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Note cri­ti­che a: «Viag­gio nel mondo dei Pro­messi Sposi» – 7 aprile 2018 – RAI3/Alberto Angela

18 giu­gno 2018
Let­tera aperta ad Al­berto An­gela – Terzo approfondimento

Quanto se­gue è uno de­gli otto al­le­gati della «Let­tera aperta ad Al­berto An­gela» di com­mento alla tra­smis­sione «Viag­gio nel mondo dei Pro­messi Sposi» an­data in onda il 7 aprile 2018 – RAI3, 21:30.
I col­le­ga­menti alle al­tre parti della let­tera sono ri­por­tati al piede di que­sta pa­gina o nel menù prin­ci­pale in testata.

Duelli per futili motivi” o scontri sanguinosi per la supremazia sociale?

Rimossa la riflessione di Manzoni sulla funzione del perdono per lo scioglimento dei conflitti.

Fumettistiche “ricostruzioni storiche”, solo fuorvianti.

E ve­niamo al tema dei duelli, cui nella tra­smis­sione sono de­di­cati 6:06 mi­nuti, pari al 5,3% del tempo complessivo.

Di que­sto “ap­pro­fon­di­mento” trat­tiamo due aspetti:

uno se­rio ri­guar­dante il pen­siero di Man­zoni sul con­cetto di “per­dono” an­che come op­zione so­ciale per lo scio­gli­mento dei conflitti;
.
l’altro, dal ta­glio un po’ far­se­sco, re­la­tivo alla su­per­fi­cia­lità con cui RAI-ANGELA si pro­pon­gono allo spet­ta­tore con un duello in ri­tardo di due secoli.

Cancellato il pensiero di Manzoni sulla funzione del perdono.

[17:20] ANGELA: «Lu­cia e la ma­dre Agnese, si ri­vol­gono a pa­dre Cri­sto­foro, o fra Cri­sto­foro, come lo chiama Manzoni.
È una fi­gura chiave alla quale l’autore forse te­neva maggiormente.
Ora, Fra Cri­sto­foro è un per­so­nag­gio dal ca­rat­tere san­gui­gno, en­trato in con­vento dopo aver uc­ciso un uomo in un duello per fu­tili mo­tivi.
»
Spiace dirlo ma dell’intera tra­smis­sione que­sto in­ter­vento di An­gela non solo è il più su­per­fi­ciale ma an­che il meno ri­spet­toso nei con­fronti del pen­siero di Man­zoni e de­gli spettatori.

An­gela infatti:

a. con l’espressione “duello per fu­tili mo­tivi”, de­forma la na­tura del “fatto” che portò Lo­do­vico a di­ven­tare Pa­dre Cri­sto­foro, pre­sen­tato in­vece con pre­ci­sione da Man­zoni per il suo con­te­nuto storico-sociale;
.
b. ne esclude com­ple­ta­mente la con­clu­sione: il pen­ti­mento di Lo­do­vico; il suo vo­tarsi al ser­vi­zio del pros­simo; il per­dono ac­cor­da­to­gli dai pa­renti della vit­tima: os­sia tutti gli ele­menti cen­trali su cui Man­zoni ha vo­luto in­vi­tare il let­tore alla riflessione;
.
c. con­cen­tra al con­tra­rio l’attenzione dello spet­ta­tore sull’ele­mento pu­ra­mente este­riore, cioè lo scon­tro ar­mato;
.
d. in­fine, con­fonde lo spet­ta­tore con una rap­pre­sen­ta­zione del duello che nulla a che fare con il Sei­cento, il se­colo che lo stesso An­gela ha de­fi­nito il “vero pro­ta­go­ni­sta” del romanzo.

