9 novembre 2017
A proposito della App “Città dei Promessi Sposi” del Comune di Lecco.
Gli Indifferenti.
La App del Comune per promuovere i “luoghi manzoniani” di Lecco: una buona idea vanificata da indifferenza e incompetenza nella comunicazione turistica.
243 errori, anche gravi, accertati nella App “Città dei Promessi Sposi” che dimentica Manzoni e il suo romanzo.
Stimate altre 400 “situazioni critiche” nella versione inglese.
Confusioni sulla storia d’Italia e di Lecco.
Semi ignorati Manzoni e il suo romanzo.
Praticamente assente finanche il nome di Lecco.
Male informati i disabili italiani e ignorati quelli di lingua inglese.
Su molti dispositivi mutila e inservibile l’applicazione nelle sezioni operative.
La lingua della versione inglese inadeguata.
Nota introduttiva della Redazione.
Il 12 ottobre scorso, nel quadro della rassegna annuale “Lecco città dei Promessi Sposi”, quest’anno incentrata anche sulla lingua italiana (si è tenuta una giornata dedicata al tema con i contributi di accademici molto preparati e coinvolgenti come Giuseppe Patota), è stata presentata una App per tablet e telefoni cellulari denominata “Città dei Promessi Sposi”.
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L’applicazione, realizzata dal Comune di Lecco (Assessore alla Cultura Simona Piazza e Direttore dei Musei di Lecco Mauro Rossetto), è stata progettata per promuovere presso i turisti italiani e stranieri i “luoghi manzoniani” della città.
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L’idea in sé è buona perché potrebbe riproporre con una tecnologia evoluta il legame tra Manzoni e Lecco che (lo abbiamo visto a proposito del docu-film “A. Manzoni, milanese d’Europa” prodotto dal Centro Nazionale Studi Manzoniani) tende a essere cancellato a favore di una astorica e miope “milanesità” dello scrittore.
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Purtroppo la App di cui ci stiamo occupando non mantiene affatto la promessa e, anzi, con inspiegabili silenzi, va proprio a rafforzare quella tendenza “milanesizzante” di cui si diceva.
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Nella App del Comune di Lecco dedicata a Manzoni, infatti, del legame tra Lecco e Manzoni non si dice assolutamente nulla, né tanto meno si dice del romanzo “I Promessi Sposi” cui pure è intitolata.
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Può sembrare curioso ma è proprio così. Del resto, non si dice nulla neppure di Lecco, della sua storia e della sua fisionomia attuale.
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Pensata come strumento di promozione turistica, ci pare quindi che questa App abbia fallito completamente il proprio obiettivo.
C’è però anche un altro aspetto che ha attirato la nostra attenzione.
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La App del Comune di Lecco dedicata a Manzoni, oltre a strafalcioni di carattere storico o interpretativo veramente straordinari, è infatti strapiena di errori linguistici (ne abbiamo contati 243 in un testo lungo complessivamente quanto tre pagine di un quotidiano come La Repubblica).
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Cosa che potrebbe apparire come di irrisione allo stesso Manzoni (che dedicò la vita a darci una lingua evoluta che potesse innalzare il livello culturale del popolo italiano) se non fossimo certi che si tratta solo di indifferenza e di incompetenza dei funzionari pubblici che vi hanno posto la firma.
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Inoltre, nella versione in lingua inglese, con il contributo di una prestigiosa Università italiana, abbiamo fatto una stima di oltre 500 “criticità linguistiche”. Gli accademici sono sempre signorili e hanno così presentato quelli che noi possiamo definire con maggiore immediatezza puri e semplici errori o grossolanità linguistiche.
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Infine, dalla App è anche emersa una decisa indifferenza per i problemi dei disabili.
Le indicazioni ai turisti italiani sulla accessibilità sono veramente risibili e anche grottesche. Del tutto mancanti quelle per i turisti stranieri.
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Insomma, un prodotto editoriale e di promozione turistica, realizzato nel nome di un grande scrittore e pensatore, che appare di bassissimo livello.
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Per queste ragioni abbiamo pensato fosse opportuno segnalare – anche con una certa precisione – gli elementi critici di questa App, non certo mossi da spirito polemico verso funzionari sempre più refrattari al dialogo ma per contribuire a tutelare la cultura della città di Lecco e del suo più brillante figlio: Alessandro Manzoni.
Il testo che segue è l’analisi dei contenuti culturali e dei meccanismi di fruizione della Applicazione “Città dei Promessi Sposi”, lo strumento informatico recentemente prodotto dal Comune di Lecco per promuovere a italiani e stranieri i “luoghi manzoniani”, ossia i monumenti della città direttamente o indirettamente collegabili a Manzoni e a “I Promessi Sposi”.
Diciamo subito che l’applicazione è gravemente deficitaria sul piano tecnico. Teoricamente è visibile su tablet e telefoni portatili che utilizzano la tecnologia Android o iOS con sistemi a partire dall’8.0.
In realtà l’applicazione è visionabile nella sua interezza sui tablet ma non sugli iPhone, dove è pressoché illeggibile.
A lato mostriamo i menù come appaiono su un tablet; più sotto come appaiono su un iPhone 6-iOS10.3.3 e su un iPhone 5-iOS 10.3.3.
Come il lettore può facilmente constatare, sugli iPhone l’applicazione è letteralmente “stracciata”, con frasi incompiute, e quindi del tutto inutilizzabile. Il medesimo problema si riscontra naturalmente anche nella versione in lingua inglese, come mostrato nell’ultima immagine, tratta da un iPhone 6s-iOS11.0.3.
Sappiamo benissimo che questo “difetto” capitale potrà essere risolto abbastanza facilmente. Fino alla nostra ultima segnalazione i meccanismi di adeguamento del lay-out alle diverse dimensioni degli schermi dei dispositivi non erano stati testati in modo esaustivo.
Ma sappiamo che i realizzatori dell’applicazione, appena avvertiti della cosa (ci abbiamo pensato noi con una telefonata caritatevole al loro tecnico N.C. l’8 novembre alle ore 17.30) provvederanno in un paio di giorni a sistemare questo aspetto.
Il problema è però solo marginalmente “tecnico”. C’è un problema a monte molto più serio.
Perché evidentemente nessuno dei responsabili della cultura del Comune di Lecco – i quali hanno presentato in gran spolvero e con grande visibilità mediatica l’applicazione il 12 ottobre 2017 – si è preoccupato di verificare che l’applicazione fosse testata in modo completo.
Dobbiamo evidentemente constatare una generalizzata inadeguatezza a dirigere e gestire la comunicazione in questa fase di rapida evoluzione tecnologica.
In pochi mesi è infatti questo il secondo prodotto editoriale relativo a Manzoni che ci troviamo ad analizzare criticamente per l’evidente scollamento tra utilizzo di strumenti tecnici evoluti e cura dei contenuti culturali (per la nostra analisi critica al docu-film “A. Manzoni, milanese d’Europa” prodotto dal Centro Nazionale Studi Manzoniani, vedi > QUI).
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È come se alcuni degli intellettuali del mondo manzoniano, anche di cinquantennale esperienza, si sentissero oggi incapaci di esercitare le proprie competenze, quasi oppressi dalle novità dei mezzi tecnici di fruizione della cultura.
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Come è già successo in altri momenti storici, i tecnici della comunicazione si trovano oggi in una posizione forte in quanto depositari di competenze complesse e acquisibili solo con anni di studio e lavoro sul campo.
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E sembra che gli intellettuali, la maggior parte dei quali poco competenti nelle nuove tecnologie, oggettivamente esclusi da certi processi produttivi, si sentano deresponsabilizzati anche sui contenuti e demandino ai tecnici funzioni e responsabilità che sono e saranno invece sempre esclusivamente loro propri.
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Riteniamo che mai e poi mai il Direttore dei Musei di Lecco avrebbe realizzato a stampa (tecnologia ben conosciuta) un fascicolo di poche pagine con oltre 243 errori accertati e altri 400 presumibili con ampia sicurezza (quelli della traduzione in lingua inglese).
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Ma nella nuova dimensione informatica, egli si è evidentemente spogliato della propria esperienza e professionalità, affidandosi a occhi chiusi a tecnici che, con tutta la loro buona volontà, non possono occuparsi anche dei problemi di contenuto delle complesse applicazioni cui mettono mano.
Ecco! È questo il problema! Per 28 giorni è stata rilasciata con grande evidenza pubblica un’applicazione di promozione del patrimonio turistico di Lecco che semplicemente non era neppure attivabile sulla grande maggioranza dei dispositivi.
E il colmo è che senza le segnalazioni del nostro Centro Studi le cose sarebbero andate avanti – male, malissimo – per un bel pezzo, prima che qualcuno riuscisse a uscire dalla gabbia della indifferenza per svolgere il proprio ruolo di intellettuale e di amministratore.
Ma ci sono poi altre cose veramente straordinarie in questa App del Comune di Lecco.
Nella versione in lingua inglese, per esempio, i menù sono in italiano (vedi qui a lato), secondo il nuovo stile di proattività nei confronti degli stranieri elaborato dai responsabili alla cultura del Comune di Lecco (ma di questo più avanti).
Ma ancora più gravi sono gli errori e le inadeguatezze dei contenuti.
Oltre alle diverse negatività di carattere tecnico cui abbiamo accennato, la App dedicata ai luoghi manzoniani di Lecco è in sé un prodotto di modesto livello culturale anche nella struttura concettuale.
Non vi è infatti nell’applicazione alcun capitolo dedicato a illustrare (sia pure sinteticamente) la figura di Manzoni, il significato del suo romanzo, la stessa fisionomia storica e attuale della città di Lecco.
In breve, il nostro Centro Studi Abate Stoppani ritiene questa applicazione del tutto inadeguata. E talmente inficiata da errori anche madornali, da suggerirne l’immediato ritiro e rifacimento integrale.
Secondo la nostra regola le notazioni critiche sono basate su documenti facilmente fruibili e verificabili da chiunque (si trovano nel corpo della nostra analisi e nella sua parte finale).
Il lettore che voglia approfondire la questione troverà quindi tutti gli elementi per farsi una propria idea e valutare autonomamente della idoneità o meno della applicazione a promuovere i “luoghi manzoniani” di Lecco.
Questo nostro contributo è indirizzato in primo luogo ai cittadini lecchesi. È trasmesso anche al mondo che ruota, direttamente o indirettamente, attorno alla figura e all’opera di Manzoni nonché a chiunque sia interessato a una qualità almeno decente della comunicazione culturale nel nostro paese.
Dalla nostra analisi i responsabili alla cultura del Comune di Lecco non escono certo in modo smagliante.
A chi potrebbe domandarsi e domandarci perché abbiamo deciso di rendere immediatamente pubbliche le nostre osservazioni, anziché optare per un primo passaggio “in famiglia”, rispondiamo che nessuno più di noi sarebbe felice di discutere in via preliminare di certi argomenti.
È opportuno però segnalare che i responsabili alla cultura del Comune di Lecco si sono ridotti – chi prima, chi poi – a rinchiudersi in un annichilito e impotente silenzio a fronte delle nostre sollecitazioni e analisi su Manzoni e sull’Abate Stoppani.
Regolarmente il nostro Centro Studi segnala argomenti che riteniamo utili allo sviluppo dell’attività culturale della comunità e molti cittadini ci esprimono il loro consenso e interesse. Ma i responsabili della cultura di Lecco tacciono – sempre e comunque – in violazione anche delle disposizioni di legge.
Da qui la nostra scelta per una comunicazione diretta a tutte le figure a vario titolo interessate alla vicenda manzoniana e alla cultura in generale.
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I 17 capitoli della nostra analisi
Per facilitare la lettura diamo di seguito il titolo e una brevissima sintesi dei diciassette capitoli di cui si compone la nostra analisi. Ogni titolo è collegato al rispettivo capitolo.
Oltre alle deformazioni dei fatti storici presenti in larga messe nella App “Città dei Promessi Sposi”, la nostra analisi sollecita l’attenzione anche agli aspetti linguistici della comunicazione. Ciò nel presupposto che ogni lettore, anche non specialista, sia interessato a che nel nostro paese sia utilizzata una lingua il più possibile corretta, nel solco anche dell’insegnamento e dell’opera di Manzoni.
In proposito riteniamo che molti sappiano che Manzoni è da considerare grande per almeno due motivi.
Da un lato ha narrato in forme accessibili a tutti una vicenda nella quale sono evidenziati concetti e sentimenti fondanti per lo sviluppo della nostra cultura e della sensibilità etico-giuridica.
