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Mer­co­ledì, 6 set­tem­bre 2023

Cen­tro Studi Abate Stop­pani — Let­tera aperta al Pre­si­dente della Re­pub­blica Ser­gio Mat­ta­rella sulla ce­le­bra­zione in Mi­lano del 150º della morte di A. Man­zoni. Il te­sto ha la me­de­sima scan­sione in 18 pa­gine del fa­sci­colo a stampa.
Per sca­ri­care il fa­sci­colo in PDF: 150º Manzoni_Lettera al Pre­si­dente Mattarella

22 maggio 2023.
150º anniversario della morte di Alessandro Manzoni.

Lettera aperta
al Presidente della Repubblica
Sergio Mattarella.

Lecco, 6 settembre 2023.

Caro Presidente Mattarella,
come cittadini, Le siamo veramente grati per quanto Lei ha fatto e detto in Milano per il 150º della morte di Alessandro Manzoni.

Come legati a Lecco e come storici, dobbiamo invece farLe alcune osservazioni critiche (che Lei senza alcun dubbio accoglierà); e chiederLe qualcosa (che Lei certo saprà accordarci di buon grado) …

Caro Presidente Mattarella,
come cittadini, Le siamo veramente grati per quanto Lei ha fatto e detto in Milano per il 150º della morte di Alessandro Manzoni.

Come legati a Lecco e come storici, dobbiamo invece farLe alcune osservazioni critiche (che Lei senza alcun dubbio accoglierà); e chiederLe qualcosa (che Lei certo saprà accordarci di buon grado) …

Cor­tese attenzione
Pre­si­dente Ser­gio Mattarella

Lecco, 6 set­tem­bre 2023
Og­getto: An­che Lecco è città di Ales­san­dro Man­zoni e dei Pro­messi Sposi.

Caro Pre­si­dente Mattarella,
se­guo sem­pre con in­te­resse quanto ac­cade at­torno all’autore de “I Pro­messi Sposi” — come sto­rico e an­che per tra­di­zione fa­mi­gliare (il lec­chese mio bi­snonno Gio­vanni Ma­ria era fra­tello dell’Abate An­to­nio Stop­pani, dalla morte di Man­zoni tra i più con­sa­pe­voli e at­tivi in Ita­lia nel tu­te­larne la fi­gura da­gli as­salti del Va­ti­cano anti-conciliatorista).

Ho quindi pre­stato viva at­ten­zione a quanto da Lei fatto e detto in Mi­lano in oc­ca­sione del 150º an­ni­ver­sa­rio della morte di A. Man­zoni per il quale La rin­gra­zio come cit­ta­dino italiano.
Ma per il quale — come quasi-lec­chese e come os­ser­va­tore della realtà — debbo ma­ni­fe­starLe an­che al­cune os­ser­va­zioni cri­ti­che (che Lei sa­prà ac­co­gliere); e una ri­chie­sta (che Lei certo sa­prà soddisfare).

*****

Con il no­stro Cen­tro Studi ab­biamo se­guito, con­di­vi­den­done il senso, la ce­ri­mo­nia svol­tasi al mat­tino del 22 mag­gio al Fa­me­dio di Mi­lano: il “Si­len­zio d’ordinanza”, con il Capo dello Stato in deferente­ “at­tenti” di fronte alla tomba ­di Man­zoni, ha in­di­cato me­glio di mille pa­role come l’uomo che pro­mosse a sen­tire co­mune le leggi dell’umanità, della fra­ter­nità, della giu­sti­zia sia da con­si­de­rare come un Pa­dre della Pa­tria, non solo quella del primo Re d’Italia a cui egli diede la sua fi­du­cia — ma pro­prio la no­stra di oggi, in ac­ce­le­rata e sem­pre più sfa­vo­re­vole trasformazione.

Ab­biamo poi ascol­tato il di­scorso (tutt’altro che di cir­co­stanza) che Lei, caro Pre­si­dente, ha pro­nun­ciato nel po­me­rig­gio alla Casa del Man­zoni di Via Mo­rone 1, a co­ro­na­mento de­gli al­tri quat­tro che lo ave­vano pre­ce­duto con al­tri ac­centi (Giu­seppe Sala, Sin­daco di Mi­lano; At­ti­lio Fon­tana, Pre­si­dente della Re­gione Lom­bar­dia; An­gelo Stella e Gio­vanni Ba­zoli, Pre­si­denti del Cen­tro Na­zio­nale Studi Man­zo­niani) e della let­tura, da parte della brava Eleo­nora Gio­va­nardi, del brano del Cap. VI de “I Pro­messi Sposi”, nar­rante il con­fronto tra Pa­dre Cri­sto­foro e Don Rodrigo.

*****

Ri­ma­nendo fe­li­ce­mente fe­dele al la­scito etico-ci­vile di Man­zoni, il di­scorso del Capo dello Stato è ri­sul­tato di sor­pren­dente e per­fet­ta­mente con­di­vi­si­bile at­tua­lità — una inu­suale lec­tio ma­gi­stra­lis di vivo manzonismo.

Leg­gendo la realtà po­li­tico-so­ciale dei no­stri giorni at­tra­verso il pen­siero di Man­zoni, Lei, caro Pre­si­dente, ci ha ri­cor­dato in­fatti i fon­da­men­tali di una col­let­ti­vità sana:

… aspi­ra­zione alla li­bertà, all’indipendenza, all’autodeterminazione …

… ri­pu­gnanza e op­po­si­zione nei con­fronti della ti­ran­nide, dell’abuso di po­tere, della vio­lenza, dell’ingiustizia, spe­cial­mente con­tro i po­veri, gli umili, gli indifesi …

… nulla es­sere più ne­fa­sto della ra­gion di Stato cal­pe­stante i di­ritti di uo­mini e popolazioni

… nulla di più sa­cro della vita umana … la ve­rità pre­valga sulla men­zo­gna, la tol­le­ranza sull’odio, la pietà sulla vio­lenza, la mo­rale sulla convenienza …

… è la per­sona in sé de­sti­na­ta­ria di di­ritti uni­ver­sali, di tu­tela e pro­te­zione, non la sua ap­par­te­nenza a una stirpe, a una et­nia … è l’uomo in quanto tale, e non solo in quanto ap­par­te­nente a una na­zione, a es­sere por­ta­tore di di­gnità e di diritti …

… non esi­ste su­pre­ma­zia ba­sata sulla razza, sull’appartenenza e, in de­fi­ni­tiva, sulla so­praf­fa­zione, sulla per­se­cu­zione, sulla pre­va­lenza del più forte … con­cetti e as­sunti espres­sa­mente po­sti alla base della no­stra Co­sti­tu­zione repubblicana …

… il­le­citi sono gli ac­cordi in­ter­na­zio­nali ra­ti­fi­cati sulla te­sta dei po­poli e de­gli Stati: in­giu­sti e mo­ral­mente nulli i trat­tati sti­pu­lati da al­cuni su­gli af­fari d’altri, senza sen­tirli e con il solo ti­tolo della forza … inau­dita e ini­quis­sima la teo­ria che at­tri­bui­sce ad al­cuni il di­ritto di co­sti­tuire un di­ritto so­pra gli altri …

22 maggio 2023 / 150º anniversario della morte di Alessandro Manzoni.
Lettera aperta al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Lecco, 10 settembre 2023.

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… da con­dan­nare quelle classi di­ri­genti che as­se­con­dano il con­senso re­gi­strato nei son­daggi, piut­to­sto che co­struire po­li­ti­che di am­pio re­spiro, pro­iet­tate al futuro …

… la “Sto­ria della Co­lonna in­fame” svela i ri­schi della col­let­ti­vità quando i de­ten­tori del po­tere po­li­tico, le­gi­sla­tivo, giu­di­zia­rio com­piac­ciono gli umori delle folle ano­nime, i pre­giu­dizi, gli ste­reo­tipi, cer­can­done l’effimero con­senso e por­tando a tutti tra­ge­die, lutti e rovine …

… da pre­ser­vare a tutti i co­sti l’Italia unita, per­ché non ri­torni a es­sere una mera espres­sione geo­gra­fica, ma la sin­tesi alta di un unico po­polo, or­go­glioso della sua cul­tura, della sua sto­ria, della sua lin­gua, delle sue radici.

Bravo Pre­si­dente, siamo con Lei!
Un di­scorso il Suo, caro Mat­ta­rella, di per­fetto ri­cordo di Man­zoni e quindi — coe­ren­te­mente con il di lui ma­gi­stero — tutto in­cen­trato sull’oggi, sulle pro­ble­ma­ti­che che si pon­gono alla no­stra col­let­ti­vità non­ché sulla giu­sta di­re­zione per af­fron­tarle in modo re­spon­sa­bile, de­gno della mi­gliore umanità.

Fin qui quanto da Lei detto in oc­ca­sione del 150º della morte di A. Manzoni.
Lo ri­pe­tiamo come cit­ta­dini: tutto del tutto condivisibile.

Ma per quanto NON è stato detto?

Con­fer­man­doLe la no­stra vi­ci­nanza, ri­pren­diamo quanto Le ave­vamo an­ti­ci­pato: ab­biamo da ri­vol­gerLe una la­men­tela e avan­zarLe una ri­chie­sta.

Chi tiene alla cul­tura e alla me­mo­ria col­let­tiva si è in­fatti — ine­vi­ta­bil­mente — po­sto il pro­blema di quanto, in Mi­lano in quel 22 mag­gio 2023, NON è stato detto né da Lei, de­gnis­simo Pre­si­dente, né da al­cuno de­gli al­tri quat­tro in­ter­ve­nuti alla ce­le­bra­zione svol­tasi a Casa del Manzoni.

Da nessuno degli oratori, infatti, è stato fatto il più piccolo cenno a Lecco e all’ambiente lariano.

Si­len­zio su quel ter­ri­to­rio che tutto il mondo co­no­sce pro­prio gra­zie alle prime pa­role del ro­manzo di cui è ini­zio e ter­mine (“Quel ramo del lago di Como, che volge a mez­zo­giorno, tra due ca­tene non in­ter­rotte di monti …”) e di cui, lui vi­vente, Man­zoni venne ri­co­no­sciuto an­che in Eu­ropa come “ge­nius locis”.

Si­len­zio su quella Lecco che ne “I Pro­messi Sposi” è sim­bolo della na­tura (ma­ni­fe­sta­zione del di­vino — per Man­zoni, si in­tende), delle scelte esi­sten­ziali dell’individuo, delle re­la­zioni in­ter-per­so­nali — cen­tro pri­ma­rio della mac­china nar­ra­tiva del romanzo.

Men­tre l’altro cen­tro — Mi­lano — è em­blema della col­let­ti­vità, del con­fronto so­ciale e po­li­tico, dell’esaltazione dell’umanità at­tra­verso la cul­tura e la fede e in­sieme della sua ne­ga­zione at­tra­verso il pre­giu­di­zio, il so­pruso, l’ignoranza.

Due poli (il pri­vato e il pub­blico / la splen­dente na­tura uma­niz­zata e la ano­nima e spesso an­che ler­cia città) che non pos­sono es­sere di­sgiunti, pena la de­ca­denza dell’intera co­stru­zione etica man­zo­niana che Lei, Pre­si­dente, ha così bene rap­pre­sen­tato nel Suo discorso.

*****

Si po­trà dire che nep­pure un Suo pre­de­ces­sore, il Pre­si­dente Gio­vanni Leone, il 22 mag­gio 1973 anch’egli a Mi­lano in oc­ca­sione del 1º cen­te­na­rio della morte di Man­zoni, fece al­cun ri­fe­ri­mento a Lecco (e nep­pure Papa Paolo VI ne fece men­zione nella sua let­tera in ri­cordo di Man­zoni del 19 mag­gio 1973 al Car­di­nale Gio­vanni Co­lombo, Ar­ci­ve­scovo di Mi­lano) — sono dati di fatto ma non ne­ces­sa­ria­mente condivisibili.

E in­fatti, se ri­sa­liamo in­die­tro di un al­tro mezzo se­colo, ve­diamo che nel 1923 le cose an­da­rono di­ver­sa­mente e (senza vo­lerne trarre al­cuna po­si­tiva con­si­de­ra­zione sulla fi­sio­no­mia po­li­tica delle Au­to­rità pro­po­nenti non­ché su al­cuni pro­ta­go­ni­sti dell’evento), in oc­ca­sione del 50º della morte dello scrit­tore, Mi­lanoLecco si di­vi­sero quasi equa­mente l’onore di rap­pre­sen­tare Man­zoni — di­ciamo “quasi” per­ché la bi­lan­cia dell’attenzione isti­tu­zio­nale venne in­cli­nata a fa­vore di Lecco.

22 maggio 2023 / 150º anniversario della morte di Alessandro Manzoni.
Lettera aperta al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Lecco, 10 settembre 2023.

