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Una nuova Biografia

Opera Omnia / Epistolario

Il Centro Studi Abate Stoppani si propone nel medio-lungo periodo due obiettivi di fondo:

la ripresentazione delle opere dell’Abate Stoppani, oggi di difficile reperimento, attraverso l’edizione critica dell’OPERA OMNIA e dell’EPISTOLARIO;
.
l’elaborazione di una sua nuova BIOGRAFIA, a rinnovamento della prima, scritta e pubblicata nel 1898 dal nipote Angelo Maria Cornelio, da considerarsi largamente superata.

Di seguito tracciamo una breve rappresentazione della notorietà dell’Abate Stoppani lungo gli ultimi 150 anni. Da essa riteniamo scaturisca con sufficiente chiarezza lo spirito che ci muove nel riprendere il lascito di un avo ma anche di un amico, molto apprezzabile per la libertà e l’indipendenza con cui lesse i problemi del mondo e propose i percorsi per la loro soluzione.

La madre Lucia Pecoroni (Lecco, 1798 – Lecco 1883).

In vita un’ampia notorietà
L’Abate Antonio Stoppani ha goduto, a partire dalla prima maturità (circa il 1857) e fino alla morte (gennaio 1891), di un’ampia notorietà sia per i suoi studi geologici (applicazione alle problematiche dello sviluppo economico della nuova Italia) sia per la loro divulgazione (insegnamento, editoria specializzata) sia per l’attivismo all’interno del clero (milanese e nazionale) in difesa delle posizioni conciliatoriste.
Questa notorietà, sempre forte presso ambienti accademici ed ecclesiastici relativamente ristretti, si era ampliata grazie al successo della sua opera “Il Bel Paese” (1876) e in forza della polemica con l’ala intransigente del clero – aspra e con punte mediaticamente spettacolari (nel 1887 un processo civile per diffamazione – vinto dall’Abate contro un altro sacerdote, Don Albertario) – che accompagnò i suoi ultimi dieci anni di vita.
La sua notorietà come pubblicista si mantenne viva ancora per alcuni lustri dopo la morte, grazie alla diffusione commercialmente felice de “Il Bel Paese”, gestita da un gruppo di giovani intellettuali e di sacerdoti che si erano formati al suo insegnamento.
Al contrario andò affievolendosi il riconoscimento di cui aveva goduto come scienziato e come filosofo della religione, cui l’Abate aveva tenuto molto di più.

Questo oblio degli aspetti più salienti della personalità del sacerdote e dello scienziato, che ne avevano fatto a metà Ottocento una delle più caratteristiche figure della nuova Italia, si è via via accentuato nei decenni successivi.
Di fatto, tranne che per qualche riedizione apparentemente innovatrice de “Il Bel Paese”, se ne parlò sempre meno. Alla fine della sua figura presso il grande pubblico rimase traccia solo sull’etichetta del formaggio della Galbani – uno scherzo per un uomo di indubbio talento che aveva fatto della comunicazione una missione di innalzamento culturale collettivo.

Declino di fronte al positivismo di maniera e all’intransigenza clericale
Le ragioni di questo declino alla fine dell’Ottocento sono abbastanza chiare: l’affermazione pressoché incontrastata del positivismo (che emarginava gli scienziati ‘di fede’) e l’intransigenza anti-statale del Vaticano (che emarginava i sacerdoti ‘conciliatoristi’).
Inoltre, l’adozione di nuovi paradigmi di riferimento in numerosissimi ambiti del sapere scientifico e l’affermazione di tecnologie cui l’Abate aveva prestato scarsa attenzione (per tutte, l’impiego del petrolio come energia motrice), ne erodevano inevitabilmente la presa culturale nei primi lustri del novecento.

Il padre Giovanni Maria (Zelbio, 1788 – Lecco 1862).

Giovanni Maria, uno degli undici fratelli, anch’egli naturalista (Lecco, 1831 – Milano, 1914).