Cominciamo dai “futili motivi”.
I fatti sono noti e ri­guar­dano lo scon­tro fra Lo­do­vico, il fu­turo Pa­dre Cri­sto­foro, e un no­bile altezzoso.
Que­sti, at­tor­niato dai suoi bravi, esige che gli si dia il passo; Lo­do­vico, a sua volta ap­pog­giato da uo­mini ar­mati, nega che egli ne ab­bia il di­ritto. Nello scon­tro che ne se­gue, il no­bile viene uc­ciso dal fu­turo frate.
An­gela non ce lo dice ma Man­zoni spiega bene che il con­fronto fi­nito in omi­ci­dio è l’ultimo di una lunga se­rie di urti che il fu­turo Pa­dre Cri­sto­foro aveva so­ste­nuto con i no­bili pre­po­tenti della città.

Fi­glio di un ricco mer­cante avrebbe vo­luto unirsi ai gio­vani della no­biltà, che lo hanno però re­spinto per­ché “bor­ghese”, quindi a loro inferiore.
In ri­spo­sta, il “bor­ghese” si era cir­con­dato di bravi, con­tra­stando con pun­ti­glio i no­bili nei loro soprusi.

An­cora. RAI3-ANGELA non ne di­cono nulla – ma in que­sto passo Man­zoni su­pera se stesso – che l’uccisore si ri­fu­gia in un con­vento e qui de­cide di mu­tar vita, de­di­can­dosi come re­li­gioso all’assistenza ai deboli.
E nep­pure ci dice che l’omicida chiede e ot­tiene il per­dono dal fra­tello e dai pa­renti dell’ucciso — uno dei pas­saggi più ef­fi­caci e densi del romanzo.

Non fu “duello per futili motivi” ma scontro armato per la supremazia sociale.

An­gela parla di “duello” de­for­mando la realtà (certo non vo­lon­ta­ria­mente). Il duello, per de­fi­ni­zione, av­viene tra “pari”, che si muo­vono nel qua­dro di un co­mune ri­fe­ri­mento so­ciale e comportamentale.

Man­zoni non era in­te­res­sato a que­sto par­ti­co­lare aspetto delle re­la­zioni (da no­tare che nella prima parte dell’Ottocento, an­che in Ita­lia, i “duelli” di cui parla An­gela erano molto dif­fusi, an­cor­ché proi­biti). E in­fatti, ne “I Pro­messi Sposi” la pa­rola “duello” sem­pli­ce­mente non com­pare mai.

Il no­bile bo­rioso uc­ciso da Lo­do­vico, non si sa­rebbe mai bat­tuto a duello con il fi­glio di un mer­cante: si sa­rebbe in­vece com­por­tato come il no­bile conte Ro­han Cha­bot con il fi­lo­sofo e scrit­tore Vol­taire nel 1726.
Que­sti venne a di­ver­bio con il conte il quale lo fece ba­sto­nare dai suoi servi. Vol­taire al­lora lo sfidò pub­bli­ca­mente a “duello”. Per que­sta sfida, un vero at­ten­tato alla ge­rar­chia so­ciale, Vol­taire fu ar­re­stato, in­car­ce­rato e co­stretto all’esilio in Inghilterra.

Come si vede, in quei lon­tani anni non si trat­tava di “fu­tili mo­tivi” ma di se­ris­simi aspetti del con­tra­sto tra no­bili e bor­ghesi, che durò se­coli e venne “ri­solto” solo con la bor­ghese Ri­vo­lu­zione Fran­cese del 1789 e la te­sta di die­cine di mi­gliaia di nobili.

Si badi bene! Que­sto sce­na­rio di fondo della vi­cenda non è una no­stra ela­bo­ra­zione po­stuma. È Man­zoni che ce lo pro­pone, e in modo molto dettagliato.

E al­lora per­ché An­gela, in una tra­smis­sione in­ti­to­lata “Viag­gio nel mondo dei Pro­messi Sposi”, can­cella nel modo più ra­di­cale la tesi so­ste­nuta con evi­denza dal suo autore?

Ravvedimento e perdono.

E che dire poi del si­len­zio di An­gela sullo svi­luppo del fatto di san­gue? del rav­ve­di­mento re­li­gioso di Lo­do­vico; della ri­chie­sta di per­dono e del suo ottenimento?

