Osservazioni critiche sul docu-film di Pino Farinotti per la regia di Andrea Bellati. Scritto dal Professor Angelo Stella e Pino Farinotti. Prodotto dal Centro Nazionale Studi Manzoniani, con il contributo di Fondazione Cariplo.
1. A Saint-Roch la conversione?
Sulla “conversione” di Manzoni si ripropina un raccontino che poco ha a che fare con la realtà storica.
Per sopramercato, viene presentato come di Saint-Roch a Parigi un ambiente perfettamente estraneo a quella chiesa.
Parlato del docu-film – I numeri tra [parentesi quadre] si riferiscono ai fotogrammi riportati a lato.
Farinotti: [1] e [2] «Questa è la Senna, rive gauche. [3] Molto importante e decisiva è la conversione di Alessandro Manzoni. Ci sono dei racconti. [4] Uno è questo. Alessandro e sua moglie Enrichetta si trovavano il 2 aprile del 1810 a Parigi in occasione delle nozze di Napoleone Bonaparte con Maria Luisa d’Austria. Ci furono dei disordini dovuti semplicemente a dei mortaretti. Ma la folla si spaventò e nel fuggi fuggi generale i due sposi, erano ragazzi, lui aveva 25 anni, lei 19, si separarono. Il Manzoni si trovò di fronte a una chiesa, questa, San Roccò [sic!]. Entrò, spaventato e pregò: se fosse riuscito a ritrovare la sua Enrichetta si sarebbe convertito. [5] Subito dopo, Enrichetta entrò in chiesa, e lui si convertì. La seconda opzione è questa: è possibile che la conversione arrivasse da più lontano. Con una ricerca sul sentimento, sulla mistica. Ragionata e maturata nel tempo. Comunque sia, la conversione ci fu.»
Parlato docu-film – I numeri [tra parentesi] si riferiscono ai fotogrammi sopra riportati.
Farinotti: [1] e [2] «Questa è la Senna, rive gauche. [3] Molto importante e decisiva è la conversione di Alessandro Manzoni. Ci sono dei racconti. [4] Uno è questo. Alessandro e sua moglie Enrichetta si trovavano il 2 aprile del 1810 a Parigi in occasione delle nozze di Napoleone Bonaparte con Maria Luisa d’Austria. Ci furono dei disordini dovuti semplicemente a dei mortaretti. Ma la folla si spaventò e nel fuggi fuggi generale i due sposi, erano ragazzi, lui aveva 25 anni, lei 19, si separarono. Il Manzoni si trovò di fronte a una chiesa, questa, San Roccò [sic!]. Entrò, spaventato e pregò: se fosse riuscito a ritrovare la sua Enrichetta si sarebbe convertito. [5] Subito dopo, Enrichetta entrò in chiesa, e lui si convertì. La seconda opzione è questa: è possibile che la conversione arrivasse da più lontano. Con una ricerca sul sentimento, sulla mistica. Ragionata e maturata nel tempo. Comunque sia, la conversione ci fu.»
Nostre osservazioni – In un articolo del 20 ottobre 2016 (rivista on-line «Filmaker’s»), a proposito del docu-film del Centro Nazionale Studi Manzoniani (d’ora in poi CNSM), Farinotti scrive: «La produzione è stata anche a Parigi a documentare la lunga permanenza di Manzoni in quella città». Quindi, le cinque scene sopra riportate dovrebbero essere il risultato della “trasferta” a Parigi. Vediamole.
[1] Farinotti è sul Quai Malaquais, a lato del Port des Saints-Pères, sulla riva sinistra della Senna. Non si comprende l’enfasi anche gestuale con cui il presentatore segnala essere sulla “rive gauche”. Mai nessuno ha collegato tale luogo a Manzoni, né Farinotti ne dice alcunché. La Chiesa dove, secondo il “racconto” donatoci da Farinotti, sarebbe avvenuta la conversione di Manzoni, è sulla “rive droite” della Senna, in Rue Saint-Honoré, a circa un chilometro e mezzo da questa prima tappa della “trasferta” parigina.
[2] Farinotti si trova sul Pont des Art (a 100 metri da [1]) ed è apparentemente diretto verso la riva destra. Lo spettatore si aspetta di essere condotto verso la Chiesa. Ma viene deluso.
