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Note cri­ti­che a: «Viag­gio nel mondo dei Pro­messi Sposi» – 7 aprile 2018 – RAI3/Alberto Angela

18 giu­gno 2018
Let­tera aperta ad Al­berto An­gela – Quinto approfondimento

Quanto se­gue è uno de­gli otto al­le­gati della «Let­tera aperta ad Al­berto An­gela» di com­mento alla tra­smis­sione «Viag­gio nel mondo dei Pro­messi Sposi» an­data in onda il 7 aprile 2018 – RAI3, 21:30.
I col­le­ga­menti alle al­tre parti della let­tera sono ri­por­tati al piede di que­sta pa­gina o nel menù prin­ci­pale in testata.

La “vera storia” della Monaca di Monza, raccontata da RAI3-Angela?

Il nulla dietro una confusa cronachina tinta di rosa.

Cancellata la riflessione di Manzoni sul circolo annichilente — violenza subita / violenza data.

In compenso solo pavidi accenni all’aspro — ma storico — risvolto “erotico-criminale” della vicenda. 

PREMESSA

L’approfondimento di RAI3-ANGELA sulla vi­cenda della Mo­naca di Monza, è da trat­tare in parti distinte.

In esso con­flui­scono in­fatti ele­menti dif­fe­ren­ziati, tutti im­por­tanti per la com­pren­sione del ro­manzo, di Man­zoni, del Seicento.

Ma an­che per con­sta­tare — pur­troppo — la scarsa at­ten­zione con cui la tra­smis­sione RAI3-ANGELA ha pre­sen­tato un ar­go­mento com­plesso, molto at­trat­tivo per il pub­blico ita­liano sen­si­bile a tutto ciò che si ri­fe­ri­sca al cattolicesimo.

E di come sia evi­den­te­mente al di là delle ca­pa­cità cul­tu­rali della tra­smis­sione af­fron­tare con la do­vuta at­ten­zione il pro­blema ana­liz­zato da Man­zoni at­tra­verso la vi­cenda “Si­gnora di Monza”.

Os­sia la ca­rat­te­ri­stica ca­pa­cità della vio­lenza — vera pe­ste psi­chica — di au­toa­li­men­tarsi: chi ha su­bìto vio­lenza sarà por­tato a in­flig­gere vio­lenza.

Per in­ter­rom­pere que­sto tipo di con­ta­gio è ne­ces­sa­rio un im­pe­gno si­ste­ma­tico e su più fronti. Ma nella tra­smis­sione di RAI3-ANGELA tutto ciò non viene nep­pure immaginato.

[28.51] ALBERTO ANGELA: «La mo­naca di Monza è cer­ta­mente uno di per­so­naggi che più si im­prime nella me­mo­ria di chi legge. Per­ché è un per­so­nag­gio av­volto in una at­mo­sfera par­ti­co­lare, mor­bosa, tra­sgres­siva. Però per que­sto per­so­nag­gio Man­zoni si è do­cu­men­tato ac­cu­ra­ta­mente. Prende ap­punti, scrive pa­gine su pa­gine e svi­luppa una sto­ria ad­di­rit­tura in sei ca­pi­toli. Que­sto in Fermo e Lu­cia, la prima ver­sione dei Pro­messi Sposi. Ma poi per pu­dore o forse per­ché ri­schia di di­va­gare troppo, ta­glia ogni det­ta­glio e ri­solve tutto in una frase che molti ri­cor­dano: “La sven­tu­rata ri­spose”. Ora la mo­naca, cioè, non la­scia ca­dere le avan­ces del suo se­dut­tore. Ma cosa si na­sconde die­tro a quella frase? Qual è la vera sto­ria della mo­naca di Monza?»

In que­sta tra­smis­sione quella che sem­bra una at­ti­tu­dine di Al­berto An­gela a porsi con sin­ce­rità di fronte ai pro­blemi, si ma­ni­fe­sta spesso sotto forma di una im­pres­sio­nante non co­no­scenza del tema che espone.

Ci di­cono che sia più o meno ine­vi­ta­bile in un con­dut­tore che salta da un ar­go­mento all’altro per de­cine di tra­smis­sioni all’anno. Dis­sen­tiamo: nes­suno ob­bliga An­gela a pre­sen­tare al pub­blico ar­go­menti sui quali ha una in­fa­ri­na­tura spesso nep­pure nella me­dia: fac­cia meno ma me­glio, come ci aveva abi­tuati anni fa in aree della cul­tura più vi­cine alla sua for­ma­zione di na­tu­ra­li­sta e di sto­rico della vita della Terra.

Nel corso di que­sta tra­smis­sione, per esem­pio (ri­leg­gete le pa­role che ab­biamo so­pra ri­por­tato), An­gela pre­senta il co­sid­detto “Fermo e Lu­cia” come “la prima edi­zione” de “I Pro­messi Sposi”.

Il primo foglio della prima stesura del romanzo, rimasta manoscritta (1821).

La copertina della prima edizione de “I Promessi Sposi” (1827, la copertina venne stampata nel 1826).

La copertina della seconda e ultima edizione de “I Promessi Sposi – Storia della Colonna Infame” (1840).

Non com­pren­diamo da dove e da chi An­gela ab­bia preso que­sta idea bal­zana. Ve­diamo di met­tere in­sieme al­cune ba­nali verità.

Ciò che An­gela chiama “prima edi­zione” de “I Pro­messi Sposi” sono i circa 800 fo­gli ma­no­scritti, ver­gati da Man­zoni tra il 1821 e 1823 come prima bozza del ro­manzo. Al­cune parti di que­sta prima ste­sura sono state uti­liz­zate da Man­zoni per la prima edi­zione – que­sta sì! – de “I Pro­messi Sposi”, uscita tra il 1825 e il 1827 e chia­mata con­ven­zio­nal­mente la “Ven­ti­set­tana”. Ma molte parti sono state mo­di­fi­cate an­che radicalmente.

Quei ma­no­scritti ven­nero letti solo da un ri­stretto gruppo di amici di Man­zoni, i quali vi ap­por­ta­rono os­ser­va­zioni e an­che pro­prie re­da­zioni (da Man­zoni in parte ac­cet­tate, al­tre ri­fiu­tate). E ri­ma­sero tra le carte di Man­zoni per tutta la sua lunga vita senza che nes­suno le ve­desse e nep­pure ne so­spet­tasse l’esistenza.

Solo nel 1905 (a quarant’anni dalla morte dello scrit­tore) quei ma­no­scritti ven­nero ana­liz­zati, tra­scritti, in­ter­pre­tati, se­condo le pro­prie ca­pa­cità e obiet­tivi, da Gio­vanni Sforza che li pub­blicò con Hoe­pli sotto il ti­tolo “Brani ine­diti dei Pro­messi Sposi”.
Gli stessi ma­no­scritti ven­nero poi ri­presi, rior­ga­niz­zati e pub­bli­cati nel 1915 da Giu­seppe Le­sca, col ti­tolo “Gli sposi pro­messi”.
Solo nel 1954, a cura di Al­berto Chiari e Fau­sto Ghi­sal­berti, que­gli stessi ma­no­scritti, na­tu­ral­mente vi­sti e or­ga­niz­zati con più pro­fonda ca­pa­cità fi­lo­lo­gica, ven­nero pub­bli­cati col ti­tolo «Fermo e Lu­cia – Prima com­po­si­zione del 1821-1823 / Ap­pen­dice Sto­rica su la Co­lonna In­fame – primo ab­bozzo del 1823».