Man­zoni ri­fletté tutta la vita sul pro­blema del per­dono vi­sto come uno dei pas­saggi per lo scio­gli­mento dei con­flitti sia in­di­vi­duali che col­let­tivi. Na­tu­ral­mente lo fece con lo spi­rito della re­li­gione cat­to­lica (nella con­ce­zione di An­to­nio Ro­smini) di cui fu, dai suoi ven­ti­cin­que anni, con­vinto so­ste­ni­tore e praticante.

Ma non lo trattò solo dal punto di vi­sta re­li­gioso. Gli diede in­vece una di­men­sione col­let­tiva che ha pro­fon­da­mente in­fluen­zato – e in­fluenza tut­tora – il no­stro pen­siero civile.

È chiaro, per esem­pio, che il con­cetto di pena car­ce­ra­ria come mo­mento “per la rie­du­ca­zione” del con­dan­nato — come dice la no­stra Carta Co­sti­tu­zio­nale, Art. 27 — si deve far ri­sa­lire an­che a Man­zoni e all’insistenza con cui egli in­serì que­sta ri­fles­sione nel suo ro­manzo, che tanta parte ebbe nella for­ma­zione ci­vile dell’Italia risorgimentale.

Ci li­mi­tiamo a ri­cor­dare che la pena di morte venne abo­lita in Ita­lia nel 1889 col Co­dice noto con il nome del Mi­ni­stro Giu­seppe Za­nar­delli. Il quale si av­valse della de­cen­nale con­su­lenza del pro­fes­sor An­to­nio Buc­cel­lati, giu­ri­sta e sa­cer­dote (amico stretto dell’Abate Stop­pani e anch’egli for­te­mente le­gato a Ro­smini) e grande esti­ma­tore di Man­zoni in quanto let­te­rato e “ispi­ra­tore del pro­gresso mo­rale e ci­vile del paese”.

Non è un caso che nel suo ro­manzo Man­zoni pre­senti al let­tore le sue ri­fles­sioni sul pro­blema del per­dono in due mo­menti to­pici: il per­dono a Lo­do­vico da parte dei pa­renti dell’ucciso; il per­dono a don Ro­drigo da parte di Renzo al Lazzaretto.

Un insistito silenzio sull’idea del perdono come soluzione dei conflitti.

In tutta la tra­smis­sione però, An­gela non tocca mai que­sto aspetto chiave del pen­siero di Manzoni.

Anzi, co­scien­te­mente, lo can­cella dall’orizzonte de “I Pro­messi Sposi”.
Non solo (lo ab­biamo già vi­sto) lo can­cella nell’episodio di Lo­do­vico-Pa­dre Cri­sto­foro, ma an­che e pro­prio nel fi­nale (del ro­manzo e della trasmissione).

[1:54:17] ANGELA: «In un ul­timo slan­cio don Ro­drigo cerca di sot­trarsi alla morte con un’estenuante ca­val­cata (in realtà così è nella prima ver­sione del ro­manzo, Fermo e Lucia).
Nei Pro­messi Sposi in­vece don Ro­drigo muore nel suo gia­ci­glio. E in­tanto una piog­gia tor­ren­ziale cade su Renzo, Lu­cia e tutti i ri­co­ve­rati del Laz­za­retto, pre­an­nun­ciando la fine dell’epidemia e il lieto fine.
»
.
An­gela, an­che nel fi­nale, crea un po’ di con­fu­sione e ci co­stringe a qual­che messa a punto.

In­tanto il co­sid­detto «Fermo e Lu­cia» non è mai stato né pub­bli­cato né così chia­mato da Manzoni.

Que­sto ri­fe­ri­mento com­pare una sola volta, in una let­tera (3 aprile 1822) di Er­mes Vi­sconti a Gae­tano Cat­ta­neo. Vi­sconti scrive all’amico: «Non vi manca al­tro se non che Wal­ter Scott gli tra­duca [a Man­zoni] il ro­manzo di Fermo e Lu­cia, quando l’avrà fatto.»

