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21 di­cem­bre 2017
Quando il pas­sato so­stiene il presente
Esat­ta­mente 80 anni fa, il 21 di­cem­bre 1937, si ri­cordò in Pa­rigi il ri­torno alla re­li­gione di Man­zoni, che una certa tra­di­zione fissa al 2 aprile 1810.

Nel nome di Manzoni per stringere la “mano tesa ai cattolici” del Front Populaire di Blum.

Papa Pio XI, pressato dalla “statolatria” del regime fascista e dal “neo-paganesimo” della Germania nazista, anche attraverso il nome di Manzoni, alla fine del 1937 volle indicare i criteri etico-culturali di una possibile collaborazione tra Vaticano e Fronte Popolare francese.
Al contempo cercò di proporre la struttura culturale cattolica come il più coerente tutore della memoria e del magistero di Alessandro Manzoni in Italia.
Sopra, la Chiesa di Saint-Roch a Parigi.
Sotto, la targa in marmo murata su un pilastro della chiesa il 21 dicembre 1937 (“Alessandro Manzoni parisien”, Istituto Italiano di Cultura di Parigi, 1953 e, più sotto, la targa da una foto attuale, cortesia di www.atrieste.eu).
Il 21 di­cem­bre 1937, esat­ta­mente 80 anni fa, nella Chiesa di Saint-Roch a Pa­rigi, venne ri­cor­dato con una pub­blica ce­ri­mo­nia, or­ga­niz­zata da un Co­mi­tato mi­sto italo-fran­cese, il ri­torno di Ales­san­dro Man­zoni ai prin­cipi re­li­giosi del suo battesimo.

Sulla targa in marmo, mu­rata in quel giorno nella chiesa, si legge:
«EN CETTE EGLISE / LE CELEBRE ECRIVAIN ITALIEN / ALEXANDRE MANZONI / RETROUVA LA FOI DE SON BAPTEME / LEAVRIL 1810».
(«In que­sta Chiesa / il ce­le­bre scrit­tore ita­liano / Ales­san­dro Man­zoni / ri­trovò la fede del suo bat­te­simo / il 2 aprile 1810»).

La ce­ri­mo­nia, af­fol­lata e fa­stosa (vi fu an­che un con­certo con mu­sica scritta ap­po­si­ta­mente da De­la­fosse sul brano «Noi ti im­plo­riam pla­ca­bile – Spirto di­scendi an­cora» dell’inno La Pen­te­co­ste di Man­zoni) si svolse alla pre­senza del Ve­scovo Va­le­rio Va­leri, Nun­zio Apo­sto­lico in Fran­cia; di una folta de­le­ga­zione di au­to­rità re­li­giose e ci­vili francesi.

Tra que­ste, Ri­chard (per il Con­si­glio mu­ni­ci­pale di Pa­rigi) ed En­ri­quez, capo di Ga­bi­netto del Mi­ni­stero dell’Educazione, in rap­pre­sen­tanza del Mi­ni­stro Jean Zay, gra­zie al quale – in de­roga alla legge – era stato con­sen­tito di ap­porre la targa di me­mo­ria al Man­zoni (Zay, di ori­gini ebrai­che e di fede pro­te­stante, fu uno dei mi­ni­stri del Front Po­pu­laire più sti­mati per le am­pie ri­forme pro­gres­si­ste in­tro­dotte nel si­stema sco­la­stico; fu poi as­sas­si­nato nel 1940 da mem­bri della Mi­li­zia di Vi­chy per la sua op­po­si­zione al col­la­bo­ra­zio­ni­smo con la Ger­ma­nia nazista).

Il senso dell’iniziativa fu il­lu­strato da un lungo e molto ar­ti­co­lato di­scorso (ol­tre cin­quanta mi­nuti) dell’Accademico di Fran­cia Geor­ges Grente, Ve­scovo di Mans, in­cen­trato sul si­gni­fi­cato della con­ver­sione di Man­zoni an­che per i suoi ri­flessi sulla contemporaneità.

La ce­ri­mo­nia fu pre­sie­duta dal Car­di­nale Jean Ver­dier, ar­ci­ve­scovo di Pa­rigi, no­to­ria­mente di orien­ta­menti democratici.

Due giorni dopo, il 23 di­cem­bre nel suo di­scorso di Na­tale ai pa­ri­gini, lo stesso Car­di­nale Ver­dier espresse per la prima volta, chia­ra­mente e a nome del Papa, l’intenzione di strin­gere la “mano tesa ai cat­to­lici”, of­ferta dai co­mu­ni­sti fran­cesi come aspetto ori­gi­nale delle al­leanze pro­po­ste dal Front Po­pu­laire di Léon Blum, giunto al go­verno nel giu­gno del 1936.

Prima di ar­ri­vare a que­sta ce­ri­mo­nia vi fu­rono due anni esatti di pre­pa­ra­zione cul­tu­rale e di­plo­ma­tica, con­dotta da un Co­mi­tato mi­sto italo-fran­cese, at­tivo sia in Ita­lia sia in Francia.

Que­sto era com­po­sto da fi­gure im­por­tanti del mondo cat­to­lico dei due Paesi: ne era Pre­si­dente Ono­ra­rio il già ri­cor­dato Car­di­nale Jean Ver­dier, ar­ci­ve­scovo di Pa­rigi; Pre­si­dente ef­fet­tivo il conte Giu­seppe Dalla Torre (dal 1920 al 1960 di­ret­tore de L’Osservatore Ro­mano, gran co­mis laico della di­plo­ma­zia del Vaticano).

Tra i suoi mem­bri, per parte fran­cese, gli Ac­ca­de­mici di Fran­cia George Goyau (sto­rico della chiesa) e Louis Me­de­lin (stu­dioso del pe­riodo na­po­leo­nico); Pa­dre Gil­let (Su­pe­riore dei Pre­di­ca­tori Do­me­ni­cani); Mons. Au­gu­ste Bou­di­n­hon (Ret­tore di S. Luigi dei Fran­cesi); Mons. Re­nato Fon­te­nelle (ca­no­nico di S. Pie­tro) e come Se­gre­ta­rio Ro­bert Jac­quin, pro­fes­sore a No­tre Dame.

Per parte ita­liana (tutti molto at­tivi e non di pura fac­ciata) con­tava il Se­na­tore e opi­nio­ni­sta mar­chese Fi­lippo Cri­spolti; il cri­tico e teo­rico del tea­tro Sil­vio D’Amico; il man­zo­ni­sta don Ce­sare An­ge­lini; il già con­vinto ateo, l’Accademico d’Italia Gio­vanni Pa­pini, crea­tore di ri­vi­ste che la­scia­rono un se­gno pro­fondo nella cul­tura laica ita­liana del primo No­ve­cento (Il Leo­nardo, La Voce, La­cerba), au­tore nel 1921 del re­li­gio­sis­simo li­bro “Sto­ria di Cri­sto”, tra­dotto in ol­tre venti lin­gue di tutto il mondo.

Ma, prima di tutti, dob­biamo ri­cor­dare come idea­tore dell’intero pro­getto (as­sieme a Dalla Torre), Pa­dre Ge­melli, fon­da­tore dell’Università Cat­to­lica di Mi­lano; anch’egli già ateo mi­li­tante ma dal 1911 pro­ta­go­ni­sta della cul­tura cat­to­lica ita­liana per ol­tre cinquant’anni.

A lui si deve alla fine del 1935 l’avvio del la­vo­rio in Fran­cia e in Ita­lia che portò, due anni dopo, alla ce­ri­mo­nia del 1937, pro­pe­deu­tica al dia­logo con il Fronte Po­po­lare, in con­trad­di­zione solo ap­pa­rente con le sue non ce­late po­si­zioni pub­bli­che di ap­pog­gio al re­gime mus­so­li­niano su certi aspetti della vita po­li­tica e sociale.

A Ge­melli si deve an­che il di­bat­tito, a tratti an­che aspro e alla vi­cenda della targa ben col­le­gato, con l’ideologo del re­gime Gio­vanni Gen­tile su chi e come si do­vesse in Ita­lia ge­stire la fi­gura e l’opera di Manzoni.

Papa Pio XI e la me­mo­ria di Manzoni

Sullo sfondo, a in­di­riz­zare e ispi­rare – an­che ope­ra­ti­va­mente – l’intera azione del Co­mi­tato fu Papa Pio XI, grande esti­ma­tore non solo del ta­lento ar­ti­stico di Man­zoni ma so­prat­tutto del suo ca­ri­sma nella di­vul­ga­zione della dot­trina cattolica.

Ri­te­niamo op­por­tuno ri­cor­dare qui che dei venti di­scorsi pro­nun­ciati da Pio XI tra il feb­braio 1922 e il di­cem­bre 1938, solo due ri­por­tano pa­role di una fi­gura non ap­par­te­nente alla tra­di­zione cri­stiana e alla ge­rar­chia ecclesiastica

Padre Agostino Gemelli e Giuseppe Dalla Torre.
Spesso in disaccordo su aspetti anche importanti degli orientamenti politici (Dalla Torre era un convinto democratico) per decenni formarono una coppia estremamente efficace e determinata per l’affermazione del cattolicesimo in Italia e in Europa.
En­trambi i di­scorsi sono della se­conda metà del 1936 ed en­trambi ci­tano am­pia­mente e di­ret­ta­mente Ales­san­dro Man­zoni, come ri­fe­ri­mento etico-cul­tu­rale di due mo­menti della ri­spo­sta che Pio XI diede sul piano dei prin­cipi ge­ne­rali del cat­to­li­ce­simo alla of­ferta di col­la­bo­ra­zione avan­zata da Mau­rice Tho­rez, se­gre­ta­rio del Par­tito Co­mu­ni­sta Fran­cese, il 17 aprile 1936, nell’ultimo di­scorso (ra­dio­fo­nico, quindi con un pub­blico va­stis­simo) prima delle ele­zioni che por­ta­rono al go­verno il Front Po­pu­laire di Léon Blum, con l’appoggio esterno dei comunisti.
Vediamoli:
Il primo, 12 mag­gio 1936 (dall’Archivio Web del Vaticano).
«SIAMO ANCORA» – Al­lo­cu­zione di Sua San­tità Pio XI in oc­ca­sione dell’inaugurazione dell’esposizione mon­diale della stampa cattolica.