[3] Farinotti si trova infatti in Place de Saint-Germain-des-Prés (sulla Rive Gauche), proprio dalla parte opposta. Per ragioni non dichiarate, il nostro narratore, anziché avvicinarvisi, si è allontanato da Saint-Roch.
[4] Farinotti compare in un ambiente molto scuro, con in primo piano panche da chiesa, che lo spettatore è autorizzato a ritenere essere la Chiesa di Saint-Roch. E Farinotti lo conferma: «Il Manzoni si trovò di fronte a una chiesa, questa, San Roccò [sic!].»
[5] Viene mostrata la lapide in marmo della Chiesa di Saint-Roch, che ricorda la “conversione”.
Tutto bene quindi? Purtroppo no! Infatti l’affermazione di Farinotti: «una chiesa, questa, San Roccò», riporta cosa NON VERA.
L’ambiente che Farinotti dice essere di Saint-Roch non è di quella chiesa, come abbiamo potuto verificare anche con la cortese collaborazione della sua Segretaria.
L’immagine [5] della lapide, ci aveva incuriosito: si tratta di una fotografia da anni su Internet [vedi QUI] che chiunque può scaricare con un click, senza impegnative trasferte a Parigi.
Abbiamo quindi guardato con maggiore attenzione l’immagine che Farinotti afferma riprendere l’interno di Saint-Roch [4] e l’abbiamo schiarita per comprendere cosa ci fosse nell’oscurità del filmato (vedi qui a lato).
Ci è parso immediatamente che la parete a mattoni pieni non avesse nulla a che fare con l’ambiente barocco di Saint-Roch dove, da molti anni, tra l’altro, non vi sono panche ma sedie.
Abbiamo quindi inviato il fotogramma a Parigi (oscurando la figura di Farinotti) e la responsabile della Segreteria di Saint-Roch ci ha segnalato – per iscritto – che «Il ne s’agit pas du tout de l’église Saint-Roch à Paris …».
Il docu-film del CNSM propone quindi la sua lettura della conversione di Manzoni in modo che ci limitiamo a definire deprimente — ogni lettore potrà trovare l’espressione più aderente alla propria sensibilità.
Il mostrare il reale aspetto di Saint-Roch (vedi a lato le immagini) riteniamo sia non soltanto necessario per una corretta informazione ma anche un dovere per chi vi collega un evento cui attribuisce grande rilievo.
Ma il racconto del CNSM sulla “conversione” di Manzoni trova scarsi riscontri anche sotto il profilo storico.
La “conversione” di Manzoni si manifestò a Saint-Roch?
Farinotti è categorico: «a San Roccò [sic!] la conversione ci fu».
Per bocca di Farinotti il CNSM ha quindi fatto proprio quel racconto che tutti ripetono da quasi 150 anni ma che si basa esclusivamente su un assemblaggio di pochi frammenti eterogenei di realtà, cementato da un gran dispiego di fantasia letteraria.
È curiosa questa scelta di campo del CNSM: già nel 1975 il suo Direttore e Presidente di allora (Claudio Cesare Secchi) ne aveva evidenziato l’infondatezza, pur erroneamente datando al 1927 l’apposizione della targa a Saint-Roch, che è invece del 1937.
Il racconto della “conversione” di Manzoni, che si sarebbe verificata il 2 aprile 1810 nella Chiesa di Saint-Roch è stato costruito negli anni successivi alla morte di Manzoni da “critici”, “storici”, “studiosi della religione”, “narratori”.
Di certo figure serie e anche di talento, le quali non hanno però considerato il calendario, che nelle analisi storiche può risultare di una qualche utilità — che strano!
A proposito della “conversione” di Manzoni o, con più precisione (come dice la targa della Chiesa di Saint-Roch) il “ritorno alla fede del suo battesimo”, esistono due testimonianze di intimi a Manzoni, che possiamo considerare come degne di attenzione.
La prima: è di Giorgini (il genero di Manzoni) che, in una lettera del 1876 a Carlo Magenta, scrive che la moglie Vittoria, già adulta, chiese al padre in che modo egli “divenne credente”. Manzoni rispose solo: «Figliuola mia, ringrazia Iddio ch’ebbe pietà di me… quel Dio che si rivelò a san Paolo sulla via di Damasco» (V. Giorgini-Manzoni «Manzoni intimo», II, p. 257).