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A pre­scin­dere dall’indirizzo go­ver­na­tivo (Mus­so­lini il 5 marzo aveva sol­le­ci­tato le rap­pre­sen­tanze ita­liane all’estero a ini­zia­tive ce­le­bra­tive “per la dif­fu­sione della lin­gua che egli tanto onorò e stu­diò”), nelle due città (ma an­che a Me­rate, Bru­su­glio, Ber­gamo) già a par­tire dai primi dell’anno ven­nero te­nute nu­me­rose con­fe­renze; il 17 feb­braio a Lecco (al ter­mine del “Car­ne­va­lone”) te­nuta una pa­rata “I Pro­messi Sposi” in co­stume che ebbe gran­dis­simo suc­cesso di pub­blico; a Mi­lano or­ga­niz­zata una mo­stra di au­to­grafi e ci­meli man­zo­niani con­ser­vati presso il mi­la­nese e ro­smi­niano “Isti­tuto pei fi­gli della Prov­vi­denza”; pre­sen­tati i tre vo­lumi di epi­sto­la­rio man­zo­niano ine­dito, cu­rati da Mi­chele Sche­rillo e Giu­seppe Gallavresi.

Sul piano for­male, toccò al di­ciot­tenne Prin­cipe Ere­di­ta­rio Um­berto di rap­pre­sen­tare le Isti­tu­zioni. A Mi­lano, do­me­nica 20, in un tur­bi­nio di in­con­tri e vi­site ini­ziate alle 7,30 (ras­se­gna As­so­cia­zioni Mi­li­tari a Pa­lazzo Reale; vi­sita al Ca­stello Sfor­ze­sco; ce­ri­mo­nia all’Università Boc­coni a ri­cordo de­gli stu­denti ca­duti in guerra; vi­sita al Mu­seo Poldi Pez­zoli) il Prin­cipe di Pie­monte si reca alla Casa del Man­zoni di Via Mo­rone 1 (circa alle ore 11,00): all’ingresso in­con­tra i pa­renti del ce­le­brato; al piano terra ne vi­sita lo stu­dio-bi­blio­teca; al piano su­pe­riore (la cro­naca lo dice “com­mosso”) so­sta nella ap­po­si­ta­mente ri­com­po­sta ca­mera ove il poeta morì — alle 11,30 è già in strada, pronto ad al­tre vi­site, in­con­tri, pranzi …

Sem­pre do­me­nica 20, ma a Lecco, si svolge con gran con­corso di po­polo un nu­tri­tis­simo cor­teo for­mato dalle sco­la­re­sche della città, re­canti co­rone al mo­nu­mento di Manzoni.

Lu­nedì 21, a Mi­lano, nel po­me­rig­gio, il Mi­ni­stro dell’Istruzione Gio­vanni Gen­tile tiene alla Scala un di­scorso di com­me­mo­ra­zione (nes­sun ac­cenno a Lecco) — prima di par­lare legge un te­le­gramma di Mus­so­lini: «Vo­glia con­si­de­rarmi pre­sente alla ce­le­bra­zione man­zo­niana, rie­vo­ca­trice delle gran­dezze della no­stra let­te­ra­tura, del ge­nio della no­stra stirpe» (da no­tare quello “stirpe”, pro-me­mo­ria per le leggi raz­ziali di 15 anni dopo e si­no­nimo della “et­nia” ri­chia­mata an­che re­cen­te­mente da qual­cuno — caro Pre­si­dente quanto ha fatto bene a par­lare chiaro su que­sti aspetti nel Suo ot­timo discorso!).

E il 22 mag­gio (il giorno della ri­cor­renza vera e pro­pria della morte del No­stro) che successe?

A Mi­lano, nel po­me­rig­gio, Ar­turo To­sca­nini di­resse alla Scala il “Re­quiem”, com­po­sto 49 anni prima da Giu­seppe Verdi.

Ma per il 50º anniversario della morte di Manzoni, la commemorazione ufficiale, presenziata dal principe Umberto come rappresentante dello Stato, si tenne … a Lecco!

22 maggio 2023 / 150º anniversario della morte di Alessandro Manzoni.
Lettera aperta al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Lecco, 10 settembre 2023.

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Giunti a Lecco mar­tedì 22 mat­tina, l’Arcivescovo di Mi­lano, Car­di­nale Eu­ge­nio Tosi, e il Car­di­nale Pie­tro Maffi (Ar­ci­ve­scovo di Pisa, per due volte can­di­dato al so­glio pon­ti­fi­cio, da anni vi­cino alla fa­mi­glia reale) si re­cano a Villa Man­zoni al Ca­leotto (fino ai suoi 33 anni di­mora lec­chese di Ales­san­dro) dove vi­si­tano due espo­si­zioni: una (as­sai scarna) de­gli Scola con ar­redi già ap­par­te­nuti ai Man­zoni; l’altra, di ci­meli man­zo­niani pre­stati da pri­vati del territorio.

Alle 15,30 giunge a Lecco in auto il prin­cipe Um­berto di Sa­voia. So­stato bre­ve­mente alla Sot­to­pre­fet­tura, tra ac­cla­ma­zioni della folla si reca in car­rozza alla Ba­si­lica di San Ni­colò. Lì il Car­di­nale Maffi tiene il di­scorso di com­me­mo­ra­zione per il Cin­quan­te­simo della morte di Manzoni.

A parte la va­lu­ta­zione che ognuno può dare e del Prin­cipe Um­berto (ne­gli anni suc­ces­sivi prono al fa­sci­smo, an­che nelle sue ma­ni­fe­sta­zioni più aber­ranti) e del Car­di­nale Maffi, da ri­cor­dare per i con­tri­buti all’astronomia ma da di­men­ti­care come ul­tra na­zio­na­li­sta (l’unico prin­cipe della Chiesa a be­ne­dire le truppe ita­liane nell’assalto alla Li­bia nel 1911), è da con­sta­tare che lo Stato ita­liano ri­tenne che la ce­ri­mo­nia com­me­mo­ra­tiva del 50º della morte di Man­zoni do­vesse te­nersi a Lecco.

E che nell’ora di di­scorso su Man­zoni, di fronte a 2.000 cit­ta­dini (tutti se­duti, in as­so­luto si­len­zio), in aper­tura il Car­di­nale Maffi con belle e non avare pa­role ac­co­stò al grande scrit­tore l’Abate An­to­nio Stop­pani (en­trambi, pur con per­corsi di­versi, ci por­tano alla con­di­vi­sione dei su­blimi mondi della na­tura e della umana fra­tel­lanza) ri­chia­man­dolo an­cora qua e là nel discorso.

Al ter­mine della ce­ri­mo­nia, dopo una so­sta alla Ca­mera di Com­mer­cio, in auto con Ma­rio Cer­me­nati (pa­tron po­li­tico-cul­tu­rale della ce­ri­mo­nia) il prin­cipe si reca ai “luo­ghi man­zo­niani” e quindi a Villa Man­zoni al Ca­leotto; lì, ac­com­pa­gnato da si­gnore bianco ve­stite e alti uf­fi­ciali, anch’egli vi­sita (molto ra­pi­da­mente) le due espo­si­zioni già ri­cor­date; scruta con ap­po­sito po­tente can­noc­chiale i re­sti della rocca di Ver­cu­rago (detta dell’innominato); ri­parte in fretta per pren­dere il treno delle 18,00. Parte an­che il Car­di­nal Tosi.
Ri­mane in Lecco in­vece il Car­di­nale Maffi che vi­sita il mo­nu­mento a Man­zoni e in­ter­lo­qui­sce con la folla che ri­mane fitta in città fino a sera.

Mer­co­ledì 23 mag­gio mat­tina il Car­di­nale Maffi torna a Villa Man­zoni al Ca­leotto e vi ce­le­bra la Messa nella Cap­pella pri­vata della Villa.

Car­ton­cino espo­sto al Mu­seo Man­zo­niano di Lecco, Sala 4, con au­to­grafo del Car­di­nale Maffi (no­stra trascrizione):

«Alla No­bile e Il­lu­stre Fa­mi­glia Scola || per la squi­sita cor­te­sia 22-23 .V. 1923 || con com­mossa ri­co­no­scenza || Os­se­quiando – be­ne­di­cendo || P. Card. Maffi || Ar­civ. di Pisa».

Due delle fo­to­gra­fie espo­ste (sem­pre nella Sala 4), raf­fi­gu­ranti mo­menti della vi­sita del prin­cipe Um­berto a Villa Man­zoni al Caleotto.

–––––

Certi di fare cosa utile, se­gna­liamo alla Di­re­zione del Mu­seo (che evi­den­te­mente ignora es­sersi te­nuta in Lecco il 22 mag­gio 1923 la com­me­mo­ra­zione per il Cin­quan­te­simo della morte del per­so­nag­gio cui è de­di­cato il mu­seo) che sul fronte del pan­nello il­lu­stra­tivo della Sala 4 sono pre­senti va­rie di­sin­for­ma­zioni su cui sa­rebbe op­por­tuno in­ter­ve­nire (le evi­den­ziamo per comodità):

«[…] lo di­mo­strano an­che le fo­to­gra­fie rea­liz­zate in oc­ca­sione dell’importante vi­sita di Re Um­berto Il di Sa­voia (al­lora Prin­cipe Ere­di­ta­rio) e quella del Car­di­nale Pie­tro Maf­fei, Ar­ci­ve­scovo di Pisa, en­trambe av­ve­nute tra il 1922 e il 1923.»

Sem­pre per co­mo­dità, ri­ca­pi­to­liamo quanto già più so­pra nar­rato: in oc­ca­sione del Cin­quan­te­simo della morte di Ales­san­dro Man­zoni (22 mag­gio 1923), si re­ca­rono in vi­sita a Villa Man­zoni: il 22 il Prin­cipe Ere­di­ta­rio Um­berto; il 22 e il 23 il Car­di­nale Maffi, Ar­ci­ve­scovo di Pisa, che il 22 svolse il di­scorso di com­me­mo­ra­zione nella Ba­si­lica di San Nic­colò in Lecco.

–––––

Se­gna­liamo al­tresì l’errore rin­ve­ni­bile sulla le­genda del pan­nello, dove si legge:

«La vi­sita del prin­cipe Um­berto di Sa­voia a Villa Man­zoni, giu­gno1923».

La vi­sita av­venne il 22 mag­gio 1923.

Gra­zie!

22 maggio 2023 / 150º anniversario della morte di Alessandro Manzoni.
Lettera aperta al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Lecco, 10 settembre 2023.

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Per chiu­dere que­sta pa­ren­tesi cro­na­chi­stica, con­sta­tiamo an­che che a fine del 1923 venne emessa una se­rie po­stale di sei va­lori (“Pe­sca­re­nico” / cen­te­simi 10 — “Il Re­se­gone” / c.15 — “Ad­dio, monti …” / c.30 — “Quel ramo del lago …” / c.50 — “Casa Man­zoni” [a Mi­lano] / Lire 1 — “Ri­tratto di Man­zoni” / L. 5). Si po­teva far me­glio per il ri­tratto (co­mun­que fe­dele) ma sono di­da­sca­li­ca­mente ef­fi­caci i di­se­gni raf­fi­gu­ranti Lecco e il suo ter­ri­to­rio, a ri­cor­darne il le­game im­pre­scin­di­bile con Manzoni.
Come ri­cor­derà, Pre­si­dente, an­che nel 1973 venne emesso un fran­co­bollo, ma solo ri­por­tante il ri­tratto di Man­zoni; e la me­de­sima so­lu­zione si è adot­tata nel 2023, per cura del Mi­ni­stero delle Im­prese e del made in Italy — en­trambe le emis­sioni sono per­fet­ta­mente ano­nime quanto al con­te­nuto “mo­rale”.

Con la dif­fe­renza che nel 1973 il nome di Man­zoni era al­meno leg­gi­bile da chiun­que e il com­me­mo­rato, ri­tratto a calco del no­tis­simo di­pinto di Hayez, ab­ba­stanza fa­cil­mente riconoscibile.

Quello di quest’anno lo è in­vece solo dai pre-al­ler­tati: la firma au­to­grafa dello scrit­tore, già di non fa­cile let­tura per la gra­fia ot­to­cen­te­sca, è as­sur­da­mente in­cli­nata a 25 gradi e, a fran­co­bollo ovale stac­cato dal sup­porto, pre­senta smoz­zi­cato lo svolazzo.

Ma molto peg­gio è il ri­tratto, una rozza de­for­ma­zione di una bella foto di Man­zoni scat­tata da A. Du­roni (A). La di­versa in­for­ma­zione, data su Pro​to​fi​lia​.it dal pre­si­dente CNSM, il già ri­cor­dato Pro­fes­sor Stella, è er­rata: lì è ri­por­tata in­fatti ­­come fonte del ri­tratto una ano­nima in­ci­sione forse di fine Ot­to­cento, per di più pre­sen­tata a spec­chio, in­du­cendo a pen­sare che Man­zoni ve­stisse giac­che da donna (B).