Piccola ripresa nella nuova stagione autarchico-nazionalista
Verso la metà degli Anni ’20, e poi per qualche anno successivo, si ha una piccola ripresa della notorietà dell’Abate, per una precisa ragione.
Nel quadro della nascente autarchia e sulla base di nuove acquisizioni tecnico-operative, a partire dal 1925-26 veniva dato un appoggio del tutto nuovo da parte dello Stato alla ricerca ed estrazione del petrolio in Italia. Un tema su cui l’Abate si era speso per quasi vent’anni come ricercatore, consulente e imprenditore.
In questo ambito lo scienziato non era riuscito a fare trionfare la propria linea di ricerca (pur a dispetto delle sue più che fondate ipotesi circa le ricchezze italiane in idrocarburi), ostacolato dall’introduzione su larga scala dell’energia elettrica, che aveva soppiantato il petrolio come fonte di illuminazione, rallentando inevitabilmente gli studi e gli aggiornamenti tecnologici sui processi di estrazione. Inoltre aveva perso per un pugno di anni (la morte lo colse nel 1891, a 66 anni d’età) l’utilizzo del petrolio come fonte di energia nei motori.

A partire dal 1927, il regime fascista apre in grande stile la pagina della ricerca petrolifera e l’Abate viene nuovamente ripresentato al pubblico. Ma questa ripresa di notorietà sarà breve e debole, viziata dalla strumentalizzazione politica.

La nuova stagione conciliare
Negli Anni ’60, con il Concilio Vaticano II, i paradigma della Chiesa cominciano a mutare: si parla in modo nuovo di Antonio Rosmini, il teologo, politico, filosofo, che era stato il punto di riferimento di tutto il movimento conciliatorista della seconda metà Ottocento e quindi anche dell’Abate Stoppani, che ne aveva fatte proprie le principali posizioni.
Con gli Anni ’80 e ’90, la revisione dei paradigma della Chiesa si intensifica: si apre il processo di beatificazione di Rosmini, che si conclude nel 2007.
In parallelo, la Chiesa esprime nuovi orientamenti circa i rapporti tra fede e ragione (Enciclica di Papa Giovanni Paolo II, “Fides et Ratio” – 15 ottobre 1998), riprendendo positivamente molti dei temi su cui si era battuto l’Abate Stoppani.

Una nuova sensibilità scientifica e filosofica
Inoltre, nella seconda metà del XX secolo, la scienza e la filosofia si pongono nuovi interrogativi sulla natura dell’energia e sulla prevedibilità dello sviluppo tecnologico. Si fanno strada tendenze che riflettono in modo nuovo sul valore della conoscenza e sulla vastissima gamma di esperienze, non più governabili dai sensi.
Insieme, si ha uno sviluppo dell’approccio olistico di fronte alla conoscenza e al ruolo dell’uomo sulla natura.
Questi temi fanno tornare di attualità molte delle idee e delle lotte di un secolo prima. Si aprono nuove prospettive per una rilettura, critica naturalmente ma non preconcetta, delle posizioni di pensatori caduti dalla memoria, e tra questi anche dell’Abate Stoppani.

Una nuova attenzione da parte dei centri produttori di cultura
Riflesso di questa nuova stagione è l’attenzione dedicata allo Stoppani dalle Istituzioni e da gruppi di cultura del territorio di Lecco, a partire dalla fine degli Anni ’70 e poi dalle celebrazioni del centenario della morte (1991).
Il Comune di Lecco, soprattutto attraverso i Musei Civici, ha anzi inserito momenti di discussione scientifica e di presentazione al pubblico di alcuni aspetti dell’opera dell’Abate nei momenti celebrativi dedicati al Manzoni.
Nel quadro della ripresa di studi per il 150º Anniversario dell’Unità d’Italia, si è poi avuta una ripresa di interesse per l’Abate Stoppani, espressa soprattutto dal Politecnico di Milano che, attraverso il “Milano Città delle Scienze”, ha curato e favorito sia la ristampa di alcune delle sue opere sia lo studio di momenti della sua attività, soprattutto in relazione a “Il Bel Paese”.

In questo quadro, il Centro Studi Abate Stoppani ritiene vi siano le condizioni per proporre – anche utilizzando le nuove tecnologie di comunicazione – l’Opera Omnia dell’Abate, accompagnandole da una nuova contestualizzazione.

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