game pro­fondo tra la città e Man­zoni, scritto in evi­denza nella bio­gra­fia del poeta e ne I Pro­messi Sposi, ri­co­no­sciuto ri­fe­ri­mento cul­tu­rale e mo­rale per tanti let­tori, ita­liani e stranieri.
Ma vi è al­tro: l’Abate ve­deva in Lecco un sim­bolo, un esem­pio per una nuova Ita­lia. Una città de­mo­cra­tica, non solo per gli ideali po­li­tici ma an­che per la dif­fusa tra­di­zione al pro­durre e dai molti ta­lenti tec­no­lo­gici. Una città dalle grandi ma an­che tante pic­cole realtà im­pren­di­to­riali, vera con­di­zione e ba­luardo delle li­bertà e del progresso.
E in­fine per­ché Lecco e il suo ter­ri­to­rio – la ma­gica grande valle d’acqua, le in­fi­ni­ta­mente va­rie mon­ta­gne, gli in­ces­santi tor­renti – co­sti­tui­vano uno stu­pendo mu­seo a cielo aperto in cui chiun­que po­teva leg­gere le ma­ni­fe­sta­zioni de­gli ul­timi 200 mi­lioni d’anni del pia­neta. Un in­cre­di­bile spet­ta­colo na­tu­rale da of­frire all’attenzione di una nuova so­cietà, cu­riosa, aperta al bello e alla cultura.

Per dare mag­gior forza a que­sta va­lo­riz­za­zione di Lecco, l’Abate Stop­pani – ap­pog­giato senza esi­ta­zioni da tutto il Co­mi­tato – volle che il mo­nu­mento fosse, sul piano ar­ti­stico (e an­che tec­nico) del più alto li­vello, e in piena evidenza.

Che il mo­nu­mento ve­nisse quindi col­lo­cato nel punto di con­ver­genza delle vie di col­le­ga­mento tra la città e la grande pianura.
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Che Man­zoni vi fosse rap­pre­sen­tato in forma so­lenne – quindi se­duto, come si con­viene, se­condo la tra­di­zione, a un mae­stro del pensiero.
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Che nei tre al­to­ri­lievi del ba­sa­mento ve­nis­sero rap­pre­sen­tati in forma di­da­sca­lica tre dei più in­ci­sivi mes­saggi de “I Pro­messi Sposi”: il ruolo della donna per la qua­lità etica della so­cietà; il ca­rat­tere nor­ma­tivo ma tem­pe­rato della giu­sti­zia; il ruolo dei ceti po­po­lari nella tu­tela delle li­bertà per tutti.

Il Mo­nu­mento a Man­zoni in Lecco è con­ce­pito come con­te­ni­tore di pre­cisi mes­saggi: il ruolo della donna per la qua­lità etica della so­cietà; il ca­rat­tere nor­ma­tivo ma tem­pe­rato della giu­sti­zia; il ruolo dei ceti po­po­lari nella tu­tela delle li­bertà per tutti.

I tre mes­saggi etico-so­ciali del mo­nu­mento a Man­zoni. Fer­mia­moci un istante su que­sto aspetto, che dif­fe­ren­zia net­ta­mente il mo­nu­mento di Lecco da quello di Milano.

Quando si di­scusse di come strut­tu­rare il mo­nu­mento a Man­zoni nella città me­ne­ghina (venne inau­gu­rato il 22 mag­gio 1883, in Piazza San Fe­dele), così si espresse Giu­lio Car­cano, amico di Man­zoni e con­si­de­rato uno dei più lu­cidi in­tel­let­tuali del tempo: «La po­si­zione sia se­duta o in piedi, se­condo le scelte dell’artista … L’insieme sia di forma ele­gante ma se­vera, esclu­dendo ogni ele­mento fi­gu­rato, sia sim­bo­lico, sia al­le­go­rico.»

