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Lettera aperta alla Ministra dell’Istruzione Senatrice Valeria Fedeli sulla adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa» • 21 settembre 2017

Osservazioni critiche sulla adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola». Un film di Pino Farinotti. Regia di Andrea Bellati. Scritto da Angelo Stella e Pino Farinotti. Prodotto dal Centro Nazionale Studi Manzoniani, con il contributo di Fondazione Cariplo.

15 “Illuminismo” di Maria Teresa d’Austria
Si presenta come condizionata dalle idee di Beccaria l’arretrata e disumana realtà giuridica della Milano asburgica.

Parlato del docu-film – I numeri tra [parentesi] si riferiscono ai fotogrammi sopra riportati.

Farinotti: da [1] a [4] (continuando a parlare della Milano di metà e fine ’700): «Ed è un modello di dottrina illuminista. Ospita personalità come Alessandro e Pietro Verri, Giuseppe Parini e altri, soprattutto Cesare Beccaria. Gente che ha accolto, col pensiero che dominava con la sua potenza illuminata e laica, consacrata alla ricerca della verità. «Dei delitti e delle pene», il testo del Beccaria, ha rivoluzionato la giurisprudenza delle potenze d’Europa e il giudizio delle epoche a venire. È stato assunto da regnanti come Caterina di Russia e Maria Teresa d’Austria. Ha stabilito il rapporto fra crimine e condanna, con ragionamenti sulla pena di morte che valgono ai nostri giorni.»

Nostre osservazioni – A parte l’insistenza sulla deformazione temporale (la [1] è una foto di Corso Vittorio Emanuele II a fine ’800), l’insieme del discorso di Farinotti è inequivocabile: «Milano è un modello di dottrina illuminista» «Dei delitti e delle pene ha rivoluzionato la giurisprudenza delle potenze d’Europa […]. È stato assunto da regnanti come Caterina di Russia e Maria Teresa d’Austria.»
È un quadro elogiativo del periodo “teresiano” di Milano, condiviso da molti, di cui è opportuno verificare l’attendibilità storica.

La Milano nell’ultimo quarto del 1700, quando nacque Manzoni, era dominata da un Patriziato e una borghesia d’affari molto ricchi, ma con una popolazione miserabile.
Le disparità sociali erano enormi. Nel 1782 Cesare Beccaria, come alto burocrate, aveva uno stipendio di 10.000 lire annue (1.100.000 Euro) mentre con giornate lavorative anche di 12 ore, in un anno, tutta una famiglia (un manovale, sua moglie e i suoi figli – a partire dagli 8 anni) ne guadagnavano non più di 220. Ma 70 Lire se ne andavano solo per il pane, per il rincaro del quale scoppiavano infatti tumulti sanguinosi.

Per il clima culturale allora dominante nella “Milano modello di dottrina illuminista” è utile leggere proprio Cesare Beccaria.
Ad André Morellet (che aveva tradotto in francese il suo libro, ristrutturandolo e favorendone la diffusione internazionale), nel maggio 1766, scrive: «Questo paese è ancora sepolto sotto i pregiudizi […]. I milanesi non perdonano a chi vorrebbe farli vivere nel 18º secolo. In una capitale popolata da 120.000 abitanti, a malapena si possono contare venti persone che amano istruirsi, e che si dedicano alla verità e alla virtù.»

In verità il Patriziato milanese era estremamente arretrato. Quando nel 1764 uscì (anonimo e fuori dai domini austriaci) il libro «Dei Delitti e delle Pene», a Milano e a Vienna non ci fu nessunissima adesione alle idee di Beccaria.

Anzi. Cinque anni dopo, nel 1769 (quando il libro di Beccaria circolava in tutta Europa nella sua versione francese) Maria Teresa d’Austria emanò il nuovo codice penale “Constitutio Criminalis Theresiana” nel quale si faceva riferimento alla pena di morte e alla tortura negli stessi termini usati nel 1630 dai giudici della “colonna infame”.

Solo un breve cenno:

Parte prima / Articolo Quinto / Delle pene capitali:
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§ 2. «Le più severe [pene di morte] consistono primieramente: nel vivo abbrucciamento a fuoco; premessa però la decapitazione del malfaccente nel caso che le circostanze accordassero una mitigazione. Secondo: nello squartare. Terzo: nel ruotare dal di sotto in su, o dal di sopra in giù […]»
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§ 3. «Questi detti supplizi di morte possono inoltre venire accresciuti, a misura delle circostanze più gravi che vi concorressero, o col trascinamento al luogo del supplizio, o con strappate di carne a tenaglie infuocate, ossia con tanagliate a fuoco, o con svellimento di correggie di pelle, o col taglio della lingua […]».