«La Chiesa ri­co­no­sce allo Stato la sua pro­pria sfera d’azione e ne in­se­gna, ne co­manda il co­scien­zioso ri­spetto; ma non può am­met­tere che la po­li­tica fac­cia a meno della mo­rale e non può di­men­ti­care il pre­cetto del di­vin Fon­da­tore che, se­condo la forte e pro­fonda espres­sione del no­stro grande Man­zoni [4], le co­man­dava di oc­cu­parsi in pro­prio, “di im­pa­dro­nirsi della mo­rale” do­vun­que essa en­tra e deve en­trare: “do­cen­tes eos ser­vare om­nia quae­cum­que man­davi vo­bis” [5].

[4] Os­ser­va­zioni sulla mo­rale cat­to­lica, cap. III, in prin­ci­pio. [5] Matth., XXVIII, 20.

In que­sto di­scorso Pio XI cita il Man­zoni apo­lo­gi­sta, af­fian­can­dolo di­ret­ta­mente all’evangelista Mat­teo. È la ri­spo­sta di­retta al di­scorso di Tho­rez del 17 aprile 1936 già ri­cor­dato. Pio XI ri­ba­di­sce la fe­deltà dei cat­to­lici alle pro­prie con­vin­zioni re­li­giose che non pos­sono en­trare in con­tra­sto con le op­por­tu­nità della politica.

L’analisi di que­sti aspetti ci por­te­rebbe molto lon­tano e sarà og­getto di suc­ces­sive trat­ta­zioni. Qui vo­gliamo solo se­gna­lare che con que­sto ri­chiamo Pio XI volle ri­vol­gersi sia al co­mu­ni­sta Tho­rez (ac­cu­sato per que­sto di op­por­tu­ni­smo dalla de­stra fran­cese, che pre­meva per uno schie­ra­mento anti-so­cia­li­sta del Va­ti­cano) sia alle ten­denze, in Fran­cia molto at­tive, del cat­to­li­ce­simo di base, vi­cino nella quo­ti­dia­nità all’ambiente po­po­lare e re­sosi su­bito di­spo­ni­bile alla col­la­bo­ra­zione con il Front Populaire.

Il se­condo, 14 set­tem­bre 1936 [Ar­chi­vio Web del Vaticano]
«LA VOSTRA PRESENZA» – Al­lo­cu­zione di Sua San­tità Pio XI ai ve­scovi, sa­cer­doti, re­li­giosi e fe­deli pro­fu­ghi dalla Spagna.

Due le ci­ta­zioni di Manzoni:

a. «Fu ben detto che il san­gue di un uomo solo sparso per mano del suo fra­tello è troppo per tutti i se­coli e per tutta la terra [10]; che dire in pre­senza delle stragi fra­terne che an­cora con­ti­nua­mente si annunciano?»
[10] A. Man­zoni, Os­ser­va­zioni sulla mo­rale cat­to­lica, cap. VII, dopo l’inizio.
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b. «Si è detto in que­sti ul­timi giorni che Re­li­gione e Chiesa Cat­to­lica si sono mo­strate im­pari e inef­fi­caci con­tro quelle scia­gure e quei mali, e si è cre­duto di darne prova coll’esempio della Spa­gna e non di essa sola. Qua­dra pie­na­mente a que­sto pro­po­sito l’osservazione di A. Man­zoni: “per giu­sti­fi­care la Chiesa non è mai ne­ces­sa­rio ri­cor­rere a de­gli esempi: ba­sta esa­mi­nare le sue mas­sime” [11]. L’osservazione è evi­dente ol­tre­ché so­lida e profonda.»
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[11] A. Man­zoni, Os­ser­va­zioni sulla mo­rale cat­to­lica, cap. VII.

Pio XI (al mondo, Achille Ratti – Desio, 31 maggio 1857) fu Pontefice dal 1922 al 10 febbraio 1939. In gioventù fu legato alle figure del modernismo cattolico di fine 800, che gli diedero una memoria evoluta della figura di A. Manzoni, a fine ’800 visto con non particolare simpatia dalla gerarchia vaticana per il suo dichiarato appoggio a Roma capitale.

Dal mondo ideale di Manzoni, Pio XI mutuò molto della sua netta avversione per le teorie e la pratica razzista attuata dalla Germania nazista e dall’Italia fascista.

Il giovane Ratti fu allievo negli studi di scienze naturali di Giuseppe Mercalli (l’ideatore dell’omonima scala dei terremoti), a sua volta allievo e stretto amico dell’Abate Stoppani. Nel corso di questa sua esperienza giovanile Ratti fu incaricato da Mercalli di redigere il XII capitolo della sua opera sui terremoti di Italia (Vulcani e fenomeni vulcanici in Italia – Vallardi, 1883), nel quale lo scienziato-geologo sistematizzava con un grande apparato storico-statistico le idee di fondo sui fenomeni tellurici tracciate nei decenni precedenti dall’Abate Stoppani e dallo stesso esposte in forma discorsiva nel suo “Il Bel Paese” (assieme alle “Osservazioni sulla morale cattolica” di Manzoni, uno dei libri sempre presenti sulla scrivania di Pio XI).

Il XII capitolo, curato da Ratti, si intitola «I terremoti storici italiani», ed è un utile catalogo che descrive in sessanta pagine più di mille sismi avvenuti fra il 1450 avanti Cristo e il 1881.

Sopra: Papa Pio XI al tavolo di studio. Achille Ratti fu per formazione e temperamento uno studioso, esperto nelle lingue antiche e medio-orientali.
Sotto: (al centro del gruppo) durante un’escursione alpinistica (buon arrampicatore, il giovane Ratti conosceva a fondo tutta la catena delle Prealpi lombarde).

Con que­sto di­scorso Pio XI cer­cava di man­te­nere la Chiesa in equi­li­brio tra le forze in campo nella Spa­gna squas­sata dalle prime bat­tute della guerra ci­vile e di sot­trarre il Va­ti­cano al ri­chiamo sem­pre più pres­sante che le forze an­ti­de­mo­cra­ti­che e gol­pi­ste spa­gnole fa­ce­vano per­ché si ar­ri­vasse alla “cro­ciata” con­tro il Frente Po­pu­lar spa­gnolo, omo­logo del Front Po­pu­laire fran­cese, che aveva lan­ciato la pro­po­sta di una al­leanza con­tro le dittature.

Non si fa fa­tica a com­pren­dere come in di­scorsi uf­fi­ciali del Pon­te­fice que­sti ri­chiami, così inu­suali e straor­di­nari, a Man­zoni, a un laico, già ateo e gia­co­bino, aspi­rante can­tore di una cam­pa­gna di scri­stia­niz­za­zione nell’Italia del primo ’800, e poi di­ve­nuto uno dei più ef­fi­caci apo­lo­geti del cat­to­li­ce­simo con­tem­po­ra­neo do­ves­sero col­pire le im­ma­gi­na­zioni e col­le­garsi im­me­dia­ta­mente al pa­ral­lelo la­vo­rio per la posa della targa in Saint-Roch, se­gno sim­bo­lico di come la Chiesa si po­tesse mo­strare aperta ma nella più ri­gida di­fesa della pro­pria fisionomia.

Al di là del qua­dro esi­sten­ziale che ognuno può col­ti­vare, non si può non ri­co­no­scere un ot­timo li­vello di com­pren­sione delle forze in campo a que­sta azione di co­mu­ni­ca­zione vaticana.

La ce­ri­mo­nia del 21 di­cem­bre 1937 fu in ef­fetti un evento molto ben me­di­tato che ebbe un no­te­vole ri­scon­tro me­dia­tico (so­prat­tutto in Fran­cia) e che ri­pro­pose, in evi­dente re­la­zione a mo­menti im­por­tanti della vita col­let­tiva in­ter­na­zio­nale, l’attualità cul­tu­rale e so­ciale di Ales­san­dro Man­zoni, di­mo­stra­tasi in­tatta a ol­tre sessant’anni dalla sua scomparsa.

Sulla base di una spe­ci­fica ri­cerca che il no­stro Cen­tro Studi Abate Stop­pani va con­du­cendo con do­cu­menti an­che ine­diti, ri­te­niamo di po­tere af­fer­mare che da parte di Pio XI e del suo Se­gre­ta­rio di Stato, Car­di­nale Pa­celli (sarà Pio XII nel 1939) quella ce­ri­mo­nia del 21 di­cem­bre 1937 fu pen­sata e ge­stita come tas­sello cul­tu­rale di una più am­pia azione po­li­tico-di­plo­ma­tica, tesa a de­fi­nire un piano di col­la­bo­ra­zione tra il Front Po­pu­laire fran­cese di Léon Blum e il Va­ti­cano, sem­pre più mi­nac­ciato dall’aggressività dei re­gimi anti-de­mo­cra­tici di Ger­ma­nia e Ita­lia, che lo stesso Pio XI de­finì come “neo-pa­ga­ne­simo” hi­tle­riano e “sta­to­la­tria” mussoliniana.

No­no­stante que­sta sua am­pia va­lenza, di que­sta ce­ri­mo­nia e del suo si­gni­fi­cato po­li­tico-cul­tu­rale si perse quasi im­me­dia­ta­mente ogni traccia.

Il ra­pido esau­ri­mento del Front Po­pu­laire di Blum e di De­la­dier; la morte di Pio XI (feb­braio 1939) e poi l’inizio della guerra eu­ro­pea con l’invasione della Po­lo­nia da parte della Ger­ma­nia (set­tem­bre 1939) va­ni­fi­ca­rono in­fatti le ipo­tesi cul­tu­rali e po­li­ti­che che ne erano state le precondizioni.

Ri­te­niamo inol­tre che i dram­ma­tici svi­luppi della si­tua­zione in­ter­na­zio­nale sug­ge­ris­sero agli stessi pro­ta­go­ni­sti di quell’episodio di met­terne in om­bra sia le mo­ti­va­zioni di fondo po­li­tico-di­plo­ma­ti­che sia il ruolo delle fi­gure che ne ave­vano ani­mato l’attività.

A so­ste­gno im­me­dia­ta­mente re­ce­pi­bile di que­sta no­stra va­lu­ta­zione (di­ciamo espli­ci­ta­mente “no­stra” ri­te­nendo di es­sere in as­so­luto i primi a svi­lup­pare que­sto tema), per il mo­mento pen­siamo pos­sano es­sere suf­fi­cien­te­mente sti­mo­lanti due ri­chiami documentali.

Il primo è di uno dei pro­ta­go­ni­sti dell’intera vi­cenda, il già ri­cor­dato di­ret­tore dell’Osservatore Ro­mano e, nell’azione e nella co­mu­ni­ca­zione, l’anima pro­pul­siva del Co­mi­tato promotore.