Da quel 1954 quei ma­no­scritti di Man­zoni del 1821-23 sono con­ven­zio­nal­mente chia­mati “Fermo e Lu­cia” e oggi in li­bre­ria sono pre­sen­tati in vo­lume. Pos­sono così sem­brare a chi non co­no­sce la vi­cenda come un “al­tro” ro­manzo di Man­zoni o – ap­punto – come la sua “prima edi­zione”. Ma non è così.

Pro­prio come non sono la tra­smis­sione di An­gela, cui il te­le­spet­ta­tore as­si­ste il sa­bato sera, le molte gior­nate di di­scus­sioni, scrit­ture, re­vi­sioni, prove, ri­fa­ci­menti, ta­gli, ag­giunte e ri­pen­sa­menti che stanno die­tro alle due ore della tra­smis­sione real­mente an­data in onda.

In molte sue parti que­sta prima ste­sura di Man­zoni è per­fet­ta­mente de­fi­nita sul piano let­te­ra­rio. Ed è uti­lis­sima per com­pren­dere il pro­cesso at­tra­verso cui Man­zoni giunse a scri­vere uno dei ro­manzi fon­danti della let­te­ra­tura ita­liana e mon­diale. Ma chi la vuole pre­sen­tare come una “prima edi­zione” di quel ro­manzo stesso fa, nella mi­gliore delle ipo­tesi, opera di disinformazione.

Per­ché è op­por­tuno dire con chia­rezza che tra quella prima ste­sura e il ro­manzo come lo pub­blicò Man­zoni — os­sia per come Man­zoni volle che fosse co­no­sciuto — vi sono dif­fe­renze molto ri­le­vanti sul piano dei con­te­nuti.
In quella prima ste­sura Man­zoni aveva in­se­rito, e an­che molto svi­lup­pato, si­tua­zioni, idee e sug­ge­stioni che poi de­cise di NON pre­sen­tare al let­tore.

Tra que­sti temi che Man­zoni de­cise di NON pre­sen­tare al pub­blico vi è tutta la parte “ero­tico-cri­mi­nale” della vi­cenda della “Si­gnora di Monza”.

Nella prima ste­sura Man­zoni aveva pen­sato si po­tes­sero te­nere in­sieme le sue ri­fles­sioni sulla vio­lenza all’interno della fa­mi­glia e uno spac­cato crudo e ve­ri­tiero della so­cietà secentesca.

Nel pub­bli­care “I Pro­messi Sposi” aveva in­vece com­preso che la vi­cenda di una bella mo­naca che con­duce per anni in un con­vento di clau­sura una gio­stra di sesso di gruppo, con un aborto, una na­scita clan­de­stina, due uc­cisi per strada, una suora as­sas­si­nata nella sua cella, com­plice un gio­va­notto ricco, bello, ai­tante e spa­dac­cino pro­vetto, avrebbe sep­pel­lito ogni sua con­si­de­ra­zione etica, e con­dan­nato il ro­manzo forse a una fiam­mata di no­to­rietà ma cer­ta­mente alla ra­pida scom­parsa, come i tanti pol­pet­toni ot­to­cen­te­schi di cui oggi nes­suno ri­corda più nep­pure il nome.

Fa quasi te­ne­rezza An­gela quando dice: «Ma poi per pu­dore o forse per­ché ri­schia di di­va­gare troppo, ta­glia ogni det­ta­glio e ri­solve tutto in una frase che molti ri­cor­dano: «La sven­tu­rata rispose».

Ma via! Ma An­gela e i suoi con­su­lenti hanno mai com­pa­rato quei primi ap­punti e “I Pro­messi Sposi”?
Non si sono ac­corti che Man­zoni ne “I Pro­messi Sposi” ha ta­gliato de­ci­sa­mente la parte “ero­tico-cri­mi­nale” della vi­cenda men­tre ha la­sciato pres­so­ché in­va­riata tutta la parte re­la­tiva alla vio­lenza psi­co­lo­gica cui viene sot­to­po­sta la gio­vane Gel­trude da parte del padre?

Non si sono ac­corti che la de­nun­cia della coar­ta­zione di una ado­le­scente da parte della sua fa­mi­glia e della so­cietà (la­sciata quasi in­va­riata da Man­zoni in quei primi ap­punti e nel ro­manzo pub­bli­cato) è in­fi­ni­ta­mente più “forte” e “scan­da­losa” del mo­strare l’irrequietezza sen­suale, ri­bel­li­stica e an­che cri­mi­nale di adulti, alla fine pa­droni della pro­pria vita?

Man­zoni fece una scelta pre­cisa, e de­cise di la­sciare allo stato di ma­no­scritto tante belle tro­vate let­te­ra­rie (an­che molto in­te­res­santi per tanti aspetti) ma di­sto­ni­che ri­spetto al suo obiet­tivo principale.

RAI3-ANGELA hanno in­vece scelto di pro­porci lo ”scarto” di Man­zoni. Va be­nis­simo.
Ma al­lora si sa­rebbe do­vuto: prima di tutto di­chia­rarlo (per non creare con­fu­sioni in chi non ha ben pre­senti que­ste te­ma­ti­che) e, in se­condo luogo, farlo con la do­vuta com­ple­tezza e ap­pro­fon­di­mento, per­ché an­che la rap­pre­sen­ta­zione di com­por­ta­menti ne­ga­tivi po­tesse al­meno fa­vo­rire la con­sa­pe­vo­lezza cri­tica del telespettatore.

RAI3-ANGELA avreb­bero do­vuto cioè an­dare di­ret­ta­mente alla fonte del ver­sante “ero­tico-cri­mi­nale”, os­sia alle carte del pro­cesso con­dotto nel 1608 con­tro Suor Vir­gi­nia, Osio, le Suore del qua­dran­golo ero­tico e un sa­cer­dote por­no­grafo, che tenta di se­durre Suor Vir­gi­nia ma poi passa ad al­tra Suora e la fa sua com­plice in atti osceni nel par­la­to­rio del con­vento, at­tra­verso la grata che di­vide le mo­na­che in clau­sura dal mondo.

Ma RAI3-ANGELA non sono stati in grado nep­pure di con­ce­pire una si­mile ope­ra­zione di ri­co­stru­zione sto­rica (sono tutti fatti pur­troppo ve­ris­simi) e si sono fer­mati spa­ven­tati, ri­ma­nendo con un piede den­tro e uno fuori dalla scena della con­fu­sione di menti e ruoli. Ne di­cono qual­co­sina ma tac­ciono quasi tutto, ter­ro­riz­zati dall’idea di fi­nire nel tri­ta­carne delle ine­vi­ta­bili rea­zioni del mondo cattolico.

Il let­tore avrà com­preso che que­sto “ap­pro­fon­di­mento” di RAI3-ANGELA non ci è pro­prio pia­ciuto. Ma dal mo­mento che ci siamo po­sti l’obiettivo di fare una ana­lisi il più pos­si­bile og­get­tiva della tra­smis­sione, al­lora an­diamo avanti.

[29:50] VOCE FUORI CAMPO: «La no­stra in­da­gine sulla Mo­naca di Monza parte dall’Archivio di Stato di Mi­lano, dove il pas­sato e il pre­sente della sto­ria è rac­chiuso in un la­bi­rinto di cor­ri­doi, un per­corso nei se­coli alla ri­cerca di do­cu­menti che po­tranno far luce sulla sto­ria della Mo­naca Ma­rianna de Leyva, al se­colo Suor Vir­gi­nia detta la Si­gnora di Monza.
Ab­biamo ri­per­corso i luo­ghi at­tra­verso il Ca­ta­sto Te­re­siano per ca­pire cosa è ri­ma­sto oggi di an­ti­chi pa­lazzi, con­venti e luo­ghi di pri­gio­nia dell’epoca

Il let­tore si fissi que­ste pa­role. Ci par­lano di una “no­stra in­da­gine sulla Mo­naca di Monza” svolta ne­gli Ar­chivi di Stato di Mi­lano e at­tra­verso il mi­tico Ca­ta­sto Teresiano.