Co­mun­que sia, caro Pre­si­dente, in que­sta emis­sione 2023 il po­vero Man­zoni è reso del tutto ir­ri­co­no­sci­bile: sot­trat­to­gli il nero pa­pil­lon d’ordinanza dei suoi ul­timi anni, gli hanno ri­fi­lato un con­fuso col­letto da co­lon­nello di ca­val­le­ria mes­si­cana; ar­ro­ton­dati a bam­bola gli oc­chi; reso in­di­stinto il ge­ne­roso e ca­rat­te­ri­stico orec­chio; fil­le­rato il lab­bro in­fe­riore che mamma Giu­lia gli aveva fatto sot­tile; bo­tu­li­niz­zato l’intero volto, certo per “farlo più gio­vane”, se­condo la ani­ma­le­sca moda chi­rur­gica di oggi.
Il “li­bro”, poi, su cui è di­spo­sta la firma storta, è rap­pre­sen­tato all’opposto della realtà (in un li­bro aperto le pa­gine ini­ziali e fi­nali hanno un in­gom­bro mag­giore delle cen­trali) — det­ta­gli, certo, ma in­di­ca­tivi di una sem­pre più mar­cata ina­de­gua­tezza del mondo “man­zo­niano” ufficiale.
22 maggio 2023 / 150º anniversario della morte di Alessandro Manzoni.
Lettera aperta al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Lecco, 10 settembre 2023.

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Non vor­remmo es­sere frain­tesi (da parte no­stra nes­su­nis­sima sim­pa­tia — anzi — per i rap­pre­sen­tanti del go­verno fa­sci­sta di al­lora non­ché per il prin­cipe Um­berto e per il Car­di­nale Maffi) ma è gio­co­forza ri­le­vare che nel 1923 a Lecco venne ri­co­no­sciuto, senza re­more da parte di al­cuno, un ruolo al­meno al­tret­tanto im­por­tante di Mi­lano per la vita e l’opera di Man­zoni; men­tre, nel 1973 e nel 2023, su Lecco è stato po­sto il co­per­chio del silenzio.

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Anche Lecco è città di Alessandro Manzoni.

Si­len­zio su quella Lecco nella quale la fa­mi­glia pa­terna di Man­zoni, già due se­coli prima della na­scita dello scrit­tore, era parte tra le più in­fluenti, nel bene e nel male si intende.
Ori­gi­nari della Val­sas­sina, i Man­zoni, pro­prie­tari di mi­niere di ma­te­rie fer­rose, si erano af­fer­mati in con­cor­renza ac­ca­nita con al­tri pos­si­denti, con­dotta con mille lite le­gali ma an­che a colpi di spada e fu­ci­late omi­cide a tradimento.

Non erano man­cate a loro ca­rico an­che le ac­cuse di ve­ne­fi­cio pub­blico ai tempi della pe­ste del 1630, pro­prio quella nar­rata due­cento anni dopo con tanta mae­stria e senso ci­vico dal pro­ni­pote Ales­san­dro. So­prusi, vio­lenze e con­flitti erano quindi in­trin­seci al quo­ti­diano de­gli avoli di Don Li­san­der il quale, prima an­cora di stu­diarle sui do­cu­menti, le vi­cende di Don Ro­drigo, dell’innominato e dei pro­cessi-tor­tura senza fon­da­mento le aveva certo sen­tite rac­con­tare nella sua fa­mi­glia lecchese.

Quella Lecco che Man­zoni stesso evo­cava come “il più bel paese del mondo”, aven­dovi pas­sato l’infanzia, l’adolescenza (con le pre­coci e già no­te­voli espe­rienze po­li­tico-let­te­ra­rie) e la prima ma­tu­rità fino ai suoi 33 anni, con le ge­niali in­ven­zioni poe­ti­che nel nome di una re­li­gione nuo­va­mente pura.

Quella Lecco di cui, come più fa­col­toso pro­prie­ta­rio del ter­ri­to­rio, tra il 1814 e il 1816 fu an­che il primo de­pu­tato nei “Con­vo­cati Ge­ne­rali” — quanto ci sa­rebbe da sca­vare in quella di­re­zione sul piano sto­rio­gra­fico! E come si­ste­ma­ti­ca­mente ven­gono igno­rati que­sti ele­menti così significativi!

Quella Lecco con cui, an­che quando se ne al­lon­tanò a ma­lin­cuore (la ma­dre Giu­lia non le­gava con le ma­trone lec­chesi) Man­zoni con­ti­nuò ad avere un co­stante le­game sen­ti­men­tale ed esi­sten­ziale at­tra­verso no­te­voli con­cit­ta­dini, suoi amici da sempre.

Ba­sti ri­cor­dare Fran­ce­sco Ti­cozzi (tra l’altro zio della ma­dre dell’Abate An­to­nio Stop­pani) — nel 1797 tra i primi nelle lotte de­mo­cra­tico-pa­triot­ti­che del ter­ri­to­rio nella Re­pub­blica Ci­sal­pina; du­ra­mente de­te­nuto nel breve ri­torno de­gli au­striaci nel 1799; poi Pre­fetto di Na­po­leone e Croce di Ferro; sem­pre in­timo della fa­mi­glia Man­zoni e con­su­lente di Ales­san­dro fino alla pro­pria morte, 1824. Fu pro­prio Ti­cozzi a sten­dere il te­sta­mento di Pie­tro Man­zoni che in­di­cava il fi­glio Ales­san­dro come erede uni­ver­sale e le­gava alla mo­glie Giu­lia Bec­ca­ria “due pen­denti di dia­manti”.

Quel ri­fe­ri­mento ai “due pen­denti” (più duri an­che dell’acciaio) fu, da parte di Don Pie­tro in punto di morte, una bat­tuta de­ci­sa­mente bril­lante, a ricordo/smentita della gher­mi­nella av­vo­ca­te­sca che quin­dici anni prima (1792) aveva con­sen­tito alla mo­glie Giu­lia (già pro­tesa verso l’Imbonati, un ga­lante forse non me­dio­cre ma di certo tra i più ric­chi di Lom­bar­dia) di ot­te­nere la separazione.

E come? at­tra­verso la di lei at­te­sta­zione di mal­for­ma­zioni dell’apparato ge­ni­tale dello sposo (“Don Pie­tro non ha i te­sti­coli”). Dall’altro lato, a con­ferma, i suoi amici giu­ra­vano: “il pa­dre vero è Gio­vanni Verri” (scap­pa­toia dai ri­gori ma­tri­mo­niali della Sa­cra Rota cui si pre­sta­vano, pur di li­be­rarsi di mo­gli non gra­dite, an­che ma­riti noti per l’intensa e com­pro­vata at­ti­vità ero­tica extra-coniugale).

Sia detto per in­ciso: nes­suno aveva im­po­sto a Donna Giu­lia di ma­ri­tarsi con Pie­tro Man­zoni, né tanto meno nes­suno po­teva im­pe­dirle di se­pa­rar­sene con pieno di­ritto (e van­tag­gio) dopo la prima notte di nozze, re­sasi conto delle even­tuali man­canze ana­to­mi­che del no­vello sposo — pe­ral­tro in ot­time con­di­zioni eco­no­mi­che — ma all’altezza delle nozze (1782) Im­bo­nati non era an­cora alle viste.

Ba­sti ri­cor­dare Giu­seppe Bo­vara, uno dei mi­gliori ar­chi­tetti dell’epoca, che con Man­zoni tenne per tutta la lunga vita (morì anch’egli nel 1873) un rap­porto di spe­ciale ami­ci­zia, ma­tu­ra­zione delle fre­quen­ta­zioni in­fan­tili e ado­le­scen­ziali (Bo­vara poco più che bimbo aveva già ta­lento d’ingegnere e in­trat­te­neva Ales­san­dro con mo­delli di chiuse per l’irrigazione).
Di­ve­nuto fa­moso Man­zoni, in me­mo­ria di que­sta plu­ri­de­cen­nale e sem­pre viva ami­ci­zia, i fi­gli di Bo­vara ac­qui­sta­rono il ca­panno per la cac­cia delle al­lo­dole, già stato in Lecco del gio­vane Ales­san­dro, fa­cen­done un tem­pietto in onore dello scrittore.

22 maggio 2023 / 150º anniversario della morte di Alessandro Manzoni.
Lettera aperta al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Lecco, 10 settembre 2023.

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Ba­sti ri­cor­dare Ca­te­rina Pan­zeri, la sve­glia con­ta­dina che, alla ca­scina Co­sta di Gal­biate di pro­prietà dei Man­zoni (a po­chi chi­lo­me­tri dal Ca­leotto, sul Monte Barro, pro­spi­ciente Lecco e il Re­se­gone — ne prenda nota la Casa del Man­zoni), dal se­condo giorno di vita tenne Ales­san­dro a ba­lia e, fino ai cin­que anni, lo al­levò come uno dei suoi fi­gli. Man­zoni vec­chio te­neva an­cora me­mo­ria fre­sca e af­fet­tuo­sis­sima di quei suoi fra­telli di latte / com­pa­gni di chias­sosi giuo­chi agresti.

Quella Lecco che da de­cenni, ogni anno, de­dica una se­rie di eventi pub­blici alla me­mo­ria man­zo­niana cui, ne­gli anni, spesso hanno par­te­ci­pato come re­la­tori gli oggi di­men­ti­chi Pro­fes­sori del Cen­tro Na­zio­nale Studi Man­zo­niani. Per que­sto 2023, a com­me­mo­ra­zione della scom­parsa dello scrit­tore (pur con tutti i so­liti li­miti), sono stati pre­di­spo­sti ol­tre 30 mo­menti di in­con­tro, ini­ziati ai primi di mag­gio e in corso di rea­liz­za­zione fino a di­cem­bre — vedi l’apposito sito Web “man​zo​ni​lec​co150anni​.it”.

Come è stato pos­si­bile igno­rare tutto ciò?

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Si­len­zio su quella Lecco che di Man­zoni man­tiene tut­tora te­sti­mo­nianze non solo spi­ri­tuali o ar­ti­sti­che ma tan­gi­bili, tan­gi­bi­lis­sime — ma per le quali la pa­rola d’ordine da un pezzo im­pe­rante in quel di Mi­lano è “igno­ra­tele!” “non parlatene!”.

Come Villa Man­zoni al Ca­leotto, dei Man­zoni dal 1614 e dal 1940 Mo­nu­mento Nazionale:

Re­gio De­creto 29 feb­braio 1940-XVIII, n. 1354.
Di­chia­ra­zione di mo­nu­menti na­zio­nali della casa na­tiva di Ales­san­dro Man­zoni in Mi­lano, della Villa del Ca­leotto a Lecco e dell’ex Con­vento dei Cap­puc­cini di Pescarenico.
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Vit­to­rio Ema­nuele III [ecc.] …
Vo­lendo che i luo­ghi dove nac­que, stu­diò e visse Ales­san­dro Man­zoni siano par­ti­co­lar­mente con­ser­vati all’ossequio de­gli Ita­liani, ol­tre che tu­te­lati come edi­fici di im­por­tante in­te­resse sto­rico; / Sulla pro­po­sta del No­stro Mi­ni­stro Se­gre­ta­rio di Stato per l’educazione na­zio­nale; / Ab­biamo de­cre­tato e decretiamo:

Sono di­chia­rati mo­nu­menti na­zio­nali i se­guenti immobili:

Casa na­tiva di Ales­san­dro Man­zoni sita al n. 16 della via Uberto Vi­sconti di Mo­drone (ex via S. Da­miano) di Milano;
Villa del Ca­leotto a Lecco;
Ex Con­vento dei Cap­puc­cini di Pe­sca­re­nico.
.

Dato a Roma, addì 29 feb­braio 1940-XVIII / Vit­to­rio Ema­nuele III.

Sot­to­li­neando quel «Vo­lendo che i luo­ghi dove nac­que, stu­diò e visse Ales­san­dro Man­zoni», rias­su­miamo: due dei tre Mo­nu­menti Na­zio­nali de­di­cati a Man­zoni sono in Lecco, at­tivi e fre­quen­tati — il terzo, in Mi­lano, è pra­ti­ca­mente ine­si­stente (da non con­fon­dere con Casa del Man­zoni di Via Mo­rone 1, certo ben re­stau­rata gra­zie al so­ste­gno di In­tesa San­paolo, teca di do­cu­menti uti­lis­simi, sede del CNSM — ma non Mo­nu­mento Nazionale).

Villa Man­zoni al Ca­leotto di Lecco — Una grande di­mora da ot­ti­mati, a un tiro dal ma­gni­fico Ponte Az­zone Vi­sconti, per se­coli l’unico pas­sag­gio sull’Adda — mille volte per­corso da Man­zoni nel corso delle sue pe­re­gri­na­zioni nel ter­ri­to­rio, su cui:

«Pas­sano i ca­valli di Wal­len­stein, pas­sano i fanti di Me­rode, pas­sano i ca­valli di An­halt, pas­sano i fanti di Bran­de­burgo, e poi i ca­valli di Mon­te­cuc­coli, e poi quelli di Fer­rari; passa Al­trin­ger, passa Fur­sten­berg, passa Col­lo­redo; pas­sano i Croati, passa Tor­quato Conti, pas­sano al­tri e al­tri; quando piac­que al cielo, passò an­che Ga­lasso, che fu l’ultimo.»

