Poteri forti e laghee. Sui piaceri / doveri della cronaca
Lettera aperta a Vittorio Colombo
Coordinatore Giuria Premio Letterario Internazionale “A. Manzoni – Città di Lecco”
Direttore Redazione Lecco de “La Provincia di Lecco”
Cortese attenzione
Dott. Vittorio Colombo
Milano, 23-10-2017
Oggetto: Poteri forti e laghee. Sui piaceri / doveri della cronaca
Gentile Dottor Colombo,
leggiamo, purtroppo solo ora e a cose ormai quasi terminate, il fascicolo di 40 pagine che reca la dicitura “Ideazione e cura di Vittorio Colombo”, pubblicato presumibilmente ai primi di ottobre 2017 come supplemento de “La Provincia di Lecco”, dedicato alla rassegna “Lecco città dei Promessi Sposi, 2017”.
In esso abbiamo rilevato alcune rappresentazioni di fatti relativi a Manzoni e all’Abate Stoppani nel contesto della storia lecchese, che è un peccato appaiano in un prodotto de “La Provincia di Lecco”, lo storico quotidiano della città, cui siamo abituati a rivolgerci con fiducia per la sua puntualità e precisione nel riportare fatti e idee.
Lei ci consentirà di offrire il nostro contributo perché su alcune questioni – semplici ma importanti – maturi e si consolidi un comune sentire della cittadinanza. Vi sono infatti nel non lontano passato di metà Ottocento elementi su cui a Lecco anche i bimbi dovrebbero potere dire la loro con sicurezza, non parliamo dei brillanti giovani-maturi come Lei o dei maturi-maturi come noi.
Così come non vi sono discussioni sul fatto che il sole sorge ogni mattina o che la Breva soffia al pomeriggio, altrettanto sarebbe bello che su alcuni snodi della vita della città le idee fossero unanimi, al di là delle ideologie o dei sentito dire.
Ciò detto, vorremmo focalizzare l’attenzione su due elementi importanti: la questione dei monumenti in Lecco a Manzoni e Garibaldi; la questione del legame di Manzoni con Lecco.
Prima però di tratteggiare – brevemente si intende – questi due elementi, vorremmo solo accennare a una rilevante imprecisione di fatto, rinvenibile in tutto il fascicolo in questione, non certo per superficialità dei redattori ma per un difetto presente nella comunicazione del Comune.
Nel fascicolo molto frequentemente ci si riferisce all’organizzatore del “Festival della lingua Italiana”, evento di punta della rassegna manzoniana 2017, definendolo di volta in volta “Fondazione Treccani” “Treccani Cultura” “Associazione Treccani Cultura”. In un articolo il dottor Mario Romano Negri è indicato come vice-presidente di una “Fondazione Treccani”.
Alla luce delle auspicabili future collaborazioni con il mondo Treccani, è bene che i cittadini di Lecco abbiano le idee chiare e sappiano che nessuna di queste denominazioni è corretta.
L’organizzatore del Festival è “Valore Cultura – Associazione amici della Treccani”, e il dottor Mario Romano Negri è il suo Presidente.
“Valore Cultura – Associazione amici della Treccani” è stata creata il 29 luglio 2016, dall’unione di “Istituto Treccani Spa” e “Fondazione Insieme per la vista – Onlus”.
Questa è una emanazione diretta di SOI, l’associazione professionale che raccoglie oltre 7.000 oculisti italiani, impegnata anche in azioni di lobbing a favore di grandi marchi come “Zeiss” (30.000 dipendenti) e “Johnson&Johnson Vision” (128.000 persone collegate, attraverso 275 aziende in 60 paesi del mondo).
Istituto Treccani Spa invece è stato istituito il 2 novembre 2015 (come ultima forma dell’Istituto Giovanni Treccani fondato nel 1925), e i suoi soci sono quindici delle principali banche italiane nonché “Leonardo”, già Finmeccanica, leader internazionale nel settore aerospazio, difesa e sicurezza.
Per approfondimenti su questi aspetti vedi il nostro contributo “Di nuovo i lanzichenecchi di Wallenstein?“
Ma torniamo alle questioni del passato.
Le statue di Garibaldi e Manzoni.
A pag. 37 del fascicolo, sotto l’occhiello “Il Monumento” e il titolo “Quando Garibaldi gli soffiò il posto” si legge:
«Già la decisione di erigere un monumento a Garibaldi a Lecco e dedicargli la piazza in cui sarebbe stato collocato, generò in città scontri accesi. I cattolici sostenevano la necessità di ricordare con una statua Alessandro Manzoni, ma i laici ebbero la meglio e il monumento all’autore dei Promessi Sposi dovette attendere sino al 1891.»