Sen­tendo que­ste pa­role lo spet­ta­tore si fa ne­ces­sa­ria­mente molto at­tento: si aspetta che la RAI, la più grande azienda cul­tu­rale del paese, stia per ren­derlo par­te­cipe di no­ti­zie e do­cu­menti (che egli im­ma­gina ine­diti) riguardanti:

a. “pa­lazzi, con­venti, e luo­ghi di pri­gio­nia” (evi­den­te­mente mai vi­sti prima, pensa il te­le­spet­ta­tore), e in più …

b. no­vità sulla vi­cenda, de­sunte da “do­cu­menti che po­tranno far luce sulla sto­ria” (quella vera, si in­tende, con nomi e co­gnomi veri, e fatti comprovati).

Come però av­viene al­tre volte nella tra­smis­sione, alle grandi pro­messe se­guono pic­coli fatti. Per esem­pio – e solo per ri­cor­darne una – della pro­messa di “do­cu­menti” si perde ogni traccia.

E an­che della “STORIA”, quella con la “S” ma­iu­scola, viene detto po­chino. Anzi, salvo tre date spa­rate all’inizio (ma una è sba­gliata), si ha l’impressione che a un certo punto a sce­neg­gia­tori e con­su­lenti sia man­cata la vo­glia o la ca­pa­cità di darci uno squar­cio vivo e istrut­tivo del pri­mis­simo Sei­cento, il tea­ser per­ma­nente della trasmissione.

E quindi, alla fine, dopo la pro­messa al­ti­so­nante di “far luce sulla sto­ria”, RAI3-ANGELA hanno fi­nito per pro­porci in lun­ghi otto mi­nuti una cro­na­china con­fusa e ri­si­bile della parte “ero­tico-cri­mi­nale” della vi­cenda (da cui, lo ab­biamo vi­sto, Man­zoni si tenne ac­cu­ra­ta­mente lon­tano) che, ol­tre a pac­chiani stra­fal­cioni è in­com­pren­si­bil­mente em­pa­tica della li­nea di­fen­siva adot­tata dalla “Si­gnora”, la cui in­con­si­stenza emerge con chia­rezza da­gli atti del processo.

E sì! per­ché di quel pro­cesso da 150 anni sono ben noti tutti gli atti e i ver­bali di interrogatorio.

RAI3-ANGELA non ne di­cono as­so­lu­ta­mente nulla, e così il te­le­spet­ta­tore è por­tato a ri­te­nere che quanto gli sta pro­po­nendo la tra­smis­sione sia il frutto della “ri­cerca” an­nun­ciata in aper­tura di episodio.

Da­gli “Atti del pro­cesso” emerge con chia­rezza la piena re­spon­sa­bi­lità della Si­gnora. Non solo nella vio­la­zione delle leggi ec­cle­sia­sti­che (è un’area da cui i più sono lon­tani) ma an­che e so­prat­tutto nel ri­svolto cri­mi­nale della vi­cenda (che in­vece in­te­ressa la sen­si­bi­lità ci­vile di tutti).

Lo può ve­ri­fi­care chiun­que leg­gendo il fa­sci­colo pro­ces­suale, com­pren­sivo di ver­bali di in­ter­ro­ga­tori e sen­tenze, che è stato pub­bli­cato già 150 anni fa, ma che nel 1985 è stato ri­pro­po­sto da Gar­zanti in utile edi­zione cri­tica, a cura del Cen­tro Na­zio­nale Studi Man­zo­niani. Ne sug­ge­riamo la let­tura per­ché è un raro do­cu­mento sul no­stro pas­sato, molto utile a com­pren­dere il no­stro presente.

È an­che op­por­tuno dire che fin dai primi anni del Sei­cento que­sti “Atti del pro­cesso“ sono cu­sto­diti con cura e ri­gore dalla ge­rar­chia ec­cle­sia­stica, in par­ti­co­lare dall’Archivio Dio­ce­sano di Mi­lano (nel se­colo scorso si deve al Car­di­nal Mon­tini il con­senso alla sua pre­sen­ta­zione al pub­blico da parte di Ma­rio Maz­zuc­chelli, di cui par­le­remo più sotto).

Ma tor­niamo alla tra­smis­sione.
Dopo un pe­ren­to­rio «Ma chi era Ma­rianna de Leyva? Cosa si na­scon­deva die­tro quel con­vento di clau­sura di Monza all’inizio del 1600?» a sot­to­li­neare il ca­rat­tere “se­rio” della “in­da­gine”, si passa ai fatti.

Errori, deformazioni biografiche, fantasie topografiche.

[30:33] VOCE FUORI CAMPO: «Ma­rianna na­sce nel 1573 a Mi­lano.
Ri­ma­sta or­fana di ma­dre in te­nera età, sem­brava su­bito de­sti­nata al con­vento. Per­sino i gio­cat­toli che ri­ce­veva in dono erano bam­bole ve­stite da suora.»

Er­rore – Mai ab­biamo vi­sto ri­por­tare quel “1573” come data di na­scita di Ma­rianna de Leyva. Si sa con cer­tezza che il ma­tri­mo­nio tra la ma­dre e il pa­dre della fu­tura mo­naca fu ce­le­brato il 22 di­cem­bre 1574: è ab­ba­stanza im­pro­ba­bile che la loro fi­glia fosse nata un anno prima del ma­tri­mo­nio.
Come data di na­scita della Si­gnora di Monza, gli stu­diosi pro­pen­dono per il di­cem­bre 1575.

Fan­ta­siaRAI3-ANGELA igno­rano ben noti dati bio­gra­fici della fu­tura Mo­naca. Il 26 giu­gno 1586, in ve­ste di tu­tore (la ma­dre era morta nel 1577) il pa­dre Don Mar­tino scrive al Re di Spa­gna chie­dendo venga as­se­gnata una dote per la fi­glia Ma­rianna, per­ché essa ne possa usare per il ma­tri­mo­nio ap­pena rag­giunta l’età con­sen­tita (ASmi, da Pac­ca­gnini, 1985).

Quindi, quando Ma­rianna aveva 11 anni, il pa­dre pen­sava per lei an­cora a un “nor­male” fu­turo ma­tri­mo­niale.
La de­ci­sione di fare della fi­glia una mo­naca è suc­ces­siva, a se­guito di un nuovo ma­tri­mo­nio, con­tratto da Don Mar­tino in Spa­gna, tra il 1587 e il 1588, e della na­scita di al­tri fi­gli (ma­schi per di più).

La tra­smis­sione su­pera poi d’un sol balzo la pe­nosa vio­lenza psi­co­lo­gica cui la gio­vane Ma­rianna fu sot­to­po­sta in fa­mi­glia e che co­sti­tui­sce in­vece il cuore delle ri­fles­sioni di Manzoni.

Come è noto l’autore de “I Pro­messi Sposi” de­dicò alla de­scri­zione del come Ma­rianna venne “co­stretta” a farsi mo­naca ben cin­quanta pa­gine del suo ro­manzo, a te­sti­mo­nianza dell’importanza sim­bo­lica che egli vi at­tri­buiva: la vio­lenza, an­che — e so­prat­tutto — quella si­len­ziosa che av­viene in fa­mi­glia, ha un’importanza de­ter­mi­nante nella for­ma­zione della per­so­na­lità: chi è stato vit­tima della vio­lenza ten­derà a eser­ci­tarla su al­tri, più de­boli di lui.