Un grande edi­fi­cio all’interno del quale, al ter­mine della prima ita­lica av­ven­tura na­po­leo­nica, nella “bat­ta­glia di Lecco” del 1799, si scon­tra­rono dra­goni fran­cesi e co­sac­chi russi me­sco­lando a sec­chi il loro san­gue nelle stesse sale che oggi pa­ci­fi­ca­mente vi­si­tiamo — quanti rac­conti di vita vis­suta nar­rati dal fa­mi­glio Co­mino, ru­stico men­tore e na­sco­sto di­spen­siere del sem­pre af­fa­mato e fan­ta­sioso ado­le­scente Manzoni!

Villa Man­zoni al Ca­leotto di Lecco — Una pre­sti­giosa re­si­denza (a due passi da quel fiume la cui voce tante volte ri­suona nel ro­manzo) a sog­gior­nare nella quale il di­ciot­tenne poeta lec­chese (com­plice il pa­dre Pie­tro, ben lieto dei ta­lenti del fi­glio) po­teva de­gna­mente in­vi­tare l’aedo d’Italia Vin­cenzo Monti in­vian­do­gli l’ “Adda”, l’idillio per lui ap­po­si­ta­mente com­po­sto “in un giorno”.

22 maggio 2023 / 150º anniversario della morte di Alessandro Manzoni.
Lettera aperta al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Lecco, 10 settembre 2023.

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Una grande casa di fa­mi­glia, ai tempi del gio­vane Ales­san­dro ga­ia­mente po­po­lata da quat­tro zie pa­terne ex-mo­na­che (di una di que­ste è noto il ca­rat­tere vi­vace e spi­ri­toso), af­fet­tuose vice-ma­dri con le quali pas­sare gior­nate tutt’altro che gri­gie e tristi.

E co­mun­que per­fetto luogo di ri­trovo per la nu­me­rosa fa­mi­glia com­po­sta an­che dalle tre zie pa­terne ma­ri­tate a fi­gure di spicco del ter­ri­to­rio: zia Emi­lia Ma­ria, sposa del No­bile Mas­si­mi­liano Man­zoni di Bar­zio (pro­prie­ta­rio del forno della Bob­bia e abi­tante in Lecco); zia Fran­ce­sca Ma­ria, sposa del No­bile Guic­ciardo de Guic­ciardi di Ponte Val­tel­lina; zia Ma­ria Mad­da­lena Rosa, sposa del No­bile Ge­ro­lamo Ge­melli di Orta (sto­rico e in­tel­let­tuale) — per tutti: pa­lazzi, de­naro, cul­tura, relazioni.

Più tardi, dalla pri­ma­vera all’autunno, una lieta di­mora per la nu­me­rosa fa­mi­glia for­mata da Ales­san­dro e dalla sem­pre amata En­ri­chetta, adat­tis­sima an­che alle chias­sose corse sfre­nate dei fi­gli (e della mo­glie che, quanto a sana spen­sie­ra­tezza, non stava certo in se­conda fila).

E con la nonna Giu­lia (tra una vo­ciata e l’altra ai bam­bini: “fate poco chiasso, papà sta scri­vendo”) im­pe­gnata nello “stu­dio sotto il por­tico” (oggi non più esi­stente) a trat­tare con i nu­me­rosi co­loni in vi­sita alla casa pa­dro­nale per omaggi in na­tura, fare i conti, pa­gare i fitti, ri­ce­vere pre­stiti (Man­zoni aveva te­nute in tutto il ter­ri­to­rio, base per ra­mi­fi­cate e dif­fe­ren­ziate re­la­zioni sociali).

Un am­pio edi­fi­cio pa­dro­nale, senza par­ti­co­lari ca­rat­te­ri­sti­che este­tico-ar­ti­sti­che ma che funge bene da sede dell’ormai tren­ten­nale Mu­seo Man­zo­niano al cui in­gresso, tra i rin­gra­zia­menti, sono ci­tati i Pro­fes­sori del CNSM Gian Marco Ga­spari, Paola Ita­lia, An­gelo Stella non­ché Jone Riva di Casa del Man­zoni a te­sti­mo­niare che, an­cor­ché si­lenti in que­sto 2023, i “mi­la­nesi” la strada per Lecco la co­no­scono bene.

Un mu­seo che, con ap­pena un poco più di in­tel­li­genza sui mille van­taggi della cul­tura da parte della ca­tena de­ci­sio­nale del Co­mune di Lecco — e un po’ più di com­pe­tenza — po­trebbe de­gna­mente as­sur­gere a terzo polo della me­mo­ria man­zo­niana dopo la Brai­dense e la Casa del Man­zoni di Mi­lano. Di­ve­nendo, per. es., cen­tro con­ser­va­tivo sia delle va­ste espe­rienze cul­tu­rali e di re­la­zioni di Man­zoni nel lec­chese sia delle tante at­ti­vità svolte in Lecco da lec­chesi per la me­mo­ria dello scrit­tore sia delle mille e mille rea­liz­za­zioni che su Man­zoni sono state pro­dotte nel mondo in due­cento anni sui più di­versi mezzi di co­mu­ni­ca­zione — un campo va­stis­simo e di grande interesse.

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Come l’Ex-Convento dei Cap­puc­cini di Pe­sca­re­nico — Oggi be­nis­simo re­stau­rato (as­sieme alla at­ti­gua Chiesa di SS. Ma­terno e Lu­cia), nel ’600 svol­geva un im­por­tante ruolo come snodo delle re­la­zioni tra Como e Ber­gamo, sia come sede di so­sta per gli ec­cle­sia­stici iti­ne­ranti (con fun­zioni an­che giu­di­zia­rie, non di­men­ti­chia­molo) sia per sol­dati sban­dati o per per­se­gui­tati, in fuga dal do­mi­nio op­pres­sivo della Spa­gna verso la più li­bera Re­pub­blica di Venezia.

Nel ro­manzo, caro Pre­si­dente, ve ne è un chiaro ri­flesso (i tre fug­gia­schi dal ti­ranno lo­cale si sal­vano nella notte del ten­tato ra­pi­mento pro­prio gra­zie al so­ste­gno della co­mu­nità re­li­giosa di Pe­sca­re­nico). Ma il Con­vento, dal 1940 Mo­nu­mento Na­zio­nale, è nel ro­manzo so­prat­tutto l’umile di­mora di Pa­dre Cri­sto­foro, gran pro­ta­go­ni­sta dell’intera nar­ra­zione e per­so­ni­fi­ca­zione del pen­ti­mento at­ti­va­mente ca­ri­ta­tivo come scio­gli­mento dalla colpa del delitto.

Sono del Con­vento di Pe­sca­re­nico i frati que­stuanti che vi fanno capo per di­stri­buire ai mi­se­ra­bili il so­sten­ta­mento; ed è dal Con­vento di Pe­sca­re­nico che la mat­tina si muove Pa­dre Cri­sto­foro per af­fron­tare (nel suo pa­lazzo lec­chese) Don Ro­drigo in quello scon­tro che la brava Eleo­nora Gio­va­nardi ha così bene re­ci­tato, strap­pando an­che a Lei, Pre­si­dente, un cor­diale apprezzamento.

Si­len­ziare l’esistenza di que­sta an­tica di­mora di mo­naci al­trui­sti, pro­prio nel com­me­mo­rare Man­zoni, è un vo­lere ne­gare l’insegnamento etico dell’artista che fece presa — e lo fa tut­tora — sul sen­tire di chi sente giu­sto (re­li­gioso o ma­te­ria­li­sta che sia), e an­che of­fen­dere il li­ri­smo no­stal­gico di chi quei luo­ghi ha vis­suto e vive:

«Il con­vento era si­tuato (e la fab­brica ne sus­si­ste tut­ta­via) al di fuori, e in fac­cia all’entrata della terra, con di mezzo la strada che da Lecco con­duce a Ber­gamo. Il cielo era tutto se­reno: di mano in mano che il sole s’alzava die­tro il monte, si ve­deva la sua luce, dalle som­mità de monti op­po­sti, scen­dere, come spie­gan­dosi ra­pi­da­mente, giù per i pen­dii, e nella valle.»

22 maggio 2023 / 150º anniversario della morte di Alessandro Manzoni.
Lettera aperta al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Lecco, 10 settembre 2023.

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Come l’imponente e si­gni­fi­cante mo­nu­mento in bronzo che, opera di Con­fa­lo­nieri, dal 1891 nel cen­tro di Lecco ri­corda l’autore de “I Pro­messi Sposi”.

È in tutta Ita­lia il se­condo e ul­timo mo­nu­mento all’aperto de­di­cato a Man­zoni, dopo quello del Bar­za­ghi che dal 1883 sorge a Mi­lano in Piazza San Fe­dele, ma di quello ben su­pe­riore quanto a mes­sag­gio etico e so­ciale. È un bel mo­nu­mento, no­bil­mente par­lante an­che ai più sem­plici, con i suoi tre al­to­ri­lievi in bronzo che ne ar­ric­chi­scono la base.

Esem­pli­fi­cando di­da­sca­li­ca­mente il ro­manzo, rap­pre­sen­tano la vio­lenza — di cui le donne sono le prime vit­time ma in­sieme le più ca­paci nel ren­derla vana do­nando pace alla col­let­ti­vità. Il per­dono — come ipo­tesi di so­lu­zione dei con­flitti per­so­nali e so­ciali. La vit­to­ria de­gli umili con­tro i so­praf­fat­tori — vada a ve­derlo Pre­si­dente, ma­gari in in­co­gnito, per po­terne me­glio gu­stare la qua­lità ar­ti­stica e di pensiero.

Per la sua con­ce­zione e rea­liz­za­zione fu de­ter­mi­nante il lec­chese Abate An­to­nio Stop­pani che (nel pro­getto ori­gi­na­rio, fe­ro­ce­mente osta­co­lato dalla ge­rar­chia va­ti­cana) lo vo­leva edi­fi­care in con­tem­po­ra­nea con il mo­nu­mento a Ro­smini in Mi­lano, al­lora all’Indice del Vaticano.

No­no­stante gli in­ciampi, a fine ’800 l’Abate Stop­pani fu tra i primi a fare com­pren­dere e ac­cet­tare a tutto il no­stro bel Paese il le­game or­ga­nico e in­scin­di­bile tra Lecco e l’autore de “I Pro­messi Sposi” — af­fian­cato in ciò da al­tre ben note per­so­na­lità lec­chesi, anch’essi ta­len­tosi di­fen­sori dell’opera e della me­mo­ria del Man­zoni, come il ge­niale li­bret­ti­sta An­to­nio Ghi­slan­zoni (ex se­mi­na­ri­sta, so­cia­li­sta, cu­gino dell’Abate) e il pre­pa­ra­tis­simo na­tu­ra­li­sta Ma­rio Cer­me­nati (lo ab­biamo già in­con­trato come coor­di­na­tore della ce­le­bra­zione del cin­quan­te­simo del 1923).

E ciò an­che a con­tra­stare la ten­denza, per­se­guita te­na­ce­mente dai me­ne­ghini, di con­si­de­rare Man­zoni come tutto e solo “mi­la­nese”.

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Alessandro Manzoni è certo “milanese”
ma altrettanto certamente è anche “lecchese”.

Già nella com­me­mo­ra­zione all’Istituto Lom­bardo, a po­chi mesi dalla morte di Man­zoni, Giu­lio Car­cano ne ac­cen­nava l’origine solo con una ri­si­cata fra­setta («era d’antica fa­mi­glia, oriunda di Val­sàs­sina, ov’ebbe già feudi e ono­ranze») e in ses­santa pa­gine, con­te­nenti 11.000 pa­role, di­ceva il lemma “Lecco” solo una volta, e in un ano­nimo in­ciso to­po­gra­fico: «La fa­mi­glia, la quale sog­gior­nava gran parte dell’anno al Ga­leotto, vec­chio pa­lazzo in vi­ci­nanza di Lecco, vi con­dusse il fan­ciullo […]». — 31 parole.

Calco per­fe­zio­nato dal Pro­fes­sor A. Stella, Pre­si­dente del CNSM. Nella lunga pa­gina su “pro​to​fi​lia​.it”, so­pra ri­cor­data, Stella, su 8.200 pa­role, ri­corda anch’egli Lecco una sola volta: «di­scen­deva da una no­bile fa­mi­glia di Bar­zio, in Val­sas­sina, e sta­bi­li­tasi a Lecco (nella lo­ca­lità del Ca­leotto) nel 1612», riu­scendo a de­di­care le 19 pa­role della frase non al le­game tra Ales­san­dro Man­zoni e Lecco ma tra Lecco e la di lui “fa­mi­glia nel 1612”. Com­pli­menti per il virtuosismo!