.«Fermo e Lu­cia / Prima com­po­si­zione del 1821-1823 / Ap­pen­dice sto­rica su la Co­lonna In­fame / primo ab­bozzo del 1823» venne in­vece pro­po­sto come ti­tolo nel 1954 da Al­berto Chiari e Fau­sto Ghi­sal­berti per una nuova edi­zione cri­tica di un lungo e molto ri­ma­neg­giato ma­no­scritto di Man­zoni (la prima mi­nuta del ro­manzo) che si era co­min­ciato a ve­dere pub­bli­cato solo nel 1905 sotto il ti­tolo «Brani ine­diti dei Pro­messi Sposi di Ales­san­dro Man­zoni per cura di Gio­vanni Sforza» (Hoe­pli, 1905).

Quella “prima bozza” del ro­manzo (stesa tra il 1821 e il 1823), co­no­sciuta solo da po­chi in­timi (che ci mi­sero le mani con cor­re­zioni e sug­ge­ri­menti) e mai ti­to­lata né tanto meno pub­bli­cata da Man­zoni, venne ra­di­cal­mente mo­di­fi­cata dall’autore nella scrit­tura della “prima” – que­sta sì! – edi­zione de “I Pro­messi Sposi”, quella del 1827.

È il perdono che consente la liberazione dal tormento e lo scioglimento dell’azione.

Una delle mo­di­fi­che più im­por­tanti tra quella prima bozza e la prima edi­zione de “I Pro­messi Sposi” ri­guardò pro­prio il finale.

Nella prima bozza la con­clu­sione è cen­trata sulla morte de­li­rante di don Ro­drigo al ter­mine di una for­sen­nata ca­val­cata nei campi fuori dal Laz­za­retto (No­cita tra­sforma in fil­mato que­sta con­clu­sione, che An­gela na­tu­ral­mente ci ri­pro­pone senza tante riflessioni).

Ma nella prima edi­zione de “I Pro­messi Sposi”, quella del 1827, Man­zoni ci pro­pone il fi­nale con tutta un’altra storia.

Ne “I Pro­messi Sposi” Man­zoni non ci rap­pre­senta mai la morte di Don Ro­drigo, né tanto meno nel ca­pi­tolo XXXV, in cui de­scrive in­vece l’incontro tra Renzo e il suo per­se­cu­tore, vo­luto da Pa­dre Cri­sto­foro per spin­gere Renzo al PERDONO.

In quelle pa­gine Man­zoni de­scrive un uomo, spos­sato dalla ma­lat­tia, or­mai im­po­tente… ma in vita, de­fi­nita dal Man­zoni “te­nace”. E non po­trebbe es­sere diversamente.

Fino a che non ri­ce­verà il per­dono di Renzo, Don Ro­drigo non po­trà mo­rire. Fino a quel mo­mento è de­sti­nato a ri­ma­nere in un limbo di delirio.

Ri­leg­giamo il te­sto di Man­zoni, Cap. XXXV, pag. 687:
«Stava l’infelice, im­moto; spa­lan­cati gli oc­chi, ma senza sguardo; pal­lido il viso e sparso di mac­chie nere; nere ed en­fiate le lab­bra; l’avreste detto il viso d’un ca­da­vere, se una con­tra­zione vio­lenta non avesse reso te­sti­mo­nio d’una vita te­nace. Il petto si sol­le­vava di quando in quando, con un re­spiro af­fan­noso; la de­stra, fuor della cappa, lo pre­meva vi­cino al cuore, con uno strin­gere adunco delle dita, li­vide tutte, e sulla punta nere.
“Tu vedi” disse il frate, con voce bassa e grave. “Può es­ser ga­stigo, può es­ser mi­se­ri­cor­dia. Il sen­ti­mento che tu pro­ve­rai ora per quest’uomo che t’ha of­feso, sì; lo stesso sen­ti­mento, il Dio, che tu pure hai of­feso, avrà per te quel giorno. Be­ne­di­cilo, e sei benedetto.

