Cronache dal Festival della Lingua Italiana – Lecco 2017
«… e si teneva il conto de’ reggimenti che passavan di mano in mano il ponte di Lecco, …».
(Manzoni, «I Promessi Sposi – Storia della Colonna Infame», Redaelli, 1840, cap. XXX, pag. 577)
Di nuovo i lanzichenecchi di Wallenstein?
Con Manzoni è lecito fare affari (e non solo in campo editoriale).
Ma rispettandone lo spirito e l’opera.
Come i lettori lecchesi sanno bene, venerdì 13 ottobre 2017, presso il Politecnico di Lecco, si è svolto il “Festival della Lingua Italiana” che, come è indicato in tutti i momenti e strumenti di promozione dell’evento, è stato organizzato dalla “Associazione Treccani Cultura” nell’ambito della rassegna annuale “Lecco città dei Promessi Sposi, edizione 2017. La Famiglia – Le famiglie”, organizzata dal Comune di Lecco.
Come parte conclusiva della giornata, si è tenuta alle 18.00 l’inaugurazione a Palazzo delle Paure della mostra “I Promessi Sposi di Mimmo Paladino”.
In esposizione le 15 illustrazioni originali (realizzate con diverse tecniche dall’artista) che accompagnano le pagine del volume “I Promessi Sposi”, edito nel 2012 (a cura del professor Carlo Ossola) nella collana “Classici Treccani. I grandi autori della letteratura italiana”.
Come è indicato nella documentazione, la mostra Paladino è stata attivata dal Comune di Lecco in collaborazione con Treccani Cultura, l’Associazione che ha organizzato l’intero “Festival della Lingua Italiana”, presentato dallo stesso Comune come l’evento più significativo dell’intera rassegna lecchese.
La mostra di Paladino targata Treccani, ancorché forse non molto appariscente, merita di essere considerata con attenzione. In essa sono infatti presenti elementi di interesse per la “cultura manzoniana” in Italia e per il ruolo che, in essa e per essa, la comunità di Lecco è storicamente chiamata a svolgere in quanto “Città di Manzoni e dei Promessi Sposi”.
I contenuti della mostra
Abbiamo già detto che la mostra propone al visitatore le quindici illustrazioni realizzate dall’artista Paladino per il volume “I Promessi Sposi”, edito nel 2012 (a cura del professor Carlo Ossola) nella collana “Classici Treccani. I grandi autori della letteratura italiana”.
In questa sede non esprimeremo alcuna valutazione sulla qualità artistica di queste illustrazioni.
Vorremmo invece svolgere qualche considerazione di merito sul volume “I Promessi Sposi” edito nel 2012 da Treccani che le ospita, per dare la risposta a una domanda semplice ma che in Lecco è sempre necessario porsi quando si parla di Manzoni: questa edizione Treccani de I Promessi Sposi è fedele al pensiero e all’opera di Manzoni?
Va da sé che, se questa edizione Treccani dovesse risultare una deformazione dell’opera di Manzoni e del suo magistero, ci si dovrebbe porre immediatamente il problema del perché sia stata presentata dal Comune di Lecco, in una mostra prevista per parecchi mesi a venire, come elemento di valorizzazione di Manzoni, a conclusione di una giornata interamente dedicata a Manzoni stesso e all’analisi scientifica del suo fondamentale contributo alla nostra lingua nazionale.
Cosa c’è dentro “I Promessi Sposi” di Treccani, proposto dagli organizzatori del Festival della Lingua Italiana?
Se sfogliate il volume edito da Treccani nel 2012, vi accorgete immediatamente che lì è riportata solo una parte del romanzo di Manzoni.
Quella che è nota sotto il titolo “I Promessi Sposi, storia milanese del XVII secolo”, mentre manca la seconda parte, che porta il titolo “Storia della Colonna Infame”.
Non solo, ma che in questa edizione Treccani sono state eliminate le 454 illustrazioni ideate, fortemente volute e realizzate con enorme dispendio di energie da Manzoni, che si avvalse per queste illustrazioni del contributo di numerosi artisti (tra questi in primo luogo, ma non unico, Gonin) e artigiani, incisori e intagliatori. Le illustrazioni volute da Manzoni sono state sostituite da quelle di Paladino, volute da Treccani.