Car­cano al­lora e Stella oggi, cioè, danno per scon­tata la ap­par­te­nenza esclu­siva di Man­zoni a Mi­lano sul piano bio­gra­fico; e di­men­ti­cano an­che il ruolo cen­trale della città la­riana nel ro­manzo: un si­len­zio da non ap­prez­zare in un in­tel­let­tuale come Car­cano, certo non sprov­ve­duto e fre­quen­ta­tore abi­tuale del Man­zoni — ma de­ci­sa­mente in­con­gruo nel Pre­si­dente del Cen­tro Na­zio­nale Studi Man­zo­niani nel cui Sta­tuto è chia­ra­mente in­di­cata la mis­sione «pro­muo­vere e coor­di­nare gli studi e le ri­cer­che in­torno alla vita ed alle opere di Ales­san­dro Manzoni […]».

È per ciò che, a volte, viene pro­prio da chie­dersi: ma que­sti let­te­rati di al­lora (e di oggi) lo hanno letto al­meno una volta il ro­manzo del da loro lau­da­tis­simo Don Li­san­der? Certo che lo hanno letto! ma pre­fe­ri­vano (e pre­fe­ri­scono) sor­vo­lare su quella in­gom­brante Lecco, di cui nes­suno vo­leva (e vuole) nep­pure pro­nun­ciare il nome! Nel 1873 come nel 2023!

Provi a im­ma­gi­nare, caro Pre­si­dente, una com­me­mo­ra­zione di Man­zoni in cui si parli solo di Lecco e del ter­ri­to­rio la­riano e si citi Mi­lano solo per dire che “è vi­cina a Monza” op­pure, in di­da­sca­lia a una vi­gnetta, “Duomo di Milano”!

22 maggio 2023 / 150º anniversario della morte di Alessandro Manzoni.
Lettera aperta al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Lecco, 10 settembre 2023.

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A stretto giro, però, l’Abate Stop­pani, forte della sua so­lida lec­che­sità (e dei suoi le­gami con l’ambiente che in Lecco aveva fre­quen­tato la fa­mi­glia Man­zoni fino al 1818) non­ché della più che fra­terna ami­ci­zia con l’Abate Ce­roli (che di Man­zoni fu per gli ul­timi tre­dici anni del poeta, suo as­si­stente e com­pa­gno di pas­seg­giate in Mi­lano), passò im­me­dia­ta­mente a chia­rire le cose nel 1874 con il suo ec­cel­lente li­bretto “I primi anni del gio­vane A. Man­zoni”, met­tendo bene in luce il le­game in­scin­di­bile tra Lecco e Man­zoni, sul piano bio­gra­fico ma so­prat­tutto su quello etico e “mo­rale”.

Tema che l’Abate chiarì ul­te­rior­mente anni dopo, con il grande mo­nu­mento a Man­zoni in Lecco, di cui ab­biamo ap­pena detto e at­tra­verso cui pro­pose la città la­riana come un vero e pro­prio “al­tare” na­zio­nale alla me­mo­ria man­zo­niana, ope­ra­zione ap­pro­vata e ac­cet­tata da tutta Italia.

L’azione dell’Abate mise un ma­ci­gno sulla ten­denza di ap­pro­pria­zione mu­ni­ci­pa­li­sta del Man­zoni da parte dei mi­la­nesi. Lecco fu così, fino alla fine de­gli anni ’60 del se­colo scorso, la sede na­tu­rale dei con­gressi man­zo­niani e delle ini­zia­tive cul­tu­rali re­la­tive al no­stro scrittore.

Dal canto loro i mi­la­nesi ci mi­sero più di un se­colo a de­ci­dersi di tor­nare all’arrembaggio del “brand” man­zo­niano, ri­cor­rendo a una stra­te­gia rozza ma evi­den­te­mente efficace.

In tempi a noi vi­cini, i me­ne­ghini, ac­co­dan­dosi a nar­ra­tori (gra­de­voli af­fa­bu­la­tori ma pes­simi sto­rici e os­ser­va­tori) e ar­go­men­tando a colpi di “si di­ceva” e di un di­pinto far­locco, hanno avuto la bella idea di af­fib­biare uf­fi­cial­mente al Man­zoni un pa­dre na­tu­rale, nella fi­gura di Gio­vanni, il più gio­vane dei Verri, sim­pa­tico e in­con­clu­dente de­bo­sciato ma quasi cer­ta­mente loro concittadino.

Pre­si­dente, dia una oc­chiata al sito Web di Casa del Man­zoni; vi tro­verà scritto, senza al­cuna ri­serva: «Già all’epoca po­chi erano i dubbi sulla vera iden­tità del pa­dre del bam­bino: non Pie­tro Man­zoni, ma­rito di Giu­lia, ma Gio­vanni Verri» dando a in­ten­dere che al­lora in Mi­lano non si par­lasse d’altro e che ne siano ri­ma­ste am­pie e at­ten­di­bili te­sti­mo­nianze. Che, in­vece, a 240 anni dal fat­tac­cio ri­sul­tano es­sere solo tre, ap­parse pub­bli­ca­mente solo a par­tire dal 1905 e di ben mo­de­sto va­lore critico-storico:

1/ Carte Cu­stodi del 1827-29 (ri­ma­neg­giate e pub­bli­cate dal bi­blio­te­ca­rio Lu­cien Au­vray nel 1905):

«Giu­lia Bec­ca­ria, ri­pu­gnando di vi­vere col ma­rito D. Pie­tro Man­zoni, si era de­cisa a pro­vo­care il di­vor­zio per il fon­dato mo­tivo di es­sere egli ina­bile al ma­tri­mo­nio, per la man­canza de’ te­sti­coli; ma sic­come tro­va­vasi gra­vida, ne fu dis­suasa da­gli amici per non pub­bli­care la sua ver­go­gna: onde par­torì al ma­rito il fi­glio non suo, Ales­san­dro.[…] Per as­se­ve­ranza di Pie­tro Ta­glio­retti, di Si­gi­smondo Riva e di al­tri amici della Giu­lia Bec­ca­ria-Man­zoni, il vero pa­dre di Ales­san­dro Man­zoni fu il ca­va­lier Gio­vanni Verri

Per­fetto! Que­ste le due frasi di Cu­stodi sem­pre ri­por­tate dai “mi­lan-ver­ri­sti” — che si fer­mano però sem­pre a mezza strada: ve­ri­tiere o meno che siano, esse sono in­fatti solo due di al­tre frasi, ben più se­rie, che ve­dremo più sotto.

Tor­nando alle no­ti­zie ana­to­mico-re­la­zio­nali so­pra ri­por­tate, Cu­stodi non dice né quando né da chi le ebbe e le an­notò senza cu­rarsi della loro evi­dente con­trad­di­zione: gli amici di Giu­lia, da un lato le sug­ge­ri­scono di non par­lare di im­po­tenza del ma­rito: es­sendo in­cinta si au­toac­cu­se­rebbe di adul­te­rio; dall’altro di­cono in giro (anzi “as­se­ve­rano”) che Giu­lia è una adul­tera fatta e finita.

In realtà le due frasi pos­sono ac­qui­stare un certo senso se le leg­giamo come parti della già ri­cor­data gher­mi­nella: co­no­sciuto Carlo Im­bo­nati, per ar­ri­vare alla se­pa­ra­zione, Giu­lia adotta la stra­te­gia dell’impotenza di Don Pie­tro; gli amici (tra que­sti Ta­glio­retti, suc­ce­duto a Gio­vanni nel ruolo di ca­va­lier ser­vente) le ten­gono bor­done di­cendo che sì! lei aveva un amante, il suo primo uomo.

Ma at­ten­zione: gli amici si guar­dano bene dal con­fer­mare la di­sfun­zione fi­sica di Don Pie­tro e la­sciano che Giu­lia ne sia te­sti­mone unica. Ov­via­mente, se Don Pie­tro era in­vece do­tato di nor­mali “pen­denti” (ri­corda, Pre­si­dente, la bat­tuta del te­sta­mento?), Ales­san­dro po­teva es­sere fi­glio suo (o di qua­lun­que al­tro ma­schio avesse avuto, nel giu­gno 1784, rap­porti in­timi con Giu­lia Beccaria).

Sem­pre con ri­fe­ri­mento a Giu­lia, ecco un al­tro di­sin­for­mato e sciatto ap­punto di Custodi:

«La con­ver­sione re­li­giosa della Giu­lia era stata in­co­min­ciata, vi­vente an­cora Giu­seppe Im­bo­nati, in Pa­rigi, dall’ex-vescovo Gré­goire».

Tre scioc­chezze in una fra­sina corta corta: a/ l’Imbonati “della Giu­lia” si chia­mava “Carlo”, “Giu­seppe” era il di lui pa­dre, morto nel 1768; b/ è am­pia­mente as­so­dato che “la Giu­lia” si as­so­ciò all’evoluzione re­li­giosa di Ales­san­dro ed En­ri­chetta nel 1810 (cin­que anni dopo la morte di Im­bo­nati); c/ in essa evo­lu­zione Gré­goire non ebbe nes­su­nis­simo ruolo.

22 maggio 2023 / 150º anniversario della morte di Alessandro Manzoni.
Lettera aperta al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Lecco, 10 settembre 2023.

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Giova ri­cor­dare che gli ap­pena ri­cor­dati ap­punti di Cu­stodi erano sparsi tra le mi­gliaia di carte del suo ar­chi­vio; che ven­nero ar­bi­tra­ria­mente as­sem­blati dal bi­blio­te­ca­rio Au­vray sotto il ti­tolo “Con­tre Man­zoni” (da lui in­ven­tato a pro­pri fini edi­to­rial-pro­mo­zio­nali) — so­prat­tutto, che vi sono al­tre frasi di Cu­stodi ben più me­ri­to­rie di attenzione:

«As­si­cu­rasi che Ales­san­dro Man­zoni siasi tro­vato tra i no­bili spet­ta­tori che nel giorno 20 aprile 1814 ap­plau­di­vano, su la piazza di S. Fe­dele di Mi­lano, agli sforzi de’ tu­mul­tuanti, i quali fi­ni­rono coll’assassinio del mi­ni­stro Prina».

Cu­stodi non ci dice chi lo avesse “as­si­cu­rato” della com­pli­cità di Man­zoni in un ef­fe­rato omi­ci­dio. Sap­piamo però che egli era le­ga­tis­simo a Prina, di cui fu as­si­stente e amico personale.

Sap­piamo inol­tre che Man­zoni era po­li­ti­ca­mente lon­tano da Prina ma an­che che si dis­so­ciò im­me­dia­ta­mente dal suo as­sas­si­nio. Ne scrisse il 24 aprile a Fau­riel (no­stra traduzione):

«Mio cu­gino vi par­lerà della ri­vo­lu­zione che ebbe luogo qui. È stata una­nime, e oso de­fi­nirla sag­gia e pura, pur se di­sgra­zia­ta­mente mac­chiata da un omi­ci­dio; per­ché è certo che co­loro che hanno fatto la ri­vo­lu­zione (la parte più grande e la mi­gliore della città) non vi hanno avuto nulla a che fare es­sendo cosa lon­ta­nis­sima dal loro ca­rat­tere. I re­spon­sa­bili dell’assassinio sono fi­guri che hanno ap­pro­fit­tato del mo­vi­mento po­po­lare per di­ri­gerlo con­tro un uomo che era og­getto dell’odio pub­blico, il mi­ni­stro delle Fi­nanze, che hanno mas­sa­crato no­no­stante tutti gli sforzi che molti hanno fatto per strap­par­glielo dalle mani. Si sa, del re­sto, che il po­polo è ovun­que buona giu­ria e cat­tivo tri­bu­nale; no­no­stante ciò posso as­si­cu­rare che tutte le per­sone one­ste ne hanno pro­vato grande re­pul­sione.»

Tutti co­loro che giu­rano sul Cu­stodi per quanto ri­guarda la pa­ter­nità ver­riana, do­vreb­bero a que­sto punto se­guirlo an­che in que­sta sua “ri­ve­la­zione” po­li­tica — e quindi ri­te­nere Man­zoni com­plice dell’omicidio del Mi­ni­stro Prina. O no?

Per so­pram­mer­cato, nelle stesse carte (del 1829) tro­viamo an­che una ri­di­cola stron­ca­tura de “I Pro­messi Sposi”:

«Il lusso delle de­scri­zioni era così ab­bon­dante nel te­sto ori­gi­nale de’ Pro­messi Sposi di Ales­san­dro Man­zoni, che all’atto di stam­parlo, lo ac­cor­ciò e mu­tilò in più luo­ghi e per lun­ghi tratti in cia­scuno di essi; il che prova due cose: 1° l’intemperanza dello scrit­tore; 2º una di­stem­pe­ra­tezza d’idee e di modi di nar­ra­zione, non che la poca con­nes­sione et suc­ces­sione loro. onde si pos­sono la­sciare o to­gliere a pia­cere, senza che ne ap­pa­ri­sca di­fetto nella se­rie del di­scorso.»