Da quat­tro giorni è qui come tu lo vedi, senza dar se­gno di sen­ti­mento. Forse il Si­gnore è pronto a con­ce­der­gli un’ora di rav­ve­di­mento; ma vo­leva es­sere pre­gato da te: forse vuole che tu lo pre­ghi con quella in­no­cente; forse serba la gra­zia alla tua sola pre­ghiera, alla pre­ghiera di un cuore af­flitto e ras­se­gnato. Forse la sal­vezza di quest’uomo e la tua di­pende ora da te. Da un tuo sen­ti­mento di per­dono, di com­pas­sione … d’amore!”
Tac­que; e, giunte le mani, chinò il viso so­pra di esse, e pregò: Renzo fece lo stesso.»

Come è chiaro il Man­zoni! Don Ro­drigo, vit­tima del pro­prio de­litto, non può es­sere né li­be­rato né ca­sti­gato, nep­pure da Dio. Può forse rav­ve­dersi. Ma lo può fare solo gra­zie al PERDONO dell’uomo che egli stesso ha perseguitato.

È quel per­dono che con­sente an­che a Man­zoni di scio­gliere tutto il dramma.

Ciò detto, cre­diamo ri­sulti chiaro che ad An­gela, alla RAI, al con­su­lente Bar­bero, di una parte fon­da­men­tale del pen­siero di Man­zoni non in­te­ressa nulla! Sem­bra anzi che la vo­gliano celare.

Siamo certi che alla base non vi sia un’intenzione meno che ono­re­vole. Ma siamo al­tret­tanto certi che vi sia bi­so­gno di una ri­fles­sione se­ria sul come un ser­vi­zio pub­blico come la RAI debba pro­porre i suoi pro­dotti a mi­lioni di spettatori.

Ma — per con­clu­dere con un sor­riso que­sto “ap­pro­fon­di­mento” — dob­biamo ve­nire al suo aspetto farsesco.

Ricostruzioni storiche fuorvianti

Ab­biamo già vi­sto so­pra che lo scon­tro mor­tale tra il fu­turo pa­dre Cri­sto­foro e il no­bile bo­rioso, non fu af­fatto un duello ma uno scon­tro a san­gue det­tato da ra­gioni esclu­si­va­mente so­ciali — i rap­porti tra no­biltà e bor­ghe­sia — ti­pi­che an­che della so­cietà del Sei­cento e in gran parte su­pe­rate dalla Ri­vo­lu­zione Fran­cese di fine Settecento.

Ma — lo ab­biamo vi­sto — An­gela da quel lato non ci sente e anzi in­tro­duce un tema as­so­lu­ta­mente incomprensibile.

[20:30] ANGELA: «Lo scon­tro tra i due ri­vali porta a un duello mor­tale. In­torno però a que­sto di­scorso dei duelli sono nate molte leg­gende. Qual è la ve­rità? Beh! Cer­chiamo di sfa­tarne al­cune.»
.
An­gela non dice a quali “leg­gende” egli si ri­fe­ri­sca e lo spet­ta­tore ri­mane in at­tesa di sa­perne qual­che cosa di più.

La “voce fuori campo” ci rac­conta di come nel pas­sato si giun­gesse a un duello, in­ter­ca­lan­dosi con l’accattivante mae­stro d’armi Renzo Mu­su­meci Greco, che ap­pro­fon­di­sce gli aspetti per così dire “tec­nici” della questione.

In­tanto un fil­mato RAI ci pro­pone una lunga se­quenza in cui as­si­stiamo a un duello, que­sto sì da con­si­de­rarsi tale, tra due gio­va­notti, uno bruno coi baf­fetti e un biondo sbarbato.