Questa “ricostruzione” riprende una vecchia chiacchiera, ufficializzata nell’autunno del 2015 in un documento del Comune, nel quale oltre ad amenità del tipo “L’Abate Stoppani, scomparso nel 1981”, oppure “Don Pedro d’Alcantara, Imperatore del Messico”, veniva esposta proprio questa pseudo storia che non ha nulla a che fare con la storia reale e contro la quale abbiamo condotto nei confronti di Sindaco e Assessori vari una battaglia durata un anno, con numerose lettere, molto dettagliate e trasmesse anche a Lei, oltre che ad altre trecento persone impegnate nella cultura a Lecco.
Il monumento a Manzoni fu deciso dalla unanimità della Giunta comunale (quindi non dai “cattolici”) nel 1873. E rinviato per varie ragioni di oltre un decennio fino a che non fu completato il monumento a Garibaldi.
Questo era stato osteggiato sì dai cattolici, ma da quelli reazionari di Leone XIII. E invece fortemente voluto dai cattolici liberali come l’Abate Stoppani (che nel 1860 era stato uno dei più accesi sostenitori della spedizione dei Mille), assieme a garibaldini e radicali.
Alla realizzazione del monumento a Manzoni partecipò tutto il fronte laico, dall’estrema sinistra ai conservatori monarchici, guidati dal sacerdote progressista Antonio Stoppani e contro i cattolici reazionari.
Detto così in pillole, è chiaro no? Per approfondimenti ed elementi storici di fatto, vedi QUi per il dibattito sul documento del Comune e QUI per una storia seria sul Monumento a Manzoni in Lecco.
Dopo un anno di continue sollecitazioni (che ci hanno attirato le non simpatie di parte dell’Amministrazione comunale), quel documento vergognoso è stato finalmente tolto dalla documentazione ufficiale del Comune.
E adesso, proprio Lei, un giornalista così accorto ed esperto, ci fa questo scherzo di riesumare posizioni senza capo né coda? Suvvia, dottor Colombo! Facciamo tutti in modo che in Lecco non si ripetano più e da nessuno queste ridicole favolette!
Veniamo alla seconda questione: il rapporto tra Manzoni, la sua famiglia e Lecco.
Nel suo articolo di fondo Lei scrive:
«Ma alla fine davvero ci frega se Alessandro Manzoni è figlio naturale di Giovanni Verri? O se si tratta di una bieca manovra dei poteri forti (sigh) per farlo diventare milanese e scipparlo a Lecco, meno laghee e più meneghin?
Certo è che la polemica sul docufilm dedicato a Don Lisander è arrivata come un insperato regalo alla vigilia del mese manzoniano che sta per cominciare, con l’ennesimo gossip letterario che ha riacceso l’interesse della grande stampa per l’autore dei Promessi Sposi.»
A parte il rilevare che l’espressione “poteri forti (sigh)” è parto solo della Sua fantasia, non avendo noi mai detto o scritto una cosa così abusata e tautologica, ci fa piacere di avere contribuito a ravvivare l’attenzione su Manzoni e ancor più constatare che anche Lei concorda sul fatto che è assolutamente inessenziale di chi fosse figlio biologico Manzoni, essendo stato allevato come un figlio a tutti gli effetti e fino ai suoi venti anni dal padre Pietro.
Ma vogliamo dire qualcosina di più rispetto alla reticenza che vela il Suo pensiero.
Come Lei ovviamente sa bene, Pietro Manzoni, il padre di Alessandro, era il rappresentante di una famiglia che da oltre duecento anni si era spostata da Barzio a Lecco, essendo una delle più rilevanti sul piano del potere economico di tutto il Lario e della Valsassina. Della metà del ’600 è la Villa del Caleotto, casa della famiglia e casa del giovane Manzoni.
A Manzoni, nato a Milano e arrivato a Galbiate a due giorni dalla nascita, successe come a un napoletano nato in treno alla frontiera francese, per un parto anticipato: non per questo si considera né si sente francese ovviamente. Tale fu Manzoni, nato a Milano ma lecchese integrale – laghee come dice Lei – fino ai suoi 15 anni.