E in­fatti il mo­nu­mento di Mi­lano è lì. È di­gni­toso sul piano for­male ma certo non tra­smette un gran­ché. Man­zoni è raf­fi­gu­rato in piedi (lo scul­tore Bar­za­ghi co­no­sceva bene le dif­fi­coltà della fu­sione di una fi­gura se­duta) e at­torno a lui non vi è al­cun ele­mento contenutistico.

Parte della stampa dell’epoca non ne fu en­tu­sia­sta e ne ri­levò an­che il ca­rat­tere “in­na­tu­rale e di posa”, lon­tano dall’immagine del Man­zoni vivo, ben pre­sente alla me­mo­ria dei mi­la­nesi, che ogni giorno lo ve­de­vano pas­seg­giare men­tre a passo svelto chiac­che­rava con il suo ac­com­pa­gna­tore di turno.

Stop­pani volle in­vece rea­liz­zare un mo­nu­mento che fosse spon­ta­neo, vi­cino alla sen­si­bi­lità po­po­lare. Sug­gerì quindi a Con­fa­lo­nieri di pro­porre due boz­zetti, uno con la fi­gura in piedi e uno se­duta (quella che poi venne scelta).

Ma l’Abate si im­pe­gnò an­che per­ché il mo­nu­mento par­lasse alla mente – che espri­messe cioè espli­ci­ta­mente dei con­te­nuti. In­si­stette quindi col Co­mi­tato per­ché si ag­giun­ges­sero al ba­sa­mento del mo­nu­mento tre al­to­ri­lievi, non pre­vi­sti nel pro­getto ini­ziale. I pan­nelli do­ve­vano, at­tra­verso le vi­cende nar­rate da Man­zoni, tra­smet­tere un pre­ciso orien­ta­mento ideale.

Del ruolo li­be­ra­to­rio della donna. Il pan­nello alla si­ni­stra di Man­zoni il­lu­stra il ra­pi­mento di Lu­cia. Qui è rap­pre­sen­tato uno de­gli ele­menti por­tanti del ro­manzo: la so­praf­fa­zione con­tro i de­boli – e quindi con­tro le donne, le più de­boli tra i de­boli. Una realtà de­pri­mente dei rap­porti che può espri­mersi in forme diverse.

Lu­cia viene ra­pita dai bravi – su­bi­sce una vio­lenza bru­tale. Ma la bru­ta­lità è fa­vo­rita dalla mo­naca Ger­trude, già vit­tima di una vio­lenza fa­mi­gliare, più sot­tile ma non meno schiac­ciante, che la in­duce a usarne a sua volta. La vit­tima di­venta car­ne­fice – que­sto è l’aspetto più abietto della so­praf­fa­zione. Man­zoni ci rende evi­dente il mec­ca­ni­smo per­va­sivo della vio­lenza, che si in­si­nua in tutti i rap­porti e si per­pe­tua in una ca­tena annichilente.

Que­sto mec­ca­ni­smo coin­volge certo an­che gli uo­mini. Ma, se ri­cor­date, a Renzo non viene usata una vio­lenza di­retta – è gio­vane, non mite di ca­rat­tere, fi­si­ca­mente pre­stante, porta il pu­gnale alla cintura.

Lu­cia vince il vio­lento con l’inflessibilità della pro­pria volontà.

Con lui si do­vrebbe ri­cor­rere ai mezzi estremi, con le ine­vi­ta­bili ri­per­cus­sioni. Lu­cia in­vece è con­si­de­rata fa­cile da so­praf­fare e quindi è lei a su­bire la vio­lenza più aperta. Ma qui Man­zoni at­tua un rovesciamento.

Lu­cia piega l’Innominato di­mo­stran­dosi più forte della forza bru­tale. Col voto di ca­stità e di so­li­tu­dine in­di­riz­zato alla Ma­donna (sim­bolo di as­so­luta pu­rezza), Lu­cia si fa pa­drona in­vio­la­bile di se stessa. E co­stringe l’uomo, te­muto da tutti e che la tiene pri­gio­niera, a rin­no­vare dal pro­fondo la pro­pria personalità.

