Osservazioni critiche sulla adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola». Un film di Pino Farinotti. Regia di Andrea Bellati. Scritto da Angelo Stella e Pino Farinotti. Prodotto dal Centro Nazionale Studi Manzoniani, con il contributo di Fondazione Cariplo.
Parlato del docu-film – I numeri tra [parentesi] si riferiscono ai fotogrammi sopra riportati.
Farinotti: [1] e [2] «Nei molti anni in cui Manzoni visse qui, questa casa era molto frequentata […] soprattutto da persone che venivano da lontano, da tutta Europa. Un inglese, William Gladstone, che fu primo ministro, cinque volte. Era un uomo di assoluto rigore. Piaceva a uno come Alessandro Manzoni. I due ebbero un rapporto epistolare intenso. E lui venne qui nel 1856.»
Farinotti: [3] e [4] «Nella casa di Via Morone venne anche John Henry Newmann. Era un religioso e filosofo inglese, un anglicano che si convertì al cattolicesimo. Divenne cardinale e beato. Col Manzoni aveva dunque in comune la conversione. Oltre ad altre affinità di spirito e di cultura.»
Nostre osservazioni – 1. Gladstone.
Intanto qualche precisazione di fatto. Gladstone (1809-1898) fu Primo ministro 4 volte (non 5): 1868-1874 / 1880-1885 / 1886 / 1892-1894. Alla prima nomina a Primo Ministro aveva 59 anni.
Vide Manzoni (per la prima e ultima volta) a Brusuglio nel settembre 1838 (non nel 1856), quando aveva 29 anni (per alcuni mesi del 1835 era stato Sottosegretario di Stato per la Guerra e le Colonie). Nel 1838 (quando incontrò Manzoni) non ricopriva cariche governative, che avrebbe assunto esattamente 30 anni dopo.
Non ebbe con Manzoni un “rapporto epistolare intenso” né per quantità né per contenuti. Della corrispondenza tra i due abbiamo quattro lettere:
1. Gladstone a Manzoni (30-07-1840), raccomandandogli l’amico G.R. Hope, in Italia per ragioni di salute.
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2. Manzoni a Gladstone (5-05-1845), per raccomandargli l’amico barone Trechi, diretto a Londra.
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3. Gladstone a Manzoni (16-07-1845), dispiaciuto di non avuto molte occasioni per vedere Trechi e presentandogli brevemente la figura di Newmann, neo convertito al cattolicesimo.
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4. Quindici anni dopo – ultima lettera – ancora Gladstone a Manzoni (da Torino, 4-03-1859), dispiaciuto di non potere passare da Milano per rivederlo.
Quindi tra i due vi fu un rapporto molto superficiale e possiamo presumere di non grande sintonia.
Negli anni successivi all’incontro con Manzoni, Gladstone mutò di idee ma nel 1838 era ancora a favore della schiavitù (suo padre aveva piantagioni con 1.600 schiavi neri – la legge di abolizione entrò in vigore subito dopo) e contrario alla legislazione sul lavoro salariato.
Su queste basi il dialogo con Manzoni non dovette svilupparsi molto. Contrarissimo alla schiavitù, come gli amici “ideologi” di Parigi e il clero costituzionalista (Grégoire e Degola), Manzoni su certe cose sapeva essere molto incisivo.
Gladstone conosceva l’opera di Manzoni (studiata da alcuni anni negli ambienti anglicani inglesi) e aveva appena consegnato alle stampe un libro (uscito nel dicembre del 1838) intitolato «The state in its relations with the church» all’origine del quale era la questione se lo Stato inglese dovesse o meno sovvenzionare le religioni non anglicane (Gladstone sosteneva che no).
Nel giugno dello stesso anno aveva tradotto in inglese il «5 Maggio» (venne però stampato nel 1861 e di ciò cui non risulta traccia nel suo resoconto del colloquio con Manzoni).
Fra i due il colloquio (durò un’ora e mezza, Gladstone conosceva abbastanza bene l’italiano), si sviluppò sui temi relativi ai rapporti tra le componenti del mondo cristiano. Le cui divisioni (secondo Manzoni) erano alla base dello sviluppo delle tendenze irreligiose: l’unità del mondo cristiano poteva venire solo dal riconoscimento del magistero unico del Papa, cosa su cui l’anglicano Gladstone non poteva convenire.
I due, rimasti ognuno sulle proprie posizioni, si salutarono promettendosi reciproche e bene auguranti preghiere.
Gladstone riassunse i temi del colloquio in una fitta pagina del suo Diario. Non si sentirono più, se non per quei due obblighi di relazione personale che abbiamo ricordato nella scarna corrispondenza.
Nostre osservazioni 2 – Newmann.
Per John Henry Newmann, arruolato dal docu-film del CNSM come “visitatore” di casa Manzoni, il commento è molto più breve.
Lo stesso Newmann nelle sue lettere dice chiaro e tondo che, nel suo viaggio a Milano nell’autunno del 1846 (era diretto a Roma per l’ordinazione a sacerdote), NON incontrò né Rosmini, né Manzoni. Nonostante si fosse fatto raccomandare da comuni conoscenti per poterli incontrare.
Rosmini si scusava ma “non aveva trovato un interprete”. Manzoni si scusava ma “si trovava in vacanza a Lesa” – in compenso gli fece avere un cesto di mele.
Newmann ci rimase male e con entrambi non cercò più di avere rapporti personali. Più tardi divenne Cardinale, fedele alla linea antirosminiana di Leone XIII.
Forse i due amici, gentili ma attenti, avevano colto qualche dissonanza e preferito fare a meno dell’incontro.
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