Dall’altro ha dedicato una grande parte della sua lunga e attiva vita ai problemi della lingua italiana. Per anni e anni Manzoni ha cercato quali fossero le parole e le espressioni più evolute e adatte perché tutti noi potessimo dialogare secondo criteri condivisi, presupposto per costituire una vera nazione anche sotto il profilo geo-politico.
Recentemente, venerdì 13 ottobre, al Festival della Lingua Italiana (per i nostri commenti vedi QUI) professori benissimo attrezzati e coinvolgenti (ricordiamo per tutti Giuseppe Patota) ci hanno illustrato come Manzoni abbia passato interi anni anche su elementi linguistici apparentemente irrilevanti come il decidere se preferire a “eguale” o “romore” i termini “uguale” e “rumore”, e mille altri “dettagli” linguistici del genere.
Ovviamente Manzoni non era un “fissato” delle vocali. Era uomo di grande cultura e sensibilità, dotato di una visione perfettamente lucida di come anche quelli che sembrano dettagli trascurabili siano invece essenziali per il funzionamento ottimale di quel grande congegno che si chiama “lingua” di un popolo.
Dell’importanza della lingua e della sua buona struttura per la vita sociale non vogliamo certo dilungarci (vi sono figure di ben altra esperienza specifica deputate a ciò) ma vogliamo solo ricordare che per le tre grandi religioni rivelate “Verbo”, “Parola”, “Libro” sono anche simbolo della divinità, della perfezione assoluta.
La precisione nella lingua vale infatti almeno quanto la precisione nella matematica applicata alle costruzioni. Se in una espressione, a esponente di un certo dato, scrivo “8” anziché “3”, mi troverò alla fine con un risultato completamente falsato: volevo progettare una struttura aggettante ma ho messo troppo cemento: la struttura ha ceduto già in fase di messa in opera solo per il proprio peso, malamente calcolato.
Per la città di Lecco la questione della lingua e del suo corretto funzionamento dovrebbe costituire elemento di attenzione almeno quanto la religione o i calcoli ingegneristici di pubblica utilità.
In quanto città di Manzoni e de “I Promessi Sposi” Lecco dovrebbe essere in questo campo all’avanguardia e di esempio a tutta Italia, come lo fu Manzoni per tanti anni del nostro Ottocento. Lecco dovrebbe vantarsi di essere guardata con rispetto e stima per il suo impegno in questo campo delicato e importante della vita collettiva nazionale.
A dare l’esempio dovrebbe essere naturalmente l’Amministrazione pubblica. Sindaco, Assessori, Giunta, Consiglio, funzionari (alla cultura e non), dovrebbero farsi un dovere dell’essere costantemente attenti a questo aspetto della loro attività e contribuire così all’innalzamento culturale della collettività lariana.
È per aiutare l’Amministrazione in questa funzione pedagogica e di sviluppo che stendiamo queste osservazioni critiche a uno strumento di comunicazione del Comune che – purtroppo – è stato realizzato nella più totale indifferenza per la cultura, la città, Manzoni.
Ci auguriamo che gli autori dell’infelice prodotto cultural-turistico, inevitabilmente identificati con esso, sappiano apprezzare il nostro contributo e non si rinchiudano in un infantile e rancoroso silenzio/inerzia, come già avvenuto nelle altre occasioni in cui il nostro Centro Studi ha ritenuto utile dare il proprio contributo alla buona fisionomia e alla dignità culturale della città di Lecco.
Giovedì 12 ottobre 2017 si è tenuta, con una conferenza a Villa Manzoni, l’inaugurazione della rassegna “Lecco Città dei Promessi Sposi 2017”, organizzata dal Comune di Lecco.
A fare i padroni di casa a Villa Manzoni l’Assessore alla Cultura Simona Piazza e Mauro Rossetto, Direttore del Sistema Museale Urbano Lecchese (SiMUL).
Tra le diverse iniziative predisposte per questa edizione 2017, Piazza e Rossetto hanno presentato una Applicazione, denominata “Città dei Promessi Sposi”, fruibile su alcune tipologie di telefoni portatili e sui tablet.
La stampa locale ha accolto con molto favore questa nuova applicazione e tra i molti resoconti giornalistici citiamo un contributo che ci è parso ben dettagliato (Lecconotizie.com del 12/10):
«Città dei Promessi Sposi: inaugurata l’App dei luoghi manzoniani.
“Quello che presentiamo oggi è qualcosa che durerà per sempre, è un servizio che diamo ai visitatori della città e alla nostra stessa comunità, inizia con questo festival e resterà a beneficio di tutti”.
Lo annuncia con evidente soddisfazione il direttore del Sistema Museale Lecchese, Mauro Rossetto, presentando, all’apertura del Festival Lecco Città dei Promessi Sposi, la nuova App dei Luoghi Manzoniani rivolta ai turisti ma anche agli stessi lecchesi, per scoprire i beni storici del capoluogo legati al più noto dei romanzi del maestro della letteratura italiana.
Un’applicazione, realizzata con il sistema Beacon in collaborazione con FF3D e con il contributo di Acel Service, che consentirà di muoversi per la città sulle tracce dei 18 luoghi simbolo de “I Promessi Sposi” e attraverso un QR code sarà possibile apprendere direttamente sul proprio smartphone tutte le informazioni relative al luogo che si sta visitando.
“L’applicazione ci mostra sulla mappa i punti di interesse più vicini alla nostra posizione e ci dice come raggiungerli ma è il visitatore il protagonista e potrà scegliere da sé il proprio itinerario – spiega Paolo Bucella di FF3D – si tratta di uno strumento semplice da utilizzare e alla portata di tutti”.
“È la cultura 4.0” ha suggerito l’assessore Piazza, “ovvero l’utilizzo di nuove tecnologie per rendere sempre più aperta la cultura e per guardare al futuro, all’internazionalizzazione della nostra città”.»
Insomma, questa applicazione è stata presentata al mondo con un particolare calore da parte degli organizzatori e dei media locali.
Come a ogni battesimo, tutti hanno guardato con simpatia alla nuova creatura e ne hanno fatto lodi anticipate sulle sue future inevitabili grandezze e benemerenze.
Ma, finita la festa, bisogna pur tornare alla quotidianità.
Ed è con questo spirito che invitiamo il lettore a leggere di come la nuova creatura sia entrata nella nostra vita.
Il giorno successivo, venerdì 13 ottobre, con un iPhone modello 6s-iOS 10.3.3, abbiamo cercato di scaricare la App “Città dei Promessi Sposi”, ma senza successo.
Abbiamo riprovato, ma inutilmente, il sabato e la domenica. Lunedì 16 ci siamo rivolti a un centro specializzato Apple, i cui tecnici non sono riusciti a scaricare l’applicazione né sul nostro telefono né su quelli in loro dotazione. Martedì 17 abbiamo quindi telefonato alla società produttrice del software, facendo presente il problema ma senza averne una risposta operativa. Il 18 abbiamo quindi scritto al direttore della società Bucella e per conoscenza a Piazza e Rossetto.
Silenti Piazza e Rossetto, secondo una pessima prassi ormai affermatasi al Comune di Lecco (tra l’altro in violazione delle disposizioni di Legge sui comportamenti delle Pubbliche Amministrazioni nei confronti dei cittadini), Bucella ci ha prontamente risposto: grazie per la preziosa segnalazione; c’è effettivamente un problema; ci mettiamo sotto per trovare la soluzione. In effetti, il 20 siamo riusciti a scaricare sul nostro telefono l’applicazione in lingua italiana.
L’App presentata al battesimo il giorno 12 ottobre è stata quindi effettivamente utilizzabile solo otto giorni dopo. E, come scritto da Bucella, evidentemente grazie alla nostra segnalazione. È probabile che altri utenti abbiano cercato a loro volta di scaricare l’applicazione ma che, di fronte al suo non funzionamento, abbiano semplicemente rinunciato.
È del tutto evidente che a nessuno degli addetti al cultura di Lecco è venuto in mente di provare ciò che proponevano al pubblico come conquista di una “cultura 4.0”.
Il 21 ottobre abbiamo poi scaricato la versione inglese, che ha comportato ulteriori problemi (non consentiva più di vedere la versione italiana). Abbiamo segnalato anche questo malfunzionamento a Bucella. Che questa volta però non ci ha risposto, venendo meno alla sua precedente cortesia (e interesse, ci pare). Analogo silenzio da parte di Piazza-Rossetto.
Utilizzando un altro apparecchio (quindi uno per l’italiano, uno per l’inglese) siamo riusciti ad avere le due versioni il 23 ottobre.
E ci siamo messi a fare ciò che avremmo voluto fare dieci giorni prima: dare un’occhiata a come il Comune di Lecco presenta al Mondo i luoghi manzoniani della città. Un argomento cui il nostro Centro Studi Abate Stoppani è in questa fase particolarmente interessato.
Abbiamo già descritto più in alto come nell’analizzare la App ci siamo imbattuti in macroscopici problemi tecnici per la sua fruibilità e di come – per puro spirito di collaborazione – li abbiamo segnalati agli inconsapevoli realizzatori della App stessa.
Ma veniamo ora ad alcune riflessioni di carattere generale.
Diciamo subito che questa App “Città dei Promessi Sposi” presenta (distribuiti in entrambe le versioni italiana e inglese) oltre 600 tra errori di varia natura e “situazioni critiche” sul piano linguistico di tale entità e serietà da suggerire un suo immediato ritiro e rifacimento radicale.
Le negatività della App “Città dei Promessi Sposi” sono di varia natura:
errori strutturali di comunicazione (per es. si usa l’italiano anche nella versione destinata agli stranieri);
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errori redazionali e di composizione;
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confusione nei riferimenti storici (per esempio, si attribuisce a Confalonieri il Monumento ai Caduti di Lecco, realizzato invece da Castiglioni, o si crea ambiguità tra le tre Guerre di Indipendenza del nostro Risorgimento – che nell’inglese diventa una vera e propria disinformazione storica, indicando nel 1859 l’anno delle Cinque Giornate di Milano);
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nella scelta della iconografia (mescolanza irrazionale di foto d’epoca con foto recenti);
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interpretazioni strampalate sul pensiero di Manzoni e dell’Abate Stoppani;
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nella cultura manzoniana (di testi della “Quarantana” di Manzoni si presenta una versione inglese esemplata sulla “Ventisettana”), ecc. ecc.
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nella lingua inglese del tutto inadeguata.
Come sottofondo di tutta la App “Città dei Promessi Sposi”, è da rilevare inoltre una evidente e inaccettabile indifferenza verso le esigenze dei disabili.
Vorremmo mettere in luce immediatamente questo aspetto, preliminare a ogni serio progetto di carattere culturale.
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Un esempio da imitare: «Hanno girato Taio in sedia a rotelle per un’ora: quanto basta per rendersi conto che dislivelli insignificanti per un normodotato diventano ostacoli quasi insormontabili per chi non ha la fortuna di muoversi con le proprie gambe. Un’esperienza illuminante. A provarla sono stati giovedì il sindaco di Predaia Paolo Forno, l’assessora comunale alla sanità Elisa Chini e la sua collega alle Politiche sociali Maria Iachelini.» (da l’Adige 26 settembre 2006).
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Per distinguersi forse dal piccolo Comune di Taio in provincia di Trento, per la App “Città dei Promessi Sposi” i funzionari addetti alla cultura del Comune di Lecco hanno preferito battere un’altra strada.
Tutte le indicazioni relative alla “accessibilità ai monumenti” sono nella versione italiana assolutamente insufficienti e testimoniano di una vera e propria indifferenza per i problemi dei disabili.
Perché il lettore comprenda subito di che parliamo, segnaliamo che per 7 dei 18 monumenti presentati nella App, è riportata una frase veramente incredibile: “Accessibilità per i disabili: Accessibile a tutti, in quanto all’aperto”.
Chiediamo alla rosa degli Assessori responsabili e a tutta la Giunta, Sindaco in testa, che significato abbia questa frase – da teatro dell’assurdo – secondo cui per il solo fatto di essere all’aperto, ogni monumento sarebbe accessibile a chiunque. Ci sarebbero da fare battute anche feroci ma le evitiamo per rispetto ai disabili, che si trovano a dovere combattere non solo con le proprie particolarità ma anche con l’indifferenza di funzionari comunali, evidentemente felicemente normodotati.
A conferma della indifferenza e superficialità con cui anche questo aspetto della App è stato gestito, è da rilevare che le indicazioni sulla accessibilità sono del tutto assenti nella versione inglese.