La seconda: interrogato sullo stesso tema dal figliastro Stefano Stampa, Manzoni rispose più stringato: «è stata la grazia di Dio».
Da notare che a nessuno dei due Manzoni parlò di Saint-Roch.
Manzoni avrebbe invece parlato a Giulio Carcano di una forte esperienza emotivo-religiosa occorsagli nella Chiesa di Saint-Roch («Vita di A. Manzoni», 1873, p. 11): «Fin da quando egli stava a Parigi (se non è indiscreto confidare le più intime confidenze) era un giorno entrato nella chiesa di San Rocco, pieno l’animo de’ gravi pensieri che da lungo tempo lo tormentavano. “O Dio!” aveva detto “se tu esisti, rivelati a me!”. E da quella chiesa era uscito credente.»
Il lettore noti che le parole di Carcano non riferiscono affatto di “crisi nervosa”, “folle spaventate” né tanto meno del “2 aprile 1810”.
A questa data Manzoni aveva invece fatto riferimento narrando a Visconti Venosta un episodio di angosciosa confusione occorsogli a Parigi il 2 aprile 1810, pressato da un folla spaventata.
Ma mai Manzoni legò tra loro le due esperienze (e mai lo fecero le persone a lui vicine, lui in vita e anche dopo).
Fantasia e realtà.
Il Barbiera è forse il primo pubblicista con largo pubblico che reinventa il racconto cucendo le due cose («Il salotto della Contessa Maffei», 1895, p. 270): «La contessa Clara narrava che, un giorno, a Parigi, il poeta, sposo della soave Enrichetta Blondel, la smarrì in una grande folla, e a lungo e invano la cercò. Angosciato, smarrito, entrò nella prima chiesa che vide, (in quella di San Rocco), e supplicò Iddio di fargliela ritrovare, esclamando: “Dio, se tu esisti, fammela trovare, e rivelati e me!”».
Ma il brillante giornalista Barbiera (che nel suo libro usa spesso il virgolettato, facendo intendere di trascrivere da quello che è noto come “Album” della contessa Maffei) per questo particolare “ricordo” evitò di esporsi e si limitò a un “la contessa narrava”. Barbiera scriveva queste cose 9 anni dopo la morte della Maffei, che su molte cose attribuitele avrebbe potuto sollevare qualche obiezione.
Barbiera aveva così sdoganato la cucitura tra i due episodi, e dopo di lui il ricamo poté arricchirsi per penna dei vari commentatori, a forza di reciproche citazioni e invenzioni (ci sarebbe da scriverne un opuscoletto con aspetti anche umoristici).
Ma torniamo ai fatti, prendendo le cose da un altro lato.
Porre il 2 aprile 1810 come momento della “conversione” di Manzoni postula che prima di quella data egli fosse lontano dalla pratica del cattolicesimo. Ma non è così.
Il ritorno alla fede di Manzoni è passato attraverso momenti ben documentati della vita dello scrittore, tutti svoltesi a Parigi, ma tutti prima del 2 aprile 1810.
Come noto, Alessandro ed Enrichetta Blondel si sposarono civilmente il 6 febbraio 1808 al Comune di Milano e, tre quarti d’ora dopo (con rito calvinista), nel vicino Palazzo Blondel.
Ma nel giugno 1808 la famiglia Manzoni si trasferisce a Parigi, probabilmente con l’intenzione di farne la propria stabile dimora.
E in quel torno di tempo avvengono mutamenti profondi nell’orientamento di Alessandro. Infatti, dietro sua esplicita pressione sulla moglie Enrichetta (occhio al calendario):
Parigi, 23 agosto 1809 – I coniugi Manzoni battezzano secondo il rito cattolico la loro prima figlia Giulia Claudia, nata il 23 dicembre 1808.