Che fac­ciamo? ri­bal­tiamo la vita po­li­tica e re­li­giosa di Man­zoni e fa­mi­glia, non­ché l’intiera evo­lu­zione dalla “Prima mi­nuta” alla “Ven­ti­set­tana”, sulla base dei li­vori di Cu­stodi nei con­fronti dei pro­pri av­ver­sari po­li­tici? L’indagine sto­rica — a dif­fe­renza delle chiac­chiere — non fun­ziona così!

2/ Let­tera di Go­rani del 1808 a Gio­vanni Verri (par­zial­mente pub­bli­cata da Giu­lini nel 1925 e, com­pleta, da Cam­po­lungo nel 1998 — no­stra tra­scri­zione da foto dell’originale):

«Dona Giu­lia Man­zoni col­loca il di lei fi­glio e vo­stro e gli dà in mo­glie una fi­glia di quel Blon­del di Ve­vay […] Que­sta fi­glia […] è stata edu­cata in Ge­ne­vra. Ima­gi­na­tevi ora cosa di­ranno le no­stre dame mi­la­nesi quando sa­pranno che un ca­va­gliere ricco sposa la fi­glia d’un mer­cante e fit­ta­bile e quel che è peg­gio an­cora per esse, una ere­tica? […]».

Bene! Ma a Go­rani chi l’aveva detto che Ales­san­dro fosse fi­glio di Gio­vanni? Egli fre­quentò certo il gio­vane Verri — ma ben prima della com­parsa di Giu­lia Bec­ca­ria, da lui forse solo in­tra­vi­sta anni dopo. Nel 1785 era lon­tano da Mi­lano già da sei anni e avrà sen­tito par­lare della na­scita di Ales­san­dro chissà quando e da chi: un per­fetto te­sti­mone da nulla. Per di più molto approssimativo.

Go­rani dà in­fatti come di “Ve­vay” il Blon­del pa­dre (che era in­vece di Villette/Losanna); lo dice “mer­cante fit­ta­bile” (e in­vece era grande pro­prie­ta­rio di terre con­fi­scate alla Chiesa, ben noto in Mi­lano per avere pro­prio al­lora ac­qui­stato pa­lazzo Im­bo­nati); dà come “edu­cata a Ge­ne­vra” En­ri­chetta, che lo fu in­vece esclu­si­va­mente in Lom­bar­dia; dice “ca­va­gliere” Ales­san­dro Man­zoni, che mai lo fu.

È inol­tre ben com­pro­vata (ba­sta sfo­gliare le sue “Me­mo­rie”) la di­sin­volta pro­pen­sione di Go­rani a rac­con­tar fole a pre­scin­dere. E quando nel 1808 scrisse a Verri quella let­tera, zeppa di com­pli­menti, ser­vili fin in modo im­ba­raz­zante, que­sti lo aveva ap­pena aiu­tato a ri­sol­vere un pro­blema, tri­pli­can­do­gli così le en­trate: il ri­fe­rirsi a Gio­vanni come pa­dre del “ca­va­gliere ricco” ha tutta l’aria sia di un ruf­fia­ne­sco am­mic­ca­mento dell’ormai an­ziano av­ven­tu­riero alle doti da “tom­beur de fem­mes” dell’amico della al­le­gra prima ma­tu­rità — sia di un pro­me­mo­ria sull’eventuale utile che all’amico (come lui, sem­pre alla cerca di de­naro) po­teva ve­nirne dall’eventualmente ma­ni­fe­starsi come pa­dre vero del “ca­va­gliere ricco” (pro­prio all’opposto Dona Giu­lia aveva tutto l’interesse che la cosa ri­ma­nesse nel dimenticatoio).

22 maggio 2023 / 150º anniversario della morte di Alessandro Manzoni.
Lettera aperta al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Lecco, 10 settembre 2023.

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La let­tera — ano­nima — (l’attribuzione a Go­rani è data solo dal pro­to­collo ap­po­stovi, ap­pa­ren­te­mente, dal de­sti­na­ta­rio) fu rin­ve­nuta dallo sto­rico Ales­san­dro Giu­lini nell’Archivio Sor­mani An­dreani Verri e dallo stesso pub­bli­cata sul Mar­zocco del 5 lu­glio 1925 ma in modo for­te­mente re­ti­cente: solo in tra­scri­zione te­sto; senza ri­por­tarne la data (met­ten­dola così nel mazzo di cor­ri­spon­denze di 30 anni prima); ri­por­tan­done solo al­cuni brani e cen­su­rando il “vo­stro” — un modo per­fetto per farla pas­sare quasi inos­ser­vata. Fu poi in­spie­ga­bil­mente “se­que­strata” da Ales­san­dro Ca­sati nel 1929; da lui te­nuta per quasi un tren­ten­nio nella pro­pria esclu­siva di­spo­ni­bi­lità (senza dirne mai nulla no­no­stante si oc­cu­passe a tempo pieno di Go­rani); dopo la sua morte, de­po­si­tata nel 1967 alla Am­bro­siana; lì (certo ar­ta­ta­mente) resa ir­rin­trac­cia­bile; in­fine da Cam­po­lun­ghi me­ri­to­ria­mente ri­tro­vata e nel 1998 pub­bli­cata (con fo­to­gra­fia) ma con 24 er­rori di tra­scri­zione; pa­sticci sul tipo di carta; con­fu­sione sulle sue mi­sure; ce­cità sulla ta­riffa di spe­di­zione; af­fer­ma­zioni in­ve­ri­fi­ca­bili su tim­bri po­stali e si­gillo e, so­prat­tutto, senza uno strac­cio di con­te­stua­liz­za­zione cri­tico-sto­rica. Il tutto con il plauso del CNSM che pub­blicò la pre­sen­ta­zione acri­tica di Cam­po­lun­ghi ag­giun­gen­dovi, di suo, un ul­te­riore er­rore di tra­scri­zione (e 25!) e senza una pa­rola di com­mento — forse per­ché, se­condo Casa del Man­zoni, “il do­cu­mento par­lava da solo”.

E in­vece quella let­tera — quan­to­meno per la re­pub­blica della cri­tica sto­rica — è per­fet­ta­mente muta! Men­tre sono troppe le sue “stra­va­ganze”: il modo re­ti­cente della pub­bli­ca­zione nel 1925 (come se Giu­lini ne fosse po­chis­simo con­vinto); il se­que­stro da parte di Ca­sati; l’occultamento all’Ambrosiana; rozza e squin­ter­nata la sua struttura.

Delle 625 pa­role di cui si com­pone, 211 sono di elo­gio a Gio­vanni Verri, pari per in­ge­gno a Pie­tro e ad Ales­san­dro ma di essi più sen­si­bile, no­bile, ge­ne­roso, ama­bile; 112 al raf­fred­dore dell’altro fra­tello, l’ipocondriaco Carlo; 75 a una “vec­chia e bruta” go­ver­nante cui Gio­vanni aveva riac­cor­dato il sa­luto e al di lei com­pa­gno, ga­lop­pino di Go­rani; 147 a Donna Giu­lia, al ma­tri­mo­nio del “ca­va­gliere ricco” Ales­san­dro, al suo es­sere fi­glio di Gio­vanni, ai pre­ve­di­bili com­menti agri delle ma­trone mi­la­nesi, ai sa­luti da parte di Bla­sco (zio di Giu­lia); 66 alle rac­co­man­da­zioni a Gio­vanni per la spe­di­zione di un pro­prio pacco e a con­si­de­ra­zioni sulle ciarle con cui i vec­chi im­por­tu­nano i vec­chi amici. Inol­tre è zeppa di fran­ce­si­smi, con­tor­sioni sin­tat­ti­che, er­rori or­to­gra­fici — una pes­sima qua­lità, dif­forme da al­tre let­tere di Go­rani, scritte in un stile espo­si­tivo de­cen­te­mente strut­tu­rato sul piano lo­gico e linguistico.

L’impressione che se ne ri­porta è di un te­sto che si sforza di pre­sen­tare la pa­ter­nità di Verri in un clima di fa­mi­lia­rità e quo­ti­dia­nità — come se fosse cosa di cui, nel giro dei vec­chi amici, si par­lasse nor­mal­mente. Che fare?

In­tanto (a evi­tare di in­tos­si­carsi con un piat­tino man­zo­niano, even­tual­mente cu­ci­nato a ca­vallo tra il cin­quan­te­simo della morte del poeta e il cen­te­simo della Ven­ti­set­tana) della let­tera deve es­sere prima di tutto pro­vata l’autenticità con ve­ri­fi­che gra­fo­lo­gi­che e stru­men­tali (au­to­grafi dell’estensore, della po­sta, del pro­to­collo di en­trata; ve­ri­fi­che su in­chio­stri, carta, ce­ra­lacca, colla, tim­bri, ecc. ecc.). Poi, se pure ri­co­no­sciuta come “do­cu­mento” e non ba­nale pa­tacca, ne deve es­sere ana­liz­zata l’attendibilità e la ve­ri­di­cità di con­te­nuto at­tra­verso una se­ria con­te­stua­liz­za­zione (an­che una con­fes­sione, piena ma senza ri­scon­tri og­get­tivi, non è di per sé ac­cet­ta­bile come prova). In at­tesa, con­si­de­riamo quel fo­glio come una mera ipo­tesi di lavoro.

3/ Tom­ma­seo, “Venti ore con Man­zoni / Col­lo­qui con Man­zoni”. Nel tardo au­tunno 1855 l’ormai cieco Tom­ma­seo dettò a due ama­nuensi la sin­tesi di circa 20 ore della con­ver­sa­zione avuta in ot­to­bre con Man­zoni; fram­mi­sta a ri­cordi di col­lo­qui svol­tisi tra i due nel pe­riodo 1824-27, ne ri­cavò 72 carte for­mato cm 21×15, ma­no­scritte su en­trambi i lati. A Gio­vanni Sforza, nel 1873, Tom­ma­seo di­chiarò “perso” il la­voro; l’anno suc­ces­sivo egli morì. Nel 1899 la fi­glia ne im­pac­chettò l’intero archi­vio e lo con­se­gnò alla Na­zio­nale di Fi­renze con vin­colo di non aper­tura fino al 1925. Il ro­smi­niano De Vit ne diede no­ti­zia a Giu­lio Bo­nola che nel 1925 ne chiese l’accesso. Un suo in­viato aprendo il pacco n. 99 trovò quelle 72 carte; le mo­strò alla bi­blio­te­ca­ria Te­resa Lodi (già al­lieva di Er­me­ne­gildo Pi­stelli) che le trat­tenne, di fatto se­que­stran­dole (Bo­nola non ne ebbe più ac­cesso se non nel 1927, dopo ri­corsi al Mi­ni­stero dell’Istruzione che im­pose alla Lodi la con­se­gna del malsequestrato). 

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Nell’ottobre 1926 Pi­stelli (prete, cu­ra­tore di una edi­zione sco­la­stica dei Pro­messi Sposi), con lar­ghi elogi alla Lodi, ne an­ti­cipò i con­te­nuti con due lun­ghi ar­ti­coli sul Cor­riere della Sera, scritti “come man­zo­niano e come fa­sci­sta” (sono sue pa­role); ai primi del 1927 egli morì. A di­cem­bre 1928 Bo­nola pub­blicò il det­tato di Tom­ma­seo sulla ri­vi­sta “Il Con­ve­gno” con il ti­tolo “20 ore con Man­zoni” (con un di­sa­stroso pa­stic­cio ti­po­gra­fico pro­prio sulla frase di no­stro in­te­resse), se­guito ai primi del 1929 dalla bi­blio­te­ca­ria Lodi / San­soni edi­tore, con il ti­tolo “Col­lo­qui col Man­zoni” con il quale l’opera è più co­no­sciuta e ci­tata (l’inqualificabile com­por­ta­mento di Lodi è pres­so­ché da tutti ignorato).

Come chiun­que può im­ma­gi­nare, le pos­si­bi­lità di ma­ni­po­la­zione di que­sti ap­punti di Tom­ma­seo (da lui mai più ri­vi­sti dopo la det­ta­tura) sono state in­fi­nite — sia dopo la sua morte sia dopo l’apertura del suo ar­chi­vio. Ma ve­niamo a noi:

«Anco di Pie­tro Verri [Man­zoni] ra­giona con ri­ve­renza, tanto più ch’egli sa, e sua ma­dre non glielo dis­si­mu­lava, d’esser ne­pote di lui, cioè fi­gliuolo d’un suo fra­tello, ca­va­liere di Malta.».

La frase (espli­cito ri­cordo delle con­ver­sa­zioni del 1824-27) viene sem­pre così ci­tata ma, con il so­lito vezzo, sem­pre resa mu­tila — nel te­sto, detto di Tom­ma­seo, essa in­fatti così prosegue:

«[ca­va­liere di Malta]; e per­ché il Pa­rini non era gran fatto amico ai Verri e al Bec­ca­ria egli [Man­zoni] anni fa del Pa­rini par­lava con men ri­guardi d’adesso.»