Tanto per fare comprendere al lettore come una Amministrazione degna di questo nome possa e debba operare su questi argomenti citiamo un brano tratto dal sito “Assisi Accessibile”, relativo alla Piazza del Comune di Assisi, un luogo all’aperto, per l’appunto:
«Sulla Piazza si affacciano il Tempio di Minerva (I sec. a. C.), il Palazzo del Capitano del Popolo (sec. XIII) inaccessibile per rampe di scale, la Torre del Popolo, ultimata nel 1305 e il Palazzo dei Priori (sec. XIV), sede del Comune.
L’ingresso principale del Palazzo ha 5 gradini; è possibile per le persone con disabilità passare per la Volta Pinta che è ornata con dipinti del 1556 e situata accanto all’ingresso principale, dove è possibile, tramite un ascensore, accedere all’interno del Municipio.
Il servizio igienico riservato alle persone con disabilità si trova al piano 1° del Palazzo, mentre per accedere alla Sala Consigliare c’è un montascale.
L’anticamera della Sala del Consiglio è decorata da vedute dei castelli di Assisi dipinti nel 1870. Alle pareti sono ritratti uomini illustri assisani (sec. XVIII e XIX).
L’Ufficio Informazioni Turistiche, sito sulla Piazza, ha uno scivolo di legno all’ingresso, lungo m 4 e pendenza del 17-18% circa, ecc. ecc.».
Ecco, questa ci pare una descrizione seria e responsabile sulla accessibilità di un luogo all’aperto. Il lettore definisca con parole proprie quella fornita dalla App “Città dei Promessi Sposi”.
Ma anche sui luoghi “al coperto” la App turistica dei luoghi manzoniani non scherza.
Prendiamo come esempio la scheda dedicata a Villa Manzoni.
Qui si legge: «Accessibilita’ per i disabili: Nel Museo Manzoniano al piano terra, non nella Galleria d’Arte al primo piano.»
Va bene così o si potrebbe dire qualche cosa di più?
A nostro avviso si potrebbero dare altre informazioni.
Proviamo a farlo noi:
« Informazioni per i visitatori – Ingresso gratuito per le persone con disabilità e i loro accompagnatori. Un pannello descrittivo esterno illustra la storia della villa, con testi anche in Braille. Vengono organizzate visite guidate (in lingua italiana e inglese). Per informazioni email: educazione.musei@comune.lecco.it .
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Ingresso – Il Museo Manzoniano, che ha sede nella casa paterna di Alessandro Manzoni, si trova nel rione del Caleotto poco distante dal centro di Lecco. L’ingresso principale presenta un ampio cancello (290 cm) che conduce nel Cortile dei Rustici. Si percorre il cortile (fondo in ciottolato) per circa 10 metri, si superano una soglia (h 2,5 cm) e una porta a due battenti (87 cm e 92 cm) e si raggiunge l’atrio del museo.
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Accoglienza – Nell’atrio si trovano: l’infopoint (bancone h 72 cm) / la biglietteria (bancone h 72 cm). Operatori museali offrono informazioni e accoglienza.
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Percorso espositivo – Villa Manzoni ospita il Museo Manzoniano, la Galleria Comunale d’Arte, la Cappella dell’Assunta, le cantine e la ghiacciaia.
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Il Museo Manzoniano, situato a piano terra, espone in 10 sale manoscritti e cimeli relativi alla vita e alle opere di Alessandro Manzoni. Il percorso espositivo inizia nella “ex casa masserizia” (varco larghezza 92 cm). Un varco di 91 cm e una rampa inclinata (pendenza 6%, lunghezza 93 cm) conducono alla sala II dove di trova il plastico (h 80 cm) che riproduce la Villa e i suoi dintorni. Per accedere alla sala IV si devono superare 2 gradini consecutivi (h 12 cm) e un varco (111 cm); si accede alla sala VI (sala rossa) superando un gradino (h 5 cm) e un varco (100 cm). L’uscita del museo, che corrisponde alla sala X, presenta un gradino (h 5 cm) e una porta a due battenti manuale (larghezza 53 cm ciascuno).
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La Galleria Comunale d’Arte, situata al primo piano della Villa, si raggiunge tramite due rampe di scale (17 e 14 gradini consecutivi di h 15 cm con corrimano sul lato destro). L’ingresso ha porta a battente (larghezza 117 cm). Il percorso espositivo si snoda in 7 sale, con varchi di larghezza minima 95 cm; la sala 4 e la sala 5 sono collegate da 2 gradini consecutivi (h 10 cm).
Nel Cortile dei Nobili si trova la Cappella dell’Assunta che accoglie le spoglie del padre dello scrittore (2 gradini consecutivi di h 20 cm e porta a due battenti di larghezza 41 cm ciascuno); l’altare presenta un gradino (h 15 cm).
Le cantine e la ghiacciaia si raggiungono dal Cortile dei Rustici superando un portone in legno a due battenti (larghezza 99 cm ciascuno) e due rampe di scale (11 e 10 gradini consecutivi di h 18 cm).
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Segnaletica di orientamento – Nell’edificio si trovano frecce direzionali con scritte a caratteri grandi (almeno 7 cm) e ben contrastati.
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Servizi igienici – Il Servizio igienico attrezzato per le persone con disabilità, situato nel Cortile dei Rustici, presenta un gradino esterno (h 9 cm) e ha le seguenti caratteristiche: antibagno con porta a battente larghezza 70 cm; lavabo sospeso (spazio frontale 100 cm); bagno con porta a battente larghezza 70 cm; wc a pavimento (spazio frontale 112 cm, laterale destro 60 cm, laterale sinistro 55 cm, maniglione orizzontale su entrambi i lati del wc); simboli dei servizi igienici, ben contrastati, ad altezza occhi, di dimensione medio-grandi.
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Uscite di sicurezza – I percorsi di emergenza sono segnalati. Il dispositivo di allarme è visivo e acustico.
Che ne dice il lettore? Siamo stati abbastanza esaustivi? O quanto meno – abbiamo fatto meglio della App Piazza-Rossetto? Forse sì!
E come abbiamo fatto a essere così bravi?
Semplice! Abbiamo letto la Scheda informativa dedicata a Villa Manzoni sul sito “Lombardia Facile – Informazioni per persone con disabilità”. Esattamente quanto potrebbero fare Assessore e Direttore.
Che fare poi? Copiare la scheda della Regione Lombardia (per copiare l’inglese, Piazza-Rossetto possono attingere QUI); collocare i testi su una pagina del sito del Comune; creare nella App un collegamento a questa pagina.
Suvvia! Non è difficile! Basta non essere indifferenti!
Nell’evidenziare gli errori di ortografia abbiamo adottato un criterio piuttosto permissivo, perché il nostro non apparisse come un accanimento contro un soggetto in evidente stato di debolezza.
Non abbiamo quindi né evidenziato né incluso nel conteggio degli errori l’uso scriteriato del simbolo del primo «′» né l’uso incorretto delle abbreviazioni di misura come “mq.”
Abbiamo inoltre considerato solo come “situazioni critiche” (la stima è di 509) i numerosi errori presenti nella traduzione inglese e le sue tante inadeguatezze linguistiche.
Come vedremo più avanti, da un “assaggio” condotto da esperti, il testo inglese proposto nella App presenta infatti molti errori ortografici e di struttura linguistica che ipotizziamo benevolmente sui 500, portando il totale degli errori e delle inadeguatezze linguistiche della App a oltre 600.
A evitare di apparire a nostra volta ignoranti o indifferenti, non possiamo però non segnalare che il simbolo del primo «′», usato dai distratti o dagli inconsapevoli come segno di apostrofo è un vero e proprio errore. Quel segno (che è diritto e non arcuato come è «’» l’apostrofo), è infatti un simbolo che, a seconda dei contesti, indica minuti, gradi o altro.
Così come non abbiamo indicato come errori l’uso dell’abbreviazione mq. (metri quadri) al posto del corretto m2. Quest’ultima notazione è infatti espressamente richiesta (anche da un apposito Decreto Presidenziale, che si adegua alle disposizioni internazionali) in tutti i documenti prodotti dalle Amministrazioni. Per questi “errori” il Decreto Presidenziale prevede anche ammende – ne tengano conto gli amministratori Piazza-Rossetto.
Errori ortografici e di redazione.
Sono gli errori di scrittura / composizione delle Schede di Approfondimento della App (tra parentesi il numero della Scheda). Ne riportiamo qualche esempio (per l’esposizione completa, vedi il Capitolo 16).
“un area” (2); “un altezza” (2) “Lucia,.” (2); “nella notte degli’imbrogli” (11); “per un Italia” (13);
“L’edificio presente elementi” (14); “portalo ad arco” (16); “un pendìo” (18)
e così via per altre diecine di casi.
Errori di composizione. Rendono le frasi monche e quindi spesso prive di senso o anche ridicole. Di seguito qualche esempio (per l’esposizione completa, vedi il Capitolo 16).
Il primo è straordinario ed è presente proprio nei menù di navigazione della App (per gli italiani e per gli stranieri):
“Addio Monti” anziché “Addio, monti …” (11).
Qualcuno in Municipio ha evidentemente motivi di risentimento nei confronti del Professore e Senatore Mario Monti.
È veramente curioso come queste due parole “Addio” e “monti” siano in grado di creare scompiglio nel mondo dei manzonisti. Abbiamo già in altra occasione visto come anche illustri professori ci siano cascati (vedi QUI) ma anche questo sgorbio dell’App “Città dei Promessi Sposi” è abbastanza memorabile.
Ma anche il secondo esempio (sull’Abate Stoppani) non scherza, proponendosi come una summa di errori ortografici, di composizione, redazionali e storici:
«Sacerdote e patriota italiano, nel 1848, ancora studente al Seminario Arcivescovile, partecipò attivamente alla rivolta antiaustriaca delle Cinque Giornate di Milano nel 1859 e si offrì volontario infermiere nella Seconda guerra d’indipendenza.»
Il lettore rilegga il brano! Certamente dirà con noi: oltre all’ortografia, un po’ di ordine mentale per cortesia!
La Seconda Guerra di Indipendenza fu combattuta nel 1859. In quell’occasione l’Abate Stoppani non si offrì affatto come “volontario infermiere”. Assieme a centinaia di sacerdoti, suore, medici e cittadini comuni di Milano assistette per oltre 10 giorni le migliaia di feriti delle battaglie di San Martino e Solferino.
A riprova della struttura sconclusionata della frase è da segnalare che la prima vittima dell’incomprensione è stato il traduttore, che nella versione inglese ha collocato le 5 Giornate di Milano nel 1859.
Sono 11 e riguardano proprio i monumenti di Lecco. Qualche esempio:
• Su Confalonieri: «A Lecco sono presenti altre sue opere: il monumento a Giuseppe Garibaldi, quello ai Caduti». (2)
NO! Il “Monumento (o Memoriale) ai caduti”, è stato realizzato dallo scultore milanese Giannino Castiglioni.
Questo abbaglio ha in sé non solo l’indifferenza per la storia in generale ma anche per quella di Lecco in particolare.
Proprio pochi giorni fa, il 4 novembre, è stato inaugurato il Memoriale restaurato, dalla App Piazza-Rossetto attribuito a Confalonieri.
Nella “newsletter” del Sindaco Brivio del 3 novembre leggiamo: «L’associazione Giannino Castiglioni, le associazioni d’Arma, i professionisti coinvolti nel progetto di restauro e il Comune di Lecco hanno saputo lavorare insieme, ognuno mettendo in campo le proprie esperienze e capacità, ridando lustro a un monumento che è molto più di una scultura, ma vero custode della nostra libertà.» Ben scritto!
Bisogna purtroppo sottolineare che l’indifferenza di Piazza-Rossetto è arrivata anche a scempiare la memoria di un monumento caro alla città, proprio in questi mesi al centro dell’attenzione e della cura di tanti cittadini, impegnati nella difesa della memoria dei Caduti.
Ancora su Confalonieri.
Sulla App “Città dei Promessi Sposi” si legge: “Confalonieri, nato a Costa Masnaga (LC)” e “Allievo di Vincenzo Vela”.
NO! Francesco Confalonieri nacque a Tregolo, nell’ambito amministrativo di Como. Nel 1850, alla nascita di Confalonieri, Costa Masnaga non esisteva. Venne costituito nel 1870 dall’unione di Tregolo, Brenno della Torre e Centemero.
Sia chiaro! Non vogliamo fare “i precisini della toponomastica”. Siamo solo sostenitori di un metodo serio di analisi che consenta di comprendere bene il passato per operare meglio nel presente e nel futuro. Perché in questo caso è importante puntualizzare?
Perché Remigio Confalonieri, padre del nostro scultore, era sindaco di Tregolo. E, firmandosi come tale, il 6 giugno 1861 scrisse al quotidiano politico popolare “Il Pungolo” segnalando con calore l’adesione del clero locale (guidato dal Parroco Cavaliere Don Giuseppe Rimoldi) al nuovo Regno d’Italia, celebrato con la Festa dello Statuto, momento di un confronto anche aspro tra il nuovo Regno unitario e il Vaticano temporalista.
