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Note critiche a: «Viaggio nel mondo dei Promessi Sposi» – 7 aprile 2018 – RAI3/Alberto Angela

18 giugno 2018
Lettera aperta ad Alberto Angela – Terzo approfondimento

Quanto segue è uno degli otto allegati della «Lettera aperta ad Alberto Angela» di commento alla trasmissione «Viaggio nel mondo dei Promessi Sposi» andata in onda il 7 aprile 2018 – RAI3, 21:30.
I collegamenti alle altre parti della lettera sono riportati al piede di questa pagina o nel menù principale in testata.

Duelli per futili motivi” o scontri sanguinosi per la supremazia sociale?

Rimossa la riflessione di Manzoni sulla funzione del perdono per lo scioglimento dei conflitti.

Fumettistiche “ricostruzioni storiche”, solo fuorvianti.

E veniamo al tema dei duelli, cui nella trasmissione sono dedicati 6:06 minuti, pari al 5,3% del tempo complessivo.

Di questo “approfondimento” trattiamo due aspetti:

uno serio riguardante il pensiero di Manzoni sul concetto di “perdono” anche come opzione sociale per lo scioglimento dei conflitti;
.
l’altro, dal taglio un po’ farsesco, relativo alla superficialità con cui RAI-ANGELA si propongono allo spettatore con un duello in ritardo di due secoli.

Cancellato il pensiero di Manzoni sulla funzione del perdono.

[17:20] ANGELA: «Lucia e la madre Agnese, si rivolgono a padre Cristoforo, o fra Cristoforo, come lo chiama Manzoni.
È una figura chiave alla quale l’autore forse teneva maggiormente.
Ora, Fra Cristoforo è un personaggio dal carattere sanguigno, entrato in convento dopo aver ucciso un uomo in un duello per futili motivi.
»
Spiace dirlo ma dell’intera trasmissione questo intervento di Angela non solo è il più superficiale ma anche il meno rispettoso nei confronti del pensiero di Manzoni e degli spettatori.

Angela infatti:

a. con l’espressione “duello per futili motivi”, deforma la natura del “fatto” che portò Lodovico a diventare Padre Cristoforo, presentato invece con precisione da Manzoni per il suo contenuto storico-sociale;
.
b. ne esclude completamente la conclusione: il pentimento di Lodovico; il suo votarsi al servizio del prossimo; il perdono accordatogli dai parenti della vittima: ossia tutti gli elementi centrali su cui Manzoni ha voluto invitare il lettore alla riflessione;
.
c. concentra al contrario l’attenzione dello spettatore sull’elemento puramente esteriore, cioè lo scontro armato;
.
d. infine, confonde lo spettatore con una rappresentazione del duello che nulla a che fare con il Seicento, il secolo che lo stesso Angela ha definito il “vero protagonista” del romanzo.

Cominciamo dai “futili motivi”.
I fatti sono noti e riguardano lo scontro fra Lodovico, il futuro Padre Cristoforo, e un nobile altezzoso.
Questi, attorniato dai suoi bravi, esige che gli si dia il passo; Lodovico, a sua volta appoggiato da uomini armati, nega che egli ne abbia il diritto. Nello scontro che ne segue, il nobile viene ucciso dal futuro frate.
Angela non ce lo dice ma Manzoni spiega bene che il confronto finito in omicidio è l’ultimo di una lunga serie di urti che il futuro Padre Cristoforo aveva sostenuto con i nobili prepotenti della città.

Figlio di un ricco mercante avrebbe voluto unirsi ai giovani della nobiltà, che lo hanno però respinto perché “borghese”, quindi a loro inferiore.
In risposta, il “borghese” si era circondato di bravi, contrastando con puntiglio i nobili nei loro soprusi.

Ancora. RAI3-ANGELA non ne dicono nulla – ma in questo passo Manzoni supera se stesso – che l’uccisore si rifugia in un convento e qui decide di mutar vita, dedicandosi come religioso all’assistenza ai deboli.
E neppure ci dice che l’omicida chiede e ottiene il perdono dal fratello e dai parenti dell’ucciso — uno dei passaggi più efficaci e densi del romanzo.

Non fu “duello per futili motivi” ma scontro armato per la supremazia sociale.

Angela parla di “duello” deformando la realtà (certo non volontariamente). Il duello, per definizione, avviene tra “pari”, che si muovono nel quadro di un comune riferimento sociale e comportamentale.

Manzoni non era interessato a questo particolare aspetto delle relazioni (da notare che nella prima parte dell’Ottocento, anche in Italia, i “duelli” di cui parla Angela erano molto diffusi, ancorché proibiti). E infatti, ne “I Promessi Sposi” la parola “duello” semplicemente non compare mai.

Il nobile borioso ucciso da Lodovico, non si sarebbe mai battuto a duello con il figlio di un mercante: si sarebbe invece comportato come il nobile conte Rohan Chabot con il filosofo e scrittore Voltaire nel 1726.
Questi venne a diverbio con il conte il quale lo fece bastonare dai suoi servi. Voltaire allora lo sfidò pubblicamente a “duello”. Per questa sfida, un vero attentato alla gerarchia sociale, Voltaire fu arrestato, incarcerato e costretto all’esilio in Inghilterra.

Come si vede, in quei lontani anni non si trattava di “futili motivi” ma di serissimi aspetti del contrasto tra nobili e borghesi, che durò secoli e venne “risolto” solo con la borghese Rivoluzione Francese del 1789 e la testa di diecine di migliaia di nobili.

Si badi bene! Questo scenario di fondo della vicenda non è una nostra elaborazione postuma. È Manzoni che ce lo propone, e in modo molto dettagliato.

E allora perché Angela, in una trasmissione intitolata “Viaggio nel mondo dei Promessi Sposi”, cancella nel modo più radicale la tesi sostenuta con evidenza dal suo autore?

Ravvedimento e perdono.

E che dire poi del silenzio di Angela sullo sviluppo del fatto di sangue? del ravvedimento religioso di Lodovico; della richiesta di perdono e del suo ottenimento?

Manzoni rifletté tutta la vita sul problema del perdono visto come uno dei passaggi per lo scioglimento dei conflitti sia individuali che collettivi. Naturalmente lo fece con lo spirito della religione cattolica (nella concezione di Antonio Rosmini) di cui fu, dai suoi venticinque anni, convinto sostenitore e praticante.

Ma non lo trattò solo dal punto di vista religioso. Gli diede invece una dimensione collettiva che ha profondamente influenzato – e influenza tuttora – il nostro pensiero civile.

È chiaro, per esempio, che il concetto di pena carceraria come momento “per la rieducazione” del condannato — come dice la nostra Carta Costituzionale, Art. 27 — si deve far risalire anche a Manzoni e all’insistenza con cui egli inserì questa riflessione nel suo romanzo, che tanta parte ebbe nella formazione civile dell’Italia risorgimentale.

Ci limitiamo a ricordare che la pena di morte venne abolita in Italia nel 1889 col Codice noto con il nome del Ministro Giuseppe Zanardelli. Il quale si avvalse della decennale consulenza del professor Antonio Buccellati, giurista e sacerdote (amico stretto dell’Abate Stoppani e anch’egli fortemente legato a Rosmini) e grande estimatore di Manzoni in quanto letterato e “ispiratore del progresso morale e civile del paese”.

Non è un caso che nel suo romanzo Manzoni presenti al lettore le sue riflessioni sul problema del perdono in due momenti topici: il perdono a Lodovico da parte dei parenti dell’ucciso; il perdono a don Rodrigo da parte di Renzo al Lazzaretto.

Un insistito silenzio sull’idea del perdono come soluzione dei conflitti.

In tutta la trasmissione però, Angela non tocca mai questo aspetto chiave del pensiero di Manzoni.

Anzi, coscientemente, lo cancella dall’orizzonte de “I Promessi Sposi”.
Non solo (lo abbiamo già visto) lo cancella nell’episodio di Lodovico-Padre Cristoforo, ma anche e proprio nel finale (del romanzo e della trasmissione).

[1:54:17] ANGELA: «In un ultimo slancio don Rodrigo cerca di sottrarsi alla morte con un’estenuante cavalcata (in realtà così è nella prima versione del romanzo, Fermo e Lucia).
Nei Promessi Sposi invece don Rodrigo muore nel suo giaciglio. E intanto una pioggia torrenziale cade su Renzo, Lucia e tutti i ricoverati del Lazzaretto, preannunciando la fine dell’epidemia e il lieto fine.
»
.
Angela, anche nel finale, crea un po’ di confusione e ci costringe a qualche messa a punto.

Intanto il cosiddetto «Fermo e Lucia» non è mai stato né pubblicato né così chiamato da Manzoni.

Questo riferimento compare una sola volta, in una lettera (3 aprile 1822) di Ermes Visconti a Gaetano Cattaneo. Visconti scrive all’amico: «Non vi manca altro se non che Walter Scott gli traduca [a Manzoni] il romanzo di Fermo e Lucia, quando l’avrà fatto.»

.«Fermo e Lucia / Prima composizione del 1821-1823 / Appendice storica su la Colonna Infame / primo abbozzo del 1823» venne invece proposto come titolo nel 1954 da Alberto Chiari e Fausto Ghisalberti per una nuova edizione critica di un lungo e molto rimaneggiato manoscritto di Manzoni (la prima minuta del romanzo) che si era cominciato a vedere pubblicato solo nel 1905 sotto il titolo «Brani inediti dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni per cura di Giovanni Sforza» (Hoepli, 1905).

Quella “prima bozza” del romanzo (stesa tra il 1821 e il 1823), conosciuta solo da pochi intimi (che ci misero le mani con correzioni e suggerimenti) e mai titolata né tanto meno pubblicata da Manzoni, venne radicalmente modificata dall’autore nella scrittura della “prima” – questa sì! – edizione de “I Promessi Sposi”, quella del 1827.

È il perdono che consente la liberazione dal tormento e lo scioglimento dell’azione.

Una delle modifiche più importanti tra quella prima bozza e la prima edizione de “I Promessi Sposi” riguardò proprio il finale.

Nella prima bozza la conclusione è centrata sulla morte delirante di don Rodrigo al termine di una forsennata cavalcata nei campi fuori dal Lazzaretto (Nocita trasforma in filmato questa conclusione, che Angela naturalmente ci ripropone senza tante riflessioni).

Ma nella prima edizione de “I Promessi Sposi”, quella del 1827, Manzoni ci propone il finale con tutta un’altra storia.

Ne “I Promessi Sposi” Manzoni non ci rappresenta mai la morte di Don Rodrigo, né tanto meno nel capitolo XXXV, in cui descrive invece l’incontro tra Renzo e il suo persecutore, voluto da Padre Cristoforo per spingere Renzo al PERDONO.

In quelle pagine Manzoni descrive un uomo, spossato dalla malattia, ormai impotente… ma in vita, definita dal Manzoni “tenace”. E non potrebbe essere diversamente.

Fino a che non riceverà il perdono di Renzo, Don Rodrigo non potrà morire. Fino a quel momento è destinato a rimanere in un limbo di delirio.

Rileggiamo il testo di Manzoni, Cap. XXXV, pag. 687:
«Stava l’infelice, immoto; spalancati gli occhi, ma senza sguardo; pallido il viso e sparso di macchie nere; nere ed enfiate le labbra; l’avreste detto il viso d’un cadavere, se una contrazione violenta non avesse reso testimonio d’una vita tenace. Il petto si sollevava di quando in quando, con un respiro affannoso; la destra, fuor della cappa, lo premeva vicino al cuore, con uno stringere adunco delle dita, livide tutte, e sulla punta nere.
“Tu vedi” disse il frate, con voce bassa e grave. “Può esser gastigo, può esser misericordia. Il sentimento che tu proverai ora per quest’uomo che t’ha offeso, sì; lo stesso sentimento, il Dio, che tu pure hai offeso, avrà per te quel giorno. Benedicilo, e sei benedetto.

Da quattro giorni è qui come tu lo vedi, senza dar segno di sentimento. Forse il Signore è pronto a concedergli un’ora di ravvedimento; ma voleva essere pregato da te: forse vuole che tu lo preghi con quella innocente; forse serba la grazia alla tua sola preghiera, alla preghiera di un cuore afflitto e rassegnato. Forse la salvezza di quest’uomo e la tua dipende ora da te. Da un tuo sentimento di perdono, di compassione … d’amore!”
Tacque; e, giunte le mani, chinò il viso sopra di esse, e pregò: Renzo fece lo stesso.»

Come è chiaro il Manzoni! Don Rodrigo, vittima del proprio delitto, non può essere né liberato né castigato, neppure da Dio. Può forse ravvedersi. Ma lo può fare solo grazie al PERDONO dell’uomo che egli stesso ha perseguitato.

È quel perdono che consente anche a Manzoni di sciogliere tutto il dramma.

Ciò detto, crediamo risulti chiaro che ad Angela, alla RAI, al consulente Barbero, di una parte fondamentale del pensiero di Manzoni non interessa nulla! Sembra anzi che la vogliano celare.

Siamo certi che alla base non vi sia un’intenzione meno che onorevole. Ma siamo altrettanto certi che vi sia bisogno di una riflessione seria sul come un servizio pubblico come la RAI debba proporre i suoi prodotti a milioni di spettatori.

Ma — per concludere con un sorriso questo “approfondimento” — dobbiamo venire al suo aspetto farsesco.

Ricostruzioni storiche fuorvianti

Abbiamo già visto sopra che lo scontro mortale tra il futuro padre Cristoforo e il nobile borioso, non fu affatto un duello ma uno scontro a sangue dettato da ragioni esclusivamente sociali — i rapporti tra nobiltà e borghesia — tipiche anche della società del Seicento e in gran parte superate dalla Rivoluzione Francese di fine Settecento.

Ma — lo abbiamo visto — Angela da quel lato non ci sente e anzi introduce un tema assolutamente incomprensibile.

[20:30] ANGELA: «Lo scontro tra i due rivali porta a un duello mortale. Intorno però a questo discorso dei duelli sono nate molte leggende. Qual è la verità? Beh! Cerchiamo di sfatarne alcune.»
.
Angela non dice a quali “leggende” egli si riferisca e lo spettatore rimane in attesa di saperne qualche cosa di più.

La “voce fuori campo” ci racconta di come nel passato si giungesse a un duello, intercalandosi con l’accattivante maestro d’armi Renzo Musumeci Greco, che approfondisce gli aspetti per così dire “tecnici” della questione.

Intanto un filmato RAI ci propone una lunga sequenza in cui assistiamo a un duello, questo sì da considerarsi tale, tra due giovanotti, uno bruno coi baffetti e un biondo sbarbato.

Ci sia consentito un piccolo inciso.
La scena ripresa nel filmato RAI è stata girata di fronte alla chiesa di San Bonaventura nel Comune di Canale Monterano (provincia di Roma), da un paio d’anni frequentata dai registi cinematografici per i suoi ambienti pittoreschi.

In una nota del Comune di Monterano del 28 marzo si legge: «Abbiamo ospitato in questi giorni la troupe di Rai Tre, che ha girato una ricostruzione di un duello secentesco, con attori in costume
.
Alessandro Bettarelli (Sindaco del paese), in una dichiarazione raccolta dalla giornalista Graziarosa Villani, dice: «Monterano farà da sfondo ad una storia molto conosciuta da tutti noi che però non anticipiamo, invitando tutti a seguire Ulisse e Alberto Angela il 7 aprile.»

Le aspettative sulla trasmissione non erano quindi solo delle amministrazioni di Lecco e del lariano ma anche di altre realtà del nostro paese. Si trovano infatti in rete almeno una diecina di altre comunicazioni di media della zona che ripetono l’espressione “duello secentesco”. Evidentemente qualcuno ha presentato ad Amministratori e giornalisti la cosa in modo che essi così la pensassero.

Esattamente come qualcuno ha presentato ad Amministratori e giornalisti di Lecco e del lariano la trasmissione come momento di grande visibilità dei “luoghi” de “I Promessi Sposi” (vedi QUI per verificare con quali risultati).

Nel caso del Comune di Monterano, però, la questione non sta in una “cancellazione”, come è toccata a Lecco: la Chiesa di San Bonaventura infatti si vede benissimo.

Il problema sta in un equivoco non trascurabile: ciò che viene trasmesso non è affatto un duello “secentesco” ma un duello sbagliato di due secoli.

Si tratta infatti di un duello “ottocentesco”.

Lo spettatore, che avevamo lasciato in attesa di sapere quali fossero le “leggende da sfatare” sui duelli, annunciate da Angela, e in attesa – come gli amici del Comune di Monterano – di assistere a un duello secentesco, non sa raccapezzarsi.

Le armi che ci vengono mostrate in azione sono di foggia secentesca (si tratta in realtà di armi da teatro o da palestra, su cui è stato anche dimenticato il puntale di protezione).

Ma l’abbigliamento di duellanti, testimoni, arbitro e medico sono infatti quelli tipicissimi dell’Ottocento, come può constatare chiunque: la tuba stretta, la giacca del frak sono di taglio 1830-40, mentre la cappa con doppia mantella viene usata per tutto il secolo.

Lo spettatore ha l’impressione di avere cambiato inavvertitamente canale: non stavamo parlando di duelli secenteschi? e di “leggende da sfatare” in proposito? E che c’entrano quei signori in tuba e redingote?

Intanto la VOCE FUORI CAMPO dice al suo orecchio:

[23:24] «Nel Seicento raccontato da Manzoni i duelli erano molto più frequenti e decisamente più violenti. Le gride contro il possesso e l’uso delle armi erano numerose ma nonostante le pene minacciate, era molto comune girare armati. E quando per strada scoppiava una lite, si andava subito per le spicce, impugnando le armi. Una rissa in cui era frequente il morto.»

E davanti ai suoi occhi vengono proposte scene da vari film: “Caravaggio” (regia di Angelo Longoni) e “I tre moschettieri” (di Paul Anderson). In queste scene assistiamo a scontri armati o a litigi degenerati in risse che evidentemente nulla hanno a che fare con i duelli.

Lo spettatore a questo punto si chiede se sta assistendo a una trasmissione di approfondimento culturale su “I Promessi Sposi” o a un quiz sconclusionato sulla storia degli scontri all’arma bianca dall’antichità a oggi.

Che voleva dire Angela parlando di “leggende da sfatare”?
E cosa c’entra la lunga sceneggiata del duello ottocentesco che a Monterano e dintorni tutti ritengono e definiscono secentesco?

Forse per dare un minimo di struttura allo sconclusionato episodio, il Maestro d’armi Musumeci Greco (un vero esperto, ben noto nell’ambiente) interviene per dare il suo contributo.

Lo vediamo mentre tiene tra le mani una spada che a prima vista sembra essere una di quelle usate nel duello “ottocentesco” girato a Monterano. In realtà, si tratta di un’altra spada ancora, probabilmente una vera lama d’epoca, adatta a scontri regolati. Ma su di essa il Maestro nulla dice.

Dopo qualche secondo, anzi, la depone e brandisce invece la vera arma da combattimento del Seicento, una bella “rapiere”, o “striscia” che dir si voglia. Il maestro accenna anche al maneggio di questa arma, quasi a voler riportare nel seminato a colpi di spada una trasmissione che qui è apparsa proprio la parodia della colta e “filologicamente corretta” “Ulisse il piacere della scoperta”.

Tanto per chiudere con un sorriso, evidenziamo al lettore che – se proprio ne ha voglia – può divertirsi ancora un poco, riguardando il duello “ottocentesco” girato a Monterano.

Guardando con attenzione, si accorgerà che a un certo punto [22:58] il duellante bruno con i baffetti disarma il biondo, che si trova così completamente scoperto alla sua mercé.

Nella scena immediatamente successiva, però, a cadere ferito con un grido di dolore e tanto di camicia insanguinata non è il biondo (di cui si intravede la lama ancora puntata sull’avversario) ma il bruno coi baffetti che, evidentemente pentito di avere disarmato l’avversario, si è fatto harakiri — nel montaggio del filmato c’è stata un po’ di distrazione, ma non fà nulla!

Ma basta con questi trastulli: era solo per evidenziare – non certo con piacere – quanta superficialità vi sia in questa trasmissione RAI3-ANGELA, tanto promossa e tanto attesa in tante parti d’Italia.