Nel suo “Me­mo­rie” (1965, pag. 127) Dalla Torre, pur sot­ta­cendo il pro­prio ruolo e non espo­nendo le fi­na­lità meno evi­denti di quella ce­ri­mo­nia, fece in­tuire come essa fosse nel 1937 di stretta attualità:

«Nel di­cem­bre 1937 par­te­ci­pai alla inau­gu­ra­zione di una la­pide ad Ales­san­dro Man­zoni, nella Chiesa di San Rocco a Pa­rigi. […] La so­len­nità inau­gu­rale, alle sei di sera, fu pre­sie­duta dal car­di­nale ar­ci­ve­scovo Ver­dier [… che …] chiuse la ce­ri­mo­nia con la be­ne­di­zione eu­ca­ri­stica nel tem­pio af­fol­lato di ac­ca­de­mici, di mae­stri, di elet­tis­simo pub­blico, as­sente l’ambasciatore d’Italia. Non c’era che il con­sole ge­ne­rale Du­razzo, in­ter­ve­nuto di pro­pria iniziativa.
L’Ambasciata aveva cre­duto op­por­tuno non farsi viva, per­ché l’iniziativa non aveva avuto né all’inizio né al suo com­pi­mento il mi­nimo cenno fa­sci­sta. Si parlò poi di un equi­voco. Era me­glio tacere.»

Il se­condo ri­chiamo, espli­ci­ta­mente col­le­gato al già ri­cor­dato di­scorso na­ta­li­zio ai pa­ri­gini del Car­di­nale Ver­dier e, im­pli­ci­ta­mente, al ri­cordo di Dalla Torre, è di Ga­leazzo Ciano, dal giu­gno 1936 Mi­ni­stro de­gli Esteri del Go­verno Mus­so­lini (Dia­rio 1937-1943, 24 di­cem­bre 1937, il giorno suc­ces­sivo al di­scorso di Na­tale del Car­di­nale Ver­dier già ricordato):

«Ho fatto fare un passo da Pi­gnatti a Pa­celli per l’atteggiamento filo-co­mu­ni­sta del Car­di­nal Ver­dier. La Chiesa è troppo equi­voca in certi suoi con­tatti con le si­ni­stre. Mi rendo conto delle dif­fi­coltà create dall’urto con la Ger­ma­nia, ma il Va­ti­cano va troppo ol­tre e mette in pe­ri­colo i suoi rap­porti con noi. Mus­so­lini dice che è pronto a spol­ve­rare i man­ga­nelli sulla groppa dei preti. Ag­giunge che da noi ciò è fa­cile per­ché il po­polo ita­liano non è re­li­gioso. È sol­tanto superstizioso.»

A parte il tono go­gliar­dico-squa­dri­sta, la va­lu­ta­zione di Ciano (di cui si ri­tiene una di­retta re­spon­sa­bi­lità nell’omicidio dei fra­telli Ros­selli del giu­gno di que­sto 1937 di cui par­liamo) ri­flet­teva con pre­ci­sione lo stato dei rap­porti tra Va­ti­cano e i re­gimi to­ta­li­tari di Ger­ma­nia e Ita­lia, all’interno dei quali si col­lo­cava la vi­cenda di quella targa in una chiesa di Pa­rigi, a me­mo­ria del mas­simo scrit­tore del no­stro Ri­sor­gi­mento, non a caso pro­prio in quel me­de­simo torno di tempo al cen­tro di un di­bat­tito, a tratti an­che aspri, tra Pa­dre Ge­melli e Gio­vanni Gen­tile sul chi e sul come si do­vesse ge­stire in Ita­lia la fi­gura di Manzoni.

Ge­melli pre­meva per una co-ge­stione tra mondo cat­to­lico e re­gime e in­di­cava l’Università Cat­to­lica come punto di ri­fe­ri­mento. Gen­tile in­vece, nel qua­dro della mus­so­li­niana fa­sci­stiz­za­zione della cul­tura, spinse per la co­sti­tu­zione (lu­glio 1937), con se stesso Pre­si­dente in­con­tra­stato e con sede nella Casa di Man­zoni di Via Mo­rone in Mi­lano, del Cen­tro Na­zio­nale di Studi Manzoniani.
Lo stesso che ha an­cora lì la sua sede. Con al­tro spi­rito e obiet­tivi na­tu­ral­mente (è oggi or­ga­ni­smo di di­ritto pri­vato) ma il co­mi­tato scien­ti­fico (Con­si­glio Di­ret­tivo) è an­cora di no­mina ministeriale.

Come già ac­cen­nato, nel qua­dro della più am­pia ana­lisi sulla for­ma­zione del gio­vane Man­zoni, at­torno a que­sta ce­ri­mo­nia e al suo con­te­sto sto­rico il no­stro Cen­tro Studi Abate Stop­pani va con­du­cendo da tempo una ri­cerca che si va ri­ve­lando molto fruttuosa.
In at­tesa di una trat­ta­zione più am­pia, che ve­drà la luce fra al­cuni mesi, vo­gliamo ora, in oc­ca­sione de­gli ot­tanta anni da quel 21 di­cem­bre 1937, pro­porre al­cuni spunti della no­stra ri­cerca, re­la­tivi all’avvio del progetto.

Do­cu­menti ine­diti o dimenticati

Si tratta di sei do­cu­menti (due ar­ti­coli a stampa, quat­tro let­tere) che in­di­cano come l’intero pro­getto, su istanza ita­liana (pro­ta­go­ni­sti Pa­dre Ge­melliDalla Torre), venne fatto par­tire dalla Fran­cia, avendo come pro­ta­go­ni­sta l’Abate Henry Cou­get, cu­rato della chiesa di Saint-Roch, che sarà na­tu­ral­mente parte at­ti­vis­sima del Co­mi­tato pro­mo­tore e pro­ta­go­ni­sta ospi­tante della ce­ri­mo­nia del 21 di­cem­bre 1937.

1. Ar­ti­colo a stampa scritto dall’abate Cou­get, cu­rato della Chiesa di Saint-Roch, sul bol­let­tino par­roc­chiale “Le Mes­sa­ger de Saint-Roch” (Gen­naio 1936).
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2. Ar­ti­colo a stampa, scritto da Giu­seppe Dalla Torre, di­ret­tore de L’Osservatore Ro­mano, ap­parso sulla ri­vi­sta “Vita e Pen­siero”, fu­cina edi­to­riale del cat­to­li­ce­simo mi­li­tante, di­retto da Pa­dre Ge­melli (Aprile 1936).
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3. Let­tera di Dalla Torre all’Abate Cou­get, di com­mento all’articolo dell’Abate con l’invio del pro­prio (22 aprile 1936).
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4. Let­tera di ri­spo­sta dell’Abate Cou­get a Dalla Torre, con rin­gra­zia­menti e an­nun­cio di pub­bli­ca­zione dell’articolo di Dalla Torre sul bol­let­tino della chiesa di Saint-Roch (28 aprile 1936).
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5. Let­tera di Dalla Torre al Ve­scovo Va­le­rio Va­leri, Nun­zio Apo­sto­lico in Fran­cia, di an­nun­cio della co­sti­tu­zione del Co­mi­tato pro­mo­tore (25 marzo 1937).
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6. Let­tera di ri­spo­sta del Ve­scovo Va­le­rio Va­leri a Dalla Torre con l’augurio di buon la­voro per il Co­mi­tato (3 aprile 1937).

Con que­sti sei do­cu­menti, che in­di­cano pro­prio il mo­mento di av­vio del pro­getto “ce­ri­mo­nia per la targa a Man­zoni”, con­clu­sosi il 21 di­cem­bre 1937, ini­ziamo a porre nella di­spo­ni­bi­lità pub­blica i primi ri­sul­tati della no­stra indagine.

Do­cu­mento 1Le Mes­sa­ger de Saint-Roch
Bul­le­tin Pa­rois­sial Men­suel / Gen­naio 1936 – N 1 – pp. 5-10

[no­stra tra­du­zione dal francese]

Man­zoni si è con­ver­tito a Saint-Roch?

Prima di tutto, chi era Manzoni?
Ce­le­bre poeta e ro­man­ziere ita­liano, il conte Ales­san­dro Man­zoni nac­que a Mi­lano nel 1784 [sic]; da parte di ma­dre, era ni­pote del mar­chese Bec­ca­ria, scrit­tore ita­liano in re­la­zioni con i fi­lo­sofi fran­cesi del 18º se­colo e im­be­vuto egli stesso delle nuove idee. Nel 1805 Man­zoni pub­blicò a Pa­rigi la sua prima com­po­si­zione in versi “In morte di Carlo Imbonati”.

Mal­grado la sua edu­ca­zione fi­lo­so­fica e vol­ter­riana, e mal­grado le sue ami­ci­zie fran­cesi al­lac­ciate nel seno della “So­cietà di Au­teuil” di cui fu mem­bro, egli si sen­tiva, so­prat­tutto dopo il suo ri­torno in Ita­lia e dopo il suo ma­tri­mo­nio, at­ti­rato dal cattolicesimo.
La sua con­ver­sione ebbe una grande in­fluenza sulla sua pro­du­zione let­te­ra­ria; ab­ban­do­nando or­mai le forme pa­gane, egli inau­gura quel ge­nere di li­ri­smo re­li­gioso, che pre­sto sarà lo stesso, al­meno ai loro inizi, dei no­stri grandi ro­man­tici, La­mar­tine e V. Hugo. Nel 1810 [sic] fece ap­pa­rire i suoi Inni Sa­cri, de­di­cati alle prin­ci­pali fe­ste della re­li­gione cat­to­lica. Il suo più ce­le­bre ro­manzo, pub­bli­cato a Mi­lano nel 1827, “I Pro­messi Sposi” (Les fian­cés), lo re­sero ve­ra­mente po­po­lare e con­fermò la sua glo­ria di gran poeta re­li­gioso. Quando morì, nel 1873, Mi­lano gli tri­butò fu­ne­rali de­gni di un re.

Una tra­di­zione, ri­por­tata da molti scrit­tori, vuole che la con­ver­sione di Man­zoni ebbe luogo, a Pa­rigi, nella Chiesa di Saint-Roch, nella sera del 2 aprile 1810, giorno del ma­tri­mo­nio di Na­po­leone 1º con l’Imperatrice Maria-Luisa.

Cosa bi­so­gna pensarne?