Sulla base di questi due dati di fatto, possiamo dire con sicurezza che questa edizione Treccani 2012 de “I Promessi Sposi” tradisce, sul piano storico e culturale – e senza ombra di dubbio – il pensiero e l’opera di Manzoni.
È cioè – come con grande efficacia si è espresso il professor Nigro – un vero e proprio “falso culturale”.
Diamo per scontato che il lettore sappia che il professor Salvatore Silvano Nigro è uno dei più stimati manzonisti alla cui competenza possiamo fare oggi affidamento. È stato professore ordinario in importanti università italiane e straniere ed è uno dei quattro membri del Consiglio Direttivo del Centro Nazionale Studi Manzoniani, nominati dal Ministero dei Beni Culturali perché curino, difendano e diffondano il magistero di Manzoni.
Con il Centro Nazionale Studi Manzoniani non siamo d’accordo su tutto (vedi QUI la nostra critica al loro recente docu-film su Manzoni) ma perfettamente allineati alle idee di Nigro a proposito della Quarantana, l’ultima edizione de “I Promessi Sposi”, di cui stiamo parlando.
Proprio nella mattinata del “Festival della Lingua Italiana”, già sopra ricordato, il professor Nigro nella sua Lectio Magistralis “La Famiglia Manzoni”, su questo aspetto della Quarantana è stato molto esplicito e vicino alla ruvidità. Queste le sue parole, fedelmente trascritte (sottolineature nostre):
«Vorrei ricordarvi che purtroppo i Promessi Sposi che noi leggiamo nella scuola, l’edizione chiamata “Quarantana”, è un falso letterario.
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Noi ricostruiamo il personaggio letterario Manzoni attraverso un falso.
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Perché voi leggete un’opera mutilata. Perché in realtà la Quarantana si conclude con la Storia della Colonna Infame. E Manzoni che stampò a spese sue e vi dissipò un patrimonio, volle che la parola “FINE” fosse messa dopo la Colonna Infame.
Perché voleva che la Colonna Infame venisse letta come l’ultimo capitolo dei Promessi Sposi. Se voi levate dai Promessi Sposi la Colonna Infame leggete un romanzo che non è quello che Manzoni voleva che i lettori leggessero, almeno dopo avere fatto la Quarantana.»
E a proposito delle illustrazioni, sentite cosa ha detto, nella medesima occasione del Festival, il professor Nigro:
«Ma nei Promessi Sposi c’è un altro aspetto, che è stato cancellato ma è fondamentale. L’edizione del 1840 che Manzoni ha pubblicato, è piena di illustrazioni. Domando: queste illustrazioni fanno parte del romanzo oppure no?
Una cosa è un romanzo che viene illustrato. Una cosa è un romanzo che è stato illustrato direttamente da Manzoni. Perché vorrei ricordarvi che quando Manzoni vuole illustrare i Promessi Sposi, ha vicino un grande pittore – Hayez – che è parte della famiglia in quanto amico di lunga data della seconda moglie di Manzoni, Teresa Stampa.
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Manzoni commissionò le illustrazioni ad Hayez ma Hayez era un grande artista e lì si scontrarono perché Hayez voleva libertà di interpretazione.
Ma Manzoni, no! Piglia un modesto artigiano qual è il Gonin e gli detta come vuole siano fatte le illustrazioni. Il personaggio deve avere questa grandezza, deve fare questo gesto, la vignetta deve essere messa lì, ecc. ecc. Per vestire i personaggi impiegava i quadri seicenteschi a cui dovevano rifarsi. Vi faccio soltanto un esempio: nessuno fa caso a come è vestito Don Rodrigo nei Promessi Sposi. Ma se voi leggete gli appunti di Manzoni, quelli scritti per Gonin, dice: “voglio che sia vestito come quel mercante che è rappresentato in un quadro dell’Ospedale a Milano”. Allora, mentre tutti gli altri aristocratici del romanzo sono vestiti alla maniera aristocratica, Don Rodrigo è vestito da mercante. Cioè Don Rodrigo non è neppure degno di avere un vestito da aristocratico. Guardate quante cose si scoprono se uno va a vedere quelle cose.»
Ci pare che con queste due citazioni di Salvatore Silvano Nigro, possiamo chiudere il capitolo “contenuti” del volume “I Promessi Sposi” edito nel 2012 da Treccani, in cui sono inserite le quindici illustrazioni di Paladino, in mostra a Lecco, al Palazzo delle Paure.