Chi ricorda che il “conciliatorista” Abate Stoppani era allora in prima fila tra i sostenitori dello Statuto e che il Parroco Rimoldi faceva parte del numeroso gruppo dei sacerdoti “conciliatoristi” lombardi, comprenderà meglio anche i rapporti stretti e di fiducia che con il giovane scultore ebbe lo stesso Stoppani, motore primo del monumento a Manzoni in Lecco.
Le vicende umane sono apparentemente un groviglio inestricabile. Che si può però trasformare in un ordinato gomitolo sapendone individuare almeno un estremo. Ma a questo processo della conoscenza l’App firmata Piazza-Rossetto è evidentemente indifferente!
E per concludere su questo: Confalonieri fu allievo di Pietro Magni, venendo poi influenzato da Vela.
• Sul Monumento a Manzoni:
«Il monumento occupa complessivamente un area di mq. 25 e raggiunge un altezza di 280 cm.» (2)
NO! A parte le due perle “un area” / “un altezza”, complessivamente il Monumento a Manzoni misura metri 7,40 (740 cm). È la statua in bronzo a essere alta 280 cm. Essa è posta su un basamento in granito rosa di Baveno alto 450 cm, realizzato dallo scultore lecchese Giuseppe Fumagalli.
• Sempre sul monumento a Manzoni:
«Nel lato del monumento che guarda verso la montagna, sono riprodotti gli stemmi di Lecco e d’Italia circondati da una corona di quercia e alloro, al di sopra un’epigrafe dove sono elencati i finanziatori del monumento.»
NO! Un’altra frase che in poche parole concentra un cumulo di corbellerie:
1º. Parlare in Lecco di un lato del monumento che “guarda verso la montagna” è proprio prendersi gioco del turista. Sono tre i lati del Monumento che guardano “verso la montagna”;
.
2º. “gli stemmi di Lecco e d’Italia” – del Regno d’Italia ovviamente;
.
3º La scritta recita: «I CITTADINI DI LECCO / NEL VOLERE E NELL’OPERA / CON TUTTA ITALIA CONCORDI / QUI / DOVE VISSE E SI ISPIRÒ / L’AUTORE DEI PROMESSI SPOSI / ERESSERO NEL MDCCCLXXXXI».
Quindi, nessun elenco dei finanziatori (che furono 3.000, da noi tutti registrati).
• Su Villa Manzoni: «Il Museo Manzoniano conserva gli arredi originali.»
NO! Di arredo originale resta ben poco. Molti mobili provengono dal patrimonio comunale, tra cui il Teatro (vedi Archivi di Lecco, 1878, f.3 e 1982, f.1 ).
• Su “Il Bel Paese”: «Il libro di Stoppani, adottato anche come testo scolastico» (13).
NO! Fantasia! “Il Bel Paese” non fu mai adottato come libro di testo. In un certo numero di scuole, gestite da simpatizzanti ideologici o scientifici dell’Abate, fu dato come premio di fine anno per gli allievi distintisi – tutta un’altra cosa dall’essere “libro di testo”, che era scelta Ministeriale.
• Sul Monumento a Stoppani:
«L’Abate Stoppani viene colto nel pieno della sua maturità di uomo e pensatore in una posa ufficiale e solenne.»
NO! Proprio non ci siamo! Nella statua non vi è nulla né di solenne né di ufficiale: la fisionomia di Stoppani è riflessiva e del tutto intimista. La bellezza e la caratteristica di quel monumento sono date proprio da questo carattere non ufficiale.
Gravi omissioni su Villa Manzoni e sul Convento dei Cappuccini di Pescarenico.
Da nessuna parte nella App “Città dei Promessi Sposi” si dice che dal 1940 sono Monumenti Nazionali dedicati a Manzoni:
• Villa Manzoni al Caleotto a Lecco;
• l’ex Convento dei Cappuccini di Pescarenico.
Il terzo Monumento Nazionale dedicato a Manzoni è la casa di Milano dove egli nacque. Per il lettore che non conosce Milano, ricordiamo che la “Casa nativa di Alessandro Manzoni sita al n. 16 della via Uberto Visconti di Modrone”, non è la “Casa Manzoni” di Via Morone 1, sede del Centro Nazionale Studi Manzoniani, recentemente ristrutturata da Intesa Sanpaolo, che è considerata “Bene di interesse storico-artistico particolarmente importante”.
In Italia abbiamo quindi tre monumenti nazionali dedicati ad A. Manzoni e due di essi sono in Lecco: l’ex-Convento dei Cappuccini a Pescarenico (recentemente ristrutturato), e Villa Manzoni al Caleotto.
Nell’editoria, anche grazie alle nuove tecnologie di controllo, gli errori di composizione potrebbero oggi essere eliminati al 99,99%. In effetti se leggete un quotidiano con un minimo di struttura (per esempio “La Repubblica” o “Il Corriere della Sera”) troverete ben difficilmente errori, se non – ma molto raramente – in qualche pezzo di cronaca, relativo a fatti veramente gravi, giunto all’ultimissimo momento in redazione.
Perché il lettore si renda conto di che stiamo parlando, segnaliamo che il testo italiano dell’intera App “Città dei Promessi Sposi” è formato da circa 45.000 battute (circa 7.000 parole), che equivalgono a tre pagine di un quotidiano tipo “La Repubblica”.
Possiamo assicurare il lettore che se in tre pagine del quotidiano si trovassero non i 157 errori di composizione e redazionali presenti nella App ma anche solo 7, il capo-redattore e l’intera redazione verrebbero immediatamente licenziati e gli addetti al controllo testi e all’impaginazione duramente richiamati e messi nella lista nera degli inaffidabili.
Siamo curiosi di sapere quali misure prenderà il Sindaco Brivio nei confronti dei suoi Assessori collegati alla cultura e del Direttore dei Musei di Lecco.
Le osservazioni di carattere urbanistico o architettonico che seguono sono tratte da saggi pubblicati negli ultimi decenni sia dal Comune di Lecco (per esempio “La Villa del Caleotto in Lecco e Alessandro Manzoni” di Claudio Cesare Secchi, per anni Presidente del Centro Nazionale Studi Manzoniani), sia dai Musei Civici (per esempio la rivista “Materiali”, dove sono stati pubblicati buoni lavori), sia da associazioni locali (lavori confluiti spesso nella rivista quarantennale “Archivi di Lecco”, certamente la più qualificata fonte di conoscenza per la storia di Lecco e del territorio lariano).
Una ricca bibliografia, evidentemente non sufficientemente studiata dagli “esperti della cultura” Piazza-Rossetto.
DI seguito alcuni esempi (tra parentesi il riferimento della Scheda di Approfondimento da cui sono tratti):
• «La villa fu la residenza principale della famiglia Manzoni a partire dal 1612» (1)
NO! L’atto di acquisto del Caleotto è del giugno 1614.
• «Ceduta al Comune di Lecco negli anni Settanta del Novecento» (1)
NO! È del Comune dal 14 dicembre 1963.
• « […] una fiumicella derivata dalle acque del torrente Gerenzone, essa riforniva gli abitanti del centro delle risorse idriche necessarie e le industrie nelle circostanze.» (5)
NO! Frase incomprensibile, forse si voleva dire “vicinanze”.
• «Questi depositi si trasformavano in empori durante il mercato settimanale, citato anche dal Manzoni nei Promessi Sposi, che, fino al sec. XVIII.» (6)
NO! Frase monca e incomprensibile. Inoltre l’emporio è istituto prettamente Ottocentesco, quindi di due secoli successivi.
• «A nord-ovest, sempre lungo la riva del lago, stava una seconda torre, ora scomparsa.» (4)
NO! Come mostra l’affresco di Melegnano, sulla sinistra si vede il complesso di Porta S. Stefano costituito dalla torre, idealizzata come rotonda nell’affresco, con rivellino a lato. Entrambi i due elementi fanno parte di Porta S. Stefano. Non esisteva cioè una “seconda torre” a lago. L’altra torre si trovava dalla parte opposta ed era quella che viene citata come “accesso per Bergamo” (ora Torre Viscontea), come risulta dalle mappe con i rilievi del borgo.
• «Parti dell’antica cinta muraria fortificata sono ancora visibili nel tratto da via Volta a via Cavour e vicino al sagrato della chiesa prepositurale di S. Nicolò, insieme alla già ricordata torre, da cui ancora si dipartono lunghi tratti degli originali camminamenti sotterranei.» (4)
NO! Alcuni tratti di gallerie (certo non “lunghi”) sono accessibili dall’attuale biblioteca e dal campanile di Lecco; non dalla “Torre Viscontea”.
• «In seguito all’abolizione della piazzaforte di Lecco nel 1782, l’edificio fu trasformato in villa dal marchese Serponti.».
NO! Angelo Serponti (conte e non marchese – tale era il fratello Paolo), non la trasformò per nulla in “villa”, si trattava di un investimento immobiliare a fini speculativi. (5)
Dobbiamo fare menzione a sé di una vera e propria dimostrazione di ignoranza nelle questioni manzoniane.
Nella App “Città dei Promessi Sposi” vi sono infatti quattro brevi citazioni da brani de “I Promessi Sposi”, pubblicato da Manzoni nella versione definitiva del 1840 (la famosa “Quarantana”).
In primo luogo dobbiamo notare che tre di queste brevi citazioni sono state inspiegabilmente mutilate, con il taglio di poche parole all’interno delle frasi, o addirittura riscritte, con l’inserimento di una nuova punteggiatura.
Inoltre – cosa veramente grave e incredibile – nella traduzione inglese di queste citazioni da Manzoni, è stata utilizzata una versione inglese del 1844 (London, J. Burns) che aveva avuto larga diffusione nell’Ottocento. Questa traduzione è disponibile su Internet (QUI) comodamente ritrascritta in forma digitale ed è possibile che questa comodità di accesso ne abbia determinato la scelta. Il testo è già scritto! Vai! Copia e incolla! Ed è risolto il grosso problema della traduzione del Manzoni.
Fin qui in teoria ci sarebbe solo una dimostrazione di ricerca della strada più facile e di indifferenza rispetto alla qualità.
Infatti, un secolo dopo, Archibald Colquhoun ci ha fornito una versione de “I Promessi Sposi” giudicata dagli esperti nettamente superiore a tutte le precedenti. Tanto da suggerire una coinvolgente consulenza dello stesso Colquhoun in vista del progetto di un “I Promessi Sposi” con la regia di Luchino Visconti, poi non realizzato.
Il problema però è un altro. Il problema è che la traduzione del 1844, utilizzata nella App “Città dei Promessi Sposi”, fu stesa sulla prima versione de “I Promessi Sposi”, quella del 1827 (la famosa “Ventisettana”) e non sulla seconda e definitiva (la “Quarantana”, il libro che tutti noi conosciamo).
A scanso di equivoci, diciamo che questa operazione è non solo una evidente scempiaggine, ma anche un vero e proprio disconoscimento del lavoro pluridecennale svolto da Manzoni a favore della nostra lingua.
Dopo avere fatto uscire nel luglio 1827 l’ultimo volume della “Ventisettana”, già dal settembre Manzoni cominciò a lavorare per il suo rifacimento sotto il profilo linguistico.
E a questo rifacimento dedicò i successivi quindici anni della sua vita, regalandoci la lingua che ancora oggi noi tutti parliamo e scriviamo. Regalandoci cioè lo strumento indispensabile perché il nostro sia un paese unitario e non un insieme di sparse collettività locali.
Questo immane lavoro, dal grande significato non solo tecnico-linguistico ma anche etico-politico, nella App “Città dei Promessi Sposi” del Comune di Lecco viene semplicemente ignorato, cancellato, sbianchettato. Ditelo come volete ma è proprio così.
Una vera vergogna per la città di Manzoni e de “I Promessi Sposi”!
Anche solo con riferimento a Manzoni siamo quindi in questa App “Città dei Promessi Sposi” in pieno “marasma culturale”.
Tanto più grave in quanto realizzata a cura del Direttore dei Musei di Lecco, Mauro Rossetto (“studioso di storia lombarda, di Manzoni e della sua famiglia”); con il pieno consenso dell’Assessore alla Cultura Simona Piazza e – immaginiamo – dell’Assessore al Turismo Francesca Bonacina (che è anche Vice-Sindaco) nonché dell’Assessore all’Istruzione Salvatore Rizzolino.