Di tutto ciò nep­pure una pa­rola da parte di RAI3-ANGELA, più at­tratti evi­den­te­mente dal lato “de­viante” della Mo­naca già adulta.
E per scal­dare il te­le­spet­ta­tore, la tra­smis­sione fa una pun­ta­tina an­che nella to­po­gra­fia della Monza di oggi, col­le­gan­dola a quella di quat­tro se­coli fa.

[31:11] VOCE FUORI CAMPO: «An­cora oggi tro­viamo Via della Si­gnora e quel fa­moso muro di di­vi­sione con la casa di Gio­vanni Paolo Osio, l’amore proi­bito e sof­ferto di Ma­rianna».
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A so­ste­gno, viene mo­strato al te­le­spet­ta­tore l’attuale bel muro giallo caldo (che fian­cheg­gia un tratto della lunga e zig­za­gante “Via della Si­gnora”) che sfuma poi in quello che si vuole in­ten­dere sia il me­de­simo muro quat­tro­cento anni fa: con tanto di mo­naca che si reca fur­tiva all’incontro con l’amato, ca­vallo par­cheg­giato, torre/campanile sullo sfondo.

Il re­gi­sta vo­leva certo mo­strare un “come è adesso / come era prima” per­ché lo spet­ta­tore en­trasse nell’atmosfera giu­sta. Ma la cosa è stata con­dotta in modo così ir­ri­spet­toso della realtà sto­rica e an­che del sem­plice buon senso da sug­ge­rire una messa a punto.

Non tema il let­tore: non siamo mossi da acri­bia to­po­gra­fica. In realtà, il cer­care di mo­strare come case e cose do­ves­sero es­sere all’epoca di svol­gi­mento dei fatti, non è così ba­nale come può ap­pa­rire a prima vi­sta. E ciò per al­meno per due motivi.

Primo. Da molti com­men­ta­tori è stato no­tato come la di­spo­si­zione della casa di Osio/Egidio ri­spetto al con­vento di Santa Mar­ghe­rita ren­desse quasi ine­vi­ta­bile il di­pa­narsi della vi­cenda amo­rosa.
E in ef­fetti è fa­cile con­cor­dare che pro­prio con­ti­guità e giu­stap­po­si­zione di muri, tetti, fi­ne­stre e bal­coni po­tes­sero es­sere prima in­vi­tanti oc­ca­sioni per la co­no­scenza tra i due gio­vani e poi stru­menti per il di­spie­garsi della passione.

Se­condo. Il let­tore che co­no­sca l’intera vi­cenda sa che, vi­sta sco­perta la ca­tena dei pro­pri de­litti, di fronte al Car­di­nale Bor­ro­meo Suor Vir­gi­nia (in Man­zoni Ger­trude) ha uno scatto da vera Si­gnora di Monza e gli urla in fac­cia: «sono nu­bile e li­bera di spo­sare chi vo­glio».
Non è dif­fi­cile co­gliere in que­sta frase di sfida una ine­dita e po­li­ti­ca­mente “scan­da­losa” vi­sione del rap­porto Chiesa/Nobiltà, sim­bo­leg­giata dall’unione car­nale tra gli amanti ma an­che dall’intreccio ar­chi­tet­to­nico tra il chio­stro di clau­sura della Si­gnora di Monza (già in sé una evi­dente con­trad­di­zione) e il pa­lazzo di una ca­sata, mossa da una esa­spe­rata vo­lontà di im­pu­nità di fronte alla legge del po­tere centrale.

È sotto que­sto pro­filo che può ac­qui­stare un certo in­te­resse an­che l’aspetto to­po­gra­fico della vi­cenda, al­tri­menti del tutto irrilevante.

Ma tor­niamo alla Via della Si­gnora.
Ri­pro­po­niamo la ri­presa di RAI3-ANGELA e, sotto, l’immagine del me­de­simo tratto della via ma ri­preso dalla vi­suale op­po­sta, che mo­stra sullo sfondo il cam­pa­nile dell’allora Santa Mar­ghe­rita (oggi S. Mau­ri­zio). Dall’altra no­stra im­ma­gine ap­pare chiaro che il fo­to­grafo di RAI3-ANGELA, per non ri­pren­dere il cam­pa­nile di Santa Margherita/San Mau­ri­zio, ha do­vuto vol­tar­gli le spalle (il fa­moso muro è lì evi­den­ziato in giallo) e pun­tare l’obiettivo nella di­re­zione opposta.

Vi chie­de­rete: per­ché RAI3-ANGELA avreb­bero vo­luto evi­tare di mo­strare il cam­pa­nile di Santa Margherita/San Mau­ri­zio?
Non sap­piamo fran­ca­mente che ri­spon­dere.
Sta di fatto che, mo­strando il cam­pa­nile, sa­rebbe ap­parso im­me­dia­ta­mente che quel muro di Via della Si­gnora, mo­strato da RAI3-ANGELA, NON po­teva as­so­lu­ta­mente es­sere di di­vi­sione tra la casa di Osio e il Mo­na­stero di Suor Vir­gi­nia.

Configurazioni topografiche compatibili con la realtà.

Ap­pu­rato che Via della Si­gnora, mo­strata da RAI3-An­gela, non po­teva in al­cun modo se­gnare il con­fine tra casa de­gli Osio e Mo­na­stero, è pos­si­bile farsi un’idea di quale real­mente ne fosse la ri­spet­tiva di­spo­si­zione to­po­gra­fica nel 1608?

Ci pro­viamo, pur con tutte le cau­tele del caso.
In­ter­pel­lati, l’Archivio Ci­vico di Monza ha in­fatti di­chia­rato di non avere do­cu­menti che pos­sano at­te­stare al­cun­ché con cer­tezza; l’Archivio di Stato di Mi­lano ci ha fatto pre­sente che i primi map­pali di­spo­ni­bili per Monza sono parte del Ca­ta­sto Te­re­siano, che si ini­ziò a trac­ciare nel 1721 (a più di un se­colo di di­stanza dalla vicenda).

Ab­biamo quindi con­sul­tato (belle le im­ma­gini di­gi­tali messe a di­spo­si­zione del pub­blico dall’Archivio di Stato di Mi­lano) la Mappa 23 di Monza, di cui a lato mo­striamo un par­ti­co­lare re­la­tivo all’area di no­stro interesse.

La parte che ab­biamo con­tor­nato in bianco equi­vale con buona ap­pros­si­ma­zione all’area oc­cu­pata dalle case de­gli Osio, de­mo­lite dopo la con­danna a morte dell’amante della Mo­naca nel 1608.
L’area con­tor­nata in giallo in­dica la pianta del Mo­na­stero e del suo orto, se­condo quanto scritto sul Ca­ta­sto Teresiano.

Per un più fa­cile orien­ta­mento, ab­biamo ri­por­tato le de­no­mi­na­zioni at­tuali de­gli assi viari che si sono con­ser­vati pres­so­chè in­tatti nei quat­tro se­coli che ci di­vi­dono da quella vicenda.

Ap­pu­rato quello che do­veva es­sere lo spa­zio oc­cu­pato dalle case de­gli Osio, pos­siamo an­dare ol­tre e ipo­tiz­zare an­che una loro più det­ta­gliata di­spo­si­zione? An­che qui ci pro­viamo, rad­dop­piando però gli in­viti alla prudenza.