Quell’edizione è un “falso letterario”. Punto. Parola di Nigro su cui anche noi prestiamo giuramento.
Il lettore si è certamente già reso conto del dove vogliamo andare a parare. Siamo di fronte a un evidente caso di “schizofrenia culturale”.
Al mattino la Associazione Treccani Cultura ci propone, attraverso le parole di un esimio manzonista, una precisa idea di come si debba procedere per rispettare Manzoni:
1. “I Promessi Sposi” e “Storia della Colonna Infame” sono due macro-capitoli di una unica opera;
2. le illustrazioni di Manzoni non si possono togliere perché sono parte integrante ed essenziale dell’opera.
Alla sera, invece, la medesima Associazione Treccani Cultura propone al pubblico – e con l’avvallo del Comune di Lecco che vi dedica una esposizione – una propria edizione dell’opera di Manzoni in cui le due linee guida del mattino sono perfettamente contraddette.
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Nell’edizione Treccani 2012 del romanzo di Manzoni infatti:
1. è riportata solo la prima parte del romanzo – “I Promessi Sposi” – e cancellata la seconda parte “Storia della Colonna Infame”;
2. sono cancellate le 454 illustrazioni volute e realizzate da Manzoni, sostituite da quelle di Paladino.
Sia detto solo per inciso. Nell’edizione Treccani in questione, anche il titolo scritto da Manzoni è stato mutilato. Laddove Manzoni aveva titolato “I Promessi Sposi / Storia milanese del secolo XVII / Scoperta e rifatta / da / Alessandro Manzoni. / Edizione riveduta dall’autore”, Treccani ha invece titolato (forse per risparmiare il piombo della pregiata edizione?) con un sobrio «I Promessi Sposi», mettendo il nome dell’autore in alto, prima del titolo, e omettendo quel “Edizione riveduta dall’autore” posta da don Lisander per dire subito al lettore che ha sotto mano non la “Ventisettana” ma la “Quarantana”.
Il lettore dell’edizione Treccani 2012 può infatti solo “arguire” di stare guardando una riproposizione della Quarantana. Essendo il titolo “I Promessi Sposi” uguale per le due edizioni, salvo quell’ovvio e necessario “Edizione riveduta dall’autore”, e non essendo indicato da nessuna parte – tanto meno nella dotta Introduzione di Ossola – che cosa si sta proponendo al lettore.
E passiamo al secondo elemento della nostra analisi.
Chi sono gli organizzatori del Festival della Lingua Italiana, Lecco 2017, la cui ultima tappa è la mostra dei disegni di Paladino?
Chi ha partecipato al Festival, o soltanto letto o ascoltato quanto si è scritto e detto sulla sua presentazione e promozione, ha visto che – accanto al Comune di Lecco – è sempre indicato come altro organizzatore la “Associazione Treccani Cultura”, quasi sempre abbreviata in “Treccani Cultura”.
All’ingresso dell’Aula Magna del Politecnico di Lecco uno staff Treccani distribuiva materiale promozionale Treccani e raccoglieva le registrazioni dei partecipanti. Come spettatori del Festival, anche noi abbiamo compilato la scheda completa (nome, cognome, indirizzo, telefono); segnato la “parola manzoniana” che ci piaceva di più (avendo alcuni non-amici in giro abbiamo segnato “misericordia” e “giustizia”); raccolto i diversi strumenti di comunicazione Treccani nella bella borsina in tela gentilmente offerta.
Sulla base di questi elementi riteniamo che tutti abbiano pensato e pensino che il Festival sia stato organizzato da una entità denominata “Treccani Cultura” come abbreviazione di “Associazione Treccani Cultura”.
Non è così!
Il Festival della lingua italiana, che si è tenuto nell’ambito della rassegna “Lecco, città dei Promessi Sposi, 2017” del Comune di Lecco, e che si è concluso con la mostra dei disegni di Paladino (ospitata dal Comune di Lecco per oltre tre mesi) è stato organizzato da un’altra entità che si chiama «Valore Cultura – Associazione amici della Treccani», che è cosa completamente diversa dalla Treccani a cui tutti pensiamo.
“Valore Cultura – Associazione amici della Treccani” è una struttura giovanissima, creata il 29 luglio 2016, dall’unione di due entità molto diverse: “Istituto Treccani Spa” e “Fondazione Insieme per la vista – Onlus”.