Sa­rebbe bello avere su que­sto punto una di­chia­ra­zione di Man­zoni stesso, tratta dalle sue opere o dalla corrispondenza.
In man­canza di ciò, dob­biamo alla cor­te­sia dell’eminente Ret­tore della Uni­ver­sità Cat­to­lica di Mi­lano, il M.R. Pa­dre Ge­melli (1) la co­mu­ni­ca­zione di al­cune testimonianze.

(1) Il Pa­dre ge­melli, me­dico ita­liano en­trato nell’ordine dei Fran­ce­scani, è un uomo molto pre­pa­rato di cui i col­le­ghi ap­prez­zano la com­pe­tenza. Egli ha te­nuto alla Sor­bona, il 23 e il 25 mag­gio scorso, su in­vito della So­cietà di psi­co­lo­gia di Fran­cia e della So­cietà di lin­gui­stica, due con­fe­renze espo­nendo i ri­sul­tati delle sue ri­cer­che sull’analisi elet­troa­cu­stica del linguaggio

Le te­sti­mo­nianze si pos­sono clas­si­fi­care in due gruppi: da un lato, i con­fi­denti di Man­zoni: Gio­vani Ar­ri­va­bene, Gia­como Za­nella e Ste­fano Stampa; dall’altro, gli scrit­tori che si sono fatti por­ta­tori di ele­menti tra­man­dati: Giu­lio Car­cano, Fa­bris e Giu­seppe Giu­sti. Que­ste te­sti­mo­nianze con­cor­dano su molti punti, in par­ti­co­lare: 1º sul come il poeta ef­fet­ti­va­mente si con­vertì al cat­to­li­ce­simo; 2º sul luogo da cui partì que­sta con­ver­sione, in­di­cata in Pa­rigi; tutti salvo uno (Fa­bris), di­cono in una chiesa.

Quale chiesa? Tre, di cui due tra i con­fi­denti di Man­zoni, de­si­gnano la chiesa di San Rocco (Ar­ri­va­bene, Car­cano, Zanella).
In quale data si sa­rebbe ve­ri­fi­cata que­sta con­ver­sione? Du­rate uno dei sog­giorni di Man­zoni a Pa­rigi; ma quale? Du­rante il suo ma­tri­mo­nio, poi­ché gli è vi­cina la gio­vane mo­glie (Za­nella, Fa­bris, Giu­sti). Uno solo, Fa­bris, dà una data pre­cisa: nel 1810, du­rante il ma­tri­mo­nio di Na­po­leone 1º.

Cosa de­ter­mina il ri­torno di Man­zoni al cat­to­li­ce­simo? Quali fu­rono le cir­co­stanze e le con­di­zioni nelle quali si ve­ri­ficò que­sta evo­lu­zione re­li­giosa? Qui, i no­stri au­tori dif­fe­ri­scono su pa­rec­chi punti, an­che se non vi è con­trad­di­zione as­so­luta nelle loro testimonianze.
Bi­so­gna del re­sto ri­mar­care che que­sti scrit­tori hanno tutti pub­bli­cato il rac­conto di que­sta con­ver­sione molto tempo, an­che mol­tis­simo tempo dopo che essa si ve­ri­fi­casse. Non siamo dun­que in pre­senza di do­cu­menti con­tem­po­ra­nei, o quasi, all’evento. La tra­di­zione orale ha po­tuto man­te­nersi per 65 anni, senza ri­schiare di su­bire qual­che de­for­ma­zione? Chi po­trebbe af­fer­marlo? Se que­sta de­for­ma­zione ci fosse stata, essa non ri­guar­de­rebbe che qual­che det­ta­glio, poi­ché l’accordo tra que­sti scrit­tori è com­pleto in re­la­zione al fatto e alle cir­co­stanze prin­ci­pali, come ab­biamo visto.

Le te­sti­mo­nianze ci­tate con­cor­dano nel dire che una forte emo­zione fu all’origine di que­sta con­ver­sione: ma essi dif­fe­ri­scono sul ca­rat­tere di que­sta emozione.

Se­condo Car­cano, si trat­te­rebbe di una crisi “in­tel­let­tuale”, di una in­quie­tu­dine re­li­giosa, in par­ti­co­lare sull’esistenza di Dio. La “pre­ghiera tor­men­tata”, di cui parla Za­nella, sa­rebbe del me­de­simo tipo?

Se­guendo Ar­ri­va­bene, vi sa­rebbe una “emo­zione ar­ti­stica” alla base dell’evento: «Le note ar­mo­niose e soavi di un canto re­li­gioso ar­ri­va­rono al suo udito. Egli en­trò nel sa­cro luogo e ne uscì tutto com­mosso, cat­to­lico e cat­to­lico fervente».
Il fi­glia­stro di Man­zoni, Ste­fano Stampa, at­tri­bui­sce a un ma­les­sere pas­seg­gero la causa oc­ca­sio­nale di que­sta con­ver­sione. Fa­bris va ol­tre e parla di una crisi di nervi. Giu­sti ri­corda che Man­zoni e la mo­glie si ri­fu­gia­rono in una chiesa per sfug­gire al pe­ri­colo di es­sere schiac­ciati dalla folla in preda al panico.

Que­ste di­ver­genze sui det­ta­gli si spie­gano con la dif­fe­renza dei punti di vi­sta da cui si pon­gono que­sti au­tori; ma esse non sono inconciliabili.

Si po­trebbe con­get­tu­rare che le cose hanno po­tuto an­dare nel modo seguente:
Man­zoni è agi­tato da una in­quie­tu­dine re­li­giosa. L’esistenza di Dio, in par­ti­co­lare, è un pro­blema che lo pre­oc­cupa, e d’altra parte, egli si sente at­tratto verso il cat­to­li­ce­simo. Il giorno del ma­tri­mo­nio di Na­po­leone 1º (2 aprile 1810), egli si trova con sua mo­glie me­sco­lato alla folla in fe­sta di Pa­rigi. Si lan­ciano dei fuo­chi di ar­ti­fi­cio. Im­prov­vi­sa­mente il pa­nico, pro­vo­cato forse dalla ca­duta di un pe­tardo in fiamme, si im­pa­dro­ni­sce della mol­ti­tu­dine. È la corsa. Tutti vo­gliono fug­gire, si get­tano gli uni su­gli al­tri, si scon­trano, si col­pi­scono. La mo­glie di Man­zoni ri­schia di es­sere sof­fo­cata; è già sof­fo­cata e il poeta ha l’impressione che essa gli mo­rirà tra le brac­cia. La gio­vane cop­pia rie­sce in­fine a li­be­rarsi e si ri­fu­gia nella chiesa di Saint-Roch, dove si ce­le­brava una messa. L’emozione è stata così forte che Man­zoni, a sua volta, si sente preso da un man­ca­mento. Si siede “per la­sciare pas­sare il ma­les­sere”. La soa­vità dei canti re­li­giosi, la tran­quil­lità della chiesa, la con­sa­pe­vo­lezza che il pe­ri­colo è sva­nito gli ren­dono poco a poco la calma e con­tri­bui­scono a far­gli ri­pren­dere le forze. Sente al­lora agi­tarsi in sé le po­tenze se­grete che lo spin­gono verso il cat­to­li­ce­simo. I suoi dubbi sull’esistenza di Dio gli ri­tor­nano alla mente; ma il sen­ti­mento che sua mo­glie e lui stesso sono sfug­giti a un grave pe­ri­colo lo scuo­tono e gli ispi­rano una ar­dente pre­ghiera di ri­co­no­scenza. È per lui come una re­sur­re­zione. Egli si alza “cre­dente” ed esce dalla chiesa «tutto com­mosso, cat­to­lico, e cat­to­lico fervente».

Que­sto ten­ta­tivo di spie­ga­zione non è senza dub­bio che un’ipotesi, che ha però al­meno il van­tag­gio di ac­cor­darsi con tutte le te­sti­mo­nianze ri­por­tate più sopra.

H. Cou­get
Ca­no­nico onorario
Cu­rato di St-Roch.
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N.B. – Que­sto ar­ti­colo stava per es­sere stam­pato quando ab­biamo sa­puto che il mar­chese Piero Fossi ha ap­pena [***] pub­bli­cato, a Fi­renze, un’opera su Man­zoni, nella quale si fa­rebbe men­zione della con­ver­sione del poeta, nella chiesa di Saint-Roch.
Se tro­ve­remo nuovi do­cu­menti, tor­ne­remo su que­sto argomento.

*** [No­stra nota: Ab­biamo tra­dotto fe­del­mente da Cou­get «… on nous ap­prend que le mar­quis Piero Fossi vient de pu­blier, à Flo­rence, un ou­vrage sur Manzoni …»
Ri­cor­diamo che il li­bro di Piero Fossi venne pub­bli­cato da La­terza nel 1933. Ma Cou­get men­tre scrive non ha di si­curo sotto mano il li­bro di Fossi. Quindi il senso di quella espres­sione “ap­pena”, deve es­sere con­te­stua­liz­zata e ri­fe­rita a no­ti­zie che gli ve­ni­vano dall’Italia].
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Te­sti­mo­nianze tra­smesse dal M.R. Pa­dre Gemelli

da Gio­vanni Arrivabene:
«Un giorno, es­sendo Man­zoni a Pa­rigi, passò per caso da­vanti alla chiesa di San Rocco. Le note ar­mo­niose e soavi di un canto re­li­gioso giun­sero al suo udito. En­trò nel santo luogo e ne uscì tutto com­mosso, cat­to­lico e cat­to­lico fer­vente.» (L’A. lo ap­prese dallo stesso Manzoni).***
Ar­ri­va­bene: «Me­mo­rie della mia vita» (1795-1859). Fi­renze, 1879, p. 81, in nota.

*** [No­stra nota: evi­den­te­mente l’Abate Cou­get ri­fe­ri­sce que­sta ul­tima cir­co­stanza in base al ma­te­riale che gli venne for­nito e che, con ri­guardo ad Ar­ri­va­bene, egli fa ini­ziare con «Un giorno, ecc.». Ma, nelle sue “Me­mo­rie”, Ar­ri­va­bene, dice la cosa in al­tro modo: « Nar­rasi che un giorno, ecc.»
Os­sia, Ar­ri­va­bene è pre­ciso nel dire che que­sto epi­so­dio egli lo ri­porta come sen­tito da al­tri, non da Man­zoni, come in­vece ri­por­tato da Couget.