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Parigi, settembre 1809 – I coniugi Manzoni chiedono a Papa Pio VII la dispensa per la celebrazione del proprio matrimonio con il rito cattolico:
«A S.S. Pio VII B.mo Padre, [Alessandro Manzoni] cattolico del Regno Italico, ed [Enrichetta Blondel] di Religione detta riformata della Comunione di Ginevra, riempite le formalità civili, sonosi congiunti in matrimonio innanzi a un ministro della sud.a Religione riformata. L’Oratore cattolico […] mal volentieri sì ma pure s’adattò all’esposta celebrazione; ed ora è disposto a riparare il suo fallo secondo i principi della S. Religione Cattolica. Quindi è, che godendo Egli piena libertà dell’esercizio di Sua Cattolica Religione, e dell’educazione della prole dell’uno, e dell’altro sesso, secondo la stessa Cattolica Religione, ed essendo rimosso ogni pericolo di sua sovversione, col consenso della suddetta sua compagna, pentito del fallo commesso, implora dall’Autorità Apostolica un opportuno riparo, capace di rendere tranquilla la di lui Coscienza, e di cancellare ogni sinistra idea ne’ Cattolici, fra’ quali debbono ambedue abitare, benché vengano reputati legittimamente congiunti.».
A proposito di questa richiesta è opportuno ricordare che Pio VII pochi mesi prima (luglio 1809) era stato “sequestrato” in Roma dall’esercito d’occupazione francese, e si trovava “recluso” in Francia, per il suo rifiuto sia di aderire al napoleonico “blocco europeo” sia di consentire una più larga autonomia alla Chiesa francese (a lato, l’illustrazione del “sequestro”).
È da sottolineare la volontà da parte dei Manzoni di confermare le proprie nozze con il rito cattolico, con un esplicito riconoscimento del “potere” di un Pontefice, in realtà privato della libertà anche personale.
Ma torniamo al calendario.
Parigi, 15 febbraio 1810 — Avuta la licenza papale, i Manzoni celebrano il matrimonio cattolico presso la Residenza del Ministro degli Esteri del Regno Italico a Parigi, Ferdinando Marescalchi. Questi fa da testimone ad Alessandro, dando così all’evento un evidente colore di “ufficialità”.
Abbiamo appena visto come il ritorno di Manzoni alla fede avvenne a rapidi passi. E tali furono anche i successivi di consolidamento nel nuovo orientamento.
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Parigi, 9 aprile 1810 — L’abate Eustachio Degola, conosciuto dai Manzoni nell’autunno precedente, avvia con Enrichetta (presente anche Alessandro) una serie di incontri nei quali le illustra i fondamentali della fede cattolica, evidentemente con grande efficacia.
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Parigi, 3 maggio 1810 — Infatti, dopo sole tre settimane, Degola accoglie l’atto di abiura di Enrichetta.
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Parigi, 22 maggio 1810 — Passate altre tre settimane, dopo aver pronunciato formale e pubblica abiura del calvinismo nella Chiesa di Saint-Séverin, Enrichetta entra ufficialmente a fare parte della comunità cattolica.
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Parigi, 8 giugno 1810 — Dopo diciotto giorni da questa cerimonia la famiglia Manzoni al completo lascia Parigi e rientra in Italia. Nessuno di loro rivedrà più la capitale francese fino al 1819.
E quindi, che ne è del 2 aprile 1810, come giorno della “conversione” di Manzoni? Ben poco, se non nulla!
Quando il 23 agosto 1809 faceva battezzare la figlia e quando nell’ottobre seguente implorava il Papa di consentirgli di rimediare ai propri errori, Manzoni era già un cattolico rientrato pienamente nello spirito della Chiesa; e ansioso di entrare a pieno titolo anche nella comunità dei cattolici, per condividerne anche la vita quotidiana.
Per gli orientamenti religiosi della famiglia Manzoni riteniamo sia quindi più utile ricordare il 2 aprile 1810 come il giorno del matrimonio di Napoleone I con Maria Luisa d’Austria.
Con quella cerimonia Napoleone cancellava infatti ogni legame con il grande movimento dell’89 e si presentava a livello europeo come il garante del ritorno all’assolutismo anti democratico.
Ma nella stessa occasione mostrava l’incapacità di comprendere il ruolo della religione e della Chiesa cattolica nella società che pensava di potere controllare con la forza militare.
