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Lettera aperta alla Ministra dell’Istruzione Senatrice Valeria Fedeli sulla adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa» • 21 settembre 2017

Osservazioni critiche sulla adeguatezza didattica del docu-film «Alessandro Manzoni, milanese d’Europa – L’immagine della parola». Un film di Pino Farinotti. Regia di Andrea Bellati. Scritto da Angelo Stella e Pino Farinotti. Prodotto dal Centro Nazionale Studi Manzoniani, con il contributo di Fondazione Cariplo.

4 Lapide della Colonna Infame
Non si dice che la lapide della “colonna infame” è esposta al Castello Sforzesco di Milano; si recita un testo mentre le immagini ne propongono un altro.

Parlato docu-film – I numeri tra [parentesi] si riferiscono ai fotogrammi sopra riportati.

Farinotti: [1] [4] «Qui, ove s’apre questo largo, sorgeva un tempo la bottega del barbiere Gian Giacomo Mora che, ordita con il Commissario della pubblica sanità Guglielmo Piazza e con altri una cospirazione, mentre un’atroce pestilenza infuriava, cospargendo diversi lochi di letali unguenti, molti condusse ad un’orrenda morte.
Giudicati entrambi traditori della patria, il senato decretò che dall’alto di un carro prima fossero morsi con tenaglie roventi, mutilati della mano destra, spezzate l’ossa degli arti, intrecciati alla ruota, dopo sei ore sgozzati, bruciati e poi, perché di cotanto scellerati uomini nulla avanzasse, confiscati i beni, le ceneri disperse nel canale.
Parimenti diede ordine che ad imperituro ricordo la fabbrica ove il misfatto fu tramato fosse rasa al suolo né mai più ricostruita; sulle macerie eretta una colonna da chiamare infame. Lungi adunque da qui, alla larga, probi cittadini, che un esecrando suolo non abbia a contaminarvi! Addì 1 agosto 1630».

Nostri commenti[1] Non è chiaro per quale ragione Farinotti ne tace ma si trova al Castello Sforzesco di Milano. Precisamente in fondo alla Corte Ducale, nel “Portico dell’Elefante”, di fronte alla massiccia lastra in marmo che, in latino, ricorda gli eventi del 1630, narrati da Manzoni ne «I Promessi Sposi – Storia della Colonna Infame» [A].

La lastra è assicurata a un pesante supporto in ferro, sul retro del quale è posta una targa in materiale sintetico, con la traduzione in lingua italiana. In [3] e [4] Farinotti le è di fronte con espressione concentrata, mentre il sonoro riporta le sue parole sopra riportate.
Lo spettatore è portato a ritenere che il testo che sente sia lo stesso che Farinotti fissa espressivamente.

Ma non è così! Infatti il testo che Farinotti “guarda” è tutt’altro da quello che Farinotti “dice”: basta confrontare i due testi, che riportiamo di seguito.

Testo recitato da Farinotti
(che non è quello della targa che egli fissa intensamente)

«Qui, ove s’apre questo largo, / sorgeva un tempo la bottega del barbiere / Gian Giacomo Mora / che, ordita con il commissario della pubblica sanità Guglielmo Piazza / e con altri una cospirazione, / mentre un’atroce pestilenza infuriava, / cospargendo diversi lochi di letali unguenti / molti condusse ad un’orrenda morte. / Giudicati entrambi traditori della patria, / il senato decretò / che dall’alto di un carro / prima fossero morsi con tenaglie roventi, / mutilati della mano destra, / spezzate l’ossa degli arti, / intrecciati alla ruota, dopo sei ore sgozzati, / bruciati e poi, / perché di cotanto scellerati uomini nulla avanzasse, / confiscati i beni, / le ceneri disperse nel canale. / Parimenti diede ordine che / ad imperituro ricordo / la fabbrica ove il misfatto fu tramato / fosse rasa al suolo / né mai più ricostruita; / sulle macerie eretta una colonna / da chiamare infame. / lungi adunque da qui, alla larga, / probi cittadini, / che un esecrando suolo / non abbia a contaminarvi! / Addì I agosto 1630.»

Testo riportato dalla targa
(che egli fissa intensamente mentre recita un altro testo)

«Qui dove si apre questo spiazzo / sorgeva un tempo la bottega di barbiere di / Gian Giacomo Mora / che, con la complicità di Guglielmo Piazza commissario di pubblica sanità / e di altri scellerati, nell’infuriare più atroce della peste / aspergendo di qua e di là unguenti mortali / procurò atroce fine a molte persone. / Entrambi giudicati nemici della Patria / il Senato decretò che / issati su un carro / e dapprima morsi con tenaglie roventi / e amputati della mano destra / avessero poi rotte le ossa con la ruota / e intrecciati alla ruota fossero, trascorse sei ore, scannati / quindi inceneriti / E perché nulla restasse d’uomini così delittuosi / stabilì la confisca dei beni / le ceneri disperse nel fiume. / A perenne memoria dei fatti lo stesso Senato comandò / che questa casa, officina del delitto / venisse rasa al suolo / con divieto di mai ricostruirla / e che si ergesse una colonna da chiamarsi infame. / Gira al largo di qua buon cittadino / se non vuoi da questo triste suolo infame / essere contaminato. 1630 alle Calende di Agosto.

Per dovere di realtà abbiamo dovuto evidenziare questa inspiegabile “lettura a due livelli”, ma saremmo veramente grati al Centro Nazionale Studi Manzoniani di conoscere la ragione di questa curiosa discrasia visual/sonora.

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