Per non dimenticare l’Assessore al Patrimonio e alla viabilità Corrado Valsecchi, anch’egli direttamente responsabile di alcuni contenuti della App, legati alle sue competenze.
A proposito dei tre altorilievi presenti sul basamento del Monumento a Manzoni in Lecco, si legge nella App: “I soggetti furono scelti dall’Abate Stoppani per rappresentare i concetti a lui cari del romanzo manzoniano: la colpa, l’espiazione e l’innocenza vincitrice”.
No! Piazza-Rossetto si sono ispirati non a Stoppani ma a Wikipedia, (vedi > QUI).
Poveri noi! Finalmente, dopo le nostre segnalazioni, si comincia ad accennare al ruolo di Stoppani nella vicenda manzoniana. Ma siamo sempre all’approssimazione grossolana.
Sul significato di questi tre altorilievi abbiamo già illustrato (vedi > QUI) quali fossero gli elementi che Stoppani intendeva rimarcare.
Questi sono: a) il delitto/violenza; b) il perdono; c) la vittoria degli umili. È opportuno soffermarci ancora su questi concetti augurandoci che prima o poi entrino nel vissuto culturale anche dei funzionari del Comune di Lecco, addetti alla cultura.
La triade – colpa; espiazione; vittoria degli innocenti – proposta da Piazza-Rossetto è fuorviante e anche in contrapposizione con il pensiero e l’opera di Manzoni, così come la dobbiamo considerare nella versione definitiva dell’opera, la “Quarantana”. Vediamo perché.
Colpa o delitto? Delitto evidentemente!
Chiunque comprende la differenza tra i due elementi. Posso essere colpevole di avere causato involontariamente un danno anche grave, per esempio la morte di un passante che ha attraversato di colpo la strada di fronte alla mia auto. Per il Codice Penale è tecnicamente un delitto ma secondo il comune sentire non sono per questo giudicato un delinquente (il giudice può anche non ordinare la carcerazione, mentre ne è obbligato in caso di “delitto volontario”).
In Manzoni questa distinzione era ovviamente chiara. Nel capitolo VI delle “Osservazioni sulla Morale Cattolica”, egli fa una riflessione attenta sui livelli della “colpa”, proprio per distinguerla dal “delitto”.E con riferimento Don Rodrigo che significa questa riflessione? Egli tenta prima e commissiona poi, mandandolo a effetto, il rapimento di una donna per farne oggetto dei propri capricci. Uno di quei delitti che l’umanità ha sempre condannato con la massima severità.
Don Rodrigo non è portatore di una “colpa” (che può appartenere alla sfera della discrezionalità), è invece autore di un “delitto”, che nessuna corte di giustizia può ignorare e che è comunque sempre condannato dalla società.È opportuno sottolineare questa differenza, perché ne emerge ancora più significativo il comportamento di Renzo.
Espiazione o Perdono? Perdono ovviamente!
Dove è l’espiazione? Don Rodrigo non manifesta mai pentimento. Egli muore (liberato dal tormento della malattia) ma solo quando viene mondato del proprio delitto dal “perdono” di Renzo. Fino a quel momento egli non ha neppure la libertà di morire. Renzo perdona Don Rodrigo, lo monda del peccato e innalza al contempo se stesso.
È un concetto fondamentale in Manzoni e nel diritto evoluto. Che vieta la pena di morte e assegna alla condanna una funzione educatrice e di redenzione. Al di là delle reali applicazioni di questo criterio (sempre più disatteso in questa nostra fase storica) queste sono le linee guida di Manzoni.
“Vittoria degli innocenti” o “vittoria degli umili?”
Degli umili, che diamine. Tutto il romanzo è basto sulla personalità autonoma e forte degli umili in grado di affrontare e sconfiggere la prepotenza dei gruppi dominanti. Sono gli umili i protagonisti de “I Promessi Sposi”.
Il terzo pannello del monumento lancia un messaggio forte: qualunque sia l’oppressione, se sapremo impegnarci con onestà e umanità, trionferemo. Renzo e Lucia hanno vinto perché si sono battuti per ciò che consideravano giusto – nel loro caso il matrimonio. Non è però difficile leggere dietro la ‘cantafavola’ del Manzoni altri espliciti riferimenti. Il romanzo dice della invincibilità degli umili quando si muovono per la giustizia e la libertà.
Non solo, ma dice che i due vincono proprio perché sono umili: non hanno vincoli se non quelli dell’onestà e dell’amore. Non piani di potere; non obblighi di relazioni interessate da salvaguardare. Non solo. Questi due umili vincono ma insieme educano: l’Innominato, che si fa tutore dei deboli; il Marchese (erede di Don Rodrigo), umile, almeno per un giorno; Don Abbondio, che ritrova la sua dignità col celebrare quel matrimonio impedito con malizia.
Qualche considerazione di carattere operativo.
Dal momento che ci siamo occupati del significato degli altorilievi posti sul basamento del monumento a Manzoni, cogliamo l’occasione per segnalare alcuni errori presenti nel logo della App, in rapporto sia alla iconografia “manzoniana” sia alle più elementari norme della comunicazione.
Iconografia manzoniana
Il logo della App è il medesimo che da alcuni anni caratterizza graficamente la rassegna annuale “Lecco, città dei Promessi Sposi”. Nel logo gli sposi vengono visti frontalmente e Lucia viene collocata alla sinistra di Renzo (alla destra di chi guarda). Anche questa disposizione appare essere un segnale di quella “indifferenza” ormai cifra di pressoché ogni azione del Comune di Lecco in relazione alla figura, all’opera, al “mondo“ manzoniano.
Nell’iconografia “manzoniana” le cose stanno proprio al contrario. Sulla fronte del basamento al Monumento a Manzoni, che mostra l’uscita di chiesa degli sposi, Lucia è raffigurata infatti alla destra di Renzo (quindi sulla sinistra, per chi guarda). E ciò non a caso.
Lucia durante il matrimonio è alla sinistra di Renzo ed è in quella disposizione che gli sposi vengono benedetti da Don Abbondio (così Manzoni li rappresentò nell’illustrazione di Gonin, Redaelli, 1840, Cap. XXXVIII, pag. 739) perché questa è la disposizione che tradizionalmente la Chiesa prevede per il matrimonio (Eva è creata da una costola sinistra di Adamo).
Ma quando il matrimonio è concluso, Lucia sta alla destra di Renzo, come è rappresentato nell’altorilievo del Monumento a Manzoni e come è tuttora nel costume di quella parte del nostro popolo che si sposa in chiesa (le ragioni di questo mutamento di posizione sono varie – attengono anche alla completezza della personalità della donna – e non è qui il caso di dilungarvisi). Questa disposizione di Lucia alla destra di Renzo è stata invariabilmente rispettata dall’iconografia dell’Ottocento che ha voluto rappresentare questa parte della vicenda.
Per quale ragione, nel logo di Lecco, è stata infranta questa tradizione iconografica?
Per carità: nulla è intangibile. Ma per cambiare vi devono essere solide ragioni. Talmente solide e ragionate da indurre a capovolgere l’iconografia presente nel monumento a Manzoni in Lecco, voluta da un Abate Stoppani che (lo possiamo assicurare) era molto attento agli aspetti simbolici della comunicazione, nonché da tutta la città.
Una iconografia su cui nessuno ha mai pensato di contrapporre alcunché fino a che non è arrivato qualcuno a tracciare con la sua matitina – e senza una ragione plausibile – un’altra storia e un’altra cultura. Perché?
Sappiamo che nessuno azzarderà una qualche risposta, tanto è evidente che si tratta di una delle tante superficialità cui ormai da qualche anno le strutture comunali preposte alla cultura vorrebbero abituare i cittadini di Lecco, i turisti e chi si occupa per una ragione o per l’altra di Manzoni.
Tra l’altro è anche fortemente probabile che questa disposizione sia frutto di una pura casualità e non di un ragionamento, per quanto strampalato. Infatti, nel disegnino, Renzo porta la penna del cappello a destra. La cosa è assurda perché in tutte le incisioni de “I Promessi Sposi” pensati e voluti da Manzoni, Renzo porta invariabilmente la penna a sinistra, così come Don Rodrigo, del resto, e Lodovico. E a questo qualsiasi grafico ci sarebbe arrivato.
Tutti sanno inoltre che i militari inquadrati nelle due brigate degli Alpini, nel cappello portano ancora la penna, rigorosamente a sinistra. La ragione è banale. Stante l’uso generalizzato (e anche imposto) di togliersi il cappello con la destra, è ovvio che la penna debba stare sul lato sinistro per non venire rovinata o spostata dal braccio o dalla mano con cui il cappello viene tolto e tenuto (sul petto o lungo il fianco). Del resto anche nell’altorilievo del Monumento a Manzoni, il cappello che Renzo tiene nella sinistra alzata (alla destra ha la sposa) ha chiaramente la penna sulla sinistra.
Inoltre, Renzo porta il cappello ”alle ventitre”, come molti dei giovanotti di allora e di adesso. Il cappello del logo può essere invece definito “alle due”, categoria tutta nuova.
Ma a tutto questo sicuramente il grafico aveva pensato. Probabilmente per un semplice errore, o per una prova, l’immagine è stata girata a specchio, e così è rimasta, a rovesciare disinvoltamente il mondo iconografico manzoniano.
Se ruotate nuovamente la figurina, torna tutto a posto: la penna sul lato sinistro del cappello, Lucia sul lato destro di Renzo.
Abbiamo perso un po’ di tempo su questo dettaglio perché è anch’esso un ulteriore indizio di quella malattia da cui sono evidentemente sempre più colpiti Assessori e Direttori incaricati (teoricamente) di occuparsi della cultura della città:
l’indifferenza.
Un’ultima riflessione sulla comunicazione (di questo stiamo parlando, no?).
Perché si possa considerare efficace il logo di una iniziativa turistica è prima di tutto essenziale che esso esprima il proprio contenuto:
• con la massima immediatezza e chiarezza;
• nel più ampio numero delle situazioni che possono verificarsi nella comunicazione;
• al più gran numero di persone considerate potenzialmente interessabili all’iniziativa stessa.
In parole povere deve essere leggibile a tutti, qualunque sia nel lettore il livello di istruzione o di abitudine al mondo dei segni. Deve inoltre mantenere la massima leggibilità nelle diverse situazioni della comunicazione: a video, a stampa, a colori, in bianco/nero, su carta patinata o da quotidiano, nelle vetrofanie, negli adesivi, su sacchetti di carta, di plastica, sulle tovagliette delle pizzerie, ecc. ecc. ecc.
Dal momento che parliamo di turisti deve potere essere ben leggibile anche a stranieri che non hanno dimestichezza con la realtà proposta nella comunicazione e che abbiano anche eventualmente problemi di vista (succede!).
Sotto questo profilo il logo “Lecco città dei Promessi Sposi” presenta una gamma notevole di negatività.
La parola “LECCO” ha infatti le lettere sovrapposte. La leggibilità dell’insieme è dato dalla diversa forza del retino nei punti di sovrapposizione tra le lettere. In condizioni ottimali di stampa, di luce, di visibilità, per un abitante di Lecco è certamente riconoscibile diciamo al 95%. Se però sottoponete il logo a un test all’estero, possiamo scommettere quello che volete che questa percentuale scenderà almeno al 75%. Avrete cioè perso già in partenza un quarto dei vostri potenziali clienti.
Se poi il logo viene presentato in condizioni non ottimali di stampa o di luce, anche per gli italiani la soglia di leggibilità/comprensibilità si abbasserà drasticamente. A lato potete vedere il logo con un allargamento del retino del 15%. Vi accorgete subito che la sua leggibilità è calata di molto e ciò solo per un abbassamento qualitativo della stampa, non normalissimo ma sempre possibile.
Se poi provate a rendere in negativo il logo (cosa che deve essere sempre prevista nella comunicazione) vi accorgerete che è del tutto illeggibile, anche per un lecchese giovane, abituato a leggere e con una buona vista. Se è sveglio leggerà LBOOO o LEOOO.
Sappiamo che il lettore si sta chiedendo quando torneremo ai 600 e passa errori della App. Attenzione: ci siamo in pieno!
Questo errore del logo, oltre ai 243 errori conclamati della App, da solo ne varrebbe altri 1.000. E il suo effetto negativo si ripete a ogni iniziativa del Comune in cui viene utilizzato. Provate a monetizzare questo errore e troverete che questa “inezia” vale molti, molti Euro.
E un’ultima cosa: la dicitura sotto il logo – CITTA’ dei PROMESSI SPOSI – ha in sé un errore da matita blu! Quel segno messo vicino alla A’ non vuole dire nulla. Città in tutto maiuscolo si scrive CITTÀ. Sapete perché a qualche grafico improvvisato non piace scritto così? Perché “rovina l’allineamento”! Ed è così che si rovina la lingua italiana! Nell’indifferenza e con la complicità di Assessori e Direttori.