Il 2 aprile 1810, nel giorno del suo matrimonio, ben 13 Cardinali (tutti italiani) sui 26 del Sacro Collegio residenti a Parigi, in aperto dissenso dalla sua azione violenta contro il Vaticano e il Papa, si astennero dal partecipare alla cerimonia e lasciarono vuote le 13 poltrone loro riservate, sotto gli occhi dei 6.000 invitati da tutta Europa.
Infuriato, attraverso il Cardinale Fesh (suo zio per parte di madre e nel 1796 già ai suoi ordini nella campagna d’Italia – avendo temporaneamente lasciata la tonaca), Napoleone nel giro di due giorni li fece destituire dalla carica, ne sequestrò i beni, li privò di ogni remunerazione, proibì loro di portare gli abiti cardinalizi e li mise agli arresti domiciliari.
Nonostante la segretezza con cui l’azione venne condotta, negli ambienti italiani di Parigi se ne sparse ben presto la notizia. Ciò grazie anche a Pio Bruno Lanteri di Torino, a capo di un gruppo segreto attivo a favore di Pio VII.
Riteniamo che fossero questi gli avvenimenti, collegati al 2 aprile 1810, da cui i cattolici Manzoni nel giugno si sentirono spinti a “fuggire” — è il caso di dirlo — dalla Francia per ritornarvi solo nove anni dopo, essendo Napoleone definitivamente fuori giuoco.
Per quanto riguarda la chiesa di Saint-Roch in Parigi e sulla commozione ivi vissuta da Manzoni, oltre ai pochi documenti già citati, possiamo ricordare alcuni elementi di fatto.
Nel suo “racconto” Farinotti ci dice che «Alessandro e sua moglie Enrichetta si trovavano il 2 aprile del 1810 a Parigi in occasione delle nozze di Napoleone»: l’espressione è decisamente fuorviante.
I Manzoni abitavano a Parigi dal giugno del 1808, in Boulvard des Italiens, a poche centinaia di metri da Saint-Roch. È da presumere che Alessandro vi sia entrato — e più volte — per riflettere sul suo riavvicinamento alla religione.
Tanto più che a Parigi e tra i suoi amici quella chiesa era ben nota. Sulle sue gradinate il 5 ottobre 1795 le truppe della Repubblica (guidate anche dal giovane Bonaparte che vi si era distinto per l’impiego intensivo dei cannoni caricati a mitraglia) avevano stroncato, provocando 300 morti, un tentativo insurrezionale legittimista. Tre anni dopo e nel quadro della campagna di scristianizzazione, Saint-Roch era stata dichiarata «Tempio del Genio» e tale era rimasta fino al 1804.
Nel 1805, quando Manzoni andò a Parigi, e nel 1808-1809, quando vi maturò il ritorno al cattolicesimo, tutto ciò era ancora molto presente tra gli “ideologi” (che egli frequentò assiduamente) alcuni dei quali erano stati in prima linea nel movimento di scristianizzazione.
A questo movimento i sacerdoti “progressisti” avevano cercato di frapporre la costituzionalizzazione del clero. In questo tentativo fu in prima linea l’Abate Grégoire (attivissimo anche contro la tratta dei neri, assieme a Nicolas Condorcet, già marito di Sophie, più tardi molto legata ai Manzoni) il quale fu vicinissimo a Eustachio Degola, il sacerdote che — lo abbiamo visto — guidò Enrichetta nella sua rapida abiura dal calvinismo nel maggio 1810.
Nulla di strano che in quella chiesa, ricolma di memorie, in un momento non noto (ma verosimilmente tra il giugno 1808 e l’ottobre 1809) Manzoni abbia potuto vivere un’esperienza emotiva di tipo religioso, cosa niente affatto “soprannaturale” né eccezionale, ma frutto di una intensa riflessione (la storia ci dà innumerevoli descrizioni di questi episodi che la psicoanalisi descrive in termini diversi).
E la lapide che ricorda la “conversione”?
Per concludere questo capitolo sulla conversione di Saint-Roch secondo il CNSM, può essere utile dire qualche cosa sulla lapide, il cui testo così recita:
«In questa Chiesa / il celebre scrittore italiano / Alessandro Manzoni / ritrovò la fede del suo battesimo / il 2 aprile 1810».