Più sotto pro­po­niamo la to­po­gra­fia at­tuale dell’area del Monastero/Casa Osio e di Via della Si­gnora (igno­riamo come al­lora ve­nisse chia­mata) con l’indicazione di come ve­ro­si­mil­mente (sot­to­li­neiamo ve­ro­si­mil­mente) do­ve­vano es­sere di­spo­sti i vari edifici.

Il com­plesso for­mato da Casa Osio / Mo­na­stero è de­sunto da un map­pale pro­po­sto da Ma­rio Maz­zuc­chelli nel suo li­bro del 1960 (La Mo­naca di Monza) nel quale ri­porta gran parte de­gli “Atti del pro­cesso” a Suor Vir­gi­nia e a Paolo Osio.

Il do­cu­mento pro­po­sto da Maz­zuc­chelli è ti­to­lato «Addì 9 marzo 1623. Mi­sura del sito in Monza che fu di Gio. Paolo Osio» ed è pre­sen­tato dall’autore come «an­tico map­pale di Monza del 1623», senza ul­te­riori in­di­ca­zioni bi­blio­gra­fi­che o ar­chi­vi­sti­che, il che sug­ge­ri­sce di con­si­de­rarlo con estrema cautela.

Presso l’Archivio di Stato di Mi­lano, gra­zie alla com­pe­tenza, pa­zienza e cor­dia­lità dei fun­zio­nari e dei ri­cer­ca­tori, ab­biamo rin­ve­nuto un map­pale da cui “po­trebbe” avere preso spunto Maz­zuc­chelli (ASmi, Atti di Go­verno, Fi­nanze e Con­fi­sche, Bu­sta 2132).

Di­ciamo “po­trebbe” per­ché ci sem­bra che, a par­tire da quello schizzo (in­se­rito in una pra­tica del 1608, re­la­tiva ai beni de­gli Osio), Maz­zuc­chelli avrebbe do­vuto la­vo­rare molto di fan­ta­sia per trarne il suo schema, che è in­vece molto pre­ciso e dettagliato.

Inol­tre il map­pale Maz­zuc­chelli, pur se­guendo nelle li­nee ge­ne­rali quanto rap­pre­sen­tato dallo schizzo della Bu­sta 2132, ne dif­fe­ri­sce in non po­chi det­ta­gli, senza ap­pa­renti ra­gioni. Ciò sem­bre­rebbe sug­ge­rire che Maz­zuc­chelli si sia ispi­rato a un al­tro do­cu­mento a noi non noto. Op­pure che ab­bia vo­luto dare una pro­pria in­ter­pre­ta­zione “to­po­gra­fica” alle de­po­si­zioni del pro­cesso, che en­trano spesso in det­ta­gli logistici.

Ciò detto per chia­rezza, pro­po­niamo al let­tore sia lo schema di Maz­zuc­chelli (i co­lori sono no­stri) sia una no­stra estra­po­la­zione rea­liz­zata so­vrap­po­nendo l’elaborazione di Maz­zuc­chelli alla realtà to­po­gra­fica attuale.

Es­sendo il Mo­na­stero di Santa Mar­ghe­rita an­dato di­strutto nel 1750, è ben vi­si­bile che l’intera area ha su­bìto vi­stose tra­sfor­ma­zioni.
I prin­ci­pali assi viari sono però ri­ma­sti pres­so­ché in­va­riati. Tra que­sti l’attuale “Via della Si­gnora”, che piace a RAI3-ANGELA ma che in nes­sun modo po­teva fare da col­le­ga­mento tra Casa Osio e il Mo­na­stero, es­sendo lon­tana da en­trambi un cento metri.

L’unica via che co­steg­giava la Casa de­gli Osio era l’attuale Via Santa Mar­ghe­rita, che ter­mina (e ter­mi­nava) sulla fac­ciata della chiesa/monastero.

Esaurita la topografia torniamo alle passioni.

Dopo la non ir­re­si­sti­bile pa­ren­tesi to­po­gra­fica, la tra­smis­sione RAI3-ANGELA pro­se­gue trat­teg­giando lo svi­luppo del rap­porto pas­sio­nale tra Suor Vir­gi­nia e Paolo Osio.

Se­gna­liamo al let­tore che, ob­bli­gati dalla oscu­rità di quanto RAI3-ANGELA pro­pon­gono ai loro due mi­lioni di te­le­spet­ta­tori, sa­remo qui co­stretti a una ana­lisi di det­ta­glio e che, per chia­rezza, di­vi­de­remo in bloc­chi lo­gici le po­che frasi de­di­cate da RAI3-ANGELA al na­scere dell’impossibile passione.

[31:13] VOCE FUORI CAMPO:
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1. 
«La loro sto­ria non fu però un clas­sico colpo di ful­mine. Vir­gi­nia un giorno si ac­corge che una sua edu­canda amo­reg­gia con il vi­cino del con­vento, l’Osio ap­punto. La ra­gazza viene su­bito al­lon­ta­nata dal mo­na­stero.
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 2. 
E Osio, ac­cu­sato di avere uc­ciso un agente fi­scale della fa­mi­glia de Leyva, pro­ba­bil­mente per ven­detta per­so­nale, fugge da Monza.
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3. 
Dopo un anno, ot­tiene la gra­zia dalla stessa Suor Vir­gi­nia e torna a casa.
Con la com­pli­cità delle mo­na­che, Osio rie­sce a in­con­trare Suor Vir­gi­nia per rin­gra­ziarla. Scop­pia l’amore fra i due.»

Come è fa­cile con­sta­tare, tra le pro­po­si­zioni 2) e 3) vi è una plau­si­bile coe­renza. A parte il ta­glio un po’ co­mico delle im­ma­gini, sulle cir­co­stanze at­tra­verso cui si ve­ri­fica que­sto “scop­pio d’amore”, il di­scorso sta in piedi: Osio è in dif­fi­coltà, è aiu­tato da Vir­gi­nia, la rin­gra­zia, scocca la scintilla.

Ma qual è il rap­porto lo­gico tra 1) e 2) che la VOCE FUORI CAMPO ci in­dica come un con­ti­nuo? Alla luce delle in­for­ma­zioni che ci dà la tra­smis­sione, tra l’amoreggiamento dell’educanda, l’intervento di Vir­gi­nia e l’omicidio dell’esattore dei Leyva, non vi è rap­porto alcuno.

E ciò che la gran parte de­gli spet­ta­tori può avere con­ser­vato dalle let­ture sco­la­sti­che di Man­zoni non aiuta per nulla.

Man­zoni in­fatti non ne parla as­so­lu­ta­mente e ne “I Pro­messi Sposi” nell’edizione de­fi­ni­tiva del 1840 (iden­tica salvo lie­vis­sime va­rianti lin­gui­sti­che ri­spetto alla prima del 1827) si li­mita a scrivere:

«Co­stui, da una sua fi­ne­strina che do­mi­nava un cor­ti­letto di quel quar­tiere, avendo ve­duta Ger­trude qual­che volta pas­sare o gi­ran­do­lar lì, per ozio, al­let­tato anzi che at­ter­rito dai pe­ri­coli e dall’empietà dell’impresa, un giorno osò ri­vol­gerle il di­scorso. La sven­tu­rata rispose.»

In Man­zoni quindi nes­sun ri­fe­ri­mento né all’amoreggiamento tra Osio/Egidio e l’educanda né al con­se­guente in­ter­vento di Virginia/Gertrude né all’allontanamento dal con­vento dell’educanda, né tanto meno all’omicidio dell’agente fi­scale e con­se­guente fuga di Osio, ecc. ecc.