Ab­biamo qui rap­pre­sen­tata, e Man­zoni lo fa in forme ma­gi­strali, una idea molto evo­luta del ruolo della donna nella so­cietà, e della fun­zione li­be­ra­to­ria – per tutti – della sua in­di­pen­denza. Col­lo­cate que­sto primo mes­sag­gio del mo­nu­mento nel con­te­sto dell’epoca e vi ac­cor­ge­rete di quanto al­lora po­tesse es­sere incisivo.

Da qual­che anno si fa­ceva sem­pre più strada nel di­bat­tito po­li­tico-cul­tu­rale la “que­stione fem­mi­nile” (co­sti­tuì uno dei temi nella na­scita del Par­tito So­cia­li­sta, 1892).
Nel campo laico la que­stione era po­sta so­prat­tutto sotto il pro­filo dei di­ritti del la­voro e della rap­pre­sen­tanza (la donna aveva pa­ghe più basse de­gli uo­mini e non go­deva di al­cun di­ritto in campo elet­to­rale). Sul piano cul­tu­rale e ci­vile la cosa non era però an­cora po­sta in ter­mini chiari. Ne­gli stessi am­bienti della si­ni­stra erano an­cora forti i pre­giu­dizi con­tro la donna.
Il mes­sag­gio vei­co­lato dal mo­nu­mento dice in­vece chia­ra­mente che la donna può e deve es­sere au­to­noma per­ché ga­rante dell’educazione e dei sen­ti­menti fon­danti della società.

Que­sta ri­ven­di­ca­zione di un pri­mato ci­vile della donna detta da un sa­cer­dote scien­ziato, nel nome di un fi­lo­sofo cat­to­lico come Man­zoni – ma col so­ste­gno di un va­sto schie­ra­mento po­li­tico-cul­tu­rale quale era rap­pre­sen­tato dal Co­mi­tato di Lecco, as­su­meva una forza che è fa­cile cogliere.
D’altro canto l’Abate era noto per la con­si­de­ra­zione di cui go­deva presso fi­gure fem­mi­nili so­cial­mente ri­le­vanti. Erano que­ste che lo in­tro­du­ce­vano nei sa­lotti esclu­sivi della bor­ghe­sia e della no­biltà per le sue ri­chie­ste di fondi e di ap­poggi a que­sta o quella ini­zia­tiva as­si­sten­ziale o cul­tu­rale. E con molte donne, colte e im­pe­gnate nell’istruzione o nell’assistenza, l’Abate col­la­borò per anni con grande sin­to­nia, come nella re­da­zione della ri­vi­sta edu­ca­tiva Le Prime Letture.

Giu­sti­zia e sen­ti­mento di uma­nità. Stret­ta­mente col­le­gato ai con­te­nuti del primo pan­nello, il se­condo (alla de­stra di Man­zoni) raf­fi­gura il mo­mento in cui Renzo ac­corda il per­dono a Don Ro­drigo. Qui Man­zoni rap­pre­senta lo scio­gli­mento dei con­flitti at­tra­verso l’accettazione della co­mune na­tura umana. La giu­sti­zia (ine­lu­di­bile e ga­ran­tita dalla di­vi­nità) deve es­sere in­fles­si­bile ma non cieca né an­ni­chi­lente. Quando essa viene eser­ci­tata, dob­biamo sem­pre ri­cor­dare che nel suo po­tere è un no­stro si­mile, del quale dob­biamo ri­spet­tare i di­ritti im­pre­scrit­ti­bili dell’umanità.

Nell’ultima edi­zione da lui cu­rata de “I Pro­messi Sposi”, Man­zoni aveva de­di­cato la se­zione con­clu­siva “Sto­ria della Co­lonna In­fame” (col­pe­vol­mente esclusa in molte mo­derne rie­di­zioni del ro­manzo) ai pro­blemi della giu­sti­zia e delle ab­normi pre­va­ri­ca­zioni del po­tere nei con­fronti del reo (vero o presunto).