Ci sia con­sen­tito un pic­colo in­ciso.
La scena ri­presa nel fil­mato RAI è stata gi­rata di fronte alla chiesa di San Bo­na­ven­tura nel Co­mune di Ca­nale Mon­te­rano (pro­vin­cia di Roma), da un paio d’anni fre­quen­tata dai re­gi­sti ci­ne­ma­to­gra­fici per i suoi am­bienti pittoreschi.

In una nota del Co­mune di Mon­te­rano del 28 marzo si legge: «Ab­biamo ospi­tato in que­sti giorni la troupe di Rai Tre, che ha gi­rato una ri­co­stru­zione di un duello se­cen­te­sco, con at­tori in co­stume
.
Ales­san­dro Bet­ta­relli (Sin­daco del paese), in una di­chia­ra­zione rac­colta dalla gior­na­li­sta Gra­zia­rosa Vil­lani, dice: «Mon­te­rano farà da sfondo ad una sto­ria molto co­no­sciuta da tutti noi che però non an­ti­ci­piamo, in­vi­tando tutti a se­guire Ulisse e Al­berto An­gela il 7 aprile.»

Le aspet­ta­tive sulla tra­smis­sione non erano quindi solo delle am­mi­ni­stra­zioni di Lecco e del la­riano ma an­che di al­tre realtà del no­stro paese. Si tro­vano in­fatti in rete al­meno una die­cina di al­tre co­mu­ni­ca­zioni di me­dia della zona che ri­pe­tono l’espressione “duello se­cen­te­sco”. Evi­den­te­mente qual­cuno ha pre­sen­tato ad Am­mi­ni­stra­tori e gior­na­li­sti la cosa in modo che essi così la pensassero.

Esat­ta­mente come qual­cuno ha pre­sen­tato ad Am­mi­ni­stra­tori e gior­na­li­sti di Lecco e del la­riano la tra­smis­sione come mo­mento di grande vi­si­bi­lità dei “luo­ghi” de “I Pro­messi Sposi” (vedi QUI per ve­ri­fi­care con quali ri­sul­tati).

Nel caso del Co­mune di Mon­te­rano, però, la que­stione non sta in una “can­cel­la­zione”, come è toc­cata a Lecco: la Chiesa di San Bo­na­ven­tura in­fatti si vede benissimo.

Il pro­blema sta in un equi­voco non tra­scu­ra­bile: ciò che viene tra­smesso non è af­fatto un duello “se­cen­te­sco” ma un duello sba­gliato di due secoli.

Si tratta infatti di un duello “ottocentesco”.

Lo spet­ta­tore, che ave­vamo la­sciato in at­tesa di sa­pere quali fos­sero le “leg­gende da sfa­tare” sui duelli, an­nun­ciate da An­gela, e in at­tesa – come gli amici del Co­mune di Mon­te­rano – di as­si­stere a un duello se­cen­te­sco, non sa raccapezzarsi.

Le armi che ci ven­gono mo­strate in azione sono di fog­gia se­cen­te­sca (si tratta in realtà di armi da tea­tro o da pa­le­stra, su cui è stato an­che di­men­ti­cato il pun­tale di protezione).

Ma l’abbigliamento di duel­lanti, te­sti­moni, ar­bi­tro e me­dico sono in­fatti quelli ti­pi­cis­simi dell’Ottocento, come può con­sta­tare chiun­que: la tuba stretta, la giacca del frak sono di ta­glio 1830-40, men­tre la cappa con dop­pia man­tella viene usata per tutto il secolo.

Lo spet­ta­tore ha l’impressione di avere cam­biato inav­ver­ti­ta­mente ca­nale: non sta­vamo par­lando di duelli se­cen­te­schi? e di “leg­gende da sfa­tare” in pro­po­sito? E che c’entrano quei si­gnori in tuba e redingote?