“Fondazione Insieme per la vista” è stata costituita (come da art. 1 dello Statuto) “per volontà dei fondatori, Società Oftalmologica Italiana SOI – Associazione Medici Oculisti Italiani e dal dott. Matteo Piovella”, comasco (è un uomo del territorio lariano), che di SOI è Presidente.
La “Fondazione Insieme per la vista” è quindi una emanazione diretta di SOI, l’associazione professionale che raccoglie oltre 7.000 oculisti italiani.
Va da sé che missione della “Fondazione Insieme per la vista” è la diffusione della consapevolezza collettiva sui problemi della vista. Nonché l’attivazione delle opportune sensibilizzazioni sull’amministrazione pubblica perché anche in Italia si adottino le nuove tecnologie per la cura della vista, già di norma in altri paesi europei.
Del tutto naturalmente con (sono parole e marchi presenti sul sito della Fondazione) l’ “appoggio incondizionato” dei produttori delle tecnologie medesime, come “Zeiss” (30.000 dipendenti nel mondo, fatturato 5 miliardi di Euro); “Johnson&Johnson Vision” (128.000 persone collegate, attraverso 275 aziende in 60 paesi del mondo); “SIFI” (azienda italiana, presente in 13 paesi).
“Fondazione Insieme per la vista”, partner di Istituto Treccani in “Valore Cultura – Associazione amici della Treccani” è cioè una delle numerose associazioni senza scopo di lucro che svolgono azione di lobbing con l’ovvio e dichiarato “appoggio incondizionato” di grandi imprese italiane / multinazionali e che cercano di orientare la formazione dei professionisti attraverso congressi, convegni, rilascio di “master” professionali, ecc.
Alla Fondazione possono aderire società private del settore con quote annuali di 2.000 / 5.000 / 10.000 euro. In questo modo (dal sito Web della Fondazione) “entrerai a far parte di un network esclusivo e potrai accedere a numerosi benefit di immagine e comunicazione”.
Va da sé che questo Festival della Lingua Italiana, organizzato a Lecco nel 2017 con la collaborazione del Comune di Lecco, è uno di questi “benefit di immagine e comunicazione”.
L’altro socio fondatore è l’Istituto Treccani Spa (per esteso “Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani Società per Azioni”), istituito il 2 novembre 2015, giovanissima e ultima forma dell’Istituto Giovanni Treccani, fondato nel 1925, che da tre generazioni gli italiani conoscono e apprezzano per il grande contributo in ambito culturale e linguistico.
L’Istituto ha come compito primario (leggiamo dallo Statuto) «la compilazione, l’aggiornamento, la pubblicazione e la diffusione della Enciclopedia Italiana di Scienze, Lettere ed Arti iniziata dall’Istituto Giovanni Treccani, e delle opere che possono comunque derivarne, o si richiamino alla sua esperienza, in specie per gli sviluppi della cultura umanistica e scientifica, nonché per esigenze educative, di ricerca e di servizio sociale».
I Soci dell’Istituto Treccani Spa sono: Assicurazioni Generali / Banca d’Italia Eurosistema / BNL – Gruppo BPN Paribas / Fondazione Cariplo / Fondazione Cassa di Risparmio Bologna / Fondazione Monte dei Paschi di Siena / Fondazione Sicilia / Intesa San Paolo / InvItalia / Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato / Rai.It / Telecom Italia / UniCredit Banca, cui si sono recentemente aggiunti: Cassa Depositi e Prestiti / Banca del Mezzogiorno / Banca Popolare di Sondrio / Fondazione di Venezia / Fondazione Crt e Leonardo, già Finmeccanica, leader internazionale nel settore aerospazio, difesa e sicurezza.
In termini più semplici e comprensibili, Istituto Treccani Spa è una Società per Azioni, con capitale sociale di oltre 60 milioni di Euro, partecipata dall’èlite finanziaria e militar-industriale del nostro paese. Una società privata attiva nell’editoria, esattamente come i concorrenti Bompiani, Hoepli, Mondadori, ecc. ecc. Ha circa 100 dipendenti, un fatturato di 50 milioni di Euro, il 70% dei quali derivati dalla vendita delle edizioni di pregio. Tra le quali si novera il volume “I Promessi Sposi”, curato dal professor Ossola e arricchito dai disegni di Paladino, in mostra a Lecco.