Siamo a 9 ri­ghe dall’inizio dell’opera: una po­si­zione per­fetta per­ché il suo nu­cleo pru­ri­gi­noso ri­manga con cer­tezza nella te­sta del let­tore an­che più di­stratto. An­che gra­zie alla tec­nica del pa­nino: la sfi­ziosa co­to­letta “Man­zoni fi­glio di Gio­vanni Verri” tra le fette “Verri-Bec­ca­ria” e “Pa­rini”. L’effetto della fra­sina è ga­ran­tito e pen­sato in modo che non ap­pa­iano im­me­dia­ta­mente le sue gros­so­lane as­sur­dità, ossia:

a/ che Man­zoni “SA” di es­sere fi­glio di Gio­vanni Verri — là dove il ”sa” in­dica cer­tezza. Ve­nuta da chi e quando? non dalla pro­pria ma­dre (que­sta, se­condo Tom­ma­seo, si li­mi­tava a non ne­garlo) ma da al­tre fonti — quali fos­sero e quando si fos­sero ma­ni­fe­state, non è detto;

b/ che Man­zoni non solo “sa­pesse” ma ne fosse an­che lu­sin­gato: in­fatti (sem­pre se­condo Tom­ma­seo) il sa­pere di es­sere fi­glio di Gio­vanni Verri ren­deva a Man­zoni an­cora più da ri­ve­rire il fra­tello di lui, Pietro;

c/ che ne fosse tanto con­tento da spin­gere il qua­ran­tenne e pa­to­lo­gi­ca­mente ri­ser­vato Man­zoni a con­di­vi­dere la cosa con Tom­ma­seo (semi sco­no­sciuto e poco più che ven­tenne) in­fi­lando in va­lu­ta­zioni su Verri e Pa­rini ri­cordi delle gio­va­nili gio­stre amo­rose di Donna Giu­lia! nar­ran­do­gli an­che di una pro­pria ori­gine adul­te­rina!! e ciò nel pieno di un ri­po­si­zio­na­mento tutto re­li­gione e fa­mi­glia at­ti­vato, an­che tea­tral­mente, dalla me­de­sima Donna Giu­lia per rien­trare nei ran­ghi della Mi­lano bene!!!;

d/ che Man­zoni fosse una così stu­pida mac­chietta da sfia­tare in giu­dizi su fi­gure come Verri e Pa­rini in base a pro­pri umo­rali sensi di ap­par­te­nenza fa­mi­liare: mi piace Verri per­ché è mio zio; mi di­sgu­sta Pa­rini per­ché non è di lui amico.

Tanto per la cro­naca, dopo que­sta ap­pa­ri­zione nelle prime ri­ghe, nelle ol­tre 40.000 pa­role di cui si com­pon­gono i “Col­lo­qui”, il nome Verri non com­pare mai più, no­no­stante il peso che Pie­tro ebbe in Man­zoni, per es. per tutta l’elaborazione della “Sto­ria della co­lonna infame”.

Traendo da que­sti “Col­lo­qui” di Tom­ma­seo, si po­trebbe scri­vere una non pic­cola en­ci­clo­pe­dia della mi­sti­fi­ca­zione, tanti sono i pas­saggi in cui, dando a in­ten­dere siano pa­role o pen­sieri di Man­zoni, Tom­ma­seo (sfi­brato dalla borsa sem­pre vuota) tira fuori tutto il suo li­vore con­tro il mondo in­tero. È ve­ra­mente in­cre­di­bile come quel “egli sa” e quel “sua ma­dre non glielo dis­si­mu­lava” da quasi un se­colo siano presi come ele­menti pro­banti su un aspetto non se­con­da­rio per la me­mo­ria sto­rica di Man­zoni e del suo tempo!

Ep­pure, per que­sto 150º an­ni­ver­sa­rio il Pro­fes­sor Stella, nella sua già ri­cor­data me­mo­ria fi­la­te­lica, sep­pure con inu­si­tate ti­tu­banze, non è riu­scito a fare a meno di ri­ca­scarci («è molto pro­ba­bile che il pa­dre na­tu­rale di Ales­san­dro fosse un amante di Giu­lia, Gio­vanni Verri»), delle tre an­dando a ci­tare pro­prio la te­sti­mo­nianza meno at­ten­di­bile: «Dalle pa­role del Tom­ma­seo pare evin­cersi come Verri fosse il vero pa­dre dello scrit­tore.» (con quel “pare evin­cersi” il Pre­si­dente Stella si è gua­da­gnata la tes­sera ad ho­no­rem del no­stro club “Scienza & Ra­gione” — era ora, è il benvenuto!).

A di­spetto dei se­gna­lati inu­suali ac­centi du­bi­ta­tivi, per­ti­na­ce­mente e sem­pre senza al­cun sup­porto cri­tico, lo ri­pe­tiamo, Casa del Man­zoni in­si­ste nel va­lo­riz­zare un rap­porto solo ed esclu­si­va­mente ge­ne­tico tra Man­zoni e il mi­la­nese Gio­vanni Verri, che non ebbe MAI nes­su­nis­sima re­la­zione di nes­sun tipo con Alessandro.

E ciò men­tre can­cella, con un grot­te­sco si­len­zio, il più che ac­cer­tato e tren­ten­nale le­game fa­mi­gliare, na­tu­ra­li­stico, so­ciale ed etico che Man­zoni ebbe con l’ambiente lecchese.

22 maggio 2023 / 150º anniversario della morte di Alessandro Manzoni.
Lettera aperta al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Lecco, 10 settembre 2023.

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Se­gna­liamo che, se pure fosse “ve­rità” la pa­ter­nità bio­lo­gica del Verri, cosa im­pe­di­rebbe il ri­co­no­scere con­tem­po­ra­nea­mente il le­game im­pre­scin­di­bile tra Man­zoni e Lecco se non una vol­gare sma­nia di mo­no­po­lio a pro’ di ben mi­su­ra­bili in­te­ressi di mar­ke­ting cul­tu­rale? (a pro­po­sito: quanto rende all’anno a Mi­lano la sto­ry­tel­ling della pa­ter­nità Verri?).

È inu­tile gi­rarci in­torno: tutto ciò de­ter­mina un com­bi­nato di­spo­sto che, al di là delle in­ten­zioni, con­duce ine­vi­ta­bil­mente all’idea tec­ni­ca­mente raz­zi­sta dell’identità esi­sten­ziale ba­sata sul san­gue. Ma che rap­porto può avere tale in­ci­vile im­po­sta­zione con le cose belle — e così man­zo­niane — da Lei, caro Pre­si­dente, ri­chia­mate nel Suo di­scorso del 22 mag­gio, te­nuto pro­prio in quella stessa Casa del Manzoni?

Pur­troppo, tra le vit­time dell’insulso chiac­chie­ric­cio vi sono an­che le isti­tu­zioni co­mu­nali lo­cali che hanno in­dotto Lecco a evi­rarsi, ac­cet­tando su­pi­na­mente le fan­ta­sie dei mi­la­nesi “ver­riani” e can­cel­lando il nome di Man­zoni dalle pro­prie in­se­gne cit­ta­dine (fino al 2014 era “Lecco, città del Man­zoni” — ora è “Lecco, città dei Pro­messi Sposi”).

E come se ne esce da que­sto as­surdo pa­stic­cio? Nel modo pro­prio della cul­tura: av­viando una se­ria in­da­gine cri­tico-sto­rica per ar­ri­vare a una “ve­rità”, qua­lun­que essa sia, sulla pa­ter­nità di Man­zoni (ma bi­so­gna la­vo­rarci an­che con gli stru­menti tec­nico-scien­ti­fici più evo­luti — an­che ana­lisi del DNA — da parte no­stra, pronti al con­tri­buto). Co­mun­que è op­por­tuno fin da oggi evi­tare ogni pos­si­bile in­co­rag­gia­mento alla ipo­tesi “ge­ne­tico-ver­riana”, ri­cor­dando che a suo suf­fra­gio oggi esi­stono solo i TRE ri­fe­ri­menti so­pra ci­tati, evi­den­zian­done al con­tempo la quasi nul­lità testimoniale.

Fin qui l’importanza di Lecco per la bio­gra­fia di Man­zoni; ve­niamo ora all’altro aspetto, es­sen­ziale a si­gni­fi­carne in­vece il le­game in­dis­so­lu­bile an­che con il suo romanzo.

*****

Lecco è la città del Manzoni
ma anche de “I Promessi Sposi”.

Caro Pre­si­dente,
ne ab­biamo già ac­cen­nato all’inizio di que­sta no­stra: nel ro­manzo di Man­zoni, Lecco e il suo ter­ri­to­rio svol­gono un ruolo fon­da­men­tale, in per­fetto equi­li­brio con quello as­se­gnato a Milano.

Lecco e il suo ter­ri­to­rio, sim­bolo dell’individuo, delle sue par­ti­co­la­rità esi­sten­ziali, delle re­la­zioni per­so­nali / Mi­lano, sim­bolo della col­let­ti­vità, della vita po­li­tica e so­ciale in tutte le sue ma­ni­fe­sta­zioni, po­si­tive e negative.

I per­so­naggi del ro­manzo sono di­stri­buiti tra i due poli nar­ra­tivi ma con di­stinte fisionomie.

Ap­par­ten­gono a Lecco e al suo ter­ri­to­rio, o come na­tivi o come “stra­nieri tra­sfe­ri­tisi”, le fi­gure che nel ro­manzo ven­gono pre­sen­tate come in­di­vi­dui, con una loro spe­ci­fica fi­sio­no­mia sog­get­tiva: Don Ab­bon­dio, Don Ro­drigo, Per­pe­tua, Renzo, Lu­cia, Agnese, To­nio, Pa­dre Cri­sto­foro, l’innominato — co­sti­tui­scono la coorte più nu­me­rosa di fi­gure nella ro­man­ze­sca gal­le­ria manzoniana.

Ap­par­ten­gono a Mi­lano, in­vece, i per­so­naggi che rap­pre­sen­tano la Sto­ria col­let­tiva, o come pro­ta­go­ni­sti ri­co­no­sciuti o come ano­nimi in­gra­naggi del com­plesso mec­ca­ni­smo so­ciale: il Car­di­nale Fe­de­rico; il Pa­dre Fe­lice Ca­sati; i me­dici Ta­dino e i due Set­tala; il go­ver­na­tore Fer­rer; il vec­chio mal vis­suto; il no­taio e i birri che ar­re­stano Renzo; i giu­dici del pro­cesso a Piazza e Mora; il me­dico Fran­ce­sco En­rico Acerbi, amico di Man­zoni e an­ti­ci­pa­tore delle suc­ces­sive sco­perte di Pa­steur (è l’unica fi­gura a lui con­tem­po­ra­nea che Man­zoni cita nel romanzo).

I due piani di svol­gi­mento della no­stra vita (l’individuale e il col­let­tivo) sono da Man­zoni te­nuti quindi ben di­stinti, as­se­gnando alla sfera dell’individuo l’ambiente che allo scrit­tore era più istin­ti­va­mente vi­cino per­ché vis­suto nella fasi della pro­pria formazione.

E quindi, come è pos­si­bile com­me­mo­rare Man­zoni senza nep­pure no­mi­nare Lecco?

22 maggio 2023 / 150º anniversario della morte di Alessandro Manzoni.
Lettera aperta al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Lecco, 10 settembre 2023.

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Sul ruolo dell’ambiente nella poe­tica di Man­zoni sono già stati scritti mi­gliaia di com­menti, al­cuni di ot­timo li­vello: lon­ta­nis­sima quindi da noi l’idea di ri­pe­tere con­cetti già espressi e ac­qui­siti. Ci vo­gliamo in­vece li­mi­tare (mu­niti solo di carta, penna e delle più ele­men­tari no­zioni dell’aritmetica) a pe­sare in pa­gine sia i per­so­naggi sia i ter­ri­tori del ro­manzo.

I luo­ghi e gli am­bienti del ro­manzo sono in pre­va­lenza espres­sioni di Lecco e del suo ter­ri­to­rio. Il loro pe­ri­me­tro è dato dal com­passo dello sguardo, come in­di­cato con pre­ci­sione to­po­gra­fica nelle prime due pa­gine del ca­pi­tolo primo: è una stri­scia di ter­ri­to­rio lunga po­chi chi­lo­me­tri che ha nell’Adda, nelle sue di­verse con­fi­gu­ra­zioni di lago-fiume-lago-fiume, il suo asse di riferimento.

Per dar­gli li­miti con­di­vi­si­bili con i no­stri pa­ra­me­tri di oggi, pos­siamo fis­sarlo nei 15 chi­lo­me­tri che stanno tra Ab­ba­dia La­riana e Ca­lol­zio­corte (è più o meno quanto si vede a oc­chio nudo da Gal­biate, dove Man­zoni passò l’infanzia, cre­sciuto dalla con­ta­dina Pan­zeri di cui Le ab­biamo già par­lato, Pre­si­dente). Quanti eventi si svol­gono in quella man­ciata di chilometri!