È al­lora evi­dente che RAI3-ANGELA si sono ri­fatti ad al­tri do­cu­menti, per esem­pio a que­gli ”Atti del pro­cesso”, di cui già ab­biamo detto so­pra e che mai ven­gono ci­tati nella tra­smis­sione.
Ma ciò è av­ve­nuto in modo re­ti­cente e con­fuso, met­tendo in­sieme cir­co­stanze che ne­gli “Atti” ven­gono sì ri­por­tate ma con una con­se­quen­zia­lità tutta di­versa ri­spetto a ciò che la tra­smis­sione ha vo­luto pro­porre allo spettatore.

Per ri­met­tere le cose un poco in or­dine, giova al­lora an­dare a leg­gere pro­prio que­gli “Atti del pro­cesso”. In par­ti­co­lare là dove è ri­por­tato il ver­bale dell’interrogatorio a Suor Vir­gi­nia del 22 di­cem­bre 1606, con la tra­scri­zione in­te­grale delle sue di­chia­ra­zioni, rese li­be­ra­mente e senza al­cuna co­stri­zione fisica.

Alla do­manda su come “ebbe ini­zio que­sto amore [con Osio]”, Vir­gi­nia risponde:

«Il prin­ci­pio fu in que­sto modo che ha­vendo io uno Io­seph Mol­teno fi­scale in Monza et mio agente che fa­ceva li [amore] miei fatti fu ama­zato dal detto Gio. Paolo e stando per­ciò esso Gio. Paolo re­ti­rato nel suo giar­dino quale è con­ti­guo alla mu­ra­glia del detto mo­na­stero di s.ta Mar­ga­rita et ri­tro­van­domi a caso nella ca­mera di sor Can­dida Bran­co­lina vi­cina alla mia quale ha­veva una fi­ne­stra che re­spon­deva in detto giar­dino ve­den­domi lui a quella fi­ne­stra mi sa­lutò.
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Et do­poi es­sendo io an­data un’altra volta a quella fe­ne­stra, tornò sa­lu­tarmi et mi acennò di vo­lermi man­dare una let­tera et io che ero in co­lera con lui per l’homicidio su­detto e ve­den­dolo così avanti agli ochi e pa­ren­domi che stra­pa­zasse la giu­sti­tia ne feci av­vi­sato al si­gnor Carlo Pi­ro­vano, più volte, a fin­ché lo man­dasse a pi­gliare e met­terlo pre­gione [.]
Mandò sua ma­dre a pre­gar la ma­dre del mo­na­stero che vo­lesse ope­rare meco ch’io fa­cessi che detto si­gnor Carlo fa­cesse so­pra­se­dere la con­den­na­tione con­tro di lui et che [179] anco ope­rassi che gli fosse fatta la pro­te­sta e re­mis­sione [.]
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Così la ma­dre [del mo­na­stero, chia­riamo noi] me lo pregò et poi anco me lo co­mandò sotto pena dell’obedienza [;] così io scrissi al detto si­gnor Carlo che era au­di­tore di Monza che fosse con­tento di farlo il quale mi scrisse che se bene era stato pre­gato da molti ca­va­lieri et al­tri che non l’haveva vo­luto fare e che per amore mio se n’accontentava.
Et ciò in­teso dal detto Gio. Paolo dal me­de­smo giar­dino me ne rin­gra­tiò as­sai di­cendo che non mi sa­rebbe stato manco ser­vi­tore di quello mi fosse il detto Mol­teno, et che des­si­de­rava di scri­vermi una let­tera.
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Così fra al­cuni giorni es­sendo lui nel giar­dino mi mo­strò una let­tera che ha­veva in mano fa­cen­domi ceno di but­tarla come la buttò den­tro dalla mu­rada la quale è tra il suo giar­dino et la corte delle gaiine del detto no­stro mo­na­stero e mi pare che sor Ot­ta­via Rizza an­dasse per essa e me la portò e per­ché veddi che tal let­tera mi pa­reva che fosse uno poco li­cen­tiosa e che con­te­nesse in­ten­tione di fare amore la­sivo meco per ciò io gli re­scrissi fa­cen­do­gli in essa mia un gran re­buffo e mi ma­ra­vi­gliavo di lui che ha­vesse que­sto ar­dire di trat­tare con un par mio a que­sta ma­niera e che de­si­stesse che al­tri­mente [179a] gli ne ha­vrei fatto pentire. »

Ecco, così, a grandi li­nee, si svi­luppò la reale co­no­scenza tra Vir­gi­nia e Osio, come ci viene data dalla stessa pro­ta­go­ni­sta della vi­cenda.
Come vi­sto, Vir­gi­nia non pone al­cuna re­la­zione tra la vi­cenda dell’educanda amo­reg­giante con Osio e l’avvio del rap­porto di co­no­scenza tra lei stessa e Osio (che durò mesi, prima di ar­ri­vare ai “bacci e abbracciamenti”).

Vir­gi­nia pone in­vece in evi­denza la re­la­zione tra l’omicidio e il suo suc­ces­sivo ap­proc­cio e poi rap­porto con Osio.
E la re­la­zione sta nelle fun­zioni pub­bli­che che Vir­gi­nia svolge di due anni in due anni, a ro­ta­zione con i fi­gli di se­condo letto del pro­prio pa­dre. Vir­gi­nia è in­fatti Con­tessa di Monza, è cioè l’autorità mas­sima della città.

No­no­stante il suo es­sere suora di clau­sura, svolge fun­zioni per­fet­ta­mente pub­bli­che e nel par­la­to­rio del con­vento di­scute, legge, firma tutto ciò che deve es­sere letto, di­scusso e fir­mato dalla mas­sima au­to­rità di una cit­ta­dina.
E quindi può an­che dare or­dini di ar­re­sto o revocarli.

Ma su que­sto aspetto la tra­smis­sione RAI3-ANGELA nulla dice e il te­le­spet­ta­tore, che non è te­nuto a co­no­scere tutti que­sti ri­svolti, non ca­pi­sce pra­ti­ca­mente nulla di quanto sente dire da Angela.

Ma per co­min­ciare a pen­sare a come “fare luce sulla sto­ria”, è ne­ces­sa­rio an­dare an­cora un poco più in là e con­si­de­rare un in­ciso del ver­bale ap­pa­ren­te­mente in­con­gruo (lo evidenziamo).

Ri­leg­gia­molo: «ha­vendo io uno Io­seph Mol­teno fi­scale in Monza et mio agente che fa­ceva li [amore] miei fatti fu ama­zato dal detto Gio. Paolo».

Quelle pa­ren­tesi re­da­zio­nali po­ste a lato della pa­rola “amore” se­gna­lano una can­cel­la­tura: in­ter­ro­gata, Vir­gi­nia parla; il se­gre­ta­rio scrive “amore” (che poco ha a che fare con le tasse); poi Vir­gi­nia — spon­ta­nea­mente o ri­chie­sta di con­fer­mare o meno — cor­regge con “miei fatti”. Il se­gre­ta­rio can­cella la pa­rola “amore” e scrive “miei fatti”.

Ri­chia­mata l’attenzione an­che su que­sto det­ta­glio ci si po­trebbe co­min­ciare a porre la do­manda sul che cosa vi fosse die­tro l’omicidio e quali con­se­guenze que­sto portò an­che al rap­porto tra Vir­gi­nia e Osio.