Poi, soprattutto dopo la morte del padre che lo lasciò erede di vasti possedimenti, continuò a frequentare intensamente Lecco fino al 1818, quando aveva già 33 anni ed era nel pieno della prima maturità. Quando cioè era già il Manzoni che conosciamo e che Lecco considera come proprio figlio e maestro.
Su questo a Lecco nessuno ha ovviamente il più piccolo dubbio. È storia. Storia della città, tramandata anche fisicamente di generazione in generazione.
L’Abate Stoppani, nato nel 1824, riportava notizie, conversazioni e fatti dettagliati relativi a Manzoni, raccolti dallo zio di sua madre, che era stato per anni il legale e fiduciario prima di Pietro e poi di Alessandro Manzoni fino al 1824, quando morì. Questo per dire che qui a Lecco è cosa acquisita che Manzoni sia da considerare un lecchese ancorché nato a Milano.
Il problema è che questo dato è invece volutamente ignorato a Milano, l’altra città in cui visse, e a lungo, Manzoni. Ma attenzione! La cosa non è di questi giorni. È cosa che risale al giorno dopo la morte di Manzoni (22 maggio 1873). È da allora che l’èlite milanese (Giulio Carcano in testa) lavorano per tenersi stretto Manzoni. E questo non per affetto ma – alla milanese – perché è chiaro a tutti che Manzoni è un patrimonio enorme in termini di immagine e di giro di quattrini.
L’Abate Stoppani questa cosa l’aveva capita subito e infatti si mosse in modo rapido e intelligente. Fu lui il primo ad affermare con sicurezza – ne aveva gli elementi precisi raccolti in un bel fascicolo – il legame tra Manzoni e Lecco. E fu lui a bloccare per decenni e decenni la deriva alla “milanesizzazione”. Sta a noi oggi mantenere fedeltà alla storia della città e di Manzoni.
Mi stupisco che Lei non se ne renda conto, o preferisca fare finta di nulla. Così come preferisce non fare il nome e cognome di chi porta avanti questa tendenza a “milanesizzare” Manzoni e a cancellare il suo legame con Lecco. Il “chi” si chiama Centro Nazionale Studi Manzoniani. Vada a visitare Casa Manzoni a Milano e poi ci dica che cosa ci trova di Lecco e del legame fondamentale di Manzoni con la città. Ci vada! guardi bene e poi ci sappia dire!
Nel docu-film su Manzoni, di cui noi abbiamo evidenziato venti – VENTI – castronerie riguardanti l’intera vicenda manzoniana (vedi QUI), il Centro Nazionale Studi Manzoniani ha voluto introdurre la bella e profonda idea secondo cui Manzoni è da considerare milanese perché la signora Giulia aveva un amante milanese.
Comprendo che il Centro Nazionale Studi Manzoniani è parte importante anche del Premio Manzoni di Lecco, ma non bisogna cancellare la realtà. Lei può – anzi deve – usare i guanti per trattare certe cose (noi non ne abbiamo bisogno dovendo ossequiare soltanto Monna Verità), ma non le può ignorare in nome dei buoni rapporti.
L’azione tesa a “milanesizzare” Manzoni è portata avanti con determinazione (doveva sentire venerdì 13 il professor Nigro al Festival della Lingua Italiana! – ne troverà una nostra nota a giorni).
E Lecco deve vigilare. Non per ragioni di campanilismo. Ma solo ed esclusivamente per preservare sia la verità storica – che è comunque intoccabile – sia un pezzo della propria anima, che è legata indissolubilmente a Manzoni.
Cordiali saluti.
Fabio Stoppani
Centro Studi Abate Stoppani.
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P.S.: Prima che mi dimentichi, Le segnalo, da ormai vecchio redattore, che quel “Welcome / Manzoni Family” che compare in bella vista sulla copertina del fascicolo, è veramente incongruo.
Sia perché mettere un frase inglese a richiamo di un evento dedicato al padre della lingua italiana ci pare proprio una ingenuità, se non uno sberleffo (vista la copertina, diversi amici inglesi hanno tutti fatto la stessa faccia: di stupore per il non senso della cosa).
Sia perché è stato usato un inglese proprio da laghee. Un inglese che, per come è messo, non vuole dire niente. Si informi presso qualche amico che l’inglese lo capisca sul serio e poi ci saprà dire anche su questo.
E un’ultima cosa: nei supplementi del quotidiano metta la data di pubblicazione, anche piccola piccola. Così si sa di che si parla.
Collegamenti utili
• Sulla nostra critica al docu-film su Manzoni del Centro Nazionale Studi Manzoniani.