E sulla tortura non andiamo meglio:

Parte Seconda / Articolo Trentottesimo / Sulla tortura:
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§ 12, punto quinto: «Essendo da porsi alla tortura, per un medesimo delitto, un uomo ed una donna; o un debole e un gagliardo, si dovrà sempre cominciare dalla donna o dal più debole…»
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«§ 17 – «Nelle nostre provincie [la tortura deve consistere]: 1º nei ‘sibili’, ossia nel torchietto dei pollici con o senza picchiare sopra lo strettorio; 2º nella legatura, ossia allacciamento per di dietro con uno, o più, al sommo tre intermessi legamenti; 3º nella corda, ossia nella pura elevazione per aria con una, o più, al sommo tre intercalate […]»
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§ 11, punto sesto – «Non dovranno venire poste alla tortura le persone del più alto rango, insertite nella matricola degli stati Nostri ereditari; e nè manco quelle, che sono costituite in dignità cospicue, e di alto onore, e così neppure Nostri consiglieri, Dottori, ed incoli nobilitati, fuorché si trattasse di crime di lesa maestà, ed umana Maestà, di tradimento dello Stato, e di altri sopragravi delitti.»

Il Codice si chiudeva con una serie di tavole con accurati disegni tecnici sugli strumenti di tortura e sui modi per stritolare pollici e gambe; disarticolare le spalle dell’interrogato e altre tecnicalità inquisitorie.

Il Codice Criminale Teresiano non prevedeva queste procedure solo retoricamente.

Il 25 settembre 1775, esattamente come prescritto dalla “illuminata” Maria Teresa d’Austria, venne a Milano giustiziato Carlo Sala, arrestato nel maggio 1774 e reo confesso per furti di opere d’arte nelle chiese. Torturato lungo il tragitto fino a Piazza Vetra, venne impiccato dopo il previsto taglio della mano destra.

Secondo Ferrajoli, in Europa la tortura fu abolita in queste date: Napoli, 1738; Prussia, 1740; Stati d’Aosta, 1760; Baden, 1767; Mecklemburg, 1769; Sassonia, 1770; Svezia, 1772; Toscana, formalmente nel 1786; Austria, 1776 da Maria Teresa; Francia, 1788; Venezia, 1787; Lombardia, 1789 da Giuseppe II; Piemonte, 1798; Baviera, 1807; Würtenberg, 1809; Sicilia e Sardegna, 1812.

Il cannibalesco codice penale della “illuminata” Maria Teresa d’Austria (del 1769) fu quindi emanato in controtendenza rispetto ai molti Stati che (anche prima di Beccaria) avevano già avviato la revisione dei codici.

In Lombardia venne abolito solo nel 1789, quando in tutta Europa il processo di riforma era già quasi compiuto. Ciò non per sminuire la funzione del libro di Beccaria ma per dare un quadro storicamente corretto dell’epoca in cui nacque Manzoni.

E della “illuminata” Milano di allora.

Infatti, quando, il 2 gennaio 1776, Maria Teresa abolì la tortura nei suoi domini, il Senato di Milano (che godeva di larga autonomia in questi ambiti – padroni permettendo) respinse l’Editto dell’Imperatrice, mantenendo quel Codice Penale di cui abbiamo detto sopra.

E Presidente del Senato era Gabriele Verri, il padre del nostro Pietro Verri, il co-autore (anonimo) con Beccaria del fortunato libro di denuncia. Questo per indicare il tasso di “illuminismo” della Milano di fine Settecento, di cui il docu-film del CNSM delinea un quadro idilliaco.

Abbiamo dedicato un po’ di spazio a questo argomento perché pena di morte e tortura sono tuttora argomenti di grande peso politico, etico e culturale (da qui la grande attualità di Manzoni, che deve essere visto storicamente e non imbalsamato in vuoti fraseggi).

Ma anche perché sulla “Milano austriaca illuminista” vi è una vulgata e un vissuto cultural-mondano decisamente fuorvianti.

Basti pensare alla “Marcia di Radetski”, che viene proposta ogni inizio anno dall’eccellente orchestra di Vienna a oltre un miliardo di spettatori in Mondovisione.

Da nessuno viene ricordato che quella musica fu composta da Johann Strauss padre, per i festeggiamenti del 31 agosto 1848, in onore di Radetzky il 6 agosto rientrato da trionfatore in quella Milano che lo aveva cacciato pochi mesi prima, al prezzo di oltre 1.500 tra morti e feriti.
La musica è certamente accattivante, ma sarebbe opportuno che, prima di eseguirla al primo di ogni anno, il direttore dell’orchestra ricordasse a tutto il mondo l’esosa arretratezza con cui Lombardia e Milano furono dominate dall’Austria, da Maria Teresa e dai suoi successori.
Verso i quali Manzoni fu sempre inflessibilmente ostile, nonostante le continue profferte che dai governanti austriaci gli venivano perché assumesse un atteggiamento più “conciliante” e collaborativo.

A lato, disegni tecnici e prescrizioni operative per la somministrazione della tortura, in Appendice al Codice Penale di Maria Teresa d’Austria del 1769.

Che venne abolita nel 1789, solo dopo la morte della “illuminata” Imperatrice.

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