Ma RAI3-ANGELA non ne ac­cen­nano nep­pure. E a no­stra volta noi qui non ag­giun­giamo nulla per­ché ci met­te­remmo un paio d’ore, con­ten­tan­doci per il mo­mento di avere po­sto una que­stione di metodo.

E il ri­chiamo alla vi­cenda della edu­canda che “amo­reg­giava” con Osio?

Que­sto ri­chiamo, che RAI3-ANGELA pon­gono come prima su­bor­di­nata, in­du­cendo il te­le­spet­ta­tore ad as­se­gnarle una grande ri­le­vanza, nella realtà (ri­spec­chiata nel ver­bale dell’interrogatorio a Suor Vir­gi­nia) non solo è po­sto pa­rec­chio lon­tano – tre pa­gine – dalle di­chia­ra­zioni di Vir­gi­nia che ab­biamo so­pra ri­por­tato ma so­prat­tutto in tutt’altro contesto.

Vir­gi­nia, a con­clu­sione del rac­conto di come si svolse il primo in­con­tro a tu per tu con Osio (dopo mesi di sguardi da lon­tano, let­tere, doni scam­biati at­tra­verso i ser­vi­tori di Osio) fa ri­fe­ri­mento al lon­tano epi­so­dio nel quale ve­ro­si­mil­mente per la prima volta essa ebbe uno scam­bio di pa­role con lui.

Pro­ba­bil­mente da una fi­ne­stra del con­vento da cui si po­teva avere la vi­suale sia sull’orto di Osio (che lì stava, ar­ram­pi­cato su un al­bero da dove lan­ciava qual­che frutto all’educanda) sia sul giar­dino del con­vento, dove stava l’educanda, ben di­visa da un bel muro dal se­dut­tore, là dove il ter­mine “amo­reg­giare” deve co­mun­que es­sere in­teso in un senso molto lon­tano dal no­stro attuale.

Ma leg­giamo dalla de­po­si­zione di Virginia:

«La su­detta Ot­ta­via Ca­te­rina la quale era mia con­fi­den­tis­sima, e sa­peva tutto quello era pas­sato con let­tere tra me e detto Osio tolse la chiave del detto par­la­to­riino e la buttò dal giar­dino delle mo­na­che per di­so­pra del muro in strada al detto Osio e così esso en­trò di notte nel detto par­la­to­riino et rag­gio­nas­simo tra di noi di cose di creanza et mi di­mandò per­dono dell’homicidio co­messo nel detto Mol­teno et mi si esibì a farmi ogni ser­vi­tio in suo scon­tro et in somma mo­strò quella mag­giore mo­de­stia che si po­tesse più immaginare.»

E im­me­dia­ta­mente di se­guito, spon­ta­nea­mente e non come ri­spo­sta a una do­manda specifica:

«Detto Gio. Paolo Osio fa­ceva l’amore con la si­gno­rina Isa­bella Or­ten­sia se­co­lare la quale era nel mo­na­stero in do­zena et ha­vendo io tro­vato che sta­vano guar­dan­dosi l’uno e l’altro alla cor­tina delle gal­line gli feci un gran re­buffo che por­tasse così poco ri­spetto al mo­na­stero mas­sime che detta gio­vane era data in mia cu­sto­dia e que­sto fu prima che mi scri­vesse le prime let­tere, et esso se n’andò via bas­sando la te­sta [180a] senza dire altro.»

Ap­pare chiaro dal con­te­sto come il ri­cordo di quel loro primo scam­bio di idee – lei se­vera a far­gli un “re­buffo”, da vera Mae­stra delle edu­cande, lui si­len­zioso e a te­sta bassa – le ve­nisse alla mente come una buffa si­tua­zione, a fronte dell’intesa se­ria e aperta del primo a tu per tu av­ve­nuto – di na­sco­sto – nel par­la­to­rio del convento.

È chiaro che sul come si svol­gesse in realtà que­sto primo in­con­tro, Vir­gi­nia dà un qua­dro edul­co­rato, coe­rente con la li­nea di­fen­siva adot­tata nel corso del pro­cesso: non ne­gare ciò che non po­teva es­sere ne­gato ma pur­gato in ogni pos­si­bile modo da ri­svolti erotici.

Dalle te­sti­mo­nianze delle suore che le te­ne­vano bor­done emerge in­fatti in modo molto espli­cito che in quell’incontro nel par­la­to­rio Vir­gi­nia ebbe il primo vero rap­porto ses­suale con Osio, dopo in­con­tri, più a meno a di­stanza, av­ve­nuti tra le due porte di in­gresso del con­vento, con le suore a lei ad­dette, sem­pre di sentinella.

Ma su que­sto non vale la pena di dir al­tro e an­diamo avanti nell’ascolto della trasmissione.

[32:04] VOCE FUORI CAMPO:
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1.   «La si­tua­zione però pre­ci­pita e Osio com­mette an­che de­gli omi­cidi per na­scon­dere la sto­ria.
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 2.  Prova per­sino a uc­ci­dere le suore com­plici dell’amore tra lui e Suor Vir­gi­nia. Ma or­mai è troppo tardi per na­scon­dere.
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 3. Osio viene as­sas­si­nato e Suor Vir­gi­nia e le com­pa­gne di con­vento ven­gono im­pri­gio­nate e con­dotte al “Boc­chetto” di Mi­lano

Come già so­pra, ana­liz­ziamo que­sto te­sto nel det­ta­glio.
Il par­lato dura 22 se­condi e si com­pone di 53 pa­role per tre pro­po­si­zioni. Que­ste, sia nell’articolato in­terno sia nella ri­spet­tiva di­spo­si­zione tem­po­rale, con­ten­gono de­for­ma­zioni so­stan­ziali ri­spetto al dato sto­rico-pro­ces­suale im­pe­dendo all’ascoltatore di com­pren­dere al­cun­ché di quanto real­mente ac­ca­duto.
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Prima pro­po­si­zione.

[32:04] VOCE FUORI CAMPO: «La si­tua­zione però pre­ci­pita e Osio com­mette an­che de­gli omi­cidi per na­scon­dere la sto­ria.»
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De­for­ma­zione – Nella vi­cenda gli as­sas­si­nati sono tre: due cit­ta­dini che ave­vano “par­lato troppo”; una con­versa che si ap­pre­stava a ri­ve­lare il tutto.

RAI3-ANGELA tac­ciono sulla com­pli­cità at­tiva della Si­gnora in quest’ultimo omi­ci­dio, per­pe­trato pro­prio nel con­vento, ac­cer­tata dalle in­da­gini e con­fer­mata nella con­danna a Suor Vir­gi­nia.
Come an­da­rono le cose?

Dopo anni di spe­ri­co­lato mé­nage “ero­tico-sen­ti­men­tale” (in cui erano state coin­volte due al­tre suore, Ot­ta­via Rizzi e Be­ne­detta Ho­mati), Ca­te­rina da Meda, una con­versa estra­nea alla tre­sca, mi­nac­cia di ri­ve­lare il tutto a Mon­si­gnor Barca che a fine lu­glio 1606 avrebbe pre­sie­duto l’annuale Ca­pi­tolo del Monastero.