È chiaro o dobbiamo chiedere una conferma al professor Patota?
Ridisegnate il logo, mettete alla sinistra la penna di Renzo e date a Lucia il posto che le compete secondo la cultura religiosa e la tradizione. Scrivete in modo corretto la parola CITTÀ; rendete leggibile la parola “LECCO”; ripristinate la parola “Manzoni” (che avete eliminato in modo incosciente), e con un’ora di lavoro (anche dello stesso grafico, ma con indicazioni chiare) avrete guadagnato il 25% dell’efficacia di ogni azione di comunicazione fatta in nome di Don Lisander.
Anche questo è parte della cultura “manzoniana”.
Nelle 18 schede dedicate ai “luoghi manzoniani” di Lecco, a prescindere dalle citazioni puramente bibliografiche, la persona di Manzoni è citata solo sei volte.
Usiamo il termine “citazione” perché di semplici accenni si tratta, per di più sparsi in diverse schede di approfondimento. Vediamo queste sei citazioni.
Citazione 1ª: «I profili del lago e delle montagne lariane, che abitualmente Alessandro Manzoni scorgeva dalle finestre della villa paterna, rimasero per sempre impressi in lui,” e immediatamente dopo «Il profondo legame affettivo mantenuto da Manzoni con Lecco era stato espresso in maniera più esplicita nello stesso capitolo, nella prima stesura del romanzo, Fermo e Lucia ». (Scheda 1 – Villa Manzoni).
Segue il brano del “Fermo e Lucia” in cui Manzoni definisce Lecco “il più bel paese del mondo”». Naturalmente, a meno che non siano degli specialisti di Manzoni, gli stranieri (e gran parte degli italiani) ignorano cosa sia mai quel “Fermo e Lucia“, anche perché il manoscritto non venne mai pubblicato (e solo in parte) se non oltre trent’anni dopo dalla morte di Manzoni.
Inoltre, questo brano è riportato in italiano anche nella versione inglese, tanto per fare un piacere agli stranieri e per togliere un pensiero al traduttore, evidentemente conscio dei pericoli in cui si poteva cacciare.
Naturalmente nella App del Comune di Lecco per promuovere i “luoghi manzoniani”, non viene mostrato mai assolutamente nulla della struttura naturalistica di Lecco, che è in sé un patrimonio inestimabile. Quei “profili del lago e delle montagne lariane” rimangono parole vuote per chi non conosce già i luoghi. Il mostrare il San Martino e il Resegone, così come sono in natura e come li ha voluti rappresentare Manzoni anche graficamente sarebbe un obbligo – sono anch’essi “luoghi manzoniani” per eccellenza.
Ma anche su questo c’è dell’indifferenza in quel di Lecco.
Citazione 2ª: «La villa fu la residenza principale della famiglia Manzoni a partire dal 1612. L’originario edificio subì numerosi rifacimenti, ma i più importanti risalgono alla seconda metà del XVIII secolo quando, per volontà di Don Pietro Manzoni, padre di Alessandro, assunse l’attuale aspetto neoclassico […]» (Scheda 1 – Villa Manzoni).
Citazione 3ª: «L’edificio, con tutti gli altri beni lecchesi, venne venduto nel 1818 da Alessandro Manzoni a Giuseppe Scola, agiato imprenditore serico.» (Scheda 1 – Villa Manzoni).
Non si dice che a quella Villa di Lecco Manzoni fece esclusivo riferimento fino ai quindici anni e poi per lunghi periodi fino ai suoi trentatre anni, quando era già il Manzoni che conosciamo. Che in quella casa e in quell’ambiente quindi si formò la sua sensibilità artistica e sociale. A contatto stretto con una popolazione caratterizzata da un forte spirito di indipendenza e di libertà.
Citazione 4ª: «Tra i personaggi noti che frequentarono abitualmente la chiesa [dei Santi Materno e Lucia NdR] figurano Antonio Stoppani e i membri della famiglia Manzoni, tra cui lo stesso Alessandro, in gioventù.» (Scheda 10 – Pescarenico).
Citazione 5ª: «[…] non solo Manzoni e Stoppani erano entrambi lecchesi, ma furono anche due esponenti anticonformisti del cattolicesimo risorgimentale di stampo liberale, uniti anche dalla condivisione degli ideali religiosi e civili del filosofo Antonio Rosmini (1797-1855).» (Scheda 13 – Monumento a Stoppani).
Citazione 6ª: «Oggi [i locali della Chiesa di San Giovanni Battista NdR] ospitano il piccolo museo che raccoglie i ricordi del beato Serafino e le testimonianze dei cordiali rapporti tra lui Manzoni [sic!]» (Scheda 17 – Chiuso – Chiesa di San Giovani Battista).
Il lettore avrà notato che in queste sei citazioni (le uniche in cui si parli di Manzoni in tutta la App “Città dei Promessi Sposi”) è mancante un qualsiasi riferimento temporale: non si dice neppure quando nacque o morì Alessandro Manzoni.
Che suo padre fosse Pietro è detto solo una volta, e incidentalmente, parlando della Villa. Mai si dice che fosse figlio anche di Giulia Beccaria, e quindi nipote di una delle poche personalità del nostro ’700 note in tutta Europa e non solo.
Del rapporto di Manzoni con Lecco, insomma, non si dice praticamente nulla.
Nulla sul suo stato di grande proprietario terriero del lariano; nulla delle sue relazioni strettissime con lecchesi di rilievo come Francesco Ticozzi (figura di punta del patriottismo lombardo e poi Prefetto di Napoleone) o con Giuseppe Bovara (pure citato un paio di volte nella App), che fu il grande architetto-urbanista del primo Ottocento lecchese.
Nulla dei rapporti economici e sociali, ampi e importanti, tenuti da Manzoni con tutto il territorio. Nulla del fatto che, certamente nel 1816, Manzoni fu della città di Lecco il rappresentante legale.
Del resto non si dice assolutamente nulla neppure sui rapporti tra Manzoni e Milano o tra Manzoni e Brusuglio (che pure sono importantissimi per la personalità di Manzoni e anche per la genesi del romanzo cui è intitolata la App – I promessi Sposi). Così come sono ignorati i rapporti tra Manzoni e il mondo europeo, Parigi in primo luogo.
E pensare che per dare un’informazione almeno utile sarebbe stata sufficiente una breve pagina, fatta come si deve, da cui ogni lettore avrebbe ricavato il suggerimento corretto per apprezzare in modo consapevole, e quindi più coinvolgente, i “luoghi manzoniani” di Lecco.
Il turista, confidando nel senso di responsabilità dell’amministrazione lecchese, potrebbe pensare che la App “Città dei Promessi Sposi” sia dedicata anche al romanzo. Purtroppo neppure ciò è vero.
Del romanzo, della sua storia, del suo significato, del suo rapporto fondamentale con la lingua italiana e con la cultura europea non si dice assolutamente nulla.
Non una parola su Goethe (a lato in alto un suo ritratto); non una parola su Walter Scott (quanti inglesi sanno che a lui in parte si ispirò Manzoni per aspetti della struttura narrativa? A lato in basso un suo ritratto).
Non una parola sulle decine e decine di personalità francesi, tedesche, inglesi, latino-americane, con cui Manzoni ebbe rapporti proprio in funzione del romanzo e nelle quali gli stranieri in visita a Lecco si potrebbero facilmente identificare, essendo figure importanti della storia culturale e politica dei loro paesi.
E pensare che anche in questo caso, per dare una stimolante informazione, sarebbe stata sufficiente una breve pagina (ma fatta come si deve) tesa a fare comprendere a tutti gli utilizzatori della App l’intimo rapporto tra il romanzo e ciò che essi vedono camminando nella città, visitandone i monumenti, godendo del suo straordinario ambiente naturale.
De “I promessi Sposi” nella App si citano alcuni brani ma (lo abbiamo già visto) con errori e tagli immotivati, cioè in modo sciatto e anche falsificante.
Per i turisti stranieri, in sovrappiù, il romanzo è citato in modo tale da respingerne ogni attenzione e interesse. Per i brani citati si propone una traduzione inglese che non solo è di mediocre livello linguistico ma è stata addirittura esemplata sulla prima versione de “I Promessi Sposi”, quella che lo stesso Manzoni ha ritenuto inadeguata sul piano linguistico e che ha completamente riscritto, fino ad arrivare alla versione per la quale è conosciuto in tutto il mondo (la famosa “Quarantana”).
La cosa grottesca è poi che, in questa App “Città dei Promessi Sposi”, anche Lecco viene ridotta al lumicino. Non solo perché non viene mai presentata (seppure sinteticamente) la storia della città, il suo collocamento nell’insieme del nostro paese (sarebbe sufficiente anche in questo caso una paginetta) ma anche perché il suo stesso nome viene quasi ignorato.
Come abbiamo già illustrato sopra, la copertina e le pagine dei menù hanno in sé un doppio grave errore di comunicazione.
Il titolo della applicazione – Città dei Promessi Sposi – non contiene il nome di Lecco. Errore gravissimo e da sprovveduti rispetto ai più elementari criteri della comunicazione, soprattutto turistica.
Il nome di Lecco è presente solo nel logo in copertina (che viene vista solo fugacemente), ma anche qui è in una posizione di secondo livello in termini di visibilità e con una soluzione grafica penalizzante.
Nelle pagine dei menù – quelle più usate e di maggiore importanza in termini di comunicazione – la parola Lecco non compare mai sia per la versione sia per quella inglese. La dizione “Città dei Promessi Sposi” così non solo cancella il legame con Manzoni ma addirittura cancella la stessa Lecco.
Rimane solo quel “Promessi Sposi” che posto in quei termini significa solo “fidanzati”. Abbiamo già in altre occasioni avanzato l’idea che dietro alla cancellazione del legame tra Manzoni e Lecco non vi fosse solo ignoranza e incompetenza culturale. Ma che vi fosse sotto sotto – per il momento ancora inespressa ma operante – l’idea di abbandonare silenziosamente il mondo manzoniano (considerato forse come “superato dalla storia”) per giungere gioiosamente all’idea di una Lecco, città dei fidanzati.
Svilupperemo in altra sede l’analisi di questa tendenza sotterranea, apparentemente così seducente e in realtà solo anticamera di uno sprofondamento nello stupido e sterile anonimato di cartapesta che piace tanto a qualcuno.
Possiamo dire con una certa sicurezza che in generale la lingua utilizzata nella versione inglese della App “Città dei Promessi Sposi” non è adeguata a esprimere contenuti relativi al padre della lingua italiana contemporanea.
Per non ingenerare confusione, è opportuno precisare che noi del Centro Studi Abate Stoppani non siamo sufficientemente competenti per una valutazione seria della lingua inglese.
Certo, la copertina della App, qualche passaggio veramente curioso delle Schede di approfondimento e le tante disattenzioni nelle schede dedicate ai trasporti ci avevano allertato.
Ma a spingerci a un approfondimento sono stati i pareri abbastanza concordi di amici, buoni conoscitori della lingua inglese, i quali avevano rilevato, oltre a errori veri e propri, un livello generalmente inadeguato al tema trattato. Secondo il loro parere il testo era stato tradotto da un italiano con una buona conoscenza dell’inglese ma che aveva tradotto facendo un calco dell’originale italiano e quindi rimanendo ben lontano dalla struttura della lingua inglese, notoriamente molto diversa dalla nostra.
Nel nome di Manzoni abbiamo allora chiesto la collaborazione del Dipartimento di Lingue Straniere di una delle più prestigiose Università italiane. Il parere dei Professori è risultato già a una prima lettura concorde con quello dei nostri amici: la lingua inglese è inadeguata all’oggetto dei testi; oltre a qualche evidente errore e a numerose imprecisioni, la traduzione dovrebbe essere rifatta integralmente.
Per consentire a noi stessi e al lettore di comprendere anche questo aspetto della App (un argomento che in generale viene molto sottovalutato) abbiamo chiesto al Dipartimento di Lingue di fare per il momento una correzione degli elementi critici più evidenti su tre delle diciotto Schede di approfondimento della App, lasciando invariata la struttura della traduzione stessa.
Invitando il lettore a visionare QUI, il testo italiano delle tre Schede esaminate, di seguito presentiamo:
1º. Alcune considerazioni di carattere generale stese dal Dipartimento di lingue.
2º. Il testo inglese con gli interventi dei Professori (visionabili e stampabili come pdf).
1º. Considerazioni generali del Dipartimento di Lingue Straniere.