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Da Giu­lio Carcano:
«Quando era a Pa­rigi (se non è in­di­screto ri­ve­lare con­fi­denze in­ti­mis­sime), egli era en­trato un giorno nella chiesa di Saint-Roch, la mente tutta oc­cu­pata da gravi pen­sieri che lo tor­men­ta­vano. “Mio Dio, – aveva detto – se tu esi­sti, ri­ve­lati a me!” E da quella chiesa egli era uscito credente.»
Car­cano: «Vita di A. Man­zoni », Mi­lano, 1873, pag. 11.
In una let­tera a de Gu­ber­na­tis, Car­cano in­dica la sua fonte: «Il fatto è vero; le pa­role sono esatte. Man­zoni le ri­peté in una con­fi­denza in­tima a uno dei suoi mi­gliori amici … che me ne scrisse. (D. Na­tale Ce­roli) e io non avrei mai osato cam­biare una sillaba.»***
Car­cano: “Epi­sto­la­rio”. Mi­lano, 1896, vol. X, p. 442-443.

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Da Gia­como Zanella:
«Du­rante un viag­gio che egli fece a Pa­rigi con sua mo­glie, en­trò un giorno nella chiesa di San Rocco, dove, dopo una tor­men­tata pre­ghiera, si rialzò cre­dente, pen­sando da quel mo­mento, come mi disse un giorno, all’inno della Resurrezione.»
Za­nella: «Sto­ria della Let­te­ra­tura ita­liana dalla metà del 700 ai giorni no­stri ». Mi­lano, 1880, p. 219.

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da Ste­fano Stampa:
«Fi­glio della se­conda mo­glie di Man­zoni. Egli ri­porta di avere sen­tito rac­con­tare dallo stesso Man­zoni, in fa­mi­glia, che una volta, in Pa­rigi, sen­ten­dosi male e sul punto di sve­nire … era en­trato in una chiesa per se­dersi e la­sciar pas­sare il ma­les­sere. La tran­quil­lità della chiesa, la ri­presa delle forze, la scom­parsa della paura del male l’avevano di­spo­sto ad ac­co­gliere con mag­giore sim­pa­tia quelle idee, dalle quali era già attratto.»
Ste­fano Stampa: «A. Man­zoni. La sua fa­mi­glia, i suoi amici ».

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da Fa­bris:
«A pro­po­sito della crisi di nervi che lo prese nel 1815, alla no­ti­zia della scon­fitta di Wa­ter­loo, Man­zoni di­ceva: «L’impressione che ri­ce­vetti a quella no­ti­zia fu così forte, che mi ri­prese quella ma­lat­tia ner­vosa, che mi era co­min­ciata a Pa­rigi cin­que anni prima, quando mi tro­vai con mia mo­glie cir­con­dato dalla folla alle fe­ste pub­bli­che per il ma­tri­mo­nio di Na­po­leone. Mia mo­glie corse il pe­ri­colo di es­sere sof­fo­cata, e io, ve­dendo que­sta cara sposa che mi ve­niva quasi a mo­rire tra le brac­cia, fui preso da que­sta or­ri­bile ma­lat­tia nervosa …»
Fa­bris: «Me­mo­rie Man­zo­niane ”. Mi­lano, 1901, pag. 43.

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da Giu­seppe Giusti:
«Grande amico di Man­zoni, ri­cordò a una si­gnora, nel 1845, que­sto epi­so­dio rac­con­tato dallo stesso Man­zoni: “Un giorno che Man­zoni era con sua mo­glie a uno spet­ta­colo, dove si lan­cia­vano fuo­chi di ar­ti­fi­cio, un fuoco pro­vocò de­gli in­con­ve­nienti. La folla si agitò, la gente fuggì all’impazzata. La gio­vane cop­pia corse un se­rio pe­ri­colo. Egli finì per tro­varsi in una chiesa.»
«Scritti po­stumi di A. Man­zoni», a cura di G. Sforza. Mi­lano, 1900, p. 281.

Da que­ste te­sti­mo­nianze un poco dif­fe­renti tra loro ma si­cure e tutte d’accordo nell’affermare che in una chiesa di Pa­rigi (Saint-Roch) vi fu un cam­bia­mento im­prov­viso in Man­zoni, Gar­zia, Sal­va­tori, Ruf­fini trag­gono que­sta conclusione:
«Sa­rebbe quindi in que­sta sera (os­sia il 2 aprile 1810), du­rante le ce­le­bra­zioni del ma­tri­mo­nio di Na­po­leone con Ma­ria-Luisa) che si compì in Man­zoni il co­sid­detto mi­ra­colo della chiesa di Saint-Roch.»
(Vedi R. Ruf­fini: «La vita re­li­giosa di A. Man­zoni». Bari, 19310, vol. I, p. 172.)

*** Fine dell’articolo di Couget.***

Su que­sto ar­ti­colo di­remo di più, quando avremo ter­mi­nato di rac­co­gliere le prime ela­bo­ra­zioni gior­na­li­sti­che che, so­prat­tutto in Fran­cia, co­min­cia­rono nel 1936 a pro­porre alla pub­blica opi­nione il ri­cordo della con­ver­sione di Man­zoni, for­ma­liz­zata poi con la ce­ri­mo­nia del 21 di­cem­bre 1937.

Vor­remmo però già qui an­ti­ci­pare una con­si­de­ra­zione sulla bi­blio­gra­fia for­nita da Pa­dre Ge­melli a don Cou­get, cu­rato di Saint-Roch.

Tra le di­verse ri­por­tate da Cou­get, la nota di Car­cano è forse la più in­te­res­sante es­sendo una delle po­che te­sti­mo­nianze a no­stro av­viso de­gne di fede nella con­ge­rie di di­chia­ra­zioni sulla con­ver­sione di Man­zoni, per lo più estra­po­la­zioni let­te­ra­rie (al­cune in buona fede, al­tre meno), ri­prese da non ben pre­ci­sati “si dice”.

La fonte cui si ri­fe­ri­sce Car­cano è in­vece ve­ra­mente af­fi­da­bile, an­che se poco ri­chia­mata da­gli sto­rici. Il sa­cer­dote Na­tale Ce­roli (detto da Car­cano, “uno dei mi­gliori amici di Man­zoni”) fu quo­ti­dia­na­mente e per ol­tre dieci anni l’assistente del Man­zoni stesso per la ge­stione dell’archivio, della bi­blio­teca e della cor­ri­spon­denza di Via Morone.
Era inol­tre, a volte con al­tri, ma per lo più da solo, l’accompagnatore di Man­zoni nelle sue due ore di pas­seg­giata quo­ti­diana per le vie di Milano.
Nel corso di que­sta lunga e ami­che­vole fre­quen­ta­zione Ce­roli rac­colse nella pro­pria mente una messe no­te­vole di ri­cordi e os­ser­va­zioni di Man­zoni, di cui la cer­chia de­gli amici era ben con­sa­pe­vole. A lui quindi giu­sta­mente si ri­volse Car­cano nel pre­pa­rare il di­scorso che pro­nun­ciò nell’agosto 1873 – a cui poi tutti fe­cero ri­fe­ri­mento, ma spesso ta­gliando e cam­biando a se­conda dell’estro.
E allo stesso Ce­roli si de­vono molte idee cui fece ri­fe­ri­mento l’Abate Stop­pani (a sua volta per trent’anni amico stret­tis­simo di Ce­roli) nello sten­dere il suo “I Primi anni di A. Manzoni”.

Data la se­rietà di Car­cano, è però il caso di se­gna­lare qui che la ci­ta­zione che ne fa Cou­get (sulla base del ma­te­riale per­ve­nu­to­gli dall’Italia) è in­com­pleta. Leg­giamo tutto il brano di Car­cano (Let­tera a De Gu­ber­na­tis del 6 mag­gio 1882):

«E prima di tutto, circa la sto­ria o leg­genda della con­ver­sione del Man­zoni da quell’ora che uscì dalla chiesa di S. Rocco, mi par pro­prio che quanto io ne dissi in quelle po­che pa­gine di ri­cor­danza scritte poco dopo la di lui morte, [la già ri­cor­data let­tura dell’agosto 1873] non sia stato né ben ca­pito, né bene in­ter­pre­tato. Io non ho mai pen­sato di far cre­dere a un su­bi­ta­neo ri­vol­gi­mento di quella grande anima, a un miracolo.
Il fatto è vero; le pa­role sono te­stuali; il Man­zoni le ri­peté nella in­tima con­fi­denza a uno de’ suoi mi­gliori amici che per anni e anni gli fu as­si­duo vi­si­ta­tore, e di cui egli fa­ceva al­tis­sima stima, e che me lo scrisse (Don Na­tale Ce­roli), né io avrei osato mu­tarvi pure una sil­laba. Del re­sto, in quella mezza pa­gina ov’io nar­rai la vi­sita a S. Rocco, dissi pre­ci­sa­mente così: “Fu que­sta (il ma­tri­mo­nio a Pa­rigi) la prima oc­ca­sione per il Man­zoni di stu­diar me­glio le cose re­li­giose ; e da quell’ora sentì, me­ditò lun­ga­mente, né il mu­ta­mento del suo cuore fu l’opera del soave af­fetto e delle per­dute il­lu­sioni gio­va­nili; ma fu la con­se­guenza di una se­vera e pro­fonda ri­cerca. La sua mente lo­gica, in­con­ten­ta­bile, lo con­du­ceva a pe­ne­trare le ra­gioni della sto­ria e della vita; e come nes­suno più di lui seppe unire la fede con la li­bertà del pen­siero, at­te­nen­dosi, ecc. ecc. „ Come si può dire, dopo que­sto, ch’io narri e creda la con­ver­sione del Man­zoni un mi­ra­colo? Ognuno sa che, nelle lotte del pen­siero, v’è un mo­mento in cui cessa la guerra del dub­bio, e la vo­lontà vince. E que­sto io credo che av­venne del poeta al mo­mento che en­trava in S. Rocco. Egli sentì e volle la fede, e l’ebbe in quell’ora la prima volta.»


Do­cu­mento 2 – Ar­ti­colo di Dalla Torre
[te­sto ri­por­tato con no­stre pic­cole mende re­da­zio­nali, pu­ra­mente ortografiche].
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Vita e Pen­siero – Ras­se­gna ita­liana di cultura

Fa­sci­colo IV – Aprile 1936 – XVI – pag. 171-173

Il me­de­simo con­te­nuto venne pre­sen­tato (ma senza firma) su L’Osservatore Ro­mano del 12 aprile 1936, pag. 2 con il ti­tolo “La Re­sur­re­zione del Poeta della re­sur­re­zione

La con­ver­sione del Man­zoni av­venne in San Rocco a Parigi?