In­tanto la VOCE FUORI CAMPO dice al suo orecchio:

[23:24] «Nel Sei­cento rac­con­tato da Man­zoni i duelli erano molto più fre­quenti e de­ci­sa­mente più vio­lenti. Le gride con­tro il pos­sesso e l’uso delle armi erano nu­me­rose ma no­no­stante le pene mi­nac­ciate, era molto co­mune gi­rare ar­mati. E quando per strada scop­piava una lite, si an­dava su­bito per le spicce, im­pu­gnando le armi. Una rissa in cui era fre­quente il morto.»

E da­vanti ai suoi oc­chi ven­gono pro­po­ste scene da vari film: “Ca­ra­vag­gio” (re­gia di An­gelo Lon­goni) e “I tre mo­schet­tieri” (di Paul An­der­son). In que­ste scene as­si­stiamo a scon­tri ar­mati o a li­tigi de­ge­ne­rati in risse che evi­den­te­mente nulla hanno a che fare con i duelli.

Lo spet­ta­tore a que­sto punto si chiede se sta as­si­stendo a una tra­smis­sione di ap­pro­fon­di­mento cul­tu­rale su “I Pro­messi Sposi” o a un quiz scon­clu­sio­nato sulla sto­ria de­gli scon­tri all’arma bianca dall’antichità a oggi.

Che vo­leva dire An­gela par­lando di “leg­gende da sfatare”?
E cosa c’entra la lunga sce­neg­giata del duello ot­to­cen­te­sco che a Mon­te­rano e din­torni tutti ri­ten­gono e de­fi­ni­scono secentesco?

Forse per dare un mi­nimo di strut­tura allo scon­clu­sio­nato epi­so­dio, il Mae­stro d’armi Mu­su­meci Greco (un vero esperto, ben noto nell’ambiente) in­ter­viene per dare il suo contributo.

Lo ve­diamo men­tre tiene tra le mani una spada che a prima vi­sta sem­bra es­sere una di quelle usate nel duello “ot­to­cen­te­sco” gi­rato a Mon­te­rano. In realtà, si tratta di un’altra spada an­cora, pro­ba­bil­mente una vera lama d’epoca, adatta a scon­tri re­go­lati. Ma su di essa il Mae­stro nulla dice.

Dopo qual­che se­condo, anzi, la de­pone e bran­di­sce in­vece la vera arma da com­bat­ti­mento del Sei­cento, una bella “ra­piere”, o “stri­scia” che dir si vo­glia. Il mae­stro ac­cenna an­che al ma­neg­gio di que­sta arma, quasi a vo­ler ri­por­tare nel se­mi­nato a colpi di spada una tra­smis­sione che qui è ap­parsa pro­prio la pa­ro­dia della colta e “fi­lo­lo­gi­ca­mente cor­retta” “Ulisse il pia­cere della scoperta”.

Tanto per chiu­dere con un sor­riso, evi­den­ziamo al let­tore che – se pro­prio ne ha vo­glia – può di­ver­tirsi an­cora un poco, ri­guar­dando il duello “ot­to­cen­te­sco” gi­rato a Monterano.

Guar­dando con at­ten­zione, si ac­cor­gerà che a un certo punto [22:58] il duel­lante bruno con i baf­fetti di­sarma il biondo, che si trova così com­ple­ta­mente sco­perto alla sua mercé.

Nella scena im­me­dia­ta­mente suc­ces­siva, però, a ca­dere fe­rito con un grido di do­lore e tanto di ca­mi­cia in­san­gui­nata non è il biondo (di cui si in­tra­vede la lama an­cora pun­tata sull’avversario) ma il bruno coi baf­fetti che, evi­den­te­mente pen­tito di avere di­sar­mato l’avversario, si è fatto ha­ra­kiri — nel mon­tag­gio del fil­mato c’è stata un po’ di di­stra­zione, ma non fà nulla!

Ma ba­sta con que­sti tra­stulli: era solo per evi­den­ziare – non certo con pia­cere – quanta su­per­fi­cia­lità vi sia in que­sta tra­smis­sione RAI3-ANGELA, tanto pro­mossa e tanto at­tesa in tante parti d’Italia.