OSSERVAZIONI GENERALI
Nelle tre schede sono stati riscontrati problemi di traduzione (cfr. alcuni esempi sotto), in particolare:
• nell’utilizzo dei tempi verbali
• nella precisione o correttezza delle scelte lessicali
• nella struttura della frase e nell’ordine delle parole
• alcuni termini mancanti
• ripetizioni evitabili.
Per quanto riguarda il titolo del romanzo si potrebbe sempre adottare la versione inglese, The Betrothed, o almeno inserirla in parentesi dopo il titolo italiano, per maggiore chiarezza. I titoli delle opere andrebbero sempre riportati in corsivo, anche per facilitare la comprensione a un pubblico straniero.
Errori nei tempi verbali – Esempi
SCHEDA 1: was giving access anziché gave access;
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SCHEDA 4: had to be anziché must have been
Struttura della frase e ordine delle parole – Esempi
SCHEDA 1: a silk wealthy entrepreneur anziché a wealthy silk entrepreneur (dove silk entrepreneur costituisce un’unità di significato da non separare);
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SCHEDA 4: …where battles won by the mercenary captain Gian Giacomo Medici are depicted, known as the Medeghino anziché where battles won by the mercenary captain Gian Giacomo Medici, known as the Medeghino, are depicted
Scelte lessicali improprie – Esempi
SCHEDA 1: rustic (agg.) anziché farm buildings (sost. plur.); noble part (che non trova corrispondenza in inglese) anziché manor house;
.
SCHEDA 2: style anziché aesthetics come nell’originale; rough per “mosso”, che si usa però per indicare mare mosso, qui invece si intende animated; pictorial (agg.) anziché pictorialism (sost.).
.
SCHEDA 4: opiates (oppiacei) anziché mills (opifici)
Termini mancanti nella traduzione – Esempi
SCHEDA 1: public … anziché public masses
.
SCHEDA 4: the castle’s survivor … anziché the castle’s surviving donjon
(Si rimanda alle modifiche ai documenti per ulteriori esempi.)
2. Analisi di 3 delle 18 Schede di approfondimento della App.
Quest’ultimo documento è presentato secondo i criteri delle correzioni professionali dei testi perché il lettore anche non esperto della lingua inglese possa rendersi immediatamente conto della entità degli interventi.
Così come mostriamo di seguito le parole o le frasi giudicate errate sono in colore verde e sovrascritte con una riga continua le parole o le frasi di sostituzione in colore rosso e sottolineate con una riga continua sono poste immediatamente a ridosso di quelle ritenute errate.
Su tre schede sono state individuate 85 situazioni critiche. Estrapolando da questo primo assaggio, possiamo arguire quindi che per le 18 Schede vi siano 509 situazioni critiche.
Questo risultato sicuramente non entusiasmante non deve essere visto né utilizzato come una stroncatura del traduttore. Questi è certamente persona seria, in grado di svolgere ottimamente il proprio lavoro in determinati contesti.
È però possibile che i committenti del Comune abbiano trascurato di sensibilizzarlo sulle possibili complicanze del tradurre testi attinenti a una figura di importanza internazionale come è Alessandro Manzoni. Se sufficientemente sensibilizzato, siamo convinti che il traduttore si sarebbe mosso con una maggiore consapevolezza.
3. Valutazione della copertina della App “Città dei Promessi Sposi”
Sulla scorta dei suggerimenti linguistici avanzati dal Dipartimento di Lingue Straniere, esprimiamo alcune osservazioni strutturali sulla copertina della App e sulla comunicazione veicolata dalle pagine di approfondimento, le quali tutte recano in testata la dicitura “Promessi Sposi’s hometown”.
Come il lettore può vedere, la copertina nella versione inglese (traducendo “Città dei Promessi Sposi” e “Scopri i Luoghi Manzoniani di Lecco”) reca come titolo:
“Promessi Sposi’s hometown”
e come sottotitolo
“Discover the Manzoni’s places in Lecco”.
A parte le considerazioni sul titolo in sé (abbiamo già illustrato come così si cancelli nella comunicazione sia Manzoni sia la stessa Lecco), la traduzione in lingua inglese della copertina e delle testate di menù e Schede di approfondimento è sicuramente il punto più debole della versione della App destinata agli stranieri.
Cominciamo dal titolo – “Promessi Sposi’s hometown”.
Primo – Il mondo di lingua inglese è molto ampio. Riguarda non solo Regno Unito, Stati Uniti, Canada, ma anche India e altri paesi un tempo sotto dominazione inglese. Inoltre tutti i paesi medio-orientali e orientali nelle loro relazioni con il mondo occidentale usano prevalentemente l’inglese (senza contare la Cina, ammontano a quasi 2 miliardi di persone).
Bene! In questo vasto universo il romanzo di Manzoni è conosciuto (dove è conosciuto si intende) fin dalle prime traduzioni (1828) non come “I Promessi Sposi” ma come “The Betrothed” (I Fidanzati). A parte qualche appassionato della lingua italiana e qualche studioso della nostra letteratura (in tutto il mondo sono stimati a non più di due milioni, lo 0,033% della popolazione mondiale), il titolo “I Promessi Sposi” per un straniero non significa nulla.
Molto meno di quanto non possano significare per noi titoli di autori notoriamente più noti di Manzoni come “The Taming of the Shrew” (La bisbetica domata – William Shakespeare) o “Vojna i mir” (Guerra e Pace – Lev Nikolàevič Tolstòj).
D’altro lato anche nelle altre lingue il romanzo di Manzoni è stato sempre tradotto come “I Fidanzati”: “Les Fiancés” (francese); “Die Verlobten” (tedesco); “Obrucennye” (russo). Anche in Spagna (dove la primissima traduzione del 1833 si intitolava “Lorenzo o los prometidos esposos”), il titolo che venne poi sempre usato è “Los Novios”.
Senza addentrarci in una riflessione (è un argomento che riprenderemo alla prima occasione) sul perché Manzoni volle usare l’espressione “I Promessi Sposi” pur avendo a disposizione anche in italiano – I fidanzati – possiamo quindi dire che per gli stranieri la dizione “I Promessi Sposi” richiede assolutamente l’accompagnamento della forma più usata nelle traduzioni. In questo caso “The Betrothed”.
Usare da solo il titolo italiano del romanzo di Manzoni (tra l’altro appiccicandogli un genitivo sassone che va rapidamente scomparendo nella comunicazione attuale) è quindi il modo migliore per confondere il turista fin dalle prime battute e per creargli quel senso di imbarazzato fastidio che tutti proviamo nei confronti di chi, senza alcuna sensata ragione, si rivolge a noi in modo non comprensibile o inadeguato.
Secondo – L’espressione “hometown” indica la città natale di una persona, o nella quale ha trascorso la parte significativa dell’infanzia e dell’adolescenza.
Questo secondo significato calzerebbe a pennello con Manzoni. Il quale nacque sì a Milano ma, a partire dai suoi due giorni di vita fino ai 15 anni, visse a strettissimo contatto con la realtà lecchese e lariana e poi, fino ai suoi 33 anni, mantenne con questi ambienti uno strettissimo rapporto emotivo, economico, sociale. Quindi, se volessimo usare l’espressione “Manzoni’s hometown” saremmo perfetti di fonte al lettore inglese.
Ma, nel caso del romanzo scritto da Manzoni, ci limitiamo caritatevolmente a dire che l’espressione è del tutto inadeguata per un straniero. Sia detto solo per inciso – una soluzione corretta potrebbe essere «The town of The Betrothed».
E passiamo al sottotitolo – “Discover the Manzoni’s places in Lecco”.
Se possibile qui andiamo ancora peggio che per il titolo.
In questo contesto il termine “places” non è adatto e a un inglese suona veramente male. Come suonerebbe male a noi vedere scritto “I posti di Manzoni” anziché il corretto “I luoghi manzoniani”. L’etimologia dei due termini è diversa, per l’italiano come per l’inglese. Una dizione corretta potrebbe essere: “Discover the venues of Alessandro Manzoni in Lecco”.
Per concludere passiamo ai menù della versione in lingua inglese.
Qui (lo abbiamo già accennato) la cosa veramente straordinaria è che i menù della versione inglese sono esattamente gli stessi della versione italiana, con la sola differenza che in alto viene riportato quel bel “Promessi Sposi’s hometown” di cui abbiamo appena detto.
Un buon metodo per creare “feeling“ tra Lecco e gli stranieri!
Di fronte a questo scherzetto degno della migliore “commedia dell’arte”, la maggior parte dei turisti, pensando che anche gli approfondimenti siano in italiano, metteranno via tablet e telefonini sospirando un “My God”. Gli avventurosi invece, pur non comprendendo i titoli, schiacceranno un tasto, guidati solo dalla piccola foto, e si troveranno nella scheda in inglese. Qui (sia lode agli dei) troveranno in inglese anche il titolo della pagina, che però nel menù era in italiano.
Domanda dello straniero e nostra a Piazza-Rossetto! perché non avete messo anche nel menù i titoli in inglese, così come compaiono poi nelle schede di approfondimento?
Nei menù di navigazione, 11 fotografie su 18 sono degli anni ’20 o ’30 del secolo XX, quello appena passato. Le altre sono di questi ultimi anni. Chiediamo: perché questa scelta irrazionale?
Nei menù le foto dovrebbero essere utili a fare riconoscere i luoghi come visivamente si presentano al turista o per invitarlo alla visita. Le foto d’epoca andrebbero eventualmente poste all’interno delle schede di approfondimento, per illustrare gli aspetti storici, mostrare quale fosse l’aspetto di un monumento al momento della sua realizzazione, ecc. ecc. – necessariamente con l’uso di didascalie – che sono invece assenti nella App.
Come esempio della confusione che provoca inevitabilmente questo uso non razionale delle fotografie, prendiamo due schede, così come sono presentate nella versione inglese: “Il Monumento di Antonio Stoppani” e la “Chiesa di Olate”.
Monumento a Stoppani.
L’icona presente nel menù inglese (e italiano) è data da una fotografia degli anni ’30 che mostra in lontananza, e difficilmente leggibile, il Monumento a Stoppani nella sua originaria posizione in Piazza dei Mille, da cui è stato spostato da 84 anni.
Quella foto, posta nel menù (quindi come segnale di riconoscimento per il turista), indica una situazione che da quasi un secolo non è più esistente e che è nella memoria solo di qualche ultracentenario (e degli esperti di urbanistica o di arte monumentale). In quel contesto è non solo inutile ma fuorviante.
Ma attenzione: i turisti non sono ovviamente meno svegli di qualsiasi cittadino italiano. Si accorgono subito delle incongruenze e quindi, già dal menù, si fanno un’idea non lusinghiera di ciò che hanno sotto gli occhi e cominciano immediatamente a diffidarne. E con ragione!
Infatti, nel caso l’utilizzatore attivi l’approfondimento, la prima foto che appare è la medesima del luogo inesistente e nessuna didascalia lo informa di quanto è stato appena detto, ossia che la situazione mostrata in fotografia non esiste più da 84 anni.
Se il lettore tenace attiva lo scorrimento della galleria, ecco che viene premiato. Gli compare la statua così come appare oggi, ma anche questa senza alcuna didascalia che lo informi su questo scherzetto italiano.
Sia detto per inciso: già nella prima schermata sono presenti due errori e una inadeguatezza.
Primo: la testatina reca in pessimo italiano “Monumento di Stoppani” mentre il testo immediatamente sotto è in inglese e ha come titolo “Antonio Stoppani Monument“, anche questo in un pessimo inglese (costava troppo porre anche nella testatina il testo inglese?).
Secondo: nel contesto “Monumento di Antonio Stoppani” in italiano è proprio un errore. In italiano si dice: “Il monumento ad Antonio Stoppani” (e la medesima osservazione vale per il Monumento ad Alessandro Manzoni, nella App sempre indicato con il “di”).
L’inadeguatezza: “Antonio Stoppani Monument” a un inglese suona proprio male – possiamo chiamarlo un inglese da “laghee”. La dizione corretta inglese è: “The Monument to Antonio Stoppani”.
Chiesa di Olate.
Anche in questa Scheda di approfondimento troviamo esattamente lo stesso problema. Nel menù è mostrata la foto della chiesa come era prima del 1934. Che non ha nulla a che vedere con ciò che è oggi sotto i nostri occhi.
Di quella chiesa è stato infatti cambiato pressoché tutto e chiunque non sia esperto della questione è indotto a pensare che – per errore – sia stata posta la foto di un’altra chiesa.
Nel testo si dicono alcune cose sugli interventi architettonici, ma la confusione creata dalla successione errata delle foto e dalla mancanza di didascalie è irrimediabile.