Il per­dono di Renzo sim­bo­leg­gia la giu­sti­zia tem­pe­rata dall’umanità.

Il rap­porto di Renzo con la giu­sti­zia è fal­li­men­tare: prima un av­vo­cato ven­duto ai po­tenti; poi una po­li­zia sub­dola, pronta a col­pire un in­no­cente pur di avere un col­pe­vole; poi un Po­de­stà (com­plice del suo per­se­cu­tore) che per ar­re­starlo manda i birri, i quali, non tro­van­dolo, gli sac­cheg­giano la casa.
An­che qui Man­zoni opera un ro­ve­scia­mento. Renzo, vit­tima di una giu­sti­zia ma­lata, ne ri­sta­bi­li­sce la di­gnità, eser­ci­tan­done la fun­zione fon­da­men­tale – la ria­bi­li­ta­zione del col­pe­vole – at­tra­verso il per­dono a don Ro­drigo. An­che in que­sto caso, dob­biamo con­te­stua­liz­zare que­sto se­condo mes­sag­gio di Man­zoni, espresso nella fi­si­cità del monumento.

An­che in que­sto caso non è dif­fi­cile leg­gere in fi­li­grana. Quando nell’autunno 1876 aveva pro­get­tato di pre­sen­tarsi alle ele­zioni nei qua­dri della Si­ni­stra, l’Abate aveva reso pub­blico il pro­prio pro­gramma politico.
Al cen­tro, ol­tre na­tu­ral­mente le pro­spet­tive per una cul­tura scien­ti­fica dif­fusa, era po­sta con pre­ci­sione an­che la ri­chie­sta di suf­fra­gio uni­ver­sale – l’espressione giu­ri­dica della ca­pa­cità de­gli umili di es­sere fonte di li­bertà e giu­sti­zia per tutti.

Il po­polo come mal­le­va­dore di una so­cietà più umana
Il terzo pan­nello del mo­nu­mento, quello cen­trale, rap­pre­senta un ul­te­riore mes­sag­gio forte di Man­zoni: qua­lun­que sia l’oppressione di cui sof­friamo, se sa­premo im­pe­gnarci con one­stà e uma­nità, trionferemo.

Renzo e Lu­cia hanno vinto per­ché si sono bat­tuti per ciò che con­si­de­ra­vano giu­sto – nel loro caso il ma­tri­mo­nio. Non è però dif­fi­cile leg­gere die­tro la ‘can­ta­fa­vola’ del Man­zoni al­tri espli­citi ri­fe­ri­menti. La vi­cenda di Renzo e Lu­cia dice della in­vin­ci­bi­lità de­gli umili quando si muo­vono per la giu­sti­zia e la li­bertà. Non solo, ma dice che i due vin­cono pro­prio per­ché sono umili: non hanno vin­coli che non siano quelli dell’onestà e dell’amore. Non piani di po­tere; non re­la­zioni in­te­res­sate da sal­va­guar­dare; non ob­bli­ghi di ele­vati ran­ghi so­ciali. Ma vi è dell’altro.

Que­sti due umili vin­cono ma in­sieme educano.
L’Innominato si fa di­fen­sore dei de­boli; il Mar­chese, erede di Don Ro­drigo, si fa umile (al­meno per un giorno); Don Ab­bon­dio, servo dei po­tenti, ri­trova la sua di­gnità, col ce­le­brare one­sta­mente quel ma­tri­mo­nio che aveva im­pe­dito con malizia.

Que­sto è il terzo mes­sag­gio che Man­zoni – e con lui Stop­pani e il Co­mi­tato e i no­stri vec­chi – vol­lero lan­ciare alla na­zione dalla no­stra città.

Il po­polo è mal­le­va­dore di una so­cietà più umana.

Non solo gli umili pos­sono ot­te­nere giu­sti­zia, ma sono in grado an­che di cor­reg­gere gli igno­bili, gli in­so­lenti, i so­praf­fat­tori e ri­con­durli nella con­cor­dia della vita collettiva.