Il 27 lu­glio, le pro­ta­go­ni­ste della vi­cenda, gui­date da Suor Vir­gi­nia, dopo una pon­de­rata ana­lisi della si­tua­zione de­ci­dono di eli­mi­narla. La sera suc­ces­siva Osio la uc­cide alla loro pre­senza e col loro aiuto. Sono esse in­fatti a in­tro­durlo nella stanza in cui la con­versa era stata rin­chiusa per di­spo­si­zione di Vir­gi­nia e sono esse che par­lan­dole la di­strag­gono per­ché Osio – da lei non vi­sto – la possa col­pire alla nuca con il ba­sa­mento di un ar­co­laio.
Sono esse (in que­sto senza la par­te­ci­pa­zione di­retta di Suora Vir­gi­nia) ad aiu­tare Osio nel tra­spor­tare il ca­da­vere in una can­tina del con­vento, da dove, la notte suc­ces­siva, sem­pre col loro aiuto, l’omicida sep­pel­li­sce il corpo, dopo averne spic­cato la te­sta che getta in un pozzo ab­ban­do­nato di Velate.

La di­na­mica dell’omicidio e le re­spon­sa­bi­lità delle tre suore, emer­gono con chia­rezza dall’insieme delle de­po­si­zioni. Vir­gi­nia cerca di sot­trar­visi so­ste­nendo di es­sere al cor­rente del piano omi­ci­dia­rio ma di es­sersi tro­vata lon­tano nel mo­mento della sua ese­cu­zione. Le de­po­si­zioni cir­co­stan­ziate delle suore com­plici la smen­ti­scono e la sen­tenza si esprime di con­se­guenza.
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Se­conda proposizione

[32:10] VOCE FUORI CAMPO: «[Osio] Prova per­sino a uc­ci­dere le suore com­plici dell’amore tra lui e Suor Vir­gi­nia.»
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De­for­ma­zioni.
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a. L’espressione “com­plici dell’amore tra lui e suor Vir­gi­nia”, in­dica una po­si­zione delle suore esterno alla tre­sca, pro­po­nen­dole al più come omer­tose “fa­ci­li­ta­trici”.
La realtà era ben di­versa: le due mo­na­che Ot­ta­via e Be­ne­detta erano parte at­tiva e con­sen­ziente del qua­dran­golo ses­suale al cui cen­tro era il di­spo­ni­bile Osio.
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b. Il ter­mine “prova” im­pie­gato da RAI3-ANGELA è fuor­viante. Osio com­mette un du­plice “ten­tato omi­ci­dio”, nel Sei­cento pu­nito esat­ta­mente come un omi­ci­dio ef­fet­ti­va­mente commesso.

Osio fa di tutto per eli­mi­nare le amanti-com­plici nell’omicidio della con­versa a evi­tare che que­ste pos­sano de­nun­ciarlo se pres­sate da­gli in­qui­renti.
Con­vin­tele a fug­gire dal con­vento ne getta una nel fiume Lam­bro col­pen­dola ri­pe­tu­ta­mente con il cal­cio del fu­cile e la­scian­dola esan­gue in ac­qua, con­vinto di averla uccisa.

Fugge con l’altra pro­met­ten­dole ric­chezze e pia­ceri salvo il giorno suc­ces­sivo get­tarla in un pozzo asciutto pro­fondo venti me­tri (è sem­pre lo stesso pozzo di Ve­late). A sua in­sa­puta en­trambe so­prav­vi­vono sep­pure gra­ve­mente fe­rite.
È dalle loro de­po­si­zioni che prende av­vio il pro­cesso con­tro Osio.
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Terza pro­po­si­zione

[32:15] VOCE FUORI CAMPO: «Ma or­mai è troppo tardi per na­scon­dere. Osio viene as­sas­si­nato e Suor Vir­gi­nia e le com­pa­gne di con­vento ven­gono im­pri­gio­nate e con­dotte al “Boc­chetto” di Mi­lano
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Ca­po­vol­gi­mento della se­quenza lo­gico-tem­po­rale.
Osio viene as­sas­si­nato e suor Vir­gi­nia ecc.RAI3-ANGELA pre­sen­tano un suc­ces­sione tem­po­rale – e quindi di causa-ef­fetto – ro­ve­sciata, che falsa l’andamento della vi­cenda, ren­den­dola in­com­pren­si­bile.
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Di se­guito diamo in­vece il cor­retto svol­gi­mento dei fatti, come ri­co­struito nel pro­cesso e dal dato in­ve­sti­ga­tivo (il let­tore tro­verà pic­cole ri­pe­ti­zioni di quanto già detto, ma sono ne­ces­sa­rie per la com­pren­sione de­gli avvenimenti).

1. A se­guito dell’omicidio della con­versa di cui ab­biamo detto so­pra, in Monza si mor­mora. Osio fa as­sas­si­nare un fab­bro che ha par­lato troppo.
Fuen­tes il go­ver­na­tore di Mi­lano nel feb­braio del 1607 fa ar­re­stare Osio. Vir­gi­nia scrive a Fuen­tes so­ste­nendo che con Osio c’è solo una ca­sta ami­ci­zia.
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2. Alla fine di set­tem­bre Osio fugge dal car­cere. Il 6 ot­to­bre fa uc­ci­dere lo spe­ziale Rai­ne­rio, anch’egli troppo ciar­liero.
Il 1 no­vem­bre [1607] Osio si fa na­scon­dere in con­vento, nella stanza di Vir­gi­nia e lì ri­mane due set­ti­mane, con la com­pli­cità delle so­lite suore.
È troppo e il Car­di­nale Bor­ro­meo viene av­ver­tito: in­con­tra Vir­gi­nia e la in­vita a rav­ve­dersi. Se­condo quanto scrive Ri­pa­monti (la fonte di Man­zoni) Vir­gi­nia si inal­bera e gli dice chiaro di es­sere stata co­stretta a en­trare in con­vento; che essa è nu­bile e che può ac­com­pa­gnarsi con chi vuole.
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3. Dopo quat­tro giorni Bor­ro­meo or­dina il tra­sfe­ri­mento di Vir­gi­nia a Mi­lano che viene ese­guito sotto scorta ar­mata verso il 15 no­vem­bre.
Osio, an­cora na­sco­sto nel con­vento, fugge e si dà alla mac­chia nei din­torni.
Co­min­ciano gli in­ter­ro­ga­tori a ci­vili e suore da parte di un vi­ca­rio cri­mi­nale.
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4. Il 29 no­vem­bre Osio con­vince Ot­ta­via e Be­ne­detta, le suore parte della tre­sca, a fug­gire con lui. Fa di tutto per as­sas­si­narle ma, con­tro ogni aspet­ta­tiva, le suore so­prav­vi­vono; ri­tro­vate l’una il 30 no­vem­bre an­cora nel fiume e l’altra l’1 di­cem­bre tratta dal pozzo, rac­con­tano i fatti all’inquirente.
Pa­ral­le­la­mente al pro­cesso ec­cle­sia­stico verso le suore viene av­viato il pro­cesso pe­nale con­tro Osio e i suoi bravi la­ti­tanti.
Nel 1608 il tri­bu­nale con­danna lui e due suoi “bravi” a morte, alla con­fi­sca dei beni, all’abbattimento delle loro abi­ta­zioni. Con­tro i con­dan­nati si emette un bando con ta­glia.
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5. Dopo qual­che mese di la­ti­tanza di­spe­rata, Osio si ri­fu­gia da un amico di Mi­lano. Que­sti lo ac­co­glie ma im­me­dia­ta­mente lo fa uc­ci­dere por­tan­done la te­sta al go­ver­na­tore Fuen­tes, per ri­scuo­tere la ta­glia o pat­teg­giare sue pen­denze con la giustizia.

Ecco, così an­da­rono le cose.
Do­manda: per­ché RAI3-ANGELA an­zi­ché “fare luce sulla sto­ria” hanno vo­luto con­fon­dere la vi­cenda ren­den­dola incomprensibile?