Perché queste scelte, prese evidentemente senza alcuna riflessione? Attendiamo risposte da Piazza-Rossetto e da tutti i loro colleghi impegnati “nella cultura”.
Oltre agli errori linguistici e di contenuto che abbiamo alcuni capitoli più sopra esemplificato, la App “Città dei Promessi Sposi” è azzoppata da una quantità non indifferente di errori anche nelle parti dedicate agli utenti per gli aspetti operativi.
Cominciamo con i menù dell’applicazione.
I due menù – Applicazione lingua italiana, Applicazione lingua inglese – sono composti ognuno di 18 voci, a loro volta formate da due righe. Nella prima riga è indicato il monumento di riferimento; nella seconda il suo indirizzo stradale.
Abbiamo quindi: 36 voci per l’italiano e 36 voci per l’inglese, per un totale di 72 voci. Il lettore non si preoccupi. Non vogliamo chiedergli le tabelline. Vogliamo però che abbia il quadro chiaro per seguirci nella nostra analisi.
E veniamo al dettaglio. Anticipiamo subito al lettore che su 72 voci (18x2x2) sono riscontrabili 29 errori evidenti. Sì! Il lettore ha letto bene: VENTINOVE errori per 72 frasette composte da poche parole.
Versione italiana:
“Monumento di Manzoni“
[NO! a Manzoni]
“Ponte Azzoni Visconti”
[NO! Azzone Visconti]
Torre Viscontea: “Piazza XX settembre”
[NO! XX Settembre]
“Addio Monti”
[NO! Addio, monti …]
“Monumento di Stoppani”
[NO! Monumento a Stoppani]
Dei 18 menù, nell’indirizzo del monumento, solo 10 portano correttamente Lecco come Comune. Gli altri indicano un quartiere della città (Pescarenico, Olate, ecc.).
La “Casa di Lucia“ è riportata due volte ma senza alcuna specifica. Per capire che non si tratta di un errore, il turista dovrebbe conoscere già per benino tutte le vicende dei luoghi manzoniani e conoscere la toponomastica locale.
Versione inglese:
Si ripetono tutti gli errori della versione italiana (il testo è lo stesso). In più abbiamo:
Menù_10 Nucleo Storico di Pescarenico:
Via Antonio corti [NO! Via Antonio Corti].
Per questi 18 menù, tra la versione italiana e quella inglese abbiamo quindi 29 errori sia ortografici sia di segnalazione turistica.
Schede dei Trasporti verso i vari monumenti
Anche le Schede dei trasporti non sono monde da errori, sia nella versione inglese sia in quella italiana.
Non siamo in grado di verificare se le indicazioni delle diverse fermate dei mezzi pubblici sono corrette (questo potrebbero dirlo gli amici lecchesi) e ci limitiamo quindi ad evidenziare non quelle che abbiamo sopra chiamato amichevolmente “criticità linguistiche” ma i veri e propri errori, riscontrabili nella versione inglese e in quella italiana.
Per cominciare da quest’ultima, segnaliamo per tutte le schede un vero e proprio errore di ortografia su cui già abbiamo detto qualche cosa sopra: l’uso sconsiderato del simbolo primo al posto dell’accento sulla À maiuscola. Per queste schede dei trasporti, si è voluto fare anche di più: al posto dell’accento si è messo il simbolo dei secondi «″».
Quindi abbiamo: PARCHEGGI DI PROSSIMITA”, pari a 18 errori. Poi abbiamo un allegro “fermatas” ripetuto 2 volte.
Per la versione inglese, vi è una maggiore varietà: abbiamo una congiunzione “e” al posto di “and“ per 25 volte. Poi abbiamo un grazioso “Curch” al posto di “Church” nonché un “bus“ al posto di “buses”.
Tra le due versioni nelle Schede Trasporti abbiamo quindi un totale di 47 errori.
Sommando gli errori dei menù e quelle dei trasporti, per le due lingue, abbiamo quindi un totale di 78 errori.
Giunti al termine di questa analisi della App “Città dei Promessi Sposi” ci sentiamo un po’ depressi, così come certamente lo sono i lettori che hanno avuto la pazienza di seguirci fin qui.
Non comprendiamo veramente come il Comune di Lecco abbia potuto non solo concepire ma anche realizzare questa App in modo così misero e sconclusionato insieme.
Dobbiamo però considerare con attenzione questo aspetto e non cavarcela dicendo a noi stessi e agli altri: “Coloro che hanno pensato e realizzato questa App sono evidentemente inadeguati al loro compiti. Sostituiteli e buona notte!”.
NO! Questo sarebbe un grave errore per la comprensione del fenomeno.
Gli Assessori direttamente coinvolti (Piazza, Rizzolino, Bonacina, Valsecchi) e Mauro Rossetto, Direttore dei Musei di Lecco, non sono né ignoranti né tanto meno dei semi-analfabeti. Degli Assessori conosciamo poco ma riteniamo siano in grado, se non di entrare nei dettagli delle questioni manzoniane, di avere la consapevolezza almeno delle persone di media cultura.
È certo che se, oltre che dell’apparenza di ciò che fanno (indimenticabile quel “È la cultura 4.0” dell’Assessore Piazza nel giorno della presentazione della App al pubblico), si occupassero anche dei loro contenuti e qualità, si eviterebbero questi insulti alla cittadinanza, alla città e allo stesso Manzoni.
Non pensiamo che l’Assessore al Turismo Bonacina, che vediamo impegnata a promuovere questa o quella azienda turistica locale, non sia anche in grado di accorgersi di come questa App si prenda quasi gioco degli stranieri per il modo sconcio con cui sono gestiti i diversi argomenti in lingua inglese.
Non pensiamo che l’Assessore all’Istruzione Rizzolino non sia in grado di accorgersi degli oltre 500 errori accumulati nella App di cui teoricamente dovrebbe favorire la diffusione anche nelle scuole.
Non pensiamo che l’Assessore Valsecchi, di cui conosciamo la sensibilità anche per i temi sociali, possa non accorgersi dell’indifferenza con cui sono stati affrontati nella App i temi di interesse per i disabili (tra l’altro un argomento anche di carattere “tecnico”, di sua competenza).
Non pensiamo che l’Assessore Piazza (Laurea in Scienze dell’Educazione presso l’Università degli Studi di Bergamo e Perfezionamento in “Diritto, Fisco e Società Civile nel Terzo Settore” presso l’Università degli Studi di Milano) non sia in grado di cogliere anche solo una parte degli oltre 500 errori della App che ha presentato con entusiasmo al pubblico.
Inoltre conosciamo Mauro Rossetto e sappiamo benissimo che anche solo dando un’occhiata alla App “Città dei Promessi Sposi” (che porta la sua firma), si accorgerebbe immediatamente della sua qualità veramente scadente sotto tutti i profili.
Il problema è però che questa App non solo è stata pensata ma è stata anche prodotta, e quindi passata più volte sotto gli occhi e le mani e le menti di almeno una decina di persone.
E poi è stata presentata in pompa magna come esempio di grande livello di attività in favore della crescita turistica della città, proprio da queste figure che abbiamo appena citato, e che evidentemente vi hanno dato solo un’occhiata distratta e pensando ad altro.
Come è possibile che tutte le figure coinvolte nel progetto – dedicato alla loro città e al loro concittadino più illustre – non si siano accorti di nulla? Che siano stati tutti colpiti da questa che ci limitiamo a definire cecità culturale o abulia percettiva?
Evidentemente il problema non sta nella qualità astratta delle persone.
Evidentemente c’è un problema di fondo. Un problema che riguarda l’intero sistema di gestione dei diversi aspetti dell’amministrazione pubblica – in questo caso della cultura – che è clamorosamente inadeguato (il lettore si accorge che stiamo utilizzando un linguaggio molto moderato, facendoci forza per non usare termini più incisivi).
Per questi argomenti siamo evidentemente di fronte a quella malattia gravissima che si chiama “indifferenza”. Un atteggiamento che può favorire l’insorgere di comportamenti anche gravissimi, come la storia ci insegna. Si comincia col chiudere gli occhi sugli errori di scrittura e di storia e di comunicazione. E si può finire in derive di grande danno per la collettività.
Come uscirne? Non è difficile! Basta volerlo.
Per quanto riguarda gli Assessori riteniamo che la questione vada risolta sul piano politico. Sono stati democraticamente eletti e (entro certi limiti) la città se li deve tenere fino alla scadenza del mandato. Sappiamo del resto che più di tanto non possono fare danni.
Per fare l’Assessore alla Cultura non bisogna superare alcun esame e teoricamente può esservi eletto anche un semi-analfabeta (cosa che a volte succede). Ma è previsto che questo Assessore eventualmente semi-analfabeta o “indifferente”, sia aiutato, sostenuto, corretto, guidato dall’apparato dei funzionari-dirigenti stabili.
Perché, invece, per fare il funzionario-dirigente è necessario superare alcune prove e dimostrare di avere qualità e conoscenze.
Il problema si pone quando i funzionari non fanno i funzionari. Quando cioè seguono gli Assessori nel baratro della indifferenza.
Ecco, qui cominciano i guai. E allora gli Assessori possono veramente combinare grossi pasticci.
A Lecco abbiamo un Direttore dei Musei che non è certo uno sciocco e che sarebbe in grado di gestire nel modo più opportuno il proprio Assessore di riferimento. Bisogna però che si scrolli di dosso quella divisa di indifferenza che evidentemente ha a sua volta indossato.
Bisogna cambiare rotta. Il Direttore deve fare il Direttore. Usi il suo talento e la sua preparazione a pro della città. Aiuti il suo Assessore che evidentemente non ha alcuna preparazione per il ruolo che dovrebbe ricoprire. Sarà appoggiato da tutti gli uomini colti e sensibili della città.
Perché la cosa tragica è che a Lecco gli uomini di talento ci sono. Ma nessuno li consulta. La App in questione è stata mai data in anteprima a qualcuno degli uomini saggi di Lecco? NO! Ma perché ciò non è avvenuto?
Abbiamo compreso che qualcuno non ne può più di dovere leggere le nostre note critiche. Lo comprendiamo, ma nessuno ha obbligato questi qualcuno a occuparsi della cosa pubblica, che comporta anche oneri oltre che onori. Comprendiamo che questi qualcuno non abbiano desiderio di chiedere il nostro aiuto.
Ma a Lecco ci sono intellettuali di valore. Storici che delle vicende della città conoscono i più piccoli dettagli e che sono anche studiosi sensibili della lingua italiana.
Possiamo anche citarne alcuni (ordine alfabetico) scusandoci con i non citati per la nostra limitata conoscenza:
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Aloisio Bonfanti, Angelo Borghi, Barbara Cattaneo, Francesco D’Alessio, Gian Luigi Daccò, Pietro Dettamanti, Marco Maggioni, Annibale Rota, Tiziana Rota, Marco Sampietro, Gianfranco Scotti, Giovanna Virgilio.
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Con alcuni di loro (Gian Luigi Daccò, Tiziana Rota) abbiamo avuto a che dire su questioni di carattere storico e di galateo ma nessuno può dubitare che essi, ognuno con proprie caratteristiche, sono pur sempre conoscitori (spesso acuti) della realtà storica e culturale della città.
E intorno alla città di Manzoni non ruotano tanti studiosi e tanti illustri professori? Non sono venuti proprio qualche giorno fa a dare il contributo del loro profondo sapere? Ma pensate che i professori Patota e Nigro e Italia e Stella, così legati alle vicende manzoniane, non sarebbero disposti a regalare un paio d’ore alla città di Manzoni?
E allora, se non vi sentite in grado di realizzare uno strumento di comunicazione che non faccia soltanto ridere o piangere, perché non ricorrere anche al loro aiuto?
Assessori e Direttori! Fate almeno leggere loro i testi che volete rendere pubblici.
E Lecco eviterà così di passare per la città più scalcinata e ignorante d’Europa. Incapace di produrre uno strumento di comunicazione che non sia un coacervo di castronate, abbagli, strafalcioni.
E ciò proprio in riferimento a quella figura per la cui tutela tutta Lecco dovrebbe essere di fronte al Mondo sempre sentinella acuta e intelligente: Alessandro Manzoni.
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Commenti sul Festival della Lingua Italiana (Lecco, venerdì 13 ottobre 2017).
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Analisi critica del docu-film “Alessandro Manzoni, milanese d’Europa” prodotto dal Centro Nazionale Studi Manzoniani, testo del Professor Angelo Stella. – Lettera aperta alla Ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli.
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Nel 125º anniversario dell’inaugurazione del Monumento a Manzoni in Lecco (11 ottobre 2016).