Del re­sto, in que­sto orien­ta­mento l’Abate non era solo. Il 4 di­cem­bre 1884, il re­pub­bli­cano-maz­zi­niano An­to­nio Ghi­slan­zoni, così ri­spon­deva a una let­tera in­via­ta­gli dal cat­to­lico-de­mo­cra­tico, di pre­fe­renze mo­nar­chi­che, An­to­nio Stop­pani, che lo in­vi­tava a fare parte del Co­mi­tato per il mo­nu­mento: «… all’illustre amico Don An­to­nio … Il ge­nio è ciò che vi ha di più emi­nen­te­mente de­mo­cra­tico, qua­lora la sua gran luce si espanda su tutti. Tutti gli ope­rai del ter­ri­to­rio do­vreb­bero dare una pal­lanca ad onore di chi ha creato quel bel tipo di one­sto ri­belle che era Renzo Tramaglino.»I due An­to­nio – Ghi­slan­zoni e Stop­pani – erano cu­gini (lo ha bene do­cu­men­tato il lec­chese e amico Fran­ce­sco D’Alessio, va­lente sto­rico della città) ed erano stati per anni com­pa­gni al Se­mi­na­rio di Ca­stello, prima che Ghi­slan­zoni ne ve­nisse al­lon­ta­nato per “in­di­sci­plina”. Nella loro di­ver­sis­sima po­si­zione cul­tu­rale e di orien­ta­mento, erano d’accordissimo nel con­si­de­rare Man­zoni il ge­nio della poe­sia ita­liana. Non solo, ma an­che nell’impegnarsi fianco a fianco per­ché que­sti stessi ideali di de­mo­cra­zia giun­ges­sero al cuore dell’intero Paese.

Un pre­ciso in­di­rizzo etico-so­ciale. Da quanto fin qui detto – ci pare di es­sere ri­ma­sti ri­go­ro­sa­mente fe­deli alla le­zione di Man­zoni e alla bio­gra­fia dell’Abate – ri­te­niamo si possa trarre una con­si­de­ra­zione di fondo.
Il mo­nu­mento a Man­zoni in Lecco ispi­rato da Stop­pani, rea­liz­zato dal Co­mi­tato, so­ste­nuto dalla gran parte della cit­ta­di­nanza, può es­sere con­si­de­rato un vero ma­ni­fe­sto di in­di­rizzo etico-so­ciale, ri­volto all’intero Paese.

Man­zoni in Lecco e “Il Bel Paese”. Stop­pani la­vorò molto per in­se­mi­nare nella co­scienza na­zio­nale le ca­rat­te­ri­sti­che di Lecco e della sua gente.
Giova ri­cor­dare che al­cune delle “Se­rate”, ag­giunte alla terza edi­zione de Il Bel Paese (ri­cor­diamo per in­ciso che quest’anno cade il 140º an­ni­ver­sa­rio della prima edi­zione dell’opera – 1876), sono espli­ci­ta­mente de­di­cate a Lecco e al suo ter­ri­to­rio, così ca­rat­te­ri­stico per il pro­fon­dis­simo lago, le sue im­mani rocce, gli spu­meg­gianti tor­renti, gli im­prov­visi im­pe­tuosi venti, pro­prio per ren­dere fa­mi­liare al pub­blico di tutto il Paese il nome di que­sta realtà che, pur es­sendo – sono le pa­role dell’Abate – “mi­nima tra le città d’Italia”, po­teva però es­sere ci­tata a esem­pio del sa­pere “le­varsi ai più grandi, ai più no­bili, ai più puri ideali”.
Vi sa­reb­bero da dire molte al­tre cose su que­sto ar­go­mento – è da tempo al cen­tro dei no­stri studi, as­sieme a una ine­dita ana­lisi di con­te­stua­liz­za­zione sto­rica de Il Bel Paese – ma ri­chie­de­rebbe troppo spazio.

