Osservazioni critiche sulla adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola». Un film di Pino Farinotti. Regia di Andrea Bellati. Scritto da Angelo Stella e Pino Farinotti. Prodotto dal Centro Nazionale Studi Manzoniani, con il contributo di Fondazione Cariplo.
Parlato del docu-film – I numeri tra [parentesi] si riferiscono ai fotogrammi sopra riportati.
Farinotti: [2] e [3] «Questo è l’Adda. È molto importante. Renzo è stato coinvolto dunque nei disordini di Milano. Ha parlato troppo. È stato anche arrestato. Poi è stato liberato. Però deve lasciare la città. È molto pericoloso. E allora arriva qui sull’Adda. Deve passare dall’altra parte. Perché dall’altra parte c’è Venezia, non ci sono più gli Spagnoli. Vede un uomo su una barca. Gli fa un cenno. Quello si avvicina. Renzo gli chiede: “potete portarmi dall’altra parte?” L’altro accetta. Lo porta dall’altra parte, finalmente. E Renzo ha un urlo liberatorio: “Viva San Marco”!»
Nostre osservazioni – 1º. La sintassi di Farinotti ci pare zoppicante. Rileggiamo la sua frase: «È stato anche arrestato. Poi è stato liberato. Però deve lasciare la città.» Se non si dice “da chi” Renzo è stato liberato, il periodo appare privo di senso.
Certo, Renzo “è stato liberato”, ma dalla folla minacciosa (Manzoni: «alle grida si aggiunsero gli urtoni»), la quale ha messo in fuga i birri. E quindi deve lasciare la città. Certo, quando si parla può accadere di essere imprecisi. Ma “questa” imprecisione a nostro avviso è sintomo di attenzione discontinua sul proprio docu-film da parte del Centro Nazionale Studi Manzoniani.
2º. Il racconto di Farinotti sul passaggio dell’Adda da parte di Renzo è preceduto e seguito dalle immagini da [1] a [4]. Da esse lo spettatore potrebbe arguire che Renzo ha attraversato l’Adda più o meno in quel tratto del fiume.
Farinotti tace sul “dove” egli si trovi e dice solo “qui sull’Adda” (che è lungo 315 chilometri). Nonostante ciò – con molta, molta buona volontà – queste immagini potrebbero essere prese per una forma di contestualizzazione geo-topografica del romanzo, seppur grossolana. Ma è corretto questo suggerimento solo visivo del CNSM?
Purtroppo no. Proprio al contrario, il docu-film trasmette un’informazione che non è corretta, come è facilmente verificabile.
Farinotti ne tace ma Manzoni indicò il paese di Trezzo come l’abitato presso cui Renzo attraversò l’Adda. Non a caso (e a ragione) sul campanile della Parrocchia di San Gervaso e Protaso di Trezzo sull’Adda è posta una targa che riporta le parole del Capitolo XVII: «[…] sentiva in quel vasto silenzio rimbombare i tocchi d’un orologio: m’immagino che dovesse essere quello di Trezzo […]».
Si sa che Manzoni conosceva perfettamente quei luoghi, perché contigui a Gessate (lì aveva la villa suo zio Giulio Beccaria, dove Alessandro soggiornava spessissimo come ospite). Il gran camminatore Manzoni conosceva perfettamente quei luoghi. E dalle sue ricerche storiche sapeva perfettamente che la più comoda (per Renzo) “chiatta di Canonica” portava ancora in terra milanese e non di San Marco. Manzoni indicò quindi a ragion veduta Trezzo, perché lì l’Adda faceva da confine.
Le immagini indicate dal docu-film del CNSM indicano però altro e NON appartengono affatto alle vicinanze di Trezzo sull’Adda. Riguardano invece il punto di partenza/attracco del cosiddetto “traghetto di Leonardo” del paese di Imbersago. Che si trova certo sull’Adda ma alla bella distanza di 15 chilometri da Trezzo. Il docu-film del CNSM fornisce quindi allo spettatore una informazione non corretta. Criticabile anche per un altro aspetto.
Il lettore de «I Promessi Sposi” ricorderà che Renzo, avvicinandosi all’Adda, aveva visto «il vasto piano, sparso di paesi, e al di là i colli, e sur uno di quelli una gran macchia biancastra, che gli parve dover essere una città, Bergamo sicuramente.»
Non bisogna essere cartografi per sapere che da Imbersago non si può vedere la città di Bergamo, essendo la vista impedita dalla collina di Sotto il Monte, il paese che diede i natali a Papa Giovanni XXIII (un grazie al responsabile della Pro Loco di Imbersago per la cortese collaborazione).
Solo per inciso: ricordiamo che il docu-film del CNSM non si propone come opera di fantasia o di invenzione.
Si pone cioè come insieme di “documenti” presentati attraverso l’impiego di immagini (fisse o in movimento), suoni (voci, musiche) e rumori.
In cui quindi è certo consentito il ricorso a tecniche che possono consentire una certa “manipolazione” emotiva dello spettatore ma in cui, secondo chi scrive, non è ammessa l’alterazione dei dati di fatto.
Quando ciò si verifica, non si è più nell’ambito della “documentaristica” ma della fantasia.
Che è cosa diversa dalla storia e dalla memoria biografica.
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