L’idea e il pro­po­sito di ri­cor­dare in S. Rocco di Pa­rigi la con­ver­sione di Ales­san­dro Man­zoni, ha de­stato in Fran­cia non meno che tra noi cor­diale interesse.
Ma … ma, an­che la via delle mi­gliori ini­zia­tive è se­mi­nata di « ma». E i « ma » sono delle ob­bie­zioni po­ste in­nanzi per non pre­ci­pi­tare ir­re­pa­ra­bil­mente le cose.
Non per la la­pide che una volta po­sta per isba­glio può es­ser sem­pre ri­mossa – quan­tun­que se tutte le la­pidi sba­gliate do­ves­sero es­sere ri­mosse, il la­pi­dato mondo sten­te­rebbe a con­ser­varne ben po­che – sib­bene per co­loro che aves­sero com­messo l’errore di Ia­sciarla murare.

E qui si tratta di una chiesa, di una chiesa ce­le­bre. In fatto di let­te­ra­tura ed arte un pan­theon ad­di­rit­tura. Si tratta della Fran­cia, si tratta dell’Italia; si tratta di un nome di fama mon­diale e del più gran fatto che si le­ghi a quel nome, per­ché senza di esso Ales­san­dro Man­zoni non sa­rebbe stato «il Manzoni!».

E le ob­bie­zioni na­tu­ral­mente son que­ste: l’episodio av­venne pro­prio in San Rocco? E fu pro­prio una con­ver­sione? Cioè la con­ver­sione fol­gorò nell’aristocratica chiesa di Pa­rigi, o sotto le sue volte ebbe epi­logo e con­ferma? È chiaro che se non si ri­spon­desse af­fer­ma­ti­va­mente alle due do­mande, la pre­co­niz­zata la­pide non avrebbe, al­meno in quel luogo, ra­gione di essere.

Il Ca­no­nico H. Cou­get, Cu­rato di San Rocco, nel suo Bol­let­tino par­roc­chiale di Gen­naio s’è chie­sto ap­punto: Man­zoni s’è con­ver­tito a San Rocco? E dopo di aver detto ai suoi let­tori « d’abord qui était Man­zoni? » … ha ri­spo­sto all’altra do­manda con­chiu­dendo an­zi­tutto che se il Fa­bris e il Giu­sti par­lano d’una chiesa, l’Arrivabene, il Car­cano, lo Za­nella in­di­cano San Rocco; e in se­condo luogo che a San Rocco, ri­fu­gia­tosi con la mo­glie En­ri­chetta Blon­del la sera del 2 aprile 1810, dopo aver corso pe­ri­colo di ve­der­sela mo­rire fra le brac­cia per la stretta della folla, dopo es­sersi sen­tito quasi man­care in quel pio ri­fu­gio ove echeg­gia­vano dei soavi canti re­li­giosi, sentì « agi­tarsi in lui delle forze se­crete che lo pie­gano al cat­to­li­ci­smo ». I suoi dubbi sull’esistenza di Dio si riaf­fac­ciano al suo spi­rito; ma la co­scienza che in­sieme alla mo­glie è sfug­gito a un grave pe­ri­colo lo af­ferra e gli ispira una ar­dente pre­ghiera di ri­co­no­scenza. Fu per lui come una ri­sur­re­zione. Ei si rialza cre­dente ed esce di chiesa tutto com­mosso, cat­to­lico e cat­to­lico fervente.

Un gior­nale ita­liano de­finì tutto que­sto « una in­ge­gnosa ipo­tesi in­torno al pos­si­bile av­ve­ni­mento che af­frettò la con­ver­sione del no­stro grande Ales­san­dro Man­zoni » non senza no­tare che « un al­tro di­stinto sa­cer­dote fran­cese, il rev. Jo­li­vet, pro­fes­sore di fi­lo­so­fia, ag­giunge qual­che cosa all’ipotesi; in modo però da ren­derla – se si vo­glia – su­per­flua » e tro­vava « in­te­res­sante ri­le­vare come que­sta se­conda con­get­tura possa me­glio della prima av­vi­ci­narsi ai fatti quali fu­rono nella vita del poeta ed al ca­rat­tere di lui ».
Per lo Jo­li­vet cioè « la ri­con­qui­sta della Fede data si­cu­ra­mente prima della bur­ra­scosa se­rata pa­ri­gina del 1810»; tant’è vero che, a parte l’influenza re­li­giosa spie­gata nell’animo del Man­zoni dalla mo­glie, per quanto cal­vi­ni­sta, in­cline al cat­to­li­ce­simo, le nozze, già con­tratte se­condo il rito ri­for­mato il 6 feb­braio 1808, « erano state ce­le­brate se­condo il vero rito cat­to­lico nel feb­braio 1810 » alla Mad­da­lena, e quindi più di un mese in­nanzi l’incidente. È vero al­tresì che il Jo­li­vet non ha po­tuto ve­ri­fi­care se nel quarto vo­lume delle opere del poeta ci sia un ac­cenno alla sera del 2 aprile, ma gli sem­bra di po­ter dire co­mun­que « che l’emozione pro­vata dal poeta e dalla mo­glie può avere avuto sem­mai l’effetto di raf­for­zare una con­ver­sione lun­ga­mente ma­tu­rata e con­clusa con la ac­cet­ta­zione del ma­tri­mo­nio cat­to­lico ». Se mai, la sola En­ri­chetta si con­vertì a San Rocco, vi­sto che il 22 mag­gio di quell’anno ella abiurò al cal­vi­ni­smo e si fece cat­to­lica. E dire che Piero Fossi nel suo vo­lume « La con­ver­sione di Ales­san­dro Man­zoni » aveva fin dal 1933 ri­mosso ogni dubbio.

E an­zi­tutto del fatto av­ve­nuto nella Chiesa di San Rocco e non in al­tra, danno te­sti­mo­nianza ol­tre all’Arrivabene, al Car­cano, allo Za­nella, il Bar­biera per averlo ap­preso dalla Con­tessa Maf­fei che lo sentì nar­rare dallo stesso Man­zoni; Da­vid Norsa, che l’ebbe egual­mente dal poeta; Carlo Ma­genta nella fede del fi­glia­stro di Man­zoni, Carlo Stampa. Che il fatto con­si­sta nella con­ver­sione e nella « su­bita » con­ver­sione di Man­zoni, lo at­te­stano non solo il Car­cano, il Giu­sti, l’Arrivabene, an­cora – ai quali forse ta­luno po­trebbe op­porre va­ghi ac­cenni di pre­ce­denti in­quie­tu­dini – non mai di con­ver­sione da parte del Car­cano e d’altri, o di in­di­spo­si­zione fi­sica da parte di Cantù, di Gio­vanni Vi­sconti Ve­no­sta, di Fa­bris, di Ma­genta – ma lo as­si­cura Man­zoni allo stesso Za­nella, alla Maf­fei, al Nora, alla Con­tessa Dio­data Sa­luzzo, alla fi­glia Vit­to­ria. Allo Za­nella cui con­fessò: « dopo af­fan­nosa pre­ghiera mi le­vai cre­dente »; alla Maf­fei, alla quale disse di aver escla­mato in San Rocco: « Dio se esi­sti ri­ve­lati a me »; al Norsa: « O Dio se ci sei fam­miti co­no­scere e to­glimi da que­ste pene. Da quel mo­mento cre­dette »; alla Con­tessa Sa­luzzo cui il poeta scri­veva nel 1828: « La espres­sione sin­cera di que­sta (per­sua­sione) può, nel mio caso in­durre un’idea pur­troppo falsa, l’idea d’una fede cu­sto­dita sem­pre con amore … men­tre in­vece que­sta fede l’ho al­tre volte ri­pu­diata e con­tra­detta col pen­siero, coi di­scorsi, con la con­dotta … ; per un ec­cesso di mi­se­ri­cor­dia mi fu re­sti­tuita »; alla fi­glia fi­nal­mente cui quest’accenno di mi­se­ri­cor­dia fu ri­ve­lato, pre­sente il Gior­gini che ne scrisse nel 1876 a Carlo Ma­genta, così: Ma per­ché papà – le avea chie­sto Vit­to­ria – per­chè non mi hai rac­con­tato mai come andò che di­ve­ni­sti cre­dente? Fi­gliuola mia – ri­spose il Man­zoni – rin­gra­zia Id­dio ch’ebbe pietà di me … quel Dio che si ri­velò a San Paolo nella via di Damasco ».

Dun­que con­ver­tito come Saulo: dun­que la via di Da­ma­sco del No­stro pas­sava per San Rocco.

Le ob­bie­zioni di Jo­li­vet? Il ma­tri­mo­nio cat­to­lico prima del fatto? Cose ben note, stu­diate, di­scusse, de­cise: il bat­te­simo cat­to­lico della fi­gliuo­letta, il ma­tri­mo­nio cat­to­lico erano av­ve­nuti in os­se­quio alle tra­di­zioni di fa­mi­glia na­tu­ral­mente ra­di­cate in un ari­sto­cra­tico e in uno spi­rito pro­fon­da­mente con­ser­va­tore. Ma con­ver­sione no.
Tanto vero che il ma­tri­mo­nio s’era fatto con di­spensa dalla Confessione.

Le ob­bie­zioni che pos­sono sor­gere tra la ver­sione re­li­giosa e quella psi­co­fi­sica dell’episodio? Non reg­gono egual­mente. Chi ne parlò in que­sto senso non lo fece per ne­gare che in quelI’occasione non vi fosse stata una Con­ver­sione; ma per dire che an­che in quell’occasione, come poi all’improvvisa no­ti­zia della scon­fitta di Wa­ter­loo e quindi delle per­dute spe­ranze ita­liane, il Man­zoni fu colto da una de­pres­sione ner­vosa che andò poi ac­cen­tuan­dosi co­stante nella vec­chiaia. I due ef­fetti dello spa­ven­toso tur­ba­mento non si eli­dono; sono in­sieme spie­ga­tis­simi, sono anzi le ca­rat­te­ri­sti­che di molte stre­pi­tose conversioni.

Si può op­porre che una stretta di folla, il ti­more che la mo­glie ne avesse danno an­che grave, l’averlo schi­vato non ba­stano a con­ver­tire uno spi­rito forte, un alto in­tel­letto? Ma sta di fatto che qui cade in equi­voco lo stesso Cu­rato di San Rocco.
Man­zoni non avea vi­sto in pe­ri­colo la mo­glie, l’avea per­duta ad­di­rit­tura. Ne fanno pre­cisa pa­rola Cantù, la Maf­fei, De Gu­ber­na­tis e Norsa. L’avea ve­duta strap­pata dal suo fianco, e an­dar alla de­riva con la folla ur­lante dopo lo scop­pio dei fuo­chi d’artificio; con la folla che ab­bat­teva, cal­pe­stava, schiac­ciava. La cer­tezza ch’ella sa­rebbe stata tra­volta, ch’egli se l’avesse ri­tro­vata, l’avrebbe ve­duta mas­sa­crata o fe­rita, lo in­ve­stì ab­bat­ten­dolo in una pau­rosa an­go­scia mor­tale. So­spinto fuori dal tur­bine, vagò per le vie vi­cine alla Piazza delle Tuil­le­ries ov’era ac­ca­duto il sinistro.