Vit­to­rie e scon­fitte. Il let­tore a que­sto punto si chie­derà a che punto fos­sero i rap­porti tra l’attività svi­lup­pata per il mo­nu­mento a Man­zoni in Lecco e i con­flitti – molto seri – tra le due anime del cat­to­li­ce­simo ita­liano, da cui nel 1880 era par­tito l’Abate nella sua bat­ta­glia con­ci­lia­to­ri­sta, con la spe­ranza di avere l’appoggio di Papa Leone XIII.

Gli anni che vanno dal 1885 alla morte dell’Abate (1 gen­naio 1891) sono densi di eventi, che si in­trec­ciano con le vi­cende del mo­nu­mento. Nel 1886, stante la so­stan­ziale iner­zia di Leone XIII di fronte al fuoco di sbar­ra­mento de­gli ‘in­tran­si­genti’ con­tro i ro­smi­niani, l’Abate av­viò una par­tita dif­fi­cile. A fronte dei con­ti­nui at­tac­chi, su­per­fi­ciali e an­che vol­gari, dell’ “Os­ser­va­tore Cat­to­lico” di Mi­lano, uno de­gli or­gani de­gli ‘in­tran­si­genti’, di­retto da Don Al­ber­ta­rio, l’Abate de­nun­ciò il gior­nale per diffamazione.
Nel giu­gno 1887 (men­tre a Lecco si fa­ce­vano i pre­pa­ra­tivi per esporre al pub­blico i boz­zetti pre­di­spo­sti da­gli ar­ti­sti in gara per il mo­nu­mento), a Mi­lano si ce­le­brò il pro­cesso. Dopo pa­rec­chie udienze, an­che ani­mate, se­guite da un folto pub­blico ap­pas­sio­nato, l’Abate vinse su tutta la li­nea e il gior­nale di Don Al­ber­ta­rio venne con­dan­nato a una pe­san­tis­sima ammenda.

Da al­cuni quel pro­cesso venne (e viene) pre­sen­tato in modo fol­clo­ri­stico per il suo aspetto stra­niante – un sa­cer­dote che de­nun­cia un al­tro sa­cer­dote al rap­pre­sen­tante di quello stesso Re che aveva ab­bat­tuto il po­tere del Papa, cui en­trambi i sa­cer­doti si ri­fe­ri­vano come alla su­prema au­to­rità. In realtà il pro­cesso fu im­por­tan­tis­simo nei suoi aspetti ge­ne­rali in quanto af­fer­mava de facto e de iure l’autorità dello Stato sui sa­cer­doti-cit­ta­dini. Que­sta vit­to­ria dell’Abate però de­ter­minò una svolta ne­ga­tiva nel suo con­fronto con gli ‘in­tran­si­genti’.

Su­bito dopo il pro­cesso, per la­sciare cal­mare le ac­que, Stop­pani nel lu­glio 1887 si recò in Rus­sia per una mis­sione scien­ti­fica, men­tre a Lecco vi fu un nulla di fatto nella scelta dei boz­zetti (erano ri­ma­sti espo­sti per due set­ti­mane al Tea­tro della So­cietà). Nes­suna pro­po­sta rag­giunse in­fatti i voti mi­nimi sta­bi­liti nel re­go­la­mento del concorso.
Il 25 set­tem­bre 1887 l’Abate tornò dalla Rus­sia e fu ac­colto alla sta­zione di Lecco con tutti gli onori dalle Au­to­rità cit­ta­dine e dalla po­po­la­zione, che lo ac­com­pa­gnò in cor­teo fino al con­vento di Pe­sca­re­nico (lì te­neva due stanze per i suoi sog­giorni lecchesi).
Le si­gnore por­ta­rono ce­sti ri­pieni di dolci, frutta, cibo per cen­ti­naia di per­sone. Fino a notte inol­trata vi fu­rono canti e brin­disi in onore di Stop­pani. La ma­ni­fe­sta­zione fu la ri­spo­sta ine­qui­vo­ca­bile in fa­vore dell’Abate, uscito vit­to­rioso dal con­flitto con la parte in­tran­si­gente del Vaticano.