Qualcuno potrebbe erroneamente pensare che la lapide sia stata apposta attorno a quegli anni o forse per la morte di Manzoni. Dal momento che il docu-film del CNSM ne tace del tutto, riteniamo possa essere di interesse dirne qualche cosa.
La lapide fu posta il 21 dicembre 1937, per iniziativa di un Comitato italo-francese presieduto dal Cardinale Verdier (Arcivescovo di Parigi) e da Dalla Torre, direttore de l’Osservatore Romano. E comprendente Padre Gemelli, il senatore Crispolti, l’accademico Papini, nonché personalità civili e religiose francesi.
La data prescelta non coincideva né con l’anno né con il giorno di una ricorrenza manzoniana ma venne presa sulla base di elementi eminentemente politici.
Nel 1937 la Francia era retta dal Fronte Popolare. Di fronte alla crescente affermazione della Germania nazista nonché alla politica aggressiva dei fascisti (nel giugno verranno uccisi i fratelli Rosselli), il Partito Comunista Francese aveva lanciato la politica “delle mani tese” rivolta a tutte le forze antifasciste e al proletariato di ispirazione cattolica.
Dal canto suo Pio XI (il Papa del Concordato del 1929, da tempo preoccupato per l’azione aggressiva del nazismo contro la Chiesa di Roma) non escludeva una qualche forma di collaborazione con le forze anti-autoritarie. Alla politica delle “mani tese” rispose con una mezza apertura: con la sinistra miscredente non abbiamo nulla in comune ma siamo aperti a chiunque voglia avvicinarsi alla visione cristiana.
Pio XI (in gioventù, con Fogazzaro e Contardini, vicino alle posizioni conciliatoriste, di cui era stato riconosciuto alfiere l’Abate Stoppani) era grande estimatore di Manzoni (lo citò nella «Divini illius magistri» del 1929).
Per dare un segnale forte in termini di comunicazione, in Vaticano si pensò quindi al poeta, figura esemplare di laico (che vedeva nella religione il mezzo per l’emancipazione sociale) e di italiano, ammiratore della Francia.
La cerimonia del 21 dicembre 1937, con il suo esplicito riferimento alla “conversione”, voleva essere a livello culturale una anticipazione del tradizionale discorso che il 23 dicembre l’Arcivescovo Verdier avrebbe fatto ai parigini per le feste natalizie, riprendendo i temi della posizione pontificia, più sopra sintetizzati.
Non a caso le Istituzioni governative italiane a Parigi cercarono di minimizzarla (partecipò alla cerimonia solo il rappresentante consolare). Accanto a questi elementi di carattere politico generale, non è difficile cogliere da parte del Vaticano anche il tentativo di presentare di Manzoni soprattutto il lato religioso. Ciò in chiara concorrenza con il Centro Nazionale di Studi Manzoniani, istituito proprio nel giugno 1937 dal Ministro Gentile, nel quadro dell’adeguamento ai piani culturali mussoliniani del patrimonio letterario nazionale (nella stessa occasione vennero istituiti analoghi Centri Nazionali di Studio, dedicati a Dante e a Leopardi).
La posa della lapide in Saint-Roch registrò una notevole partecipazione e venne ripresa da molti quotidiani francesi. Da noi il governativo “Popolo d’Italia” non ne fece cenno, mentre il “Corriere della Sera” volle evidenziare il passato di “scristianizzatore” del giovane Manzoni e il suo nuovo orientamento religioso, sottacendo i riflessi dell’evento nell’attualità politica.
L’ “Osservatore Romano” vi dedicò invece (il 22 e il 23 dicembre) due lunghi e bene evidenziati interventi nei quali riprendeva la vulgata della ”conversione miracolosa” (per la verità con qualche sensato distinguo da parte dei religiosi francesi), con buona pace della realtà dei fatti, come abbiamo già accennato sopra.
Ma forse a Manzoni, nonostante l’evidente forzatura sul piano storico, quel ruolo di mediatore tra diverse ispirazioni ideali tese a un obiettivo di progresso, che l’evento e la targa gli intessevano addosso, non sarebbe dispiaciuto.
Può essere di interesse su questo tema la lettura della nostra Nota «Nel nome di Manzoni per stringere la “mano tesa ai cattolici” del Front Populaire di Blum».
• indice dei venti episodi⇓