Si trovò per caso din­nanzi a San Rocco, vi en­trò. Si pre­gava. Una spe­ranza, una calma im­prov­visa lo ri­chia­ma­rono a sè stesso rin­fran­cato: gli sug­ge­ri­rono l’invocazione ch’è una pre­ghiera, un atto di fede.

La psi­co­lo­gia della crisi è nei suoi ele­menti pro­por­zio­nata, nel suo svi­luppo ine­cep­pi­bile. O forse c’è una la­cuna ancora?
Man­zoni in quella sera tre­menda, in quell’ora sper­duta, ha gri­dato dal fondo dell’anima din­nanzi all’altare: « Si­gnore, se esi­sti ri­ve­lati a me, dammi la mia En­ri­chetta ». Così, con­cordi, la Maf­fei, Car­cano, De Gu­ber­na­tis e Norsa. Dun­que un dub­bio di­spe­rato e un patto di­spe­rato; dun­que, se mai, la con­ver­sione dopo il ri­tro­va­mento della mo­glie? No. Il Dio dell’Innominato, così come al ter­ri­bile vec­chio ne parla Fe­de­rigo: il Dio, che già l’agitava da tempo, ecco, gli par­lava nel cuore. Il grido del poeta è una ri­spo­sta. Non si in­voca chi si ignora o chi non c’ispira una fede o chi non è dalla no­stra ra­gione o dal no­stro istinto in­di­cato ca­pace di esau­dirci. Un at­timo, è vero; un ba­leno fra la voce in­terna e la no­stra: un’ultima in­cer­tezza, men­tre l’irresistibile senso d’una realtà non del tutto com­presa è già in noi e ci possiede.

Un cre­pu­scolo, sì; ma è la luce pel sole che lo il­lu­mina! Paolo, an­cora, sulla via di Da­ma­sco, evo­cato dal Man­zoni alla fi­glia Vit­to­ria. Il per­se­cu­tore non com­pren­deva, sen­tiva. Au­diva tut­ta­via a ten­toni quando si rizzò. Solo da Ana­nia ebbe la luce piena de­gli oc­chi e della mente, come Man­zoni la ebbe – tenga pre­sente an­che que­sto l’abate Jo­li­vet – dai suoi di­ret­tori di spi­rito prima a Pa­rigi e poi a Mi­lano, ov’ei tornò fi­nal­mente alla vita sacramentale.
A San Rocco vera, in­dub­bia, la ri­sur­re­zione: « Si levò cre­dente – così lo Za­nella – e pensò come un giorno mi disse, sin d’allora, l’Inno della resurrezione».

È per que­sto che io già pro­posi che la la­pide de­sti­nata a ri­cor­dare l’evento dica come Ales­san­dro Man­zoni a San Rocco provò in se stesso tutta la pro­fonda ve­rità del detto po­sto da Pa­scal sulle lab­bra del Si­gnore per chi vo­lendo tor­nare a Lui, crede di non pos­se­derlo an­cora: « Non mi cer­che­re­sti se non mi avessi trovato ».

GIUSEPPE DALLA TORRE
di­ret­tore de « L’Osservatore Romano »

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*** No­stra nota: L’articolo di Dalla Torre è scritto con pas­sione e abi­lità: in esso sono date ri­spo­ste a obie­zioni (la­tenti o già espresse) circa la li­ceità o meno di ono­rare in una chiesa un fe­no­meno per­fet­ta­mente pri­vato quale fu la con­ver­sione di Man­zoni. Di­ciamo che le ar­go­men­ta­zioni di Dalla Torre si pre­ste­reb­bero a nu­me­rose os­ser­va­zioni. Ma le svol­ge­remo altrove.

Qui ci ba­sti os­ser­vare che in que­sta prima fase i sa­cer­doti-pub­bli­ci­sti fran­cesi Cou­get e Jo­li­vet (di quest’ultimo par­le­remo in al­tra oc­ca­sione, era uno sti­ma­tis­simo e molto noto fi­lo­sofo del cri­stia­ne­simo) ten­de­vano a ve­dere nel ri­torno alla re­li­gione di Man­zoni un “pro­cesso graduale”.

Dalla Torre sen­tiva in­vece la ne­ces­sità di ri­mar­carne un ca­rat­tere “ec­ce­zio­nale”, quasi mi­ra­co­li­stico (ma Dalla Torre è at­tento a non usare que­sta espres­sione) della conversione.
Per il mo­mento ci ba­sti os­ser­vare che per la mi­glior riu­scita del pro­getto vi era evi­den­te­mente bi­so­gno per i suoi pro­mo­tori ita­liani di creare un certo tipo di cor­nice, di fa­cile com­pren­sione, ben me­mo­riz­za­bile e con­di­vi­si­bile da molti.

È in­te­res­sante an­che l’insistito ri­fe­ri­mento a San Paolo. In esso è in­tesa buona parte dei con­te­nuti dell’intero pro­getto per la targa a Man­zoni nella chiesa di Parigi.
Ap­pare ab­ba­stanza tra­spa­rente che, per i pro­mo­tori, nel “ri­torno alla re­li­gione” di Man­zoni fosse chiaro il le­game con il suo pre­ce­dente “atei­smo”. Che, anzi, pro­prio da ele­menti di quell’ateismo (aspi­ra­zione alla de­mo­cra­zia e alla li­bertà, anti-raz­zi­smo) traesse molti ele­menti della sua forza.

Si ri­cordi la vi­cenda nar­rata nel Van­gelo: «Saulo frat­tanto, sem­pre fre­mente mi­nac­cia e strage con­tro i di­sce­poli del Si­gnore, si pre­sentò al sommo sa­cer­dote e gli chiese let­tere per le si­na­go­ghe di Da­ma­sco al fine di es­sere au­to­riz­zato a con­durre in ca­tene a Ge­ru­sa­lemme uo­mini e donne, se­guaci della dot­trina di Cri­sto, che avesse tro­vati. E av­venne che, men­tre era in viag­gio e stava per av­vi­ci­narsi a Da­ma­sco, all’improvviso lo av­volse una luce dal cielo e ca­dendo a terra udì una voce che gli di­ceva: “Saulo, Saulo, per­ché mi per­se­guiti?”. Ri­spose: “Chi sei, o Si­gnore?”. E la voce: “Io sono Gesù, che tu per­se­guiti! Orsù, al­zati ed en­tra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare”.» (Atti 9,1-9).

Come Paolo di Tarso, im­pla­ca­bile per­se­cu­tore dei cri­stiani, col­pito da luce di­vina, si tra­sformò nel San Paolo grande si­ste­ma­tiz­za­tore del cri­stia­ne­simo che co­no­sciamo, così Man­zoni (di­ciamo noi: da aspi­rante ispi­ra­tore di una cam­pa­gna di scri­stia­niz­za­zione da con­durre in Ita­lia, re­sosi con­sa­pe­vole della de­bo­lezza strut­tu­rale di ogni mo­vi­mento per l’unità e l’indipendenza d’Italia che pre­scin­desse dall’unicità di lin­gua e di ri­fe­ri­menti etici) di­venne uno dei più so­lidi pi­la­stri del cat­to­li­ce­simo di casa no­stra e – in­sieme e per que­sto – un for­mi­da­bile su­sci­ta­tore dell’ondata po­li­tico-cul­tu­ral-mi­li­tare che nel giro di po­chi de­cenni portò all’affermazione della nuova Ita­lia – 1861.

Tra­spare chia­ra­mente in fi­li­grana il mes­sag­gio di Dalla Torre: Quella “con­ver­sione” di Man­zoni fu un mo­mento solo ap­pa­ren­te­mente “pri­vato” e fu di fatto – at­tra­verso una spinta non solo da raf­fi­nato in­tel­let­tuale ma ac­ces­si­bile a tutti – il primo mo­mento di un pro­cesso emi­nen­te­mente pub­blico, va­lido sem­pre, quindi an­che nei tra­va­gliati mo­menti del 1936-37 e de­gno di es­sere le­git­ti­ma­mente ri­cor­dato in un tem­pio del cattolicesimo.


Do­cu­mento n. 3 – Let­tera di Dalla Torre a Couget

[no­stra tra­du­zione dal francese]

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«Città del Va­ti­cano, 22 aprile 1936

M.r l’Abbé M***. Couget
24, rue Saint Roch
Paris

Re­ve­ren­dis­simo Abate,
ho ri­ce­vuto la vo­stra let­tera in­di­riz­zata al rev. P. Gemelli.

Sono io che vi ho in­viato il nu­mero della ri­vi­sta “Vita e Pen­siero” sulla quale è ap­parso il mio ar­ti­colo sulla con­ver­sione di Man­zoni nella chiesa di St. Roch. Vi ho fatto que­sto in­vio per adem­piere alla pro­messa fat­tavi per­so­nal­mente nel corso del mio ul­timo sog­giorno a Pa­rigi, di for­nire la do­cu­men­ta­zione de­fi­ni­tiva del fatto e del luogo dove si è verificato.
Vi in­vio qui an­che la bi­blio­gra­fia: voi po­tete ag­giun­gerla a quella che avete pub­bli­cato ne “Le Mes­sa­ger de Saint-Roch” dello scorso gennaio.

Mi sem­bra per­tanto, sulla base di que­sti do­cu­menti, che si possa or­mai ar­ri­vare alla co­sti­tu­zione del Co­mi­tato per la targa commemorativa.
Quando avrò ri­ce­vuto la vo­stra ri­spo­sta af­fer­ma­tiva a que­sto ri­guardo, ne scri­verò a P. Gemelli.
Nell’attesa, vo­gliate ac­co­gliere, Si­gnor Abate, l’attestato del mio cor­diale ricordo.
G. Dalla Torre»

***NdR: È un pic­colo er­rore: Dalla Torre scrive a “M”. Cou­get, che si chia­mava però Henry (equi­voco tra H e M, cosa fa­cile nella scrit­tura manuale).