La buona for­tuna di Stop­pani era però vi­cina a la­sciarlo. Il 14 di­cem­bre 1887 la Con­gre­ga­zione dell’Indice del Va­ti­cano ebbe l’approvazione da parte di Leone XIII del de­creto Post obi­tum con cui si con­dan­na­vano qua­ranta pro­po­si­zioni ro­smi­niane. Era la messa fuori legge, per la Chiesa, delle po­si­zioni cui si ri­fa­ceva Stop­pani e una con­si­stente parte del clero.
Nella nuova dif­fi­cile si­tua­zione l’Abate tenne però duro e si im­pe­gnò an­cor più per la buona riu­scita del mo­nu­mento in Lecco al ro­smi­niano Man­zoni. Inol­tre, quando fu si­curo fos­sero ga­ran­tite le ne­ces­sa­rie con­di­zioni per la sua buona riu­scita – cioè alla fine del 1888 – passò alla se­conda fase del pro­getto del 1880, lan­ciando le sot­to­scri­zioni per il mo­nu­mento a Ro­smini in Milano.

Que­ste ini­zia­tive dell’Abate, con­dotte no­no­stante il Va­ti­cano fosse or­mai schie­rato con­tro ogni istanza ‘con­ci­lia­to­ri­sta’, fe­cero pre­ci­pi­tare la si­tua­zione. Nel mag­gio 1890 an­che la ri­vi­sta di­retta dall’Abate – Il Ro­smini – venne messa all’Indice e do­vette ces­sare le pub­bli­ca­zioni. Il so­gno dell’Abate di in­fluire sulle scelte di fondo di Leone XIII si era de­fi­ni­ti­va­mente infranto.

Ma il mo­nu­mento a Man­zoni in Lecco era or­mai in fase di com­ple­ta­mento. Per Stop­pani – che pur­troppo non ne vide l’inaugurazione – si trattò dell’ultima bat­ta­glia vinta. La morte gli im­pedì di con­durre l’azione in­tra­presa per un rin­no­va­mento della Chiesa. Le po­si­zioni da lui so­ste­nute – con tanti al­tri sa­cer­doti di ta­lento non­ché da tanti av­ve­duti laici – fu­rono emarginate.
Per il tempo lungo della sto­ria, però, que­sto oscu­ra­mento durò quanto un bat­tito di ci­glia. Ro­smini in­fatti il 18 no­vem­bre 2007 venne bea­ti­fi­cato, es­sendo pon­te­fice Be­ne­detto XVI.

Dalle balze del suo San Mar­tino, là dove si­cu­ra­mente a ogni tra­monto si ferma a con­tem­plare la pro­fonda valle d’acqua e il Re­se­gone della sua gio­vi­nezza, l’Abate avrà sor­riso di soddisfazione.

Una pro­po­sta al Co­mune di oggi, nella li­nea della vin­cente stra­te­gia cul­tu­rale del Co­mune di ieri.

Come si vede da quanto fin qui detto, le vi­cende del mo­nu­mento a Man­zoni in Lecco sono molto ar­ti­co­late e ric­che di si­gni­fi­cati. Quella bella espres­sione ar­ti­stica è una te­sti­mo­nianza forte alla me­mo­ria di un grande con­cit­ta­dino poeta. Ma è an­che parte di una sto­ria com­plessa, ap­pas­sio­nante, che vide in prima li­nea l’Abate Stop­pani, uno dei lec­chesi più emi­nenti della sto­ria della città, pro­ta­go­ni­sta di mo­menti im­por­tan­tis­simi per la sto­ria del no­stro Paese, scien­ziato ge­niale, ani­mato da un grande senso della di­gnità cul­tu­rale della sua città.

Nel nome di Man­zoni e dell’Abate Stop­pani, avan­ziamo al Co­mune di Lecco un pro­po­sta ar­ti­co­lata in due fasi.

