Osservazioni critiche sulla adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola». Un film di Pino Farinotti. Regia di Andrea Bellati. Scritto da Angelo Stella e Pino Farinotti. Prodotto dal Centro Nazionale Studi Manzoniani, con il contributo di Fondazione Cariplo.
Parlato docu-film – I numeri tra [parentesi] si riferiscono ai fotogrammi sopra riportati.
Farinotti: [1] «Dietro di me c’è Pescarenico, Lecco, il Resegone: luoghi manzoniani. Quando dico “luoghi manzoniani” intendo quelli della vicenda dei Promessi Sposi. Ma anche quelli della vita del Manzoni, perché lui veniva da qui, anche. Ed è importante, perché anche se ad Alessandro Manzoni non mancava la creatività e l’inventiva, però qui lui aveva i luoghi veri. C’era la casa di Lucia, c’era il sentiero dove i bravi affrontano Don Abbondio. C’era la casa di Don Abbondio. Qui c’è il castello dell’Innominato. Ed erano tutti elementi di sentimento e di verità, che certo aiutavano.»
Nostre osservazioni – Anziché da una posizione di fronte a Lecco (come lo spettatore potrebbe aspettarsi) Farinotti parla dalla sponda destra del Lago di Garlate, a 5 chilometri dalla città. Alle sue spalle è visibile la costa sinistra del lago su cui si affaccia Maggianico, mai da nessuno considerato o indicato come luogo collegato a “I Promessi Sposi”.
Da rilevare che il nome di Lecco viene qui detto per la prima e ultima volta nei 55 minuti del docu-film del Centro Nazionale Studi Manzoniani (d’ora in poi CNSM). Così come per la prima e ultima volta viene accennato – e di sfuggita – il legame tra Manzoni e Lecco.
Farinotti dice: «ma anche quelli della vita del Manzoni, perché lui veniva da qui, anche.»
In nessun’altra parte del docu-film si dice come la famiglia paterna di Manzoni fosse la più influente di Lecco, proprietaria da 200 anni della Villa del Caleotto, con i suoi vasti ottimi terreni (in figura, la porzione del Catasto Teresiano con i lotti occupati dal Caleotto a metà ’700), nonché di molte terre del Lariano (oltre 100 ettari di coltivo).
Non si dice che tra Galbiate e Lecco, proprio al Caleotto, Manzoni passò tutta l’infanzia, gran parte dell’adolescenza e molti momenti della vita sua e della famiglia, fino ai suoi 33 anni. Dove condusse un’intensa vita di relazioni economiche e sociali (tra il 1814 e il 1816 ne fu anche il rappresentante ufficiale).
Di tutti questi elementi, fondamentali per comprendere personalità e fisionomia artistica di Manzoni, il CNSM nulla dice, limitandosi a citare l’ambiente lariano come un “supporto alla creatività” dello scrittore e non — come fu — un irrinunciabile generatore/contenitore di quelle forze vive, sociali e individuali, che attraversano da protagoniste il suo romanzo.
Ci pare un atteggiamento poco coerente con la funzione del CNSM, forse troppo sensibile alle aspettative della città meneghina che – naturalmente – di Manzoni ama evidenziare solo ed esclusivamente la “milanesità”. E comunque per nulla allineato all’atteggiamento dei suoi presidenti del passato (ricordiamo per tutti Cesare Secchi), sempre impegnati perché apparisse chiaro il legame organico e necessitante tra Manzoni e la città di Lecco, sua vera patria naturale.
Ma su questo atteggiamento, vediamo anche più avanti.
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