Lì prende av­vio il ro­manzo: la straor­di­na­ria de­scri­zione d’apertura; l’incontro di Don Ab­bon­dio con i bravi di Don Ro­drigo; il rin­vio del ma­tri­mo­nio, primo punto della trama del rac­conto; l’urto tra Don Ro­drigo e Pa­dre Cri­sto­foro; il ten­tato ra­pi­mento e il ten­tato ma­tri­mo­nio d’inganno; la fuga dei tre per­se­gui­tati (siamo già al cap. VIII e a pa­gina 164 sulle 746 della qua­ran­tana = pp. 155 = 21%).

Lì si svolge lo snodo chiave della vi­cenda per­so­nale dei pro­messi e del po­tente ini­quo di­ve­nuto ca­ri­ta­te­vole: l’arrivo di Lu­cia alla for­tezza dell’innominato; il di lui tur­ba­mento, già da tempo in­cu­bato; il suo in­con­tro a Chiuso con il car­di­nale Fe­de­rico; l’accettazione di una nuova pro­spet­tiva esi­sten­ziale; la li­be­ra­zione di Lu­cia; il rein­se­ri­mento nella col­let­ti­vità del fuo­ri­legge che non sop­por­tava avere chic­ches­sia al di so­pra di sé (cap. XX-XXVII — pp. 377-508 = p. 131 = 17%).

Lì va a buon fine la fuga di Renzo da Mi­lano: la notte nell’oscuro bo­sco, sulle rive dell’Adda, il fiume di cui di­stin­gue in­fal­li­bil­mente il canto e asse por­tante del ter­ri­to­rio; l’attraversamento delle sue ac­que e del con­fine, fuori dal mor­ti­fero do­mi­nio stra­niero (cap. XVI-XVII, pp. 308-342 = p. 34 = 5%).

Lì è il varco per la pe­ste: dal ponte Az­zone Vi­sconti di Lecco (lo ab­biamo già ri­cor­dato) i mer­ce­nari en­trano nel Du­cato di Mi­lano por­tan­dovi la morte per con­ta­gio; da lì, i no­stri pae­sani, pas­sando da Chiuso, si ri­fu­giano alla for­tezza dell’innominato (cap. XXIX-XXXI, pp. 551-602 = p. 51 = 7%).

Lì si con­clude la vi­cenda dei pro­messi: il ri­torno di Renzo al paese na­tio; il ri­torno di Lu­cia; il ma­tri­mo­nio fi­nal­mente ce­le­brato da quello stesso cu­rato dalla cui co­dar­dia tutto era ini­ziato; la chiu­sura del cer­chio con il sa­cra­mento grande in Cri­sto e nella Chiesa che apre (per il cat­to­lico Man­zoni, si in­tende) la strada per la san­ti­fi­ca­zione de­gli sposi, fi­nal­mente tali e non più solo pro­messi (cap. XXXVII-XXXVIII, pp. 711-746 = p. 35 pa­gine = 5%).

In to­tale quindi 406 pa­gine del ro­manzo (sulle 746 della qua­ran­tana — te­niamo fuori dal conto la “Sto­ria della co­lonna in­fame”), os­sia il 55% del suo te­sto, ri­guarda fatti, vi­cende, ri­fles­sioni che hanno come am­bien­ta­zione Lecco o il suo ter­ri­to­rio — sem­bra quasi che Man­zoni ab­bia usato il bi­lan­cino nel pa­reg­giare le due aree del suo ro­manzo (e della sua vita), per non scon­ten­tare nes­suno e dare op­por­tune in­di­ca­zioni ai fu­turi ce­le­bra­tori — da un se­colo, distratti.

Ma dob­biamo ac­cen­nare a un al­tro aspetto (stiamo per con­clu­dere que­sta let­tera, caro Pre­si­dente — ci ac­cordi an­cora un poco della Sua attenzione).

*****

La poe­tica na­tu­ra­li­stica di Man­zoni si esprime esclu­si­va­mente in re­la­zione a Lecco e al suo ter­ri­to­rio. E sa­rebbe me­ra­vi­glia il con­tra­rio: quale terra di Lom­bar­dia of­fre uno così va­rio e straor­di­na­rio spet­ta­colo della natura?

Molta della no­to­rietà di Man­zoni (so­prat­tutto presso il grande pub­blico) è do­vuta alle due for­mi­da­bili il­lu­stra­zioni na­tu­ra­li­sti­che che il nar­ra­tore ha in­se­rito nel flusso dei primi ac­ca­di­menti del ro­manzo: l’incipit (“Quel ramo del lago di Como …”) de­di­cato al trat­teg­gio del ter­ri­to­rio la­riano (quella stri­scia di terra lunga 15 chi­lo­me­tri di cui Le ab­biamo già detto) e, al cap. VIII, l’addio all’ambiente na­tio della fug­gia­sca Lu­cia nella notte de­gli im­bro­gli (“Ad­dio, monti sor­genti dall’acque …”) che, ol­tre che una espli­cita con­fes­sione au­to­bio­gra­fica, è un com­pen­dio di teo­lo­gia naturalistica.

Certo! Per­ché per Man­zoni la na­tura è ma­ni­fe­sta­zione del divino.

22 maggio 2023 / 150º anniversario della morte di Alessandro Manzoni.
Lettera aperta al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Lecco, 10 settembre 2023.

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Non a caso An­to­nio Ro­smini, nel 1826, ap­pena ri­ce­vute da Man­zoni le prime co­pie stam­pate del ro­manzo, gli de­dicò il pro­prio scritto «Del Di­vino nella Na­tura» (dall’Introduzione):

«… dall’altra parte non parrà strano a nes­suno, se non forse a voi solo, che io brami così di pro­vo­care il vo­stro giu­di­zio so­pra que­ste mie ri­cer­che in­torno al di­vino nell’ordine della na­tura, il quale si può dire co­mun pa­tri­mo­nio della Poe­sia e della Filosofia.

Qua­lora me lo ne­ga­ste, io mi ri­vol­ge­rei all’Italia, e le do­man­de­rei chi mai sia co­lui che, tra tutti i suoi fi­gli, ab­bia più al­ta­mente pen­sato e sen­tito il nesso e l’intima unione di quelle due no­bi­lis­sime fi­glie del pen­siero umano, e gliel’abbia fatto sen­tire me­glio di chic­ches­sia e in modo novo e suo proprio.»

Ab­biamo forse pro­fit­tato un po’ troppo della Sua di­spo­ni­bi­lità, Pre­si­dente, ma ci pa­reva op­por­tuno fis­sare il dato di fatto che Man­zoni, sotto il pro­filo della strut­tura nar­ra­tiva, della fi­sio­no­miz­za­zione dei per­so­naggi, della col­lo­ca­zione de­gli pro­ta­go­ni­sti umani nelle cor­nici abi­ta­tive o na­tu­ra­li­sti­che, ha di­stri­buito il pro­prio la­voro tra le due di­verse sfere — Lecco e il la­riano / Mi­lano — in modo quasi per­fet­ta­mente equi­li­brato ma con una certa pre­va­lenza dell’ambiente in cui formò — in­fante, ado­le­scente, gio­vane uomo — la pro­pria personalità.

Ma è tempo di pas­sare alla con­clu­sione, tor­nando a quanto già nelle prime ri­ghe accennato.

*****

La nostra richiesta al Presidente Mattarella.

Caro Pre­si­dente,
ci pare coe­rente con le belle espres­sioni con cui Lei ha ri­cor­dato Man­zoni il 22 mag­gio 2023 a Mi­lano, ri­pren­dere le pa­role dell’Abate Stop­pani (da lui pre­di­spo­ste per il di­scorso che pre­parò in vi­sta della inau­gu­ra­zione del mo­nu­mento a Man­zoni in Lecco — ma che non poté pro­nun­ciare es­sendo pre­ma­tu­ra­mente scomparso):

«Lecco non po­teva a lungo la­sciare in oblio co­lui, da cui erano ve­nuti dap­prima il pen­siero e il sen­ti­mento che danno vita all’azione, e che van­tava tanti ti­toli di be­ne­me­renza verso que­sta terra da lui pre­di­letta, dove ve­niva, fin da­gli anni della sua prima gio­vi­nezza, a be­vere a lar­ghi sorsi l’aura della libertà. […]

Una po­po­la­zione in­tel­li­gente, at­tiva, fer­vida, pronta all’ammirazione di tutto ciò che si pre­senta di bello, di buono e di grande, fa­cile agli en­tu­sia­smi, li­be­rale per tra­di­zione, riot­tosa a qua­lun­que ge­nere di tirannia … »

An­che a ri­cordo di que­sto ta­len­toso di­fen­sore della me­mo­ria di Man­zoni (il pros­simo anno ne com­me­mo­re­remo il 200º della na­scita), ci con­senta di se­gna­larLe che mar­tedì 7 no­vem­bre 2023 sa­ranno pas­sati 395 anni da quel mar­tedì 7 no­vem­bre 1628 che Man­zoni in­dica come giorno di ini­zio del suo ro­manzo, rac­con­tan­doci dell’incontro di Don Ab­bon­dio con i bravi di Don Rodrigo.

Nel ri­cordo di quella data, sem­pre fre­sca nella mente dei lec­chesi an­che dopo due se­coli dalla pub­bli­ca­zione del ro­manzo, Le chie­diamo di espri­mere la vi­ci­nanza del Capo dello Stato alla città di Lecco, pur­troppo igno­rata nel 150º della morte del suo cit­ta­dino Ales­san­dro Man­zoni.

Lei non ha certo bi­so­gno di sug­ge­ri­menti e, con le Sue note e ap­prez­zate so­brietà e sa­ga­cia, sa­prà tro­vare il modo mi­gliore per fare per­ve­nire alla città di Man­zoni e dei Pro­messi Sposi la Sua con­di­vi­sione per la co­mune me­mo­ria di quel no­stro vec­chio e in­sieme gio­va­nis­simo Pa­dre della Pa­tria, da Lei così de­gna­mente ri­cor­dato il 22 mag­gio 2023.

Rin­gra­zian­doLa per la cor­tese at­ten­zione, Le por­giamo i no­stri più ca­lo­rosi saluti.

Fa­bio Stoppani
Cen­tro Studi Abate Stoppani

fabiostoppani@abatestoppani.it

___________

Per sca­ri­care la let­tera in for­mato PDF:
150º Manzoni_Lettera al Pre­si­dente Mattarella

Ri­fe­ri­menti ai ma­te­riali pro­dotti sul tema
dal Cen­tro Studi Abate Stoppani:

1/ At­torno al le­game or­ga­nico tra A. Man­zoni e Lecco con il suo territorio.
In­si­stita ten­denza dei “mi­la­nesi” (ma an­che di Al­berto An­gela e della TV di Stato; ma an­che di Na­ta­lia Ginz­burg) a igno­rare il le­game tra Man­zoni, Lecco e il ter­ri­to­rio lariano:

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2/ Sul mo­nu­mento a Man­zoni in Lecco. Il ruolo de­ter­mi­nante dell’Abate Stop­pani. La truffa di Gio­suè Carducci.
Nar­ra­zione della rea­liz­za­zione del mo­nu­mento a Man­zoni in Lecco, eretto nell’ottobre 1891. Il­lu­stra­zione del ruolo che vi ebbe l’Abate Stop­pani sul piano cul­tu­rale, mo­rale e or­ga­niz­za­tivo. Di­mo­stra­zione del ca­rat­tere truf­fal­dino del “Di­scorso di Lecco” di Gio­suè Car­ducci, tanto noto quanto mai pronunciato:

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https://​aba​te​stop​pani​.it/​s​t​o​r​i​a​-​m​o​n​u​m​e​n​t​o​-​m​a​n​z​o​n​i​-​l​e​c​co/
https://​aba​te​stop​pani​.it/​1​2​5​-​a​n​n​i​v​e​r​s​a​r​i​o​-​m​o​n​u​m​e​n​t​o​-​m​a​n​z​o​n​i​-​l​e​c​co/

3/ At­torno al tema della pa­ter­nità di A. Man­zoni. Un di­pinto farlocco.
Il­lu­stra­zione delle po­si­zioni di ro­man­zieri-bio­grafi sulla pa­ter­nità ver­riana. No­stra di­mo­stra­zione sulla nul­lità do­cu­men­tale del noto di­pinto raf­fi­gu­rante Giu­lia Bec­ca­ria e Ales­san­dro Man­zoni bam­bino, at­tri­buito a Viap­piani e da 200 anni alla di­mora dei Man­zoni in Bru­su­glio. La cor­retta tra­scri­zione della let­tera a Gio­vanni Verri, at­tri­buita a Giu­seppe Go­rani; sua fra­gi­lità documentaria:

https://​aba​te​stop​pani​.it/​p​a​d​r​e​-​a​l​e​s​s​a​n​d​r​o​-​m​a​n​z​o​ni/
https://​aba​te​stop​pani​.it/​g​i​u​l​i​a​-​m​o​g​l​i​e​-​p​i​e​t​r​o​-​m​a​n​z​o​ni/
https://​aba​te​stop​pani​.it/​g​i​n​z​b​u​r​g​-​e​-​l​a​-​f​a​m​i​g​l​i​a​-​m​a​n​z​o​ni/