Nel breve pe­riodo – Me­mo­ria col­let­tiva sul monumento

Con­fe­renza pubblica
Il Co­mune di Lecco si fac­cia pro­mo­tore e or­ga­niz­za­tore di una con­fe­renza ben strut­tu­rata, de­di­cata alla sto­ria e ai tanti si­gni­fi­cati del mo­nu­mento a Man­zoni in Lecco. Si im­pe­gni a che la po­po­la­zione sia sti­mo­lata a par­te­ci­parvi. La con­fe­renza po­trebbe es­sere ar­ti­co­lata su tre grandi aree concettuali:
• Il gio­vane Man­zoni e Lecco. Il Ca­leotto. In­te­ressi eco­no­mici e re­la­zioni sociali.
• La for­ma­zione gio­va­nile di Ales­san­dro Manzoni.
• Il mo­nu­mento a Man­zoni in Lecco, at­tra­verso il pen­siero e l’azione dell’Abate Stoppani.
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Li­bro di memoria
Il Co­mune di Lecco si fac­cia pro­mo­tore e or­ga­niz­za­tore della pub­bli­ca­zione di un li­bro, im­por­tante an­che sul piano tec­nico-edi­to­riale, che rac­colga i ma­te­riali do­cu­men­tari, in­ter­pre­ta­tivi, ico­no­gra­fici delle vi­cende le­gate al mo­nu­mento a Man­zoni in Lecco e all’azione svolta dall’Abate Stop­pani per la sua rea­liz­za­zione. Ne fac­cia stam­pare 10.000 co­pie e lo metta in ven­dita a un prezzo ac­ces­si­bile a tutta la cit­ta­di­nanza, do­nan­dolo a chi è sprov­vi­sto di mezzi.
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Con­fe­renze nelle scuole e in­con­tri con gli stranieri
Il Co­mune di Lecco si fac­cia pro­mo­tore e or­ga­niz­za­tore di un ci­clo di con­fe­renze da te­nersi nelle scuole della città, che ri­prenda i temi so­pra espo­sti, adat­tan­doli ai di­versi gradi di età e di pre­pa­ra­zione de­gli alunni lecchesi.
Or­ga­nizzi su que­sti temi in­con­tri con gli stra­nieri, per fa­vo­rirne l’integrazione culturale.

Nel me­dio-lungo pe­riodo – Lecco cen­tro na­zio­nale della cultura

Il Co­mune di Lecco si fac­cia pro­mo­tore e or­ga­niz­za­tore di un pro­gramma va­sto, in grado di po­si­zio­nare Lecco ai primi li­velli della realtà na­zio­nale. Il pro­gramma, alla cui de­fi­ni­zione de­vono es­sere chia­mati cit­ta­dini e stu­diosi ita­liani e stra­nieri, po­trebbe es­sere ar­ti­co­lato su due grandi aree tematiche:
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Nel nome di Ales­san­dro Man­zoni: La pa­rola come ele­mento edu­ca­tivo – Il va­lore ci­vile della poe­sia – Le nuove forme della co­mu­ni­ca­zione – Il va­lore per­ma­nente delle ga­ran­zie giu­ri­di­che – Il va­lore edu­ca­tivo della storia.
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Nel nome di An­to­nio Stop­pani: Le scienze della na­tura. Le nuove stra­te­gie ener­ge­ti­che. La ge­stione in­no­va­tiva del ter­ri­to­rio. Scienza ed etica. Il ruolo dell’uomo nella no­stra era. Il va­lore edu­ca­tivo della scienza.

È una pro­po­sta che lan­ciamo nel 125º an­ni­ver­sa­rio del Mo­nu­mento ad Ales­san­dro Man­zoni, per co­struire, a par­tire da esso, un più con­sa­pe­vole e au­dace fu­turo per la città di Lecco.

Il Comune si impegni.
Gli uomini di buona volontà non mancheranno, oggi come ieri.

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