Do­cu­mento n. 4 – Let­tera di Cou­get a Dalla Torre.

[no­stra tra­du­zione dal francese]

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Dio­cesi di Parigi
Par­roc­chia di Saint-Roch

Pa­rigi, 28 aprile 1936

Si­gnor Conte,
Vi rin­gra­zio di avermi vo­luto tra­smet­tere il vo­stro in­te­res­san­tis­simo ar­ti­colo su Man­zoni (“Vita e Pen­siero”) e di avermi fatto per­ve­nire una nuova do­cu­men­ta­zione su que­sto argomento.
La pub­bli­cherò nel pros­simo nu­mero del “Mes­sa­ger de Saint-Roch”. Se me ne date l’autorizzazione, pub­bli­cherò del pari, nel me­de­simo nu­mero, la tra­du­zione fran­cese del vo­stro ar­ti­colo di “Vita e Pensiero”.
Come voi, credo che ora si possa pen­sare alla co­sti­tu­zione di un Co­mi­tato per la targa com­me­mo­ra­tiva. Se mi per­met­tete di esporvi le mie idee in pro­po­sito, ag­giun­gerò che io pen­se­rei a un Co­mi­tato for­mato da ce­le­brità ita­liane e cat­to­li­che, alle quali si po­trà ag­giun­gere un pic­colo nu­mero di ce­le­brità fran­cesi e cat­to­li­che. Que­sto Co­mi­tato do­vrebbe as­su­mersi l’iniziativa per que­sta targa – che io non ho l’autorità di pro­muo­vere au­to­no­ma­mente. Il Co­mi­tato do­vrebbe de­le­gare due o tre de­le­gati con cui po­trei en­trare in rap­porto, per sta­bi­lire in­sieme il ca­rat­tere e la di­men­sione della targa, il te­sto dell’iscrizione, il luogo da ri­ser­varle nella chiesa, i passi for­mali da com­piere per ot­te­nere l’autorizzazione dall’autorità ci­vile, il pro­gramma della ce­ri­mo­nia di inau­gu­ra­zione, ecc.
Sarò lieto di fa­ci­li­tare in que­sto modo il ri­cordo, in Pa­rigi, di un grande poeta cat­to­lico italiano.
Vo­gliate gra­dire, Si­gnor Conte, l’espressione dei miei più di­stinti sentimenti.

H.C.
Ca­no­nico onorario
Cu­rato di Saint-Roch


Do­cu­mento n. 5 – Giu­seppe Dalla Torre al Ve­scovo Va­le­rio Va­leri, Nun­zio Apo­sto­lico in Francia.

[Ar­chi­vio Se­greto Va­ti­cano – prot. 1604 – Dio­cesi = Parigi]

L’Osservatore Ro­mano
il Direttore

Città del Va­ti­cano, 25 marzo 1937

«Ec­cel­lenza,
Da tempo era sorta l’idea di ri­cor­dare nella Chiesa di San Rocco a Pa­rigi, il ri­torno alla fede cat­to­lica di Ales­san­dro Man­zoni, che vi si era ri­fu­giato sotto il peso di an­go­sciosa sven­tura, la sera del 2 aprile 1810, in­vo­cando l’aiuto di Dio e ri­spon­dendo alla Sua Gra­zia. La la­pide re­che­rebbe la se­guente sem­plice epi­grafe: “En cette église = le cé­lè­bre écri­vain ita­lien = Ale­xan­dre Man­zoni = re­trouva la foi del son bap­tème = le 2 avril 1810”.
Il Co­mi­tato è così com­po­sto: dal sot­to­scritto come pre­si­dente, e come mem­bri: MM. il Ca­no­nico Cou­get, Par­roco di San Rocco, Geo­ges Goyau e Louis Me­de­lin dell’Accademia Fran­cese, Mons. Bou­di­n­hon Ret­tore di S. Luigi de’ Fran­cesi a Roma, Mons. Re­nato Fon­te­nelle, ca­no­nico di S. Pie­tro a Roma, Mar­chese Fi­lippo Cri­spolti, se­na­tore del Re­gno d’Italia. P. Ago­stino Ge­melli, Ma­gni­fico Ret­tore della Uni­ver­sità del S. Cuore, in Mi­lano, Gio­vanni Pa­pini, Sil­vio d’Amico, rev. Ce­sare An­ge­lini, e il rev. Ro­berto Jac­quin se­gre­ta­rio. Esso, dopo averne umi­liato no­ti­zia al Santo Pa­dre, ha chie­sto all’E.mo Car­di­nale Ver­dier, la Pre­si­denza onoraria.
Nel co­mu­ni­care a V.E. tutto que­sto, La prego di con­ce­dere alla ini­zia­tiva la Sua be­ne­vo­lenza e di vo­lerla benedire.
Chi­nato al ba­cio del Sa­cro Anello, mi pro­fesso della E.V. Rev​.ma […]

G. Dalla Torre


Do­cu­mento n. 6 – Ve­scovo Va­le­rio Va­leri, Nun­zio Apo­sto­lico in Fran­cia, a Dalla Torre

[Ar­chi­vio Se­greto Va­ti­cano – Prot. 1604 – Dio­cesi = Parigi]

Sig. Conte Dalla Torre
Di­ret­tore “Os­ser­va­tore Romano”

3 aprile 1937

«Le sono vi­va­mente grato d’avermi vo­luto in­for­mare della co­sti­tu­zione di un Co­mi­tato, com­po­sto di pub­bli­ci­sti ben co­no­sciuti ita­liani e fran­cesi, il quale si pro­pone di ri­cor­dare, nella chiesa di S. Rocco a Pa­rigi, il ri­torno alla fede cat­to­lica di Ales­san­dro Manzoni.
Non ho bi­so­gno di spen­der pa­role per dirLe quanto l’iniziativa mi sem­bri op­por­tuna e de­gna di lode e con quali sen­ti­menti formi i miei più sin­ceri voti per il fe­lice rag­giun­gi­mento delle no­bili fi­na­lità che l’hanno ispirata.
Vo­glio poi cre­dere che l’avvenimento – di così grande im­por­tanza nella vita e nell’attività dell’immortale scrit­tore – messo tanto op­por­tu­na­mente in ri­lievo _ farà com­pren­dere a chi ne avesse bi­so­gno, quali te­sori di luce può su­sci­tare la fede nelle in­tel­li­genze e nei cuori ed a quali frutti dare ori­gine che si sa­reb­bero al­tri­menti spe­rati invano.
La prego di gra­dire, sig. Di­ret­tore, in­sieme ai miei rin­gra­zia­menti e voti l’espressione … »

***** Fine dei Documenti *****

Que­ste due ul­time let­tere (fine marzo e ini­zio aprile 1937), scritte nel tono di una for­male cor­dia­lità fanno ri­flet­tere e, pur nella loro di­men­sione do­cu­men­tal­mente se­con­da­ria, con­fer­mano che die­tro all’iniziativa per la ce­ri­mo­nia in ri­cordo di Man­zoni non vi fos­sero solo mo­ti­va­zioni cul­tu­ral-re­li­giose ma an­che il tema di grande at­tua­lità dei rap­porti tra Va­ti­cano e Front Po­pu­laire francese.

Come ab­biamo vi­sto dai Do­cu­menti 1-2-3-4, il la­voro di pre­pa­ra­zione della ce­ri­mo­nia era stato av­viato per ini­zia­tiva di P. Ge­melli e di Dalla Torre già alla fine del 1935 e nei primi mesi del 1936 Della Torre aveva già pen­sato alla for­ma­zione del Co­mi­tato, evi­den­te­mente senza però par­larne con il Ve­scovo Va­leri, dal lu­glio 1936 Nun­zio Apo­sto­lico in Fran­cia, teo­ri­ca­mente la prima fi­gura che in­vece avrebbe do­vuto es­sere consultata.

E in­fatti è ab­ba­stanza cu­rioso che il Nun­zio Va­leri si ri­fe­ri­sca ai mem­bri del Co­mi­tato solo come a “pub­bli­ci­sti”, quando in­vece nell’elenco di Dalla Torre sono in­di­cate fi­gure con ruoli molto im­por­tanti sia per la sfera so­ciale cat­to­lica (Pa­dre Ge­melli, per esem­pio) sia della ge­rar­chia ec­cle­sia­stica, in primo luogo il Car­di­nale Ver­dier, il re­li­gioso al­lora più in­fluente in Fran­cia (e di di­chia­rati sen­ti­menti democratici).

Forse que­sta di­sto­nia tra i due in­ter­lo­cu­tori può es­sere spie­gata con una di­ver­sità di orien­ta­menti politici.
Dalla Torre era no­to­ria­mente di sen­ti­menti anti-fa­sci­sti. Il 31 mag­gio 1930 era stato con­tro di lui spic­cato un man­dato d’arresto per la li­nea di aperta cri­tica del re­gime per­se­guita da L’Osservatore Ro­mano. Dalla Torre se l’era ca­vata in modo cu­rioso: con uno strat­tone era sfug­gito alla presa di un fun­zio­na­rio di po­li­zia che stava pro­ce­dendo per strada al suo ar­re­sto e con un agile “salto” (in ter­mini pro­prio fi­sici) ol­tre la so­glia del Va­ti­cano si era messo in un ter­ri­to­rio “stra­niero”, fuori dalla giu­ri­sdi­zione della po­li­zia ita­liana. Il Ve­scovo Va­leri aveva pro­ba­bil­mente al­tri orientamenti.

Du­rante l’occupazione te­de­sca della Fran­cia, il Nun­zio Va­le­rio Va­leri era stato vi­cino al col­la­bo­ra­zio­ni­sta ge­ne­rale Pé­tain, evi­den­te­mente al di là de­gli ob­bli­ghi della di­plo­ma­zia. Im­me­dia­ta­mente dopo la li­be­ra­zione, De Gaulle aveva in­fatti co­mu­ni­cato al Va­ti­cano che, es­sendo Va­leri per­sona non gra­dita al po­polo fran­cese, avrebbe do­vuto es­sere im­me­dia­ta­mente so­sti­tuito. Al po­sto di Va­leri venne quindi in­viato dalla Santa Sede l’Arcivescovo Ron­calli, il fu­turo Gio­vanni XXIII, di al­tre sensibilità.

Fa­bio Stoppani
Cen­tro Studi Abate Stoppani

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Si rin­gra­ziano per la collaborazione:
– Isti­tuto Ita­liano di Cul­tura – Parigi
– Ar­chi­vio Se­greto del Vaticano
– Ar­chi­vio Sto­rico de L’Osservatore Romano.