Gli elementi che la distinguono dalle altre case editrici che si contendono il mercato è che il suo catalogo è orientato prevalentemente ai temi della lingua e della letteratura italiana; che proprio in omaggio a questo suo orientamento è stata indicata quale realtà di interesse culturale nazionale e il suo Presidente è nominato dal Presidente della Repubblica.
È chiaro che queste caratteristiche sono da apprezzare. E molto. Ma non sono sufficienti a chiudere gli occhi sulla sua natura di impresa orientata al mercato e al profitto.
Tanto per fare un piccolo esempio: mercoledì 18 ottobre, quindi tre giorni lavorativi dopo il Festival (dove avevamo fornito i nostri dati per l’ingresso), siamo stati contattati da un venditore Treccani che ci ha chiesto se eravamo interessati a incontrare un loro rappresentante il quale ci avrebbe dato un “omaggio” per la nostra partecipazione all’evento e ci avrebbe naturalmente illustrato l’offerta Treccani: enciclopedia, vocabolario, ecc. ecc. E identiche proposte saranno state fatte a tutti coloro che hanno partecipato al Festival.
Va da sé che per Treccani questo “Festival della Lingua Italiana, Lecco 2017” è una delle tante iniziative commerciali che, attraverso contenuti culturali, arricchiscono il parco clienti dell’Istituto Treccani Spa, a cui cercare di vendere i propri prodotti editoriali.
E va da sé che quando la società Leonardo, già Finmeccanica, leader internazionale nel settore aerospazio, difesa e sicurezza, dovesse entrare a fare parte di «Valore Cultura – Associazione amici della Treccani», l’organizzatore vero del Festival della Lingua Italiana, Lecco 2017, potrà a sua volta, proprio come gli oculisti italiani già citati, “entrare a far parte di un network esclusivo e potrà accedere a numerosi benefit di immagine e comunicazione”.
Manzoni potrà così servire anche da vestitino della festa per il complesso industriale-militare del nostro paese. Naturalmente con il beneplacito e il consenso della città di Manzoni.
Dopo i lanzichenecchi di Wallenstein, ci toccava di vedere anche questa! A quando la peste?
Quali insegnamenti trarre da questo Festival targato Treccani?
Ci pare di veder la faccia di qualcuno che ci legge (ci conosciamo bene ormai!) e si sta chiedendo: “ma che cosa vogliono questi del Centro Studi Abate Stoppani? che rinunciamo ad avere rapporti con strutture importantissime della cultura solo perché sono anche imprese attive sul mercato? ma dove vivono? vogliono che ce ne stiamo chiusi qui sul Lario a contarcela tra di noi? ma chi sono? ma chi …”
Li interrompiamo subito prima che trascendano. Nulla di tutto ciò. Anzi, proprio il contrario.
Per fare fruttare al meglio nei rapporti con qualunque identità un patrimonio culturale o naturalistico, è prima di tutto essenziale preservarlo. Se ho un bellissimo lago e permetto a tutti gli scafisti della domenica di scorrazzare senza regole su e giù per le sue acque, avrò ben presto distrutto il mio patrimonio naturalistico lacuale.
E se permetto a chiunque di mettere le mani su Manzoni usando il nome del Comune per farsi pubblicità e falsando al contempo la fisionomia dell’opera e della figura di Manzoni, avrò ben presto eroso questo patrimonio che la storia e gli uomini migliori della città dell’Ottocento hanno regalato a Lecco.
Andando avanti così le cose, di questo patrimonio culturale, del Manzoni, della sua figura e della sua opera, a Lecco non rimarrà ben presto nulla.
Con questo Festival schizofrenico su Manzoni abbiamo avuto un assaggio del danno che può venire alla città se non si esercita un vero e proprio “controllo di qualità”, prima di consentire ad altri, siano editori, professori, mercanti, ministri, scienziati o qualunque altra cosa di metterci le mani per i loro obiettivi, incuranti della fisionomia storica ed ideale di Manzoni.
Abbiamo avuto un anticipo di questa tendenza a svendere Manzoni per due lenticchie in occasione di quella ridicola vicenda del “gioiello Manzoni” in cui gli Assessori Piazza e Bonacina si erano fatte incantare dal piacevole, simpatico e abile orafo di Roccaraso (vedi QUI). Ma lì si era trattato di una cosetta alla buona, da niente. Qui invece, con questo Festival, abbiamo cominciato ad andare sul pesante.
Il Comune ha fatto un calcolo del valore della pubblicità che la società per azioni Treccani ha ricavato e ricaverà da questo Festival della Lingua Italiana, con l’appoggio incondizionato che ha avuto dal Comune?
Qualcuno ci ha pensato, prima di restare abbacinato dal grande nome di Treccani? Il Comune faccia fare a qualche società specializzata un calcolo vero su questo aspetto. Pensiamo che a molti cascherà la mascella nel rendersi conto di avere offerto quasi gratuitamente a Treccani una prateria aperta a operazioni commerciali del tutto legittime ma che, per il loro retroterra culturale, stravolgono il magistero di Manzoni.
Lo abbiamo sopra dimostrato, non con nostri argomenti ma con parole di un esimio professore che Treccani stesso ha invitato a parlare al suo Festival di Lecco, forse non aspettandosi che il professor Nigro non sarebbe andato tanto per il sottile nel dire sgradevoli verità. Bravo professore! non siamo d’accordo su molte cose ma su questo siamo pronti con Lei e per Lei a fare le barricate.
E non si venga a dire che “di Treccani, di una struttura così prestigiosa, ci si può fidare”. Certo che ci si può fidare. Ma tenendo occhi, naso e orecchie bene aperti. In questa occasione Treccani ha violato platealmente il suo proprio codice deontologico, che impone nei rapporti con l’esterno la massima trasparenza. Qui si è avuta la massima opacità.
Si è nascosto il vero nome degli organizzatori del Festival, recuperabile solo con una ricerca molto puntigliosa. Non comprendiamo il motivo di questa non trasparenza ma, di fatto, in proposito si dice e non si dice, si toglie una parolina qui e se ne aggiunge un’altra là. E così nessuno capisce nulla e tutto va bene.
Anche nell’unico punto della documentazione distribuita da Treccani al Festival, in cui si scrive di “Fondazione Insieme per la Vista Onlus”, il suo legame con Treccani è presentato in modo ambiguo.
Infatti (libriccino rosso distribuito al Festival e intitolato “Treccani Cultura”) si legge: «L’Istituto della Enciclopedia Italiana […] ha deciso di far nascere Treccani Cultura, un’associazione senza fini di lucro, con il compito di tutelare e diffondere la cultura italiana, promuovendo iniziative dirette a sensibilizzare il maggior numero di cittadini. All’Associazione ha aderito, condividendone gli obiettivi, la Fondazione Insieme per la vista Onlus.»
Dove sta l’ambiguità? Nel fatto che la “Fondazione Insieme per la vista” non ha “aderito” ma è invece l’altro socio fondatore della cosiddetta “Associazione Treccani Cultura”, che a sua volta non esiste, essendo il suo vero nome “Valore Cultura – Associazione amici della Treccani”. ll quale suo vero nome, sul portale Web di Treccani non esiste.
Questo nome lo trovate solo se riuscite, con fatica, a individuare nel sito Web Treccani e leggere il pdf del suo Statuto.
E tutto ciò che relazione ha con “Il Codice Etico” di Treccani? Con il Punto “3.5 – I rapporti di affari con la committenza pubblica e privata, devono essere improntati a senso di responsabilità e spirito di trasparenza e di collaborazione”? O con il Punto “6.5 – La comunicazione verso l’esterno deve seguire i principi guida di: chiarezza, completezza, veridicità e correttezza”?
No! così non va!! Non comprendiamo assolutamente il perché di tutte queste reticenze e ambiguità e proprio per questo abbiamo voluto usare qui un po’ di quella puntualità – senz’altro molto “provinciale” – che a qualcuno dà fastidio.
Siamo però certi che gli uomini di punta di Treccani, e in particolare un suo dirigente di cui abbiamo stima e da cui sono venute già ottime idee per Lecco, ci illumineranno in proposito.
Ma nell’attesa, confermiamo che il Comune di Lecco deve avere il pieno controllo di ogni situazione in cui la parola Manzoni sia abbinata a quella del Comune stesso.
In piena trasparenza. Perché i cittadini, solo quando sanno, possono essere e sono i migliori custodi dell’eredità culturale e morale della città di Manzoni.
Fabio Stoppani
